Sakura si piega su
se stessa, le ginocchia nude sfregano contro il pavimento di legno e forse un
po’ si sbucciano. Quando si alzerà, vedrà del sangue da pulire e delle ferite
da medicare, ma in quell’istante non le importa: allunga la mano più che mai
sotto il letto, tocca delle palle di polvere che si infrangono contro le sue
dita e poi, per ultimo, qualcosa di morbido. Morbido e conosciuto.
Lo tira verso di sé
con decisione, sollevando la testa e battendo contro l’asse del letto. Mugugna
di dolore, quasi riderebbe di sé, ma poi nota cosa il suo aspirapolvere ha
quasi rischiato di rovinare e si ammutolisce. Poche volte a Sakura un oggetto
ha procurato una nostalgia quasi fastidiosa nel petto, di quelle che non se ne
vanno e rimangono sullo stomaco fino a che qualcosa non le sostituisce.
Tiene tra le mani
sporche una vecchia, vecchissima e tarlata felpa arancione. È grande, di almeno
tre taglie più larga delle sue, ed invernale. Ha un’aria vissuta quella felpa,
e le bordature nere sono quasi del tutto scucite e scolorite dal tempo.
Tocca la morbidezza
e pensa che quella è rimasta immutata, nonostante gli anni passati sotto
quel letto. Con il dito traccia il sentiero della cerniera - quante volte
era stata proprio lei ad abbassarla? -
e sorride mente i ricordi le invadono la mente.
C’è una bocca
affamata contro la propria, una voce soffocata dalle sue mani perché lui era
sempre stato troppo rumoroso, poi c’è quell’angolo di letto contro cui
sbattevano sempre o il tappeto già impacchettato nel quale inciampavano prima
di buttarsi addosso e baciarsi, annusarsi, leccarsi e parlarsi sconclusionati.
Sorride, Sakura, ma
gli occhi sono così lucidi che se Ino la vedesse la sgriderebbe. Oh, già se le
vede le mani sui fianchi ora più pieni della ragazza, vede il suo cipiglio
seccato, vede il suo ventre rotondo, vede tutto quello che lei ancora non era
riuscita ad essere.
Se la stringe al
petto quella felpa, e forse contro la pelle nuda la farà sudare un po’, ma
Sakura sorride ironicamente. Ricorda chiaramente quando sua madre le diceva che
le pulizie di primavera portano a galla un sacco di pensieri, ed ora lei ci è
immersa. Fino al collo.
Strano come la primavera
fosse sempre presente nei momenti più importanti della sua vita, strano
davvero.
«Voglio l‘estate», dice Sakura allungando i piedi oltre il
cornicione, e Naruto al suo fianco ghigna divertito.
Segue la linea del
collo fine della giovane da quando un’ora prima lei ha accettato di fargli
compagnia, a prendere aria fresca e allontanarsi per un po’ dagli allenamenti -
e da Sas’ke - e c’è una riga di sudore che lo fa deglutire ansioso, desideroso,
più uomo, con voglie più adulte.
Vuole leccargliela
via, e Sakura lo sa. Lo sente il prepotente desiderio di Naruto, in quel
misterioso mese di Maggio che non ha nulla di primaverile. I ciliegi sono morti
da tempo, sfioriti ancor prima che Sakura potesse vederli come ogni anno, perché
«Probabilmente Sas‘ke è stato visto al
Villaggio della Nebbia». Solita notizia priva
di fondamento, dalla morte di Jiraya-sama, solita illusione che terminava in un
pianto ed una promessa che era diventata soffocante, pesante.
Sakura lascia
dondolare le gambe al di là del cornicione, il vento le colpisce i capelli e li
fa svolazzare. Un profumo di fiori invade le narici di Naruto, e lui sa che
quello è l’odore naturale di Sakura: la kunoichi non ha bisogno di lavorare in
un negozio di fiori per avere su di sé il profumo dei ciliegi. Gli fa girare la
testa; è il profumo che porta con sé un sacco di cose, dall’amore alla
tristezza, al semplice desiderio di un affetto cresciuto troppo grezzamente.
«Forse dovrei far crescere la frangia», esordisce proprio lei in quell’istante,
afferrando tra indice e pollice una ciocca di capelli rosa. Arriccia le labbra
lucide di saliva - Naruto deglutisce - e poi punta i suoi grandi occhi
verdi in quelli azzurri di Naruto. «Tu che dici?»
Nota lo scompiglio
nello sguardo di Naruto: è un cielo che infuria una tempesta di idee, e sa che
lui vorrebbe dirle qualsiasi cosa. Forse che è bellissima, o forse che potrebbe
lasciarli crescere perché sarebbe ancora più bella, o forse vorrebbe dirle
tutto e niente, che è bellissima così com‘è, la sua Sakura-chan. E le si
imporporano le guance, anche se la voce di lui non l’ha ancora udita.
Naruto si morde il
labbro, arriccia la fronte, poi la stende. Infine, prende un gran sospiro.
«La frangia coprirebbe la tua fronte; a me la
tua fronte piace», è rosso come un
pomodoro, così diverso dal Sas’ke quel giorno di tanti anni prima aveva
amato la sua fronte, in un momento in cui era apparso così simile… a Naruto.
Sakura spalanca gli
occhi verdi. Li sgrana, tanto, tantissimo, e poi l’afferra per la collottola e
lo attira a sé.
«ERI TU!»
Naruto non finge
nemmeno di non capire, né gesticola. Distoglie solo lo sguardo imbarazzato, ma
sembra quasi felice. Lei l’ha riconosciuto, vuol dire che Sakura ha imparato a
conoscerlo, che non sa di lui solo che ama il Ramen e le cose a forma di rane,
ora Sakura-chan sa anche riconoscerlo.
«Beh, ti ho sempre trovato carina, Sakura-chan,
e anche la tua fronte fa parte di te».
Sakura sbatte le
palpebre ripetutamente, mentre vede andare in frantumi l’unico ricordo
romantico che condivideva con Sas’ke-kun - e questo, stranamente, non la
stupisce.
«E vorresti baciarla?»
Ora Naruto è
bordeaux, e prima che lui possa solo pensare di avvicinarsi e baciarla davvero,
Sakura lo tramortisce.
Dovrebbe odiarlo
per averle rovinato un simile momento, ma vede solamente l’innocente amore che
brucia in quello sguardo. Così diverso da quello che incendia i suoi occhi,
quando pensa a Sas’ke…
Le viene quasi da
ridere. Quasi, perché la malinconia invade i suoi occhi di un verde sempre
luminoso, sempre così vivo, che nonostante tutti quegli anni arricchiti dal
sangue non sono riusciti a spegnere.
Si alza in piedi, e
le ginocchia sono davvero segnate e sbucciate. Ridacchia, si sente una bambina,
mentre la voce di sua madre le chiede se ha finito con gli scatoloni. Sono
tanti gli scatoloni di Sakura, eppure la sua camera non era mai stata piena di
cianfrusaglie inutili.
Erano scatoloni
pieni di ricordi, come fotografie e nastri rossi ormai vecchi e scoloriti.
Mentre cammina e
con lo sguardo cerca altro da impacchettare, Sakura si blocca, attratta dall’esterno.
Fuori dalla
finestra della sua camera, Sakura vede sempre in lontananza un albero di
ciliegio: quell’anno, nonostante la piena primavera, non è sbocciato come i
suoi vicini. Eppure, sin da quando era piccola, Sakura ha sempre preferito lui
a tutti gli altri.
Sorride, appoggiando
i gomiti al davanzale e ponendo il capo sulle mani, cercando di ricordare come
passasse i suoi giorni prima di tutto quello che era accaduto. Prima di
crescere e capire che, fino a quel momento, era stata la stupida più grande con
la felicità da un passo dal proprio naso.
È stato un po’ come
trovarsi in un sogno, per lei. Un incubo per la precisione.
Sakura li guarda da
lontano, guarda Sas’ke che tiene la mano saldamente ancorata attorno alla vita
di Hinata, vede i suoi occhi passare dai ciliegi in fiore a quelli di lei, come
se ne fosse inavvertitamente attratto.
Era successo tutto
per caso, da quando Naruto si era scusato con Hinata e lei era incappata in Sas’ke
in ospedale. Silenziosa, accondiscendente e con la dolcezza e femminilità che
si addicevano alla persona di Sas’ke, lui l’aveva scelta. Senza una logica, un
motivo, solamente il desiderio di andare avanti.
Strano non era
stato vederli insieme, avevano entrambi delle bellezze eteree come le ripeteva
Ino, strana era stata la consapevolezza di Sakura. La consapevolezza che al
fianco di Sas’ke, lei non avrebbe mai potuto stare.
Nella sua testa c’è
una folla impazzita, una serie di Sakura che imprecano, piangono, urlano e
sentono le mani vibrare. Oh, potrebbe stringere facilmente il collo di Hinata
tra le sue mani, urlarle dov’è finito il suo amore per Naruto, chiederle con
che coraggio passeggi di fronte a lei con quel sorriso sereno, quando Sas’ke è
sempre stato solo suo. Ma Hinata, che ha passato tutti gli anni della
sua adolescenza ad osservare Naruto amare un’altra, non meritava qualcosa di
simile. Non lo merita, e l’idea che lei si meritasse quella felicità uccide la
crudeltà di Sakura. Non può odiarla, può solamente biasimare se stessa.
Che cretinata, si
dice, e sbatte proprio contro il sorriso di Naruto.
Naruto che ha
mantenuto la promessa.
Naruto che ha
rifiutato Hinata - per lei.
Naruto che le
stringe le braccia, come se dovesse sostenerla - ancora.
«Lasciami andare», dice isterica e si divincola, gli molla un
pugno sul braccio. Uno sull’addome, due alle spalle. E infine, uno schiaffo in
faccia.
Naruto non si
muove, o meglio, lo fa e la trascina via. Dietro un muro sudicio, in un angolo
che forse dopo la guerra ancora non è stato toccato, e l’abbraccia.
Non ha mai osato
tanto Naruto, è sempre stata lei a cercare un contatto fisico. Sempre, anche
quando doveva ferirlo, lui si era limitato a ricevere in silenzio. Solamente quella volta Naruto
aveva capito le sue volontà, e l’aveva rifiutata.
«Questa è solo colpa tua, Naruto», dice e adesso sa che sta piangendo, e si
sente una stronza mentre da’ colpe a Naruto, colpe che il ragazzo non si merita.
Lui ha mantenuto la
promessa: ha riportato Sas’ke a casa sano e salvo, ed il team 7 era tornato all’antica
formazione.
La colpa è
solamente sua; non è mai stata in grado di capire Sas’ke come Naruto, che ha
comunque continuato a vederla come qualcosa di prezioso da proteggere. Anche
ora, non ha la forza di ribattere. Si limita ad abbracciarla, accarezzandole la
schiena, mentre i singulti la fanno sussultare.
«Sas‘ke è rimasto il solito idiota, Sakura-chan», e forse si sente anche in colpa nei confronti
di Hinata, in quel momento, mentre parla.
A lei, però, quelle
parole piacciono. Le piacciono da morire, ma nel frattempo si sente vile: cerca
conforto nelle braccia di Naruto, lo picchia, mentre il suo amore per lei
sgorga da ogni poro e cerca di sostenerla.
Si sta ancora una
volta approfittando di lui, e della forza che il suo cuore le infonde.
C’è Ino sulla soglia della sua porta e a Sakura viene
terribilmente da ridere.
Ha il caschetto
biondo disordinato, le guance rosse e un volto così paffuto da sembrare una
bambina. Ed è così bella che quella vecchia stanza impolverata improvvisamente
si illumina, si illumina fastidiosamente.
«Fronte spaziosa, non hai ancora finito?» Chiede pur già sapendo la risposta, e si butta sul
letto di peso. E qualche plico di foglio da disegno cade a terra, allargandosi
sul pavimento.
Sono tutti i
disegni degli alberi di ciliegi che Sakura ha ritratto da piccola, e sono
orrendi: non hanno forma, lei non è mai stata brava a disegnare. Ancora oggi,
persino la sua scrittura risulta storta e disordinata, e molti si domandano
come fosse potuta divenire l’allieva più promettente di Tsunade.
«Guarda che il futuro non aspetta», continua Ino toccandosi il pancione, «nemmeno se sei una pigra come Shikamaru».
E Sakura sorride:
quelle parole sembrano perfette per lei, così perfette che Ino lo sa, l’ha sempre saputo. Ha sempre saputo tutto prima di
ognuno di loro.
Ino sta sistemando
un vaso di fiori, ha del terriccio sia sulla faccia che sui capelli. Strano
come fosse cambiata in quegli anni, così presa dal fare la ninja che si era
quasi scordata del suo aspetto, ancora più bello di un tempo, ancora più
attraente. Quanti erano inciampati in lei, senza mai essere rialzati; quanti
avevano provato ad amarla, prima che fosse lei a spiegare ad uno solo di loro
come si facesse ad amare davvero.
Un giubbino da
Jounin è abbandonato sulla sedia, e non è della taglia di Ino: Sakura sorride,
perché Shikamaru probabilmente sta ancora sonnecchiando e farà arrabbiare l’Hokage arrivando in ritardo, perché Ino vuole sempre
fare la bambina dopo l‘amore, questo la sua migliore amica lo sa.
«Quel cretino del nuovo Hokage si è rivelato
proprio il cretino che pensavo!» Ino è iraconda,
rossa, e vibra, e le viene anche da ridere. Praticamente è un miscuglio di
emozioni, e Sakura la trova così divertente che non vede nemmeno la prenotazione
di Hinata appesa al bancone: fiori freschi per la tomba degli Uchiha. E di
Itachi.
«Non dovresti dare del cretino al nuovo Hokage,
due volte nella stessa frase per altro», Sakura si passa una mano tra i capelli
lunghi, legati in una coda. Sembra quasi si siano scambiate le pettinature,
loro due, e ancora Sakura vuole ridere. «Che ha combinato?»
Ino solleva un
rametto di fiori di ciliegio e glielo porge, come se quella fosse una risposta
più che esauriente.
Sakura, però,
inarca un sopracciglio. «Qual è il problema?»
«Il problema è che il tuo bello ha voluto
solamente fiori di ciliegio per l‘inaugurazione, ecco
cosa», Ino impreca
ancora, ma il suo è un capolavoro pensa Sakura guardando i fiori che si piegano
come animati dalle sue dita sottili - e forse, assomigliano un po’ a Shikamaru, tanto sono docili al tocco di Ino.
«Chissà perché?»
Ino la guarda come
se fosse stupida. E pensa effettivamente che Sakura, in quel momento, sia la
stupida più grande del mondo. Oh, eccome se lo pensa.
Afferra un rametto
e lo picchia sul suo naso a punta, appoggiando i gomiti sul bancone sporco di
terriccio, fertilizzante, acqua e fiori.
«Oh, già, chissà perché?», domanda sarcasticamente acida. «Forse perché la ragazza che ama è un fiore di
ciliegio ormai sbocciato - ai suoi occhi, ovviamente?»
Sakura finge di non
capire, ma le sue gote si sono arrossate vivacemente ed è terribilmente
graziosa, pensa Ino.
Ancora dopo tutti
quegl’anni, sopportati
solamente grazie a Naruto che ogni giorno si presentava fuori dall’ospedale, niente era cambiato.
I pugni finivano
sempre sul naso di Naruto quando osava qualcosa in più, ma ora Sakura ha
imparato a farsi abbracciare e cullare, quando vuole piangere. Non finge più - con lui - di essere quella che non è. Non è
più la falsa, perfetta Sakura.
«Oh, guarda, si parla del diavolo…»
E Sakura si gira,
ha lo stomaco in subbuglio e Naruto sorride al di là del vetro.
«Sakura-chan, ho un problema con la divisa!»
«Questa è la scusa più idiota che abbia mai
sentito», dice Ino, ma sta
sorridendo, perché Ino la conosce meglio di chiunque, lì, anche se meno di
Naruto.
Ma certe cose
Naruto ancora non le può sapere.
«Arrivo, baka».
Il tumulto che
provoca il suo sorriso in lei, Naruto ancora non lo può sapere.
Ino sì.
«Il tuo appartamento è lontanissimo dal mio», Ino si gira una ciocca di capelli tra le dita,
mentre Sakura chiude il terzo scatolone e lo porta in corridoio senza sforzo,
nonostante quello contenesse circa metà dei suoi libri di medicina.
La medic-ninja si
scosta un lungo ciuffo dal viso, mentre la coda ormai disordinata inizia a
darle fastidio. Probabilmente è tutta sporca, e per inaugurare la propria nuova
casa non è l’aspetto migliore, ma Ino non
le dice nulla.
«Chissà quante urla che si sentiranno lì la notte», ora Ino è maliziosa. E porta le mani a coprire il
ventre come se volesse tappare le orecchie al bambino: è una brava mamma, in
fondo, allora.
Sakura le tira un
cuscino in faccia. Ino si finge mortalmente colpita, e crolla di peso distesa
sul letto ormai sfatto.
Una cornice le cade
sulla faccia.
«Oh, ti stavi dimenticando una cosa preziosa, Sakura», e gliela lancia.
La foto del nuovo
team 7, con Sai e Yamato. E Sas’ke.
Naruto ha
abbandonato la divisa da Hokage per un giorno, ed è sdraiato con lei all’ombra di un ciliegio fiorito. Sono circondati da
coppiette, e Sakura si sente un po’ ubriaca per via
dei due bicchierini di sakè che hanno bevuto ridendo e brindando.
L’ha abbracciato,
gli ha tirato un paio di pugni e poi ha riso isterica. Insieme hanno lanciato
dei rametti a due giovani che si sbaciucchiavano di fronte a loro, e si sono
nascosti sotto la coperta, ribaltando i piatti.
Hanno ancora il
fiato grosso quando si sdraiano braccia contro braccia, in una ricerca dell’altro
quasi ansiosa.
«Sai, credo di aver capito cosa provava Hinata
vedendoci insieme ogni giorno», esordisce Sakura
senza logica, avvicinandosi maggiormente al corpo caldo di Naruto. Lui le
stringe una mano, ed è sudata, ma non la infastidisce. Non la infastidisce più
niente, di lui, quando la tocca.
«Non capisco, Sakura-chan».
Lei lo guarda di
sottecchi; è più maturo, Naruto, ed i capelli lunghi gli stanno decisamente
bene. Forse riesce persino a trovarlo più bello di Sas’ke in quell’istante, e le viene
da ridere per essere arrivata così in ritardo.
«Intendo dire che ci vedeva come una coppia,
quindi le dava fastidio. Anche a me dava fastidio vederla con Sas‘ke-kun,» avrebbe
continuato se Naruto non si fosse alzato di scatto tirando anche lei con sé.
Non è mai stato un
grande pensatore Naruto, ma quando fa cozzare duramente le loro labbra le viene
veramente da ridere. Sono dure e secche, e lei non ha mai baciato nessuno in
diciannove anni di vita. E il suo primo bacio è sotto i fiori di ciliegio, e
forse ha qualche petalo in testa.
È il loro primo
bacio, ed è così breve che forse Sakura se l’è addirittura sognato.
«Accidenti», Naruto si passa una mano tra i capelli
imbarazzato, ma è così felice che non riesce per niente a nasconderlo.
La guarda di
sottecchi, forse in attesa di un pugno. «Mi
dispiace, Sakura-chan».
E lei rivede tutto:
rivede Sas’ke che le dice di
voler baciare la sua fronte, rivede Naruto che si trattiene per lei sulla
soglia di una porta, vede Naruto prometterle che avrebbe riportato Sas’ke, lo vede malconcio e distrutto, lo vede arrossire
per abbracciarla, risente il suo nome in un grido disperato, e poi il suo
sorriso. E tutte le volte che l’aveva fatta
rialzare a forza da terra, perché lei era forte, così forte che Naruto già lo
sapeva.
«Anche a me», dice allora, afferrandogli la faccia con
durezza. Naruto aspetta un colpo. «Non mi hai dato
nemmeno il tempo di chiudere gli occhi, stupido».
Sakura guarda la
sua nuova casa stringendo la felpa arancione di Naruto tra le mani, e le viene
un po’ da piangere.
È all’ombra di un giovane ciliegio che potrebbe morire alla
prima tempesta, eppure pensa che quell’immagine le si
addice perfettamente. Aveva rischiato di essere spezzata più e più volte, ma
qualcuno era sempre riuscita a rimetterla insieme, anche impiegandoci anni. Un
qualcuno con le spalle larghe e che si portava dietro l’odore dell’Ichiraku,
anche a così tanta distanza da lei.
«SAKURA-CHAAAAAAAAAAAAAAAAN!»
Sakura arrossisce
un po’ vedendo Naruto sbracciarsi dalla
finestra del salotto, ma crede di capire l’eccitazione che lo invade: è la prima volta per lui. Vivere con
qualcuno, per lui, è una novità. E finalmente Sakura è riuscita a fare qualcosa
per renderlo davvero felice.
«Naruto, prepara l‘acqua calda!»
Lo legge il pensiero malizioso di Naruto, e non le
importa se i vicini hanno sentito e se la signora che abita sotto di loro le
rivolge un’occhiata sdegnata.
Sakura ride, mentre
corre su per le scale, pensando che Sas’ke non l’avrebbe mai baciata contro una porta e sotto gli
sguardi di tutti.
Sakura ride e si
aggrappa alle spalle di Naruto, mentre lui parla contro la sua bocca e le dice
che è felice, e vuole fare l’amore con lei fino
a che non si addormentano.
Sakura pensa che
Sas’ke non avrebbe mai saputo
renderla così felice, perché non gli è mai nemmeno interessato: e Sakura non è
più una stupida, ha capito cos’è il meglio per
lei.
«Ehi Naruto, penso che la nostra vicina già ci odi».
Ed il meglio, per
lei, era sempre, sempre, sempre stato Naruto.
N/a: sono felicissima
di aver vinto questo contest. E ricordo anche che il primo che vinsi fu proprio
grazie ad una NaruSaku! *_* Okay, non c’entra nulla, ma era divertente
ricordarlo.
Ho cercato di
tratteggiare i punti essenziali della nascita dell’amore di Sakura per Naruto,
armonizzando tutto con Ino ed il suo pancione, divertendomi molto con lei,
seppur non appaia a lungo.
Il SasuHina è…boh.
Non mi dispiacciono, seppur Hinata la preferisca con Kiba, ma credo che uno
come Sas’ke non farebbe fatica ad innamorarsi di lei. Forse all’inizio per i
balbettii rischierebbe di ucciderla tre volte su due, ma con il tempo si è
abituato anche a Naruto, quindi…
La FanFic è
interamente dedicata alle ragazze del forum, in particolare a Giò, Giulia e
LadieBlue. (:
Grazie di cuore a tutti. (: