Eccomi di nuovo qui, chiedo umilmente scusa per il ritardo con cui posto questo capitolo.. purtroppo avevo perduto un pò l'ispirazione . Così ho preferito interrompere la storia, almeno fino a quando non avessi avuto le idee un po' più chiare su come far continuare il racconto. Spero di non aver perso la vostra lettura. Un bacio a prestoooo
Fu
il suo tocco dolce a farmi sussultare. Mi guardai intorno stranita, cercando di
prendere contatto con i miei sensi.
“
Ti ho spaventata?” chiese Julien con
voce calda e profonda “non avrei voluto
svegliarti ma credo che tu debba tornare a casa.”
Mi
strofinai gli occhi, sembrava di aver dormito un’eternità. L’espressione sul
mio viso dovette essere abbastanza eloquente perché lui mi appoggiò la mano sulle labbra e disse: “ti sei addormentata appena per qualche
minuto.”
Sulle
prime tirai un sospiro di sollievo poi mi domandai che ore potevano essere. Quando
lo chiesi a Julien strinsi gli occhi, temendo la risposta.
“Quasi le dieci”
Bang!
Un colpo al cuore. Ero ufficialmente nei guai. Mi aspettavano per cena e il
ritardo era tanto. Saltai giù dal letto, mi vestii alla meglio, sistemando i
capelli con le mani. Julien seguiva ogni mio movimento, scrutandomi.
La
serietà del suo sguardo mi fece rabbrividire. Sembrava perso in chissà quali
pensieri, in chissà quali ricordi. Mi avvicinai al suo volto e lo baciai, quasi a chiedergli scusa per la fretta con
cui mi stavo ponendo.
Montammo
di nuovo in sella e lentamente ci avviammo lungo l’asfalto. Mi strinsi forte a lui appoggiando
la testa sulla sua spalla. Il vento dispettoso mi scompigliava i capelli ma non
ci badavo, tutto il mio corpo era teso come una corda di violino e qualcosa nel
profondo continuava a tormentarmi. Alzai gli occhi, il freddo era pungente ma
nonostante la città fosse piena di luci, centinaia di stelle brillavano sullo
sfondo nero inchiostro del cielo.
Ci
fermammo a qualche isolato da casa. Il viale era poco illuminato a causa degli
alti alberi che lo circondavano e
l’umidità cominciava a farsi sentire. Percorremmo lo stretto viottolo di ghiaia
tenendoci teneramente per mano con lo sguardo che cercava di catturare
l'essenza dell'infinito.
Ad
un tratto guardai i suoi occhi con un bruttissimo presentimento. Non feci in
tempo a dar forma ai miei concetti che Julien si fermò bruscamente: di certo un
pensiero buio gli aveva attraversato il cervello; i suoi occhi erano diventati
cupi.
“Che c’è” esclamai flebile.
“Vuoi che ci salutiamo qui o preferisci che
ti accompagni in casa”
“Ehm.. si, o meglio no!” farfugliai
evitando di incrociare il suo sguardo “i
miei saranno infuriati per il ritardo, non voglio che se la prendano anche con
te”
“Sicura?” domandò lui.
La
sua voce triste trasmetteva una sorta di quieta rassegnazione. Ad un tratto mi
parve di scorgere non so quale profonda tristezza nei suoi occhi, azzurri come
l’acqua del lago. Sembravano supplicassero di non andare via.
Annuii
cercando di apparire il più possibile tranquilla. Non era il momento giusto per
parlargli di Antonio: avevo paura che fraintendesse la ragione per cui gli
avevo taciuto la sua presenza in città.
Deglutii
e subito mi mancò il respiro. Rimasi in silenzio finché lui non mi prese il
volto tra le mani, guardandomi dritto negli occhi: sembrava volesse studiarmi,
leggermi dentro, e per un’istante temetti potesse riuscirci per davvero.
Scossi
impercettibilmente la testa per scacciare via quei pensieri che mi avevano
rabbuiato. Gli misi le braccia intorno
al collo e lo baciai sulle labbra: il suo sapore mi inebriò i sensi.
Mi
strinsi forte a lui quasi a voler fermare il tempo e le sue ore. Le sue braccia
mi avvolsero, strette e rassicuranti ma il suo sguardo tradiva una certa
inquietudine, avevo come l’impressione che qualcuno dei due da quel giorno non
sarebbe stato più lo stesso.
Inspirai
profondamente prima di girare la chiave nella toppa. La serratura scattò e la
porta d’ingresso s’aprì. Un buon odore di arrosto invase le mie narici. Guardai verso la cucina: voci
convulse si alternavano a risate accompagnate dal rumore delle posate, chiaro
sinonimo che non mi avevano aspettato per cena.
E
come biasimarli? Mancava un quarto d’ora alle undici e mancavo da questo
pomeriggio. Inoltre avevo lasciato a casa il cellulare e per tutte queste ore
ero stata totalmente irreperibile.
“Ginevra??... Ginevra sei tu?”
La
voce di mia madre mi fece sussultare. Portai una mano al petto per calmare il
cuore che si era messo a correre all’impazzata.
“Si mamma, sono io”
esclamai facendo capolino dalla porta.
Sentii
tutti gli occhi addosso, a partire da quelli di mio padre che mi fissavano con
aria di rimprovero. Abbassai per un attimo lo sguardo, come facevo sempre
davanti ad un ostacolo.
“Ti sembra questa l’ora di rientrare!?!”
Odiavo
esser trattata da bambina ma lo meritavo. Però mi faceva rabbia che Antonio
stesse assistendo alla scena da “spettatore non pagante”. Mi parve quasi di
udire un risolino di compiacenza che mi fece salire il sangue al cervello.
Mentre
mia madre stilava l’elenco delle mie mancanze io, a pugni chiusi e con le
guance in fiamme, cercavo di convogliare la collera in modo costruttivo nelle
mie parole. Sapevo di essere nel torto ma non ero scema.
“Ho capito! Non c’è bisogno di ripetermi le
cose all’infinito” esclamai.
Lei
mi lanciò un’occhiata scettica, sollevando un sopracciglio. Poi mi porse un
piatto con le patate pronte e una fettina d’arrosto fumante.
Dopo
aver trangugiato qualche boccone in silenzio posai le posate nel piatto
perpendicolarmente a me, con i manici sul bordo, segnalando così di aver
terminato la mia cena.
“Signora Silvie, la vostra cucina è davvero
eccellente!” sentenziò Antonio portandosi il tovagliolo alla bocca.
“E aspetta di assaggiare il dolce!”
esclamò giuliva mia madre, alzandosi e dirigendosi a passi svelti
verso la cucina.
Feci una smorfia di rabbia e di disgusto: avevo
sempre odiato le persone che vogliono risultare simpatiche e compiacerti a
tutti i costi. Antonio era uno di queste.
Aveva preso a parlare di sé, dei suoi studi
universitari in questo paese e delle sue aspirazioni. I miei genitori lo
ascoltavano con interesse mentre io non vedevo l’ora di alzarmi e andarmene. Al
dire il vero la mia mente era già lontana, molto lontana da lì: aveva
attraversato tutta la città, giungendo fino a Vénissieux,
per rifugiarsi tra le braccia di Julien. Fui assalita da un’improvvisa voglia
di parlargli. Mi alzai di scatto, quasi rovesciando la sedia.
“Ginevra!” esclamò mia madre, guardandomi con
aria stranita.
“Io.. io.. ehm” balbettai senza dire nulla di
sensato.
“Ti senti bene?” mi chiese Antonio
prendendomi per il braccio “Non hai quasi toccato cibo”
“Si.. si.. ero solo soprappensiero” dissi.
Dopo la torta ci spostammo nel salotto per il caffè. Il camino era
acceso ed emanava un piacevole calore mentre fuori la neve aveva ripreso a
scendere copiosa. Antonio continuava a parlare con i miei genitori e intanto
non mi distoglieva lo sguardo di dosso, i suoi occhi neri mi studiavano,
scrutando ogni dettaglio del mio corpo.
Deglutii, preda di quell’ansia che mi stava divorando. Mi strinsi
lievemente nelle spalle “Non è colpa mia”
continuavo a ripetermi, quasi a voler convincere me stessa di non aver tradito
la fiducia di Julien tacendogli la visita di Antonio.
“Allora mi accompagni?”
“Come!?” esclamai
stralunata.
La voce di Antonio mi riportò alla realtà, come una sveglia.
“Sicura di stare bene?” incalzò lui.
“Ho solo un po’ di mal di
testa” mentii toccandomi la tempia e facendo una finta smorfia di dolore.
“Stavo per andare via, mi
accompagni alla porta?” disse.
Guardai mia madre in cerca di aiuto ma l’unica cosa che fece fu
salutarlo con un cenno rinnovandogli l’invito a tornare.
Sbuffai vistosamente, tanto da spostare quel ciuffo di capelli che continuava a ricadermi sugli occhi.
Senza proferir parola mi avviai verso l’ingresso e spalancai la porta.
“Non vedevi l’ora di liberarti di me, eh?”
esclamò Antonio varcando l’uscio.
Ad
un tratto capii di esser stata eccessivamente scortese con lui. Abbassai lo
sguardo imbarazzata, non ero fiera del mio comportamento. Indossai in tutta
fretta il giubbotto e uscii sul portico.
Appoggiai
la mano sul pomello freddo della porta e la tirai a me, socchiudendola. La
veranda era attraversata da una brezza gelida che mi fece venire la pelle
d’oca. Antonio mi dava le spalle lontano quasi un metro e mezzo da me, poi si
voltò e per un attimo i nostri sguardi si incrociarono.
“Mi piaci tanto” esclamò spezzando il
silenzio che si era venuto a creare.
Sobbalzai
e cercai d’istinto di indietreggiare ma la porta si chiuse di botto dietro di
me.
“Ehm.. che sbadata” farfugliai “non ho nemmeno le chiavi!”
Feci
per suonare il campanello ma mi tremava il dito. Antonio mi mise una mano sulla
spalla che mi face rabbrividire: mi voltai di scatto e l’espressione turbata
che trapelò dal mio viso gliela fece togliere.
“Non voglio spaventarti” sussurrò serio.
“N-Non sono spaventata” esclamai,
cercando di mantenere un tono incolore, piatto “voglio solo rientrare in casa”
“Il tuo ragazzo non ti permette
nemmeno di parlare con un amico?”
“Lascia fuori Julien da tutto
questo” dissi categorica.
Un
leggero sorriso soddisfatto si dipinse sul suo volto. Cosa aveva in mente?
Sentivo il cuore in gola e il lento battito rimbombarmi nelle orecchie.
Deglutii a fatica. Antonio si fermò a meno di mezzo metro da me ed esclamò: “sarà il nostro piccolo segreto”
Non
ebbi il tempo di capire il significato di quelle parole che mi ritrovai le sue
labbra sulle mie. La sua lingua penetrò con forza nella mia bocca tanto da
togliermi il respiro. Mi sentii invasa da un senso di disgusto e mordendogli il
labbro inferiore lo allontanai con veemenza.
“Lasciami” gridai.
“Potevi fare di meglio” esclamò
asciugandosi il rivolo di sangue che fuoriusciva dal lato sinistro della bocca.
Gli
assestai uno schiaffo sulla guancia. I suoi occhi fiammeggiavano, neri come la
pece. Si massaggiò la gota indolenzita con fare minaccioso.
Senza aspettare la sua reazione mi precipitai a suonare il campanello e non appena la porta si aprì scappai per le
scale trovandomi al piano di sopra.
“Ma Ginevra… che modi sono!?”
L’esclamazione
di mia madre fu l’ultima cosa che riuscii a sentire. Mi chiusi in camera e cominciai a piangere.
Era colpa mia. Mi portai una mano alla bocca per trattenere i singhiozzi. Mi
aveva baciata. Il solo pensiero mi
inorridiva.
Corsi
allo specchio. Guardai la mia immagine riflessa. Cominciai a sfregarmi le
labbra con le mani, prima lentamente, poi sempre più forte e più velocemente,
in preda a chissà quale raptus. Sentivo ancora il sapore di quel bacio
mescolato all’amaro delle lacrime.
“Stupida, stupida, stupida” urlai a me
stessa. Avrei voluto prendermi a schiaffi per tutto ciò che non ero riuscita ad
evitare.
Deglutii
a fatica, feci un respiro profondo e mi lasciai cadere a peso morto sul letto,
senza neanche mettermi il pigiama. Chiusi gli occhi sui miei pensieri funesti e
mi imposi di dormire. Avevo permesso a quell’idiota di rovinare il momento
magico che stavo vivendo con Julien.
Nonostante
i propositi la notte che seguì la passai in bianco.
Appena
i primi pallidi raggi del sole filtrarono dalla finestra arcuata aprii gli
occhi. Un dolore lancinante mi attraversò la tempia. Mi guardai intorno
confusa: avevo ancora addosso i vestiti della sera prima.
Mi
stiracchiai e sbadigliando raggiunsi la finestra per osservare il panorama. La
testa mi doleva come se fosse stata trafitta da mille aghi. Stringendomi nelle
spalle, sospirai.
Gli
alberi, mossi dal vento, sembravano dei giganti che ondeggiavano nel tentativo
di liberarsi dalle catene mentre un sole pallido faceva capolino da dietro una
nuvola.
Rimasi
per qualche minuto ferma a guardare il viale. I giardini erano curati e
piacevolissimi da vivere anche d’inverno. Ulivi, alberi da frutto, piante
aromatiche e selvatiche tipiche del sud della Francia facevano parte dei vivai
che circondavano le abitazioni.
Aprii la finestra e inspirai, la
corrente piacevolmente fredda. Il vento mi pungeva sul viso e mi scompigliava i
capelli. Il grande giorno finalmente era arrivato e mi faceva rabbia l’idea che
gli accadimenti della sera precedente lo stessero offuscando.
Il
suono della sveglia mi fece sussultare. Guardai l’orologio: erano le 7 e 30 del
mattino. Sbuffai sconsolata, non solo
avevo passato una notte praticamente insonne ma mi ero alzata anche mezz’ora
prima della sveglia!
Dopo
averne disattivato l’allarme mi diressi svogliatamente verso la porta del
bagno. Avevo proprio bisogno di rilassarmi un po’. Riempii la vasca fino a metà
e dopo aver controllato la temperatura dell’acqua vi versai una cospicua
quantità di bagno schiuma. Mi ci immersi e chiusi gli occhi ma per quanto mi
sforzarsi, non riuscivo a scacciare l’immagine di Antonio dalla mia mente.
Rimasi
a mollo per quasi un’ora, fino a quando non mi accorsi che la pelle dei
polpastrelli era diventata rugosa. Mi avvolsi nell’asciugamano strizzando i
capelli ancora gocciolanti e tornai in camera per prendere la biancheria.
Solitamente
amavo il silenzio del primo mattino, questa volta però era diverso, non mi
trasmetteva nessuna positività ma solo inquietudine. La calma prima della
tempesta? Si ma quale tempesta stava per abbattersi su di me?
Infilai
svogliatamente il vestito che avevo scelto e raccolsi i capelli ancora umidi in
uno chignon incurante di qualche ciocca che, sfuggita alle forcine, ricadeva
libera sulle spalle.
Lanciai
uno sguardo all’abito color lavanda che avrei indossato stasera. Provai ad
immaginare il momento in cui, al fianco di Julien, avrei varcato l’uscio della
sala. Era il coronamento di un sogno, ma anche un punto di partenza: non vedevo
l’ora di amare alla luce del sole il mio Julien.
“
Il mio Julien”
Nel
pronunciare quelle parole il mio cuore sussultò di gioia mista a sconforto. Non
era stata un’allucinazione.. Antonio mi aveva baciato davvero.
Telefonai
a Marie e la supplicai di aiutarmi. Ero in preda al panico e la mia amica cercò
di tranquillizzarmi, come meglio poteva fare al telefono, ma l’ansia e i sensi
di colpa non mi abbandonavano.
“Resta lì, vengo subito da te” esclamò
Marie.
Non
so dire per quanto tempo rimanemmo a parlare, nella penombra della mia stanza.
La notte artificiale che avevo creato rispecchiava pienamente lo stato d’animo
di quel momento.
“Ora basta piangersi addosso!” proferì
la mia amica.
La
guardai stranita, corrugando appena la fronte. Come poteva non capire? Avevo
permesso ad Antonio di mandare all’aria tutto ciò per cui avevo lottato.
“Ginevra non essere paranoica!” continuò
poi “a sentirti parlare sembri una donna
vissuta due secoli fa! Capisco che la cosa ti abbia turbata ma un bacio non è
certo la fine del mondo!”
Quelle
parole suonavano come una musica stonata, lo sconforto era troppo forte per
crederci per davvero. Inspirai profondamente e cercai di ricordarmi che io ero
una brava ragazza e che Julien avrebbe capito le mie ragioni ma ciò non impedì
a due goccioloni di lacrime di solcarmi il viso.
Marie
mi abbracciò in silenzio. La mia amica di sempre mi teneva stretta mentre un
leggero chiarore filtrava dalle persiane, disegnando luci e ombre sulle cose.
Solo
poche ore mi separavano dalla serata natalizia di ballo, come d’accordo Julien
sarebbe venuto a prendermi verso le diciannove. Avevamo deciso di ritagliarci
un po’ di tempo tutto per noi.. in quelle due ore avrei dovuto trovare la forza
per raccontargli tutto.
********************** ANGOLO DELL' AUTRICE **********************
Flaren: ciao cara sono felicissima che la mia storia ti sia piaciuta :) scusa se posto questo capitolo in ritardo, ma come ho scritto ho avuto un pò di dubbi su come far continuare la fanfiction. Spero che leggerai questo nuovo chappy. Attendo con ansia la tua recenzione. Eh si, Julien ha un carattere molto particolare, ma stranamente in questa fase della storia e Ginevra che mi ha dato + difficoltà nel mettere nero su bianco i suoi pensieri. hihiih
Devilgirl89: ciao Domiyyyyy come va? E' da una vita che non entravo sul sito. Spero di risentirti presto, anche in privato, lo sai che ci tengo tanto al tuo commento. Che ne pensi di questo chappy?? Scusami se ho postato solo ora, prometto che cercherò di essere piu' costante. Un bacio
piemme: :) me chiede scusa per il ritardo. Come posso farmi perdonare? Spero di riuscire a postare in tempi brevi il prossimo capitolo. Sono felice che la mia storia ti piaccia. Spero di non deludere la tua attesa.
rossa_na: ciaooooo!! perdonami per aver postato solo ora. Spero di non aver perso la tua lettura. Ho avuto un pò di problemi a impostare la storia ma ora cercherò di non farti aspettare troppo. Come va? Ti e' piaciuto il capitolo? Mi raccomando fammi sapere :) baci
vanessaacullen_: heila, chi non muore si rivede ti starai dicento eh? mi spiace per il ritardo. Lo so, sono imperdonabile. Spero che tu non mi abbia dimenticato. Eh si, questa volta è Ginevra a combinare casini, sara' l' inesperienza, sara' la paura di rovinare il suo rapporto con Julien ma anche io credo che stia sbagliando tutto. Vedremo come andra' a finire. Dammi un giudizio :) a presto
ilovedward_90: ciaooo me in ginocchio a chiedere scusa. Ho postato in ritardissimoooooo, potrai mai perdonarmi? Spero di che continuerai a leggere la mia storia. Questo capitolo e' l' ultimo prima del ballo. Il tanto famoso ballo che nei chappy precedenti ferverava le menti dei nostri giovani protagonisti. Cosa succedera' ora? Mi metto subito al lavoro, approfittando dell'ispirazione. Attendo la tua recenzione.
lucyette: eccomi di nuovo qui cara. Non ho scusanti ma spero che tu non mi abbia dimenticata. Finalmente ho trovato il tempo e il modo giusto per finire il chappy che per mesi e' rimasto sul foglio word in attesa di essere completato. Cosa ne pensi? Fammi sapere. Un bacio