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Autore: Faust_Lee_Gahan    06/05/2012    5 recensioni
"Ti trovo bene per un morto, Sherlock."
"Anche tu, Irene."
[Sherlock/John]
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Lividi Amniotici'
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Titolo: La zona del crepuscolo

Summary: «Ti trovo bene per un morto, Sherlock.» «Anche io, Irene.»

Pairing: Sherlock/John implied; Irene Adler

Words: 985

Rating: PG

Desclaimers: Not mine, gnè.

Notes: Partecipa alla Sherlothon dello SFI, col prompt #11 (Travestimento) del Team Canon.






La zona del crepuscolo



"Rosso, è un vestito rosso
oggi quello che indossi
per il mio funerale"

(Niccolò Fabi)






Un ragazzo dai capelli rossi si sistemò la frangia, guardando insistentemente nella stessa direzione.

«Posso?»

Alzò lo sguardo verso una ragazza dal caschetto biondo e gli occhi vispi.

Sorrise.

«Prego.»

Lei spostò la sedia e si sedette.

«Ti trovo bene per un morto, Sherlock.»

«Anche io, Irene.»

Sorrise pure lei. Irene Adler poteva ingannare il mondo - triste, squallido, mediocre mondo - col suo travestimento, ma non lui. E viceversa.

«Sapevo che prima o poi ti avrei incontrato di nuovo, Sherlock.» disse «Certo, non mi aspettavo di trovarti qui, nella dimensione dei non-morti. Io la chiamo "zona del crepuscolo".»

«Era anche un mio pensiero.» ammise lui «Ma, come vedi, le circostanze sono alquanto buffe.»

Lei annuì, osservandolo nel suo solito modo. Irene non era cambiata. L'essere morta per il mondo, due volte, era soltanto un'altra delle cose che le erano capitate. O meglio, che lei aveva deciso che le capitassero.

«E' un nome poetico.»

«Cosa?»

«"Zona del crepuscolo". E' un nome poetico.»

Irene sorrise. «Grazie. Ti stanno bene i capelli rossi.»

«Grazie. Li odio. Oltretutto questa cosa mi va sempre sugli occhi!» esclamò stizzito, spostandosi di nuovo la frangia in un gesto secco.

«Che personaggio sei, Junior!» rise lei. Si chiuse in un silenzio pensieroso prima di aggiungere in tono serio: «So perché sei qui.»

«Davvero?»

«Il tuo motivo è seduto al tavolo numero ventitrè.»

Lui alzò un sopracciglio. «Sono diventato così prevedibile?»

«Per me sì, abbastanza, Junior. Oltretutto sei innamorato, e notoriamente gli innamorati non sono gente vera. Mi stupisce che tu ne sia stupito.» (1)

«Credimi, non sottovaluto la tua intelligenza.»

«Forse sopravvaluti la tua.»

«Lo escludo.»

«Il solito gentiluomo.»

Lui alzò le spalle. «E tu perché sei qui?»

«Il fatto che io sia morta non significa che debba fermare i miei affari.»

Sherlock ghignò. La solita Irene.

«Inoltre volevo sapere come stai.» aggiunse «Come ti trovi da non-morto. Hai fatto un bel casino, a proposito.»

«Concordo. Una morte rocambolesca, ma giusta.»

«Non parlavo solo di quello.» precisò Irene.

Sherlock la guardò interrogativo.

«Sta male, Sherlock. Malissimo.» mormorò lei in risposta.

Sherlock abbassò lo sguardo, stringendo i pugni. «Credi che non lo veda?»

«Digli che sei ancora vivo.»

«Abbiamo già vissuto questa scena, Irene. Sai che non posso.»

«Ha alle calcagna i servizi segreti di mezzo mondo pronti a farlo fuori?»

«Praticamente sì.»

Lei annuì. «E' quello che avevo immaginato. Moriarty ti controlla anche dall'oltretomba.»

«Non posso farci niente.»

«E la cosa ti irrita profondamente, non è vero?»

«Non puoi immaginare quanto.»

La parrucca bionda, insieme a tutto il resto del costume da hippy moderna, non toglieva niente alla naturale bellezza della non-morta. Era sempre la donna più bella che avesse mai visto, e la più intelligente che avesse conosciuto. Una parte di Sherlock odiava, mentre l'altra ne era quasi sollevata, che riuscisse a vedere le cose come le vedeva lui, e anche meglio. Con John non era così. John non vedeva le cose al suo stesso modo, ma non lo rimproverava per questo. John.

«Lo farò.» sussurrò «Gli dirò tutto, quando sarà il momento. Gli chiederò perdono, quante volte vorrà.»

«Dovrai fare di più che chiedere semplicemente perdono. Ho paura che questo non placherà la futura ira del dottore. Dovrai chiedere perdono pensandolo davvero, Junior. Dovrai essere dispiaciuto sul serio per quello che gli hai fatto.»

«Sarebbe la prima volta nella mia vita.»

«Non me ne stupirei affatto. Ma, hai pensato a tutto quello che potrebbe succedergli mentre tu aspetti il "momento giusto"?»

«Non gli accadrà niente.» disse categorico «Lui mi sta aspettando.»

«Potrebbe anche decidere di smettere di aspettarti, Sherlock.»

Lui scosse la testa vigorosamente, più per convincere se stesso che lei. «No. John non potrebbe... No. Lo escludo.»

La sola idea gli faceva raggelare il sangue. Gli lanciò una sguardo fugace, quasi per assicurarsi che fosse ancora lì. E c'era, pesante di dolore, ma c'era.

«Escludi parecchie cose, Junior. Escludi di sopravvalutare la tua intelligenza, escludevi di ritrovarmi nella "zona"-»

«Lo ritenevo improbabile.» la interruppe nervoso «E' diverso. Io conosco John, ed escludo categoricamente che possa anche solo pensare una delle cose che hai tu in mente.»

Lei si sporse verso di lui, senza staccargli gli occhi di dosso, sfacciata. La solita Irene Adler. La non-morte non le aveva tolto niente. Niente. Neanche la libertà di togliersi la maschera. Non lo faceva mai nemmeno da viva.

«Forse hai ragione. Ma non mi inganni, Sherlock Holmes. Tu hai pensato la stessa cosa che ho pensato io. Ti sono passate davanti le stesse immagini che hanno percorso la mia mente. E questa cosa non solo ti irrita, ma ti spaventa addirittura. Accetta un consiglio, Junior: la prossima volta che ti intrufoli come l'ultimo dei ladruncoli in quello che una volta era il vostro appartamento, assicurati di togliere da mezzo tutte i medicinali potenzialmente pericolosi.»

Tremò leggermente quando si sporse a sua volta verso di lei.

«Sei venuta qui per elencarmi tutte le conseguenze peggiori delle mie azioni? Che cosa vuoi?» sibilò fuori di sé.

Irene non rispose subito. Lo guardò attentamente, con l'usuale brillio negli occhi. Sherlock aveva imparato a conoscerlo bene, e a starne alla larga.

«Ci vuole coraggio.» mormorò infine.

«A far cosa?»

«A morire in modo rocambolesco.» (2)

Sherlock non disse niente e si allontanò da lei poggiando la schiena alla sedia.

«Il bello della "zona" è proprio questo, Junior. Sei vivo e morto contemporaneamente. Sai cose che non dovresti sapere, puoi fare cose che non dovresti fare. Non esisti per il mondo, ma qui nella "zona" tu sei vero, esisti, e puoi darti la forma che vuoi, persino la tua. Vedi cose che non dovresti vedere, e puoi fare qualcosa per cambiarle senza che nessuno sappia mai che sei stato tu. Tutto è possibile qui, Junior. Puoi cambiare eventi, osservare persone per assicurarti che stiano bene. Puoi perfino guardarti indietro e osservare la tua morte rocambolesca con orgoglio, o con disprezzo. In ogni caso, hai la possibilità di rifarla. Sei quello che più si avvicina a Dio.»

«E sei solo.»

«Non è quello che volevi, Junior? Essere solo?»

Lui non era solo. Aveva un milione di sensi di colpa che gli facevano compagnia. Dio... Dio non poteva aiutarlo.

«Dio non esiste.»

«Nemmeno tu. Sei morto.»

Sherlock strinse le labbra. Irene tirò le sue in un ghigno ironico.

Si alzò, e lo guardò.

«Benvenuto nella Zona del Crepuscolo.»









Notes, again:

Ultimo giorno del Primo Turno! FORZA CANON!

(1) è una citazione di Piperita Patty: "Gli innamorati non sono gente vera." Just love her!; (2) è invece un dialogo preso da Le Conseguenze dell'Amore di Paolo Sorrentino, con Toni Servillo. Il titolo è preso da un numero di Dylan Dog, e la citazione dalla canzone Rosso di Niccolò Fabi.

Grazie, grazie, grazie a Sonia, come al solito.





  
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