Fanfic su artisti musicali > Arctic Monkeys
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Autore: JosephineGreen    04/05/2012    0 recensioni
Mi sono sempre chiesta come facesse a nascere un gruppo. Stavolta, invece di domandarmelo, ho deciso di crearlo io stessa :)
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Erano ormai quasi venti minuti che Stevenson stava seduto al bar del Viper Room con il suo Ginger Ale ancora intatto tra le mani, in attesa dell’arrivo delle ragazze.
Erano le nove di sera, e fuori era pieno di ragazzi urlanti e accaldati che supplicavano urlando di entrare.
-Non dare il permesso ai bodyguard di far entrare nessuno finchè non arriva il gruppo d’apertura!- aveva esclamato il suo capo deciso,- E spera per te che siano in orario!- aveva aggiunto dopo un lento sorso di bourbon in tono minaccioso.
Trenta minuti e ancora niente, fino a che i ragazzi fuori scoppiarono in un boato, annunciando l’arrivo dei loro idoli musicale: gli Arctic Monkeys.
Stevenson si alzò, quasi inciampando nel gambi della sedie, e prese a trafficare nelle proprie tasche per cercare il telefono. Doveva assolutamente chiamare le ragazze.
Nel preciso momento in cui aveva finito di comporre il numero di Candy, due uomini alti, con indosso una t-shirt bianca con la scritta rossa “Staff”, si fecero spazio tra lafolla, facendo finalmente entrare i quattro ragazzi nel locale semi deserto, se non per il catering che stava ancora facendo gli ultimi accorgimenti.
-Pronto?-
-Muovetevi!- esclamò sotto voce l’uomo, per poi attaccarle il telefono in faccia. Si sistemò gli orli della giacca, prese un bel respiro e si diresse verso il gruppo a braccia aperte, in segno di benvenuto.
-Benvenuti al Viper Room, ragazzi! Io sono Richard Stevenson e sono a vostra completa disposizione!- esclamò esaltato.
I quattro ragazzi si guardarono sogghiganti, fino a che per primo Matt Helders non tese la mano a Stevenson per presentarsi, gesto che fu subito imitato dagli altri tre.
-Bene- sospirò l’uomo nervoso ed impaziente,- perchè non bevete qualcosa?- domandò, scrostandoli con lo sguardo verso il bar. I quattro sembrarono più che felici di accettare: tutti si sedettero al bancone, ordinando i propri drink.
-Dov’è l’altro gruppo?- domandò Nick O’Malley, ancora in attesa del proprio margarita.
-Oh, beh, si sono stati dei contrattempi... Sa come sono le donne!-
Matt per poco non si strozzò con la sua birra, e le facce di Jamie ed Alex testimoniarono il fatto che non erano stati informati.
-Donne?! Nessuno ha detto che a suonare prima di noi ci sarebbe stata una girl band!- esclamò Jamie scioccato, -Che figura ci facciamo a suonare dopo quattro ragazze che cantano una canzone su quanto è bello andare a fare shopping o organizzare pigiama party?!-
-A me non dispiace che ci siano ragazze.- sussurrò Matt sorridendo,-a patto che siano carine, si intende!-
La porta si aprì di scatto, facendo trasalire tutti. Delle voci e delle figure irruppero nella stanza.
-Ma che diavolo di musicista sei se non riesci a portarti dentro nemmeno il tuo strumento?!- esclamò Charlie, facendo il suo ingresso nella stanza: era più sobria rispetto al solito, più bella. Dopo di lei entrò un’ansimante Candy, che faceva forza sul carrello su cui era posizionata la batteria., cosa che richiedeva molta fatica per una ragazza mingherlina come lei.
-Scusami se ancora prima che cominci il concerto non ho rimorchiato un bodyguard che mi aiuti, come ha fatto tu!- esclamò Candy infuriata durante una breve pausa per rilassare i muscoli.
Nessuna della due ragazze si era accorta della presenza dei ragazzi nella stanza, che le osservavano divertiti.
-Beh,- sussurrò Matt ad Alex- carine sono carine, niente da dire.-
-Volete farla finita?- domandò Maddie con voce sfinita e nervosa, entrando nella stanza. Portava la chitarra appoggiata sulla spalla, come i vecchi vagabondi trasportavano i loro pochi indumenti in un sacchetto appeso ad un ramo, con una sigaretta accesa in bocca, cercando così di mascherare il nervosismo che ormai la possedeva da molte ore.
-Possibile che da quando siamo partite da casa non fate altro che litigare?! Io non so più cosa fare con voi due sembra quasi..-
E si bloccò. Erano lì, loro erano lì e non se ne era nemmeno resa conto. Loro erano li e l’avevano vista sgridare Candy e Charlie.
Rimase bloccata con lo sguardo che orbitava tra le quattro figure che la guardavano divertite, senza sapere dove fermarsi.
Quando le due amiche tentarono di capire che cosa l’avesse turbata a quel modo, anche loro assunsero più o meno la stessa espressione.
Fu Stevenson a salvare la situazione.
-Ecco le mie gioie! Ragazze, avanti venite, avvicinatevi! Voglio avere l’onore di presentarvi gli Arctic Monkeys, anche se credo che voi li consciate già anche troppo bene. Queste ragazze, miei cari, sono delle bombe, dei veri geni, sopattutto la nostra chitarrista, qui, che scrive dei testi niente male! Avvicinati, Maddie, tesoro.-
La ragazza non ebbe nemmeno la forza di volontà di ripetere per l’ennesima volta a Stevenson di non chiamarla tesoro. Si limitò a sorridere come un’ebete ai quattro ragazzi, senza riuscire a dire niente. A dir la verità, non era sicura di riuscire nemmeno a pensare.
Nel frattempo Charlie, al contrario dell’amica, aveva riacquistato tutta la sua sicurezza di gran donna di mondo.
-Io sono Charlie!- esclamò stringendo la mano ad ogni componente della band, -E’ davvero un’onore per un’americana come me avervi qui ragazzi!-
-Tu cosa suoni?- le chiese Matt, che ad ogni moina della ragazza, si faceva sempre più interessato.
-Il basso, ma canto anche insieme a Mads.- aggiunse indicando la ragazza che stava parlando fitto fitto con Stevenson.
-Dov’è finita la tua linguaccia, tesoro, perchè è questo il momento di tirarla fuori! Devi farti notare!-
-Dio, Stevenson, non chiamarmi tesoro! Devo farti un post-it e attaccartelo in fronte o pensi che il tuo cervellino statunitense sia in grado di reggere più di quattro informazioni diverse al mese?!-
-E’ questo di cui sto parlando! Questi ragazzi si dovranno ricordare di te come la ragazza che non lascia scampo a nessuno!-
-Non lascio scampo? Qui l’unica cosa che non lascio sono le parole.- sbuffò la ragazza ordinando un gin lemon, troppo presa dai suoi pensieri e dalle sue preoccupazioni per rendersi conto che Alex Turner era seduto pochi metri distante da lei mentre ascoltava la loro conversazione.
-Ma se ti blocchi anche solo se te li trovi davanti come puoi suonare sapendo che loro sono nella sala e che ti stanno ascoltando?-
-Mio caro amico, c’è un’unica, semplice e delizionsa soluzione a questo problema.-
-E sarebbe?-
Maddie pose ad altezza occhi il proprio bicchiere per far notare il contenuto all’uomo: era pieno per metà. Prese un lungo respiro e buttò giù il contenuto tutto d’un fiato. Sbattè il bicchiere sul tavolo, sorridendo.
-Di solito prima si diventa rock star e poi ci si distrugge il fegato.-
La ragazza sorrise mentre ne ordinava un altro.-Mi piace spezzare i luoghi comuni.-
Alex sorrise divertito, cercando di non farsi notare per non interrompere lo scambio di battute.
-Mads, sei pronta?-
-Pronta per cosa?-
-Per fare i biscotti! Secondo te per cosa? Vado a dire ai bodyguard di comnciare a far entrare gente, tra mezz’ora salirete sul palco. Hai le quattro canzoni vero?-
Maddie si bloccò con il bicchiere sospeso per aria e un’espressione tutt’altro che intelligente stampata in faccia.
Ovviamente non le aveva. Ne avevano scritta soltanto una, impresa non facile di per sè. Ma che cosa avrebbe potuto dire? Come avrebbe potuto tradire la fiducia di quel pover’uomo? C’era solo un modo per venirne a capo: mentire.
-Tranquillo amico, tutto sotto controllo!-
Aspettò che l’uomo si allontanasse di qualche metro per aggiungere – Se per ‘sotto controllo’ intendi ‘una merda totale’!-
-Non dovresti raccontare cazzate al tuo manager, in fondo soltanto lui ti può aiutare.- commentò una voce profonda alla sua destra: era seduta a pochi metri da Alex Turner e non se ne era nemmeno accorta. Si irrigidì di colpo.
-Lui non è il nostro manager.-
-E dov’è il vostro manager?-
-Non ce l’abbiamo, insomma, non ancora, ma visto come si prospetta la serata non ce l’avremo ancora per molto.-
-Ragazzi, andate nel backstage!- gridò uno dei bodyguard a tutto fiato per poter essere ben udito da tutti.
I due si alzarono contemporaneamente.
-Non dire così! E’ la vostra prima esibizione pubblica?-
-Più o meno, non abbiamo mai suonato davanti a così tante persone.-
-Sono sicuro che andrà tutto bene! Quante canzoni avete?-
-... Due.-
-Cazzo.-
Maddie lo guardò storto.
-Non sei d’aiuto.-
-Ma posso esserlo.- commentò sorridendo il ragazzo.
-Puoi?-
Camminando verso il backstage, mentre Alex le illustrava il suo piano, Maddie capì che per diventare una band di successo non bastano il talento e molti fan, ma è fondamentale essere maestri della nobile arte del raggiro.
 
Candy fu la prima a salire sul palco.
Si era aspettata che sarebbe stata agitata, insomma, un po’ lo era sempre prima di suonare in pubblico; a volte, lo era anche quando il pubblico era costituito soltanto da John.
Prese un lungo respiro, afferrò le bacchette e diede qualche colpetto energico alla batteria. Il pubblicò esplose negli applausi.
Nel frattempo Maddie e Charlie avevano a loro volta raggiunto la loro amica, camminando fianco a fianco. Si sistemarono davanti ai due microfoni appositamente sistemati sul palco, facendo gli ultimi accorgimenti agli strumenti.
Era compito di Maddie rompere il ghiaccio. Nessuna delle tre ragazze l’aveva mai specificato, ma soltanto perchè non ce n’era bisogno: era sempre lei ad avere la prima e l’ultima parola.
La ragazza, con tutto il coraggio e la forza di volontà che riuscì ad accumulare nei pochi secondi in cui la sua mente si concentrò sul microfono, si fece avanti.
-Buonasera Los Angeles.- Grida e applausi.- Noi... Noi siamo un gruppo! Beh, si, questo era piuttosto ovvio, a meno che non fossimo dei mimi che tentano di mimare un gruppo, ma se lo fossimo saremmo dei pessimi mimi, perchè, insomma... i mimi non parlano.-
Nella sala calò il silenzio, e l’unica parola che riuscì ad orbitare nella mente di Maddie fu: “Cazzo”.
Si voltò verso Charlie, cercando un appoggio, e trovò l’amica che la guardava allibita. Maddie gli Lanciò un’occhiata supplicevole, che quella colse al volo.
-Siamo The Stone Cross, la mia amica è una gran simpaticona e questa canzone si chiama ‘Nothing to fear’!-
Maddie riprese il controllo, cominciando con i primi accordi, subito seguiti dal basso, e infine dai potenti e decisi colpi delle bacchette sulla batteria. Il pubblico in pochi secondi riprese vita e cominciò a saltare e a muoversi sulle note della canzone che sembrava apprezzare.
Finita la prima canzone Maddie prese un lungo sospiro e cominciò con le prime note di ‘Write it down’, intonando le parole al meglio che poteva: stonò un paio di volte, come era suo solito fare, ma per il resto andò piuttosto bene, o, per lo meno, il pubblicò sembrò apprezzare.
Ma era arrivato il momento di mettere in atto il piano. Appena prima della fine della canzone, la ragazza battè il piede con energia sul palco: era il segnale.
Da dietro le quinte Alex capì che era arrivato il suo momento. Si guardò intorno per assicurarsi che nessuno lo stesse osservando: i ragazzi stavano bevendo e tutti gli altri erano ancora presi dalla canzone che stava finendo. Si spostò furtivamente vicino alle prese che minitoravano gli amplificatori: con un colpo deciso diede loro un calco.
Un boato e poi il nulla.
Una valanga di fischi inondarono la sala.
-Ma che diavolo è successo?- sbottò infuriato Stevenson, emergendo dalla stanza accanto.
Il ragazzo si apprestò a spostarsi dal ‘luogo del misfatto’.
-Non ne ho idea, signor Stevenson,- borbottò nervoso un tecnico – Prima tutto funzionava perfettamente, e adesso... puff!-
-E adesso puff? Ti faccio fare io ‘puff’ se non scopri cos’è successo, pezzo di idiota!-
-Hey, Stewie, linguaggio!- sentenziò Maddie entrando nel backstage.
-Che diavolo ci fate qui? Tornate sul palco!-
-A fare cosa? Le belle statuine?- sospirò Charlie aprendo una lattina di birra – E’ saltato tutto.-
-Oh, grazie Charlie, la tua capacità deduttiva mi aprirà ogni porta!- ironizzò l’uomo mentre perdeva ogni briciolo di autocontrollo.
-Hey, amico,- intervenne Alex per finire il suo compito – non ti preoccupare, i tecnici risolveranno tutto, e quando gli amplificatori funzioneranno di nuovo, suoneremo noi. Non vogliamo perdere altro tempo. Sempre che a voi non dispiaccia ragazze.- aggiunse, strizzando l’occhia a Maddie.
-Come vuoi.- sbuffò l’uomo, dirgendosi a scaricare tutta la sua rabbia sui tecnici che stavano cercando di aggiustare la spina, ormai spezzata.
Maddie prese un lungo sorso di birra dalla lattina dell’amica, alimentata dal suo desiderio di ebrezza.
-E’ un vero peccato!- esclamò Matt avvicinandosi a Charlie – Eravate davvero brave, soprattutto tu Charlie, con quel basso fai miracoli!-
-Non solo con quel basso.- aggiunse la ragazza, stampandosi un sorriso sornione sul volto.
Maddie e Candy si lanciarono un’occhiata eloquente.
Alex si sedette sul tavolo, accanto a Maddie.
-Sono stato bravo?- sussurrò per non farsi sentire.
-Sei stato a dir poco perfetto.-
-E’ un peccato però.-
-Cosa?-
-Che non aveste altre canzoni: siete davvero brave.-
Maddie sorrise imbarazzata. Alex Turner, il suo idolo musicale da quando aveva cominciato a capirci qualcosa di musica, le aveva fatto un complimento, e l’unica cosa che lei riusciva a fare era arrossire e sorridere come una demente.
-‘Write it down’ mi è piaciuta particolarmente.-
-Avevo molta ispirazione.-
-Io lo chiamerei talento.-
-E io chiamerei alcol quello che ti fa parlare.-
Si sorrisero divertiti, fino a che la band non venne chiamata: erano finalmente riusciti a riparare il danno.
Mentre guardavano i ragazzi sistemarsi sul palco, Charlie si avvicinò all’amica.
-E così hai fatto amicizia con Turner!-
-Beh, direi che sei tu quella che ha fatto colpo.- osservò Maddie.
-Beh, è Matt Helders, non posso farmi scappare quest’occasione!-
-Non è che fin’ora tu te ne sia fatte scappare molte.-
-Non è carino dire certe cose!- obbiettò Charlie ridendo – E comunque è adorabile!-
Le tre ragazze si sedettero sul tavolo, bevendo e godendosi il concerto al quale erano sempre volute andare, senza litigi, come persone normali. I rari momenti della vita.
  
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