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Autore: RMSG    07/05/2012    7 recensioni
[Seconda classificata al 'You And I Contest' di Luna Ginny Jackson]
[...] München, 21 März 1925.
Quattro anni erano passati.
Il giorno in cui sarebbe tornato a casa era arrivato.
E quel giorno era oggi. [...]

Pairings: RoyEd; Alter!RoyEd; WinryEd.
NO BROTHERHOOD. E' una what if? basata sul finale della prima serie.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Edward Elric, Roy Mustang, Un po' tutti | Coppie: Roy/Ed
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Io devo fare dei ringraziamenti. Diversi, a dire il vero. Un grazie a Bellatrix29, spassionata consigliera. 
E poi devo ringraziare una persona speciale. La mia persona speciale. Grazie, V: ho ripreso a scrivere solo per te, che mi ami e mi sostieni sempre. 


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Too Much Love Will Kill You
Capitolo 1: Here I Am.








Amestris, 1918.

Quattro anni, ci aveva messo,
ma c'era riuscito, alla fine.
Ora era tornato a casa.




Gemette, prendendosi la testa fra le mani, cercando di non piangere. Non poteva crederci nemmeno lui di averlo fatto. Lentamente e appoggiandosi al muro si mise in piedi, toccando con la sua mano sana il muro di chissà quale casa.
Dal vicolo in cui era stato catapultato dopo la trasmutazione, poteva vedere la luce proveniente dalla strada poco distante da lui.
Solo qualche passo e sarebbe stato tutto vero e perfetto come l'aveva sognato ogni notte per quattro, lunghi anni.
S'avviò lentamente verso quella luce e mentre il rumore del caos cittadino aumentava e s'avvicinava sempre più alle sue orecchie, la luce divenne troppo forte e il rumore svanì quasi del tutto. Rimase una sola voce, calda e profonda, che parlava in crucco.




Guten Morgen, Schatzi!” esclamò un giovane uomo coi capelli neri, una lunga frangetta, due pozzi di petrolio al posto degli occhi, la pelle chiarissima e un vassoio colmo di leccornie per la colazione.
Morgen, alte Labertasche…” mugolò Edward, girandosi nel letto per guardarlo. Il giovane uomo sbuffò e sollevò gli occhi al cielo. 
“Sei così cattivo con me”, sebbene imbronciato, si chinò a dare a Ed il bacio del buongiorno, appoggiando accanto al biondo il vassoio. “Ti ho portato anche la colazione!”.
“Non te l'ho mai chiesto, io” l'ex alchimista si stiracchiò, per poi mettersi seduto e cominciare a mangiare, imboccando con un biscotto il suo infantile compagno. “Mi farai quella faccia per tutto il giorno, Schatziii?” lo prese in giro e si sporse per strofinare il naso col suo. “Grazie per la colazione”.
Il moro sorrise, riconoscente, e gli diede un bacio scoccante. Poi si alzò e andò a prendere la giacca dall'armadio: “Devo andare a lezione, ora. Ci vediamo a pranzo, vero? O devi studiare molto?”. Edward rimase per poco tempo incantato a guardarlo: che uomo meraviglioso aveva di fronte... non lo meritava affatto.
“Ed? Mi stai sentendo?”, domandò e dovette alla fine scuotere una mano per catturare la sua attenzione. “Stai ancora dormendo?” e ridacchiò bonario. Anche la sua risata era bella... così sincera! Molto diversa da quella del suo alter-ego dall'altra parte. 
Sorrise un po'. “Ci vediamo al solito posto”. 
 
Perfetto! Puntale, eh? Non farmi aspettare come l'ultima volta!” gli regalò uno splendente sorriso e fece per uscire di casa... 
“Ah, Ed?”. Inghiottì in fretta un biscotto per prestargli attenzione.
Ja?”.
“Ti amo” e uscì di casa contento, senza dare tempo di rispondere. Edward rimase di sasso e il suo cuore perse un battito. Prese un altro biscotto e l'osservò attentamente, come se quell'unico frollino contenesse tutte le soluzioni ai suoi enormi problemi. 
“Ti amo anch'io, Roy...”. 


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München, 21 März 1925.
Quattro anni erano passati. 
Il giorno in cui sarebbe tornato a casa era arrivato.
E quel giorno era oggi.




Finita la colazione, messa in ordine un po' la casa, lavatosi per bene e vestitosi di tutto punto, Edward cominciò a racimolare i suoi appunti alchemici e a portarli nel salotto. Poi tornò alla scrivania per prendere la scatola di gessi comprata un mese prima, quando aveva finalmente capito quale fosse l'unico modo per pagare il prezzo richiesto.
Afferrò i due fogli che componevano una lettera di scuse e spiegazioni per il suo amante - il bizzarro tedesco decisamente troppo tenero per portare quel nome - Roy Mustang... e decise di lasciarla sul loro letto matrimoniale, insieme a tutti i risparmi raccolti in quattro anni. Con la crisi che la Germania stava affrontando gli sarebbero serviti moltissimo. 
Nonostante ciò, una parte di lui non voleva andarsene, voleva rimanere a godere di quel proibito amore fra biscotti, torte di mele e tè caldi. Tuttavia, la parte di lui che voleva tutto questo, non era abbastanza forte, né abbastanza grande o determinata da sconfiggere quella che invece ad Amestris ci voleva tornare eccome.
A tutto il resto - per esempio a come sarebbe riuscito ancora a guardare negli occhi quella merda di Colonnello una volta tornato -, ci avrebbe pensato in seguito. 
Prese un profondo respiro e s'avviò in salotto, cominciando a disegnare il cerchio alchemico. Lo fece lentamente, coi pensieri che s'affollavano furiosamente nelle sue meningi e che si scontravano fra loro, in un trascendentale caos che non sembrava volergli dare alcuna pace. 
Finito il suo lavoro, distrusse il gesso stringendolo forte nell'automail ormai arrugginito e rovinato dalla mancata manutenzione. La verità era che, nonostante da questa parte ci fossero degli ottimi prodotti per oliarlo o quantomeno per mantenerne un uso decente... a Edward non era passata nemmeno una volta per la testa l'idea di farlo: voleva che fosse Winry ad aggiustarglielo, perché sapeva che un giorno avrebbe trovato il modo di tornare.
Sospirò pesantemente e batté le mani. Rimase fermo, immobile, una statua di sale sospesa per un momento fra due mondi distanti ma simili come nient'altro potrebbe esserlo. 
Aspettò ancora. Solo un altro po'. La Germania gli sarebbe mancata tanto e più di tutto gli sarebbe mancata la colazione a letto, i nomignoli in tedesco, i baci, il sesso, le risate, gli abbracci, i pranzi a base di dolci... 
Continuò a esitare e si voltò verso la porta da dove poco tempo fa Roy era uscito. Alla fine era giusto così: lo stavano aspettando e questo non era il suo mondo, non era il luogo dove il suo corpo doveva essere. Lui, come essere umano, aveva grandi poteri, grandi possibilità e tante, troppe responsabilità. Era pur vero, infatti, che avesse già fatto troppi danni in questa dimensione: era ora di smetterla d'interferire col flusso dell'universo.
Insomma, alla fine andava bene così. L'amore era anche imparare a rinunciare all'altro nel tentativo di fare la cosa migliore per tutti e, soprattutto, per coloro che amiamo. 
“Addio, Roy”. Si chinò e una luce immensa mise la parola fine a tutto.

L’Alchimista d’Acciaio ritornò a casa schiantandosi violentemente su un rigoglioso prato e, aquila dalle ali – o dal cuore – in frantumi, aprì gli occhi dorati. Osservò il cielo azzurro d'Amestris e nient’altro lo avrebbe reso così sicuro di essere nel luogo giusto.
Rimase zitto e fermo, col respiro raggelato e un po’ dolorante si rimise in piedi, osservando  la mano meccanica ricoperta di fili d’erba. Aveva anche schiacciato un povero fiorellino. La pulì lentamente, tanto lentamente, come se sentisse di avere tutto il tempo del mondo ora che era tornato e poi, per ultima cosa, cercò di risistemare lo stelo del trucidato germoglio: agli errori si cerca sempre di porre rimedio. Alzò il capo e mentre il vento gli scuoteva i capelli diventati incredibilmente lunghi, fissò l’orizzonte e le verdi colline di Resembool. Sorrise e s’avviò giù per il dolce pendio, verso l’Officina Rockbell.

Con in sottofondo solo il fruscio degli alberi e il rumore dei suoi passi, Edward si trovò di fronte a una porta tanto familiare quanto inquietante. Bussò e i secondi che ne precedettero l'apertura furono interminabili. Stava per rivedere il suo adorato fratellino! 
Dopo che la porta venne aperta ci fu un insieme di chiavi inglesi che si schiantavano a terra, fracasso, grida e lacrime. Winry stritolò letteralmente un imbarazzato Edward, piangendo scandalosamente forte, come se lo avesse appena visto morire piuttosto che ritornare a casa.
“Win... dai, perché piangi?” la staccò da sé, guardandola negli occhi con un sorriso gentile. “Ora sono qui. Sono tornato a casa... e non me ne andrò più”  e il sorriso s'allargò, mentre Winry si ricomponeva e si asciugava le guance arrossate. 
“Oh, Ed... non sai quanto sono felice... ti ho aspettato per così tanto... e vederti tornare qui fra le mie braccia è un sogno che s'avvera!” gli buttò le braccia al collo, con le lacrime che minacciavano di  sgorgare nuovamente e sollevandosi sulle punte - chi avrebbe mai creduto che un giorno avrebbe dovuto farlo? - lo baciò dolcemente sulle labbra, stringendosigli come da tanto sperava.
Dal suo canto, Acciaio non sembrò gradire molto e staccò immediatamente Winry. "W-win! Ma che fai?!" arrossì, guardandola anche infastidito. A volte bisognerebbe evitare di prendere l'iniziativa senza aver ben chiari l’opinione altrui. 
“Io… scusami, Ed. Davvero” divenne rossa come un peperone. “E’ stata l’enfasi del rivederti…” abbassò lo sguardo. “E’ che credevo… ecco… beh, sei venuto qui, senza Al, dopo tanto tempo… e ho pensato che fossi qui per me, ecco”. La vide rigirarsi i pollici imbarazzatissima per l’accaduto, mentre Edward si ritrovò fortemente perplesso.
“Senza Al? Ma come, pensavo fosse qui!”. Winry smise di perder tempo con le dita e alzò il viso, guardandolo. Gli occhi azzurri feriti e languidi per le lacrime. Certo, doveva immaginarselo: come poteva essere tornato direttamente lì? E senza Alphonse, poi.
“A-Al… è rimasto a East City, da quel che ne so. E’ da quando sei scomparso che non torna più qui. Al massimo ci sentiamo per telefono” spiegò, con l’amarezza che l’invadeva. “Credo stia facendo delle ricerche per ritrovarti…”. Ed sbarrò gli occhi, meravigliato. Quello stupido! Speriamo che non abbia trovato ancora il modo di aprire il portale! Ci mancava solo che prendesse il suo posto in Germania! 
“Winry, posso fare una telefonata?” entrò direttamente in casa, avviandosi in fretta verso il telefono, preoccupato. La ragazza lo lasciò passare, per poi seguirlo poco dopo. La porta rimase aperta, però: che senso aveva chiuderla? Ed se ne sarebbe andato molto presto, tanto…
Mortificata l’osservò cercare di ricordare il numero del Quartier Generale e di proposito non gli disse che ce l’aveva scritto nell’agendina di fianco il telefono.  Almeno questo lo avrebbe trattenuto un po’ di più con lei.
Tuttavia, un alchimista doveva per forza avere una memoria di ferro e infatti stava già componendo, agitato, il numero di telefono.
“Rispondete… rispondete… rispondete…”
“Qui è l’ufficio del Colonnello Ramset, con chi parlo?”. Colonnello Ramset? E chi cavolo era questo?
“Sono il Maggiore Alchimista di Stato Edward Elric! Credevo che fosse il numero giusto, questo. Sto cercando il Colonnello Mustang” e scandì bene il suo nome, perché lui era unico nel suo genere e non si poteva confonderlo con nessun altro lurido Taisa.
“Il Colonnello Mustang? Mi dispiace, ma qui a East City non c’è nessun Colonnello Mustang, che io sapp…” all’improvviso la voce s’interruppe e un'altra si sentì da lontano. “Un momento, Maggiore Elric, il Colonnello Ramset desidera parlarle”. Ed tamburellò nervoso con le dita, mentre un’inquietante venuzza gli compariva sulla fronte.
“Chi è che sta cercando Mustang?”.
“Il maggiore Edward Elric! Sono l’Alchimista d’Acciaio! Insomma, è possibile che nessuno sappia dirmi dov’è finito Roy Mustang?!” sbraitò, apparentemente scocciato, ma profondamente preoccupato.
“Il Colonnello Roy Mustang è stato degradato a Caporale e trasferito al Nord, da quanto ne so. Era colui che occupava questo ufficio prima della rivoluzione e del mio arrivo, Alchimista d’Acciaio” rispose serio, conciso e letale. 
Al Nord? Che ci faceva Roy lì? Che ci faceva il Roy Mustang di questa dimensione col grado di Caporale confinato in mezzo alla neve? 
Chiuse il telefono senza dire niente al proprio interlocutore e deglutì. Che il suo viaggiare da una dimensione all’altra avesse influito sulla condotta di questo mondo? No, non era possibile…
Si girò verso Winry. “Hai un numero dove posso contattare Al?”. La ragazza annuì e cominciò a dettarglielo, mentre Ed riprendeva a digitare.
“… 07, ecco”, sentì squillare e l’ansia che suo fratello non rispondesse gli morse il cuore. Per cosa era tornato, alla fine? Per vedere Mustang ridotto a un microbo senza possibilità di cambiare il futuro di questo Paese? Per vedere suo fratello scomparire dall’altra parte senza che lui potesse fare niente? Dannazione… si stava pentendo, sì, era innegabile. Come poteva non pentirsi di star rischiando d’aver lasciato eternamente Roy per niente? 
“Pronto?”. ... grazie.
“AL!” gridò, gioioso.
“… f-fratellone? Fratellone?! FRATELLONE, SEI TU?!”. Sentì la risata non metallica di Alphonse ed Edward scivolò piano contro il muro, per sedersi un istante sul pavimento e prendere fiato.
“Sì, Al, sono io. Sono tornato a casa…”.




Note:
* Buongiorno, tesoruccio;
** Buongiorno, vecchia borsa chiacchierona (è un bonario dispregiativo tedesco).
   
 
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