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Autore: Kikka84    04/05/2012    2 recensioni
Le riflessioni di un Principe ombroso e feroce, che torna sulla Terra dopo aver trovato l'oro del guerriero leggendario col quale ammantarsi, per affrontare il suo nemico acerrimo, all'avvento dei cyborg.
Non un cyborg, non una stupida Terza Classe ma una … nuvola d’azzurro. E’ davvero impossibile la nascita di un barlume di “umanità” in questa sfavillante e terribile macchina da guerra???
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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STRONGER   by Kikka84
FEVEG84@atlavia.it
 
…Così alla fine sono tornato. Incessante esule che ha fatto della sua esistenza l’unica ricchezza, ho cercato rifugio ancora su questo infimo corpo celeste che ruota monotono nell’universo.
Atomo insignificante nell’infinità oscura dello spazio.
Particella minuscola di un mare illimitato.
Teatro della mia prima, bruciante sconfitta.
Aspiro a pieni polmoni. Il sentore di polvere mi penetra in bocca, facendo sovvenire ricordi ancora nitidi. La desolazione mi circonda. E’ strano come su un solo, piccolissimo pianeta siano presenti innumerevoli ambienti e climi, specie animali e vegetali, come alla natura lussureggiante di una foresta si interponga, brusco, l’arido sconforto di un deserto roccioso. Proprio come questo.
Mi guardo intorno. Ovunque c’è odore di nulla, il silenzio fa un rumore quasi assordante, e la vita pulsa solo nel vento, che frusta implacabile le cime aguzze delle montagne.
E’ drammatico.
E’ agghiacciante.
E’ la perfetta effigie del mio spirito.
Ho notato appena atterrato l’inquietante somiglianza con il territorio della mia prima visita su questo maledetto sasso. Quel giorno è ancora vivido nella mia mente, è un’incancellabile, raccapricciante cicatrice che ha assoggettato il mio orgoglio. Quel giorno in cui il temibile Principe dei Saiyan, la migliore macchina da guerra che sia mai stata progettata, commise il suo primo sbaglio. Non ero infallibile come avevo sempre pensato. A quanto pareva mio padre e Freezer non avevano svolto un lavoro ottimale. Perché quella fu solo l’origine dell’esteso, degradante percorso di smacchi che intrapresi.
Odio quel giorno.
Vorrei non essere mai giunto su questo pianeta.
Vorrei che Kakaroth non fosse mai esistito, vorrei che fosse crepato insieme al resto dei cuccioli debellati insieme alla mia terra.
Vorrei non aver mai combattuto contro di lui.
Perché per la prima volta nella mia vita, ho conosciuto la verità. Non bastavano i continui allenamenti, le brutali percosse, i terrificanti castighi, non contava l’enorme gloria dopo le numerose battaglie vinte. Anche io avevo dei limiti.
Pagai a mie spese questa scoperta. Un prezzo altissimo per la mia dignità.
Senza neppure accorgermene avevo firmato la mia condanna: accecato dalla brama di vendetta, completamente distrutto dalla netta superiorità di una terza classe rispetto a me, ho cercato un altro scontro per riscattarmi. Troppo tardi mi resi conto che l’ostacolo che volevo ostinarmi ad oltrepassare era immensamente più alto di quel che appariva. Troppo orgoglioso per ammettere un'altra sconfitta e ritirarmi. Ma Freezer non era Kakaroth. Non era tanto generoso, né stupido, né umano. Quell’orribile segno che divide ancora la pelle all’altezza del cuore me lo ricorda ogni giorno.
Stringo i pugni, mentre mi alzo in volo.
Avverto l’aura di quegli sciocchi terrestri e, indebolito, lo spirito del mio consanguineo.
Kakaroth è in difficoltà, a quanto pare.
Aumento la velocità, individuando ben presto le sagome dei bizzarri patroni di questo pianetino.
Non posso credere che Kakaroth sia messo in difficoltà da un ciccione con la faccia dipinta e l’aria innocua.
Devo sbrigarmi. Non mi va che muoia.
Non per mano di qualche idiota senza un minimo di forza combattiva almeno.
A me solo spetta questo piacere. Ho giurato vendetta quel giorno lontano e neppure l’eternità basterà a sviarmi dal mio obiettivo.
In questi tre anni sono stato per lo più un debole. Libero dalla schiavitù di Freezer ero solamente uno spirito senza alcuno scopo o ragione per continuare a combattere.
Ero solo un uomo malato. Un uomo malvagio. Non riuscivo ad essere qualche cosa, né cattivo né buono, né vigliacco né onesto, né eroe né inetto (NdA. Questa frase è una citazione del celebre romanzo “Ricordi del sottosuolo” di Dostoevskji).
Vivevo da automa la mia esistenza, in attesa di una fantomatica risposta, di una luce che mi rischiarasse la via, scacciando i dubbi, le incertezze e quella fastidiosa sensazione di confusione che attraversava di continuo il mio animo. La follia aveva annidato il suo seme nella mia mente. E’ la sola soluzione che spieghi il mio comportamento, i miei cambiamenti interiori.
Patetico.
Ero diventato un essere patetico.
Il cyborg rotola da un lato, sbalzato via dalla mia incredibile forza.
Il mio sguardo si posa infine sul volto ansante e provato di Kakaroth.
Scrutandolo mi rivedo, dissipato e demoralizzato, quando gareggiavo contro i mulini a vento, rinchiuso, come una fiera catturata, in quella macchina infernale.
Respira a fatica e sembra riscontrare un’evidente anomalia al cuore.
E’ probabile che sia infetto da quel virus di cui parlava quel moccioso del futuro. Quel misterioso ragazzino che ha in sé sangue Saiyan ed una mentalità disgustosamente terrestre.
Quel ragazzo cela in sé una potenza strabiliante.
Così somigliante al moccioso di Bulma.
Portatore di speranza e di aiuto, per ricostruire un futuro migliore del suo.
Stronzate! Ecco quello che sono. Il passato non si può cambiare. Non esiste la speranza. Solo Angoscia e Dolore.
Per ora distruggere questi inutili robot costituisce la mia principale attrattiva, in attesa di misurarmi con il mio grande rivale.
Non ho alcuna fretta. Intendo eliminare tutti i possibili avversari, prima di vincere contro Kakaroth.
So che posso farcela. Sono rimasto secondo troppo a lungo.
Sono scappato via dalla Terra per ritrovare me stesso.
Per ritrovare la vera mia essenza malvagia.
In cerca di un miracolo che pareva non manifestarsi, di una consolazione alla mia intera esistenza, di un nuovo pretesto per tornare ad essere quello di un tempo. La fiera crudele e spietata, che semina morte e desolazione.
Ho affrontato tempeste, gelo, avversari che più di una volta mi hanno ridotto in fin di vita. Ho sfidato le leggi naturali, ho combattuto contro le tenebre infinite dell’universo.
Fino a che il mio potere il nero orizzonte fece vibrare di luce (NdA. Da “La morte dei poveri” di Boudelaire). Ed allora divenni il migliore. L’eterno vincitore. Il supremo.
Avverto il cuore aumentare la velocità, il formicolio in tutto il corpo tipico dell’eccitazione. L’adrenalina che raggiunge livelli altissimi, mentre concentro tutta la rabbia di un’intera vita di umiliazioni e sottomissioni.
E’ difficile. Il mio corpo non è ancora abituato a questo sconfinato potere. Non riesco a trattenere tutta la mia forza. Ma devo, se non voglio rischiare l’autodistruzione. In me sta scorrendo un’energia di infinita potenza, tanto che temo per la mia stessa incolumità quando la utilizzo. Sento il corpo tremare, i tendini tesi, i muscoli contratti al limite, nello sforzo di arginare l’onda di potere che cresce, inarrestabile. Mi occorre tutta la concentrazione per riuscirci, ma ormai sono avvezzo a questo tipo di fatica. Infine, urlo la mia rabbia al mondo, liberando tutto il mio potere terribile.
Ed è come essere nel mezzo di un tornado, precipitare in un abisso senza fine, anche se si ha la consapevolezza di stare fermi. Stare nel bel mezzo del mare in tempesta, in balia dei flutti minacciosi che ti inghiottono, trascinandoti in abissi oscuri.
E’ una lotta per la sopravvivenza.
E’ riuscire a dominare il potere supremo della natura.
Il cuore impazzisce nel petto, nello sforzo di alimentare la mia energia.
Anche io sto lottando. Per non perdere me stesso nello spazio interminabile della mia forza.
Non sento più nulla. Sono completamente insensibile a qualsiasi agente esterno.
Ciò che sento è calore.
Un ardore estremo, quasi insopportabile.
Allora mi accorgo che sto bruciando.
Violenta, la fiamma di luce avvolge il mio corpo, conficcandosi nelle pupille sensibili, ancora inconsce della mia evoluzione.
E’ un attimo. Le palpebre si chiudono, percependo la forza immane che scorre dentro di me.
Ad accogliere la mia trasfigurazione le perenni tenebre annidate nelle mie iridi svaniscono come comuni ombre alla luce del sole.
Illuminate da una sconosciuta, potente energia.
Catturate nell’oceano infinito e profondo, celante i miei pensieri di distruzione.
Sconfitte da una tinta più chiara, incontaminata, che nulla mostra della mia torbida anima.
So bene ciò che mi attende quando riapro gli occhi.
Smeraldi lucenti risaltano al posto di pietre d’ossidiana, bandiera di ogni Saiyan.
Ma lo sguardo…lo sguardo è di ghiaccio.
Rigido inverno.
Tagliente lama che lacera la tenera carne.
Glaciale espressione del Demone Bianco.
Implacabile, studio la reazione di quei penosi umani, di fronte alla mia metamorfosi, e sorrido.
Perché li ho sorpresi.
Perché ho fatto capire loro che Kakaroth non è più il migliore.
Perché li ho terrorizzati.
Amo terrorizzare chi mi guarda, notare le pupille dilatarsi inorridite, il corpo tremare in preda a violenti spasmi. Sopprimere le forme di vita è sempre stato il mio migliore interesse.
L’espressione delle mie vittime, le loro emozioni intrappolate nel mio sguardo, il loro prostrarsi ai miei piedi per invocare pietà. E’ tutto molto divertente.
Sono sollevato nel constatare che questo cyborg farà questa fine, di qui a poco.
Veloce e preciso, sferro il mio attacco, impiegando la mia nuova vitalità. Da troppo non mi scontravo con avversari, da troppo non uccidevo, da troppo non sentivo il sapore dolciastro e inebriante del sangue, elisir che sa tonificarmi e ritemprarmi.
Combattere è la mia vita.
Il mio destino.
E’ indispensabile quanto respirare, impossibile ignorare quel bisogno perché è una parte di me.
E’ nel mio corredo genetico.
E’ nel sangue che mi ribolle nelle vene.
Velocità, forza, agilità, astuzia.
Il poker d’assi vincente per qualsiasi guerriero, componenti fondamentali per avere una minima possibilità di sopravvivenza.
Abile stratega e spietato combattente.
Figlio della guerra.
Sazio del plasma rubino dei suoi avversari.
Indifferente a sentimenti, al di fuori dell’odio e del dolore.
Compagno delle tenebre.
Terribile incubo per chiunque si trovi sul suo cammino.
Tutto questo è un Saiyan.
Tutto questo sono io.
L’ammasso di latta è fuori gioco quasi subito.
Non può competere con l’oro del guerriero leggendario.
Non può competere con il grande Vegeta.
Opta quindi per la fuga, da bravo vigliacco. Probabilmente è consapevole di ciò che gli spetta. Trascina a fatica il suo corpo metallico, lontano da me, in cerca di una qualsiasi via di salvezza.
E’ il momento. Lievito fino ad essere sopra di lui, concentrando nella mia mano tutta la potenza di un vero Super Saiyan.
Lo ucciderò.
Sono praticamente nato in mezzo alla guerra, le mie mani si sono macchiate innumerevoli volte di delitti, eppure la travolgente sensazione che mi mozza il respiro quando uccido non mi abbandona mai, così da rimandarmi sempre ad una sorta di magnifica prima volta.
Mi piace spezzare le vite altrui, mi eccita avere tanto potere da annientare chiunque.
Poter mutare il corso del destino di un essere.
Privarlo del suo soffio vitale.
Recidere i fili sottili che lo legano alla sua esistenza.
Mi sento l’essere più potente dell’universo quando riduco a niente i miei avversari.
E’ strabiliante osservare l’agonia delle mie vittime, mi appaga più di qualsiasi amplesso accertare come le pupille si rovescino, mostrando il latteo bulbo oculare. E la vista del sangue è maggiore di qualsiasi orgasmo mai provato.
Il mio braccio trema, la debole carne non riesce a contenere oltre tanta energia. Con un sorriso diabolico liberò il colpo, feroce ed aggressivo come un fiume in piena e veloce quanto una scarica elettrica.
Non gli lascio neppure il tempo di urlare.
Il mio onnipotente fascio di luce lo disintegra in pochi istanti, provocando un’esplosione di dimensioni gigantesche.
Sono soddisfatto di me.
L’immane odio e rabbia che avvelenano il mio ego sono ciò che volevo avvertire agitarsi in me.
Ho ritrovato la fiducia in me stesso.
Ero certo che quella misera terza classe non sarebbe stata a lungo migliore di me.
Era solo questione di tempo. Il Super Saiyan celato in me avrebbe presto liberato il suo infinito potere.
Ora sono io il più forte.
E lo sarò per sempre.
Ho sconfitto definitivamente il fantasma di Freezer, che mi aveva reso confuso, debole e vulnerabile.
Ho ritrovato me stesso, il vero Vegeta, unico e solo esponente della gloriosa razza Saiyan.
Cinico e spietato contro tutto e tutti.
Privo di compassione e di pietà.
Il solo ad aver la grande capacità di segnare la fine di chiunque.
Nulla potrà mai cambiarmi, mutare il mio carattere, le mie necessità, il mio desiderio di seminare morte. Non l’ho mai permesso e non lo permetterò mai.
E’ ovvio che questi cyborg non sono poi così temibili. Non devo più preoccuparmi per loro.
Scruto l’orizzonte, indeciso sul da farsi.
Non ho paura di nulla, mi ripeto. La luce che sprigiono mi ricorda che sono ancora il più forte.
Mi sento pronto a battermi con il mio più grande avversario, ora.
No, non Kakaroth. Quell’ingenuo, stupido Saiyan, dalla forza però immane è il mio finale obbiettivo.
Il mio avversario ora è un altro, ugualmente pericoloso e potente.
Qualcuno che ha il cielo negli occhi, che riesce a rendermi inoffensivo, totalmente impotente.
Qualcuno che ha la capacità di confondermi con il suo sorriso, terribile arma a doppio taglio che provoca ferite più profonde di qualsiasi colpo mai ricevuto in battaglia. Perché bucano la pesante armatura che mi sono costruito, espugnano le mura del mio vero io ed infine colpiscono nell’intimo del mio ego, piantando i semi del desiderio e della passione, che germogliano robusti ed indistruttibili, ricoprendo tutto, anche il mio orgoglio.
E mentre sono impegnato a liberarmi dall’ostile jungla di sentimenti ed emozioni che mi soffocano, mi dà il colpo di grazia, sferrando il suo attacco micidiale, al quale è impossibile sottrarsi: il suo corpo.
Fragile combinazione di forme delicate, che hanno in me l’effetto di un pugno nello stomaco.
Candida la pelle argentea.
Lucente e setoso il crine di quell’insolito colore del mare.
Scarlatte le labbra piene e morbide.
Dolce il suo sapore che sento ancora in bocca, sebbene sia passato molto tempo.
Piccole ed affusolate le mani, tremendi strumenti di tortura, in grado di incendiare completamente tutti i miei sensi.
Ho segregato nel più profondo angolino della mia mente ogni ricordo, con fatica ho dimenticato.
Ed è stato arduo combattere contro un desiderio irrefrenabile, che mi assaliva non appena chiudevo gli occhi. Senza neppure rendermene conto mi ritrovavo sopraffatto da attimi vivi nella mia mente.
Avvinghiato a quel corpo, sotto la pallida luce lunare, ogni sera venivo sconfitto miseramente.
Vinto da quei baci ardenti, da quelle carezze impudiche su quella landa rigogliosa che era quell’essere meraviglioso. Tra le sue gambe trovavo il Paradiso, troppo debole per resistere a quel bisogno impellente di lei, inconsapevole di come mi avesse soggiogato e mi stesse trascinando verso sentimenti nuovi e mai provati, che mi spaventavano.
Eppure mi bastava pronunciare quel nome per ritrovarmi nuovamente sperduto nelle profondità della passione, che assumeva una tinta d’azzurro, riconducendomi a lei. Bulma.
Un nome odiato, un nome che suscitava desiderio.
Fattucchiera creatrice di potenti sortilegi, capace di ipnotizzarmi coi suoi occhi, autori di numerosi incantesimi, che mi hanno reso pazzo.
Incantatrice dei miei sogni più erotici.
Fiera pantera, pericolosa quanto seducente in tutti i suoi atteggiamenti.
Irresistibile come la succosa corolla di un fiore per qualsiasi insetto.
Fatale quanto la luce per la falena.
Stavo facendo la stessa fine.
Intrappolato nei fili della ragnatela da lei tessuta, stavo diventando sua proprietà.
Non potevo evitarlo.
Presto sarei stato soggiogato da lei, totalmente dipendente dal suo corpo, dalla sua voce, dal suo sorriso.
Non volevo tornare ad essere un animale in gabbia. La catena non fa per me.
Ora che Freezer non aveva più alcun potere su di me, stavo per essere nuovamente legato con la forza a qualcuno. Questa volta dalle sublimi e dolci catene del sesso, certo. Ma pur sempre catene.
Ho spezzato il legame per questo.
Perché non voglio più che mi tappino le ali, impedendomi di volare via.
Perché sono uno spirito libero.
Perché il Principe dei Saiyan non sarà mai schiavo di nessuno.
Perché appartengo solo a me stesso.
Presto la rivedrò, quello sarà il momento di affrontarla.
Ma stavolta sarò io vincitore.
Quelle sciocche sensazioni non mi toccano più, né le permetterò ancora di stravolgere i miei equilibri, il mio carattere, il mio modo di vivere.
Forse sarà una lunga battaglia, ma ciò non mi fa più paura.
Del suo potere non resta che un ricordo lontano, del suo amore una luce che illumina il mio ieri.
No, Bulma. Stavolta sarai tu a conoscere la sconfitta.
Non sono più quello di un tempo.
Non sono più quello che hai conosciuto.
Sono un Super Saiyan.
Sono il Principe Vegeta.
Sono il più forte.

 


Fine

  
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