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Autore: livia    06/05/2012    10 recensioni
Un prequel legato al personaggio di Rocher.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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.....È permesso?
Mi chiamo Livia, e sono su EFP da molto tempo anche se principalmente in un'altra sezione: solo da poco ho scoperto l'esistenza di questo fandom, e essendo anch'io una "fan della prima ora" di Profilage (nei miei viaggi a Parigi sono persino andata a vedere il set...!!!) be', ho deciso di provarci anch'io. Quello che segue è un prequel legato al personaggio di Rocher che adoro, e ovviamente laddove nella serie ci sono mancate (o sono io che le ho perse?...) le informazioni che mi erano necessarie alla stesura del racconto ho pensato di elaborarle a mio piacimento. Spero che possa essere di vostro gradimento, e grazie già da adesso a chi leggerà...Intanto, vi faccio i miei più sentiti complimenti per questa sezione, che a questo punto non mancherò di frequentare e commentare assiduamente!
Un bacione
Livia




Alle diciannove e quaranta tua moglie vola nell'aria, con gli occhi spalancati sul nulla; un minuto dopo è schiantata sull'asfalto, a quattro metri dall'auto che l'ha travolta.
Quando il suo collo si spezza all'impatto, tu sei dall'altra parte di Lione, al commissariato del secondo arrondissement, ignaro di tutto. Ti tocca il turno fino alle ventuno, ti fa compagnia un bicchiere mezzo pieno di caffé e la pioggia che picchietta leggera sui vetri.
Non c'è niente da fare, stasera, tutto tranquillo.
Nel corridoio Mercier sta raccontando di sua madre, che pochi giorni fa ha aperto la porta a uno sconosciuto credendo che fosse l'uomo del gas: e invece quello ha cominciato a parlare a raffica, chiedendo informazioni sulla sua compagnia telefonica, elencando gli innumerevoli vantaggi di passare a un altro gestore e riempiendole le mani di dépliants illustrativi. Quindici minuti dopo la donna era seduta al tavolo di cucina a firmare il contratto, abbindolata da quella miscela esplosiva di invadenza e parlantina.
Picard commenta la storia dello stupro a La Plaine, ne parla da tutto il giorno con chiunque incontri. Ma certo che è quel tunisino, dice, chi cavolo vuoi che sia stato? Sicuro che è lui, ma la colpa è solo di questo fottutissimo paese in cui viviamo, che fa entrare tutti questi marocchini che pensano di poter trattare tutte le donne come fanno da loro.
Alle venti e quarantacinque stai per alzarti dalla scrivania e raggiungere tua moglie e tuo figlio a casa, quando di colpo ti squilla il telefono.
Non il cellulare, che tieni sempre acceso.
Il fisso, quello che sta sulla tua scrivania.
Ispettore Rocher?
La voce blatera cose che lì per lì non capisci.
Poi, mentre cerchi di comprendere cosa stia succedendo, nel fiume di parole riconosci il nome di tua moglie.
Tua moglie.
Tua moglie.
E ti senti il sangue di ghiaccio.



Alle ventuno e dieci parcheggi la moto in divieto di sosta davanti all'ospedale, ti precipiti dentro il pronto soccorso e afferri per un braccio il primo infermiere che ti passa davanti. Lui entra in un ufficio, parla con qualcuno, esce e ti dà indicazioni.
Poco dopo sei davanti a un medico, e tutti e due vi guardate.
Ti mostra la probabile dinamica dell'incidente, ti dice che tua moglie è stata presumibilmente travolta da un'auto sulla rue Pouteau, che presumibilmente l'auto si è immessa nella rue Diderot senza rispettare il semaforo rosso, che l'investitore è scappato senza prestare soccorso. A chiamare l'ambulanza, ti dice, è stato un anziano che si trovava là con il suo cane e che al momento è il solo testimone di quanto è accaduto.
Ti sorprendi a guardare la bocca del medico mentre forma le parole.
A sperare che dopo ogni frase dica per fortuna è viva, è grave ma è viva, è in coma ma è viva.
Non accade niente di tutto questo, sai che non può accadere.
Non lo dice, e tu ti torci le dita e riesci a pensare soltanto una cosa.
Se.
Se lei non avesse fatto tardi a quella riunione di lavoro.
Se tu non avessi avuto il turno fino alle ventuno, e fossi andato tu a prendere Lucas da tua suocera.
Se lei non si fosse trovata là.
Una rabbia che non sapevi di poter provare ti scoppia in testa.
Ti scava nel cuore come un martello pneumatico nell'asfalto, ti trafigge l'anima come una lama nella carne viva.



È passata la mezzanotte quando esci dall'ospedale.
Nella tasca della giacca, lì dove l'hai ficcata al momento dello squillo del telefono, c'è ancora l'ultima bolletta della France Telecom che fino a poche ore fa era la tua preoccupazione principale. Quando ti avvicini alla tua moto, ci trovi una multa per divieto di sosta. Ficchi in tasca anche quella, assieme alla bolletta, senza aprire bocca.



Il testimone è un pensionato che si chiama Georges Fournier. Vive a trecento metri dal semaforo della rue Diderot.
Ero appena uscito di casa, dice, per portare fuori il cane. Saranno state le otto, e mezzo, otto e quaranta, pioveva, per strada non c'era un'anima. Sono lì che aspetto che il cane faccia quello che deve fare, quando sento un gran stridore di gomme in rue Pouteau. Mi volto, e vedo i fari di una Citroën nera che arriva a una velocità da matti. A quell'ora non c'era in giro proprio nessuno, ma andare così veloci in una strada di città, insomma, è proprio da deficienti, ispettore, e con la strada bagnata poi....
La targa no, quella non me la ricordo. Mi sono schiacciato al muro per non farmi schizzare d'acqua e quello andava come un fulmine, la targa l'avrò vista per mezzo secondo. So che era una Citroën e che era nera, sì.
Il guidatore, ispettore, non ho visto nemmeno lui. No, non le so dire i lineamenti, niente, non l'ho visto nemmeno di striscio.
Insomma, la Citroën è sparita in fondo alla rue Pouteau, dove c'è il semaforo, e il semaforo era rosso. Ho pensato che quello avrebbe frenato di colpo, visto che andava così veloce, e poi non ci ho pensato più, avevo raggiunto la porta di casa e stavo infilando la chiave nella toppa. E invece no, ispettore: a un tratto ho sentito un gran botto, e allora ho capito cos'era successo. Allora sono andato a vedere, e ho visto quella povera donna sull'asfalto, che non si lamentava e non si muoveva nemmeno.
Prendetelo, quel delinquente. Di sicuro era un drogato, oppure un ubriaco. Uno normale non corre così in una strada di città. Prendetelo, quel delinquente, prendetelo.



Di notte dormi solo pochi minuti, e in quei minuti sogni tua moglie. Sogni che te lo sei solo immaginato, l'incidente, e che lei sta benissimo ed è ancora tutto come prima.
Di notte, tuo figlio dorme poco e si sveglia urlando perché non c'è sua madre. Sono due giorni che piange e vomita per l'angoscia.
E stamani non ne puoi più, e esci sbattendo la porta.



Arrivi fino alla rue Pouteau, guidando come un pazzo, poi scendi e ti metti sul marciapiede, e guardi le auto passare.
Conti le Citroën nere, con calma, con scrupolosità.
Non ci saranno poi tante Citroën nere a Lione, ti dici: potresti aver visto quella giusta, forse.
Forse.
Ti senti il cuore di ghiaccio, gelido, impassibile.



Il signor Fournier sarebbe dispostissimo ad arricchire con la sua testimonianza la denuncia contro ignoti, ma viene fuori che non può essere propriamente considerato un testimone. Al momento dell'incidente era a trecento metri di distanza, con la chiave infilata nel portone: di fatto non ha visto con i suoi occhi quello che è accaduto, può solo fornire dei particolari e essere d'aiuto nella ricostruzione degli eventi.



Non prendi sonno nemmeno stanotte, naturalmente.
Stai sdraiato sulla schiena a guardare il soffitto, ad aspettare il pianto di tuo figlio, tua madre che accorrerà dal soggiorno, le ore che divoreranno la notte.
Ce l'hai stampata nella testa, la testimonianza del signor Fournier: la ripassi parola per parola, virgola dopo virgola.
Ce l'hai stampata nella testa, la Citroën nera, e vorresti dare un volto al guidatore, a quello che ha ucciso tua moglie.
Vorresti avere un oggetto d'odio preciso, definito.
E invece guardi il soffitto, immobile.
Ti senti i muscoli di ghiaccio, rigidi, congelati.



Quando il sole è ormai alto, esci di casa e sali in moto.
Ti infili nel traffico del mattino, arrancando verso il commissariato con la notte insonne che ti sferza la schiena.
Dal fondo della strada, annunciata dallo stridore acuto delle gomme, una Citroën ti compare nello specchietto retrovisore. Sorpassa velocissima a destra, s'insinua tra due auto, sorpassa a sinistra e in un attimo è incollata alla tua targa.
Le tue mani si avvinghiano ai comandi mentre guardi meglio nello specchietto retrovisore.
Alla guida c'è un uomo sulla quarantina, ben vestito e pettinato, con l'aria da assicuratore o da rappresentante di commercio.
Ti senti di ghiaccio, tutto.
Lasci che la Citroën ti sorpassi, e dopo un attimo, d'sitinto, la segui.
Semini le macchine lente, mentre la Citroën nera oltrepassa velocissima una rotonda. La attraversi anche tu, con l'adrenalina che ti frusta i nervi. All'estremità alla strada c'è un'altra rotonda che la Citroën nera si accinge a tagliare senza troppi riguardi, ma ci sono dei lavori nell'ultimo tratto e la carreggiata si restringe.
La Citroën nera arriva velocissima, tu arrivi velocissimo mentre di colpo un furgoncino si materializza dentro la rotonda.
La Citroën inchioda, tu inchiodi.
Troppo tardi.
Un attimo dopo sei davanti all'autista, che urla e bestemmia come un ossesso. Grida così forte che gli operai smettono di lavorare per osservare la scena.
Tu sei calmo, tu sei di ghiaccio.
Non ascolti il guidatore, non lo guardi nemmeno.
Guardi il muso dell'auto, cerchi i segni.
I segni non ancora cancellati, speri, dell'impatto con un corpo.
Il corpo di tua moglie.
E mentre guardi, il tizio della Citroën nera ti spintona.
Che cazzo guardi?, ti urla, Guarda qua, piuttosto, guarda cosa hai fatto, imbecille!
Tu prendi un profondo respiro, mentre il cuore ti scoppia in gola.
Lo afferri per i capelli, spietato, e gli spingi la fronte contro il cofano della macchina.
Il primo rumore che senti è di ossa contro metallo.
Ossa contro metallo, come deve essere stato per tua moglie.
Che cazzo fai, idiota?, urla il tizio della Citroën nera.
Gli operai intervengono, ti prendono per le spalle. Non è il caso di farsi male per una cazzata come questa, dicono, in fondo si è solo rotto un fanalino.
Gli autisti che vi sfrecciano accanto rallentano per guardarvi incuriositi
Ti blocchi, come un'automa. Ti scusi, assumendoti la responsabilità dell'incidente.
Anche il tizio della Citroën ritrova la calma, ma la sua espressione rimane ostile.
Compilate la constatazione amichevole, ancora ansimanti, e poi lasciate che se la vedano le assicurazioni.
Te ne vai da quella rotonda con il modulo dell'amichevole infilato in tasca, insieme alla multa per divieto di sosta che hai preso tre giorni fa e la bolletta della France Telecom.
Hai un nome scrito su quel modulo, un nome e un indirizzo.
Lo sai benissimo che le statistiche sono contro di te, che con tutta probabilità si tratta solo di una coincidenza.
Ma c'è una possibilità su mille, forse, o forse una su diecimila che tu abbia incontrato il porco che ha ucciso tua moglie.
Forse.
Ti senti di ghiaccio, corpo anima e cervello.



Ti sembra di incrociare cento Citroën nere, mentre guidi verso il commissariato del secondo arrondissement.
Le vedi uscire da parcheggi, garage, cancelli.
Le vedi svoltare in strade, vicoletti.
Le vedi fermarsi agli stop.
Infili la tua moto ammaccata nel parcheggio, e poco dopo hai quattro paia di occhi che ti scrutano addosso.
Ma che cazzo ha fatto, Rocher.
Abbiamo appena avuto una denuncia, lo sa?
Capisco il suo stato d'animo, ma non può andare in giro a mettere le mani addosso a tutti i proprietari di Citroën nere, lei è un rappresentate delle forze dell'ordine.
Da oggi è sollevato dall'incarico, ispettore Rocher, in questo momento non è in grado di svolgere adeguatamente il suo lavoro.

No che non capisce il tuo stato d'animo, il commissario.
Non lo capisci nemmeno tu, non sai dare un nome a quello che hai dentro.
Senti solo di avere troppa rabbia, adesso, troppa pressione per non farla uscire.
E allora colpisci duro, a fondo, prima ancora che il commissario abbia finito di parlare.
Il tuo pugno contro la sua tempia, e subito dopo un sussulto di dolore e sopresa da parte di lui che cade di lato, sbilanciato.
Tu lo colpisci un'altra volta e un'altra volta e un'altra volta ancora, gli sferri un calcio alla bocca dello stomaco, e poi in faccia e poi in testa.
Poi, qualcuno ti strappa via, ti blocca le braccia, ti atterra spingendoti all'indietro.
E tu guardi.
Guardi l'uomo che hai quasi massacrato, guardi le tue nocche spellate e guardi le facce attonite di chi ti tiene incollato al pavimento, con le unghie piantate nei tuoi muscoli.
Dovresti avvertire il tuo cuore che pulsa impazzito, il tuo respiro affannoso, e il dolore che ti invade e che ti restituisce al mondo.
Invece non accade, non accade niente di tutto questo.
Sei di ghiaccio.
Duro.
Impenetrabile.
Freddo.
  
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