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Il
pentolino fischiò e Ben Strawers spense la manopola del gas,
versando l’acqua calda in una tazza, dove c’era già
una bustina di tè.
Si
lasciò cadere sul morbido cuscino e iniziò ad
inzuppare i biscotti nel tè caldo.
Poi,
di nuovo un rumore. Anzi, di più. Erano strilla umane.
In
mezzo alle piante, c’era qualcuno. Ben aguzzò la
vista, ma l’età non era a suo favore.
Questa
volta, scorse qualche ombra nell’oscurità. Non
aveva dubbi che ci fosse qualcuno, tutto stava nel capire chi.
Pareva
che quella fosse la sua serata fortunata. Le figure si stavano facendo
più vicine. Già, stavano inseguendo qualcuno.
Ecco perché gli sembrava che corressero verso casa sua.
Ora,
le figure erano molto più vicine, e ferme. Avevano catturato
la loro preda, e ora quest'ultima stava urlando. Ma le sue grida
disperate furono presto soffocate, sotto l’occhio di Ben.
La
voce di una ragazza che masticava una cicca gli rispose
dall’altro capo. «Polizia di Port Wing».
Strawers
era tornato a sbirciare oltre lo spiraglio della tenda.
Cercò di dare un tono di affanno alla sua voce.
«Ho sentito degli strani rumori vicino casa mia…
credo ci siano dei ladri… per favore mandi qualcuno a
controllare…», disse ansimando.
La
ragazza parve restare piuttosto tranquilla. Continuò a
parlare con la voce strascicata. «Dove si trova?».
Ben
le disse il nome della via e il numero civico. Lui abitava in una zona
ai limiti di Port Wing, al limitare del bosco.
«Va
bene, stia tranquillo, tra breve arriverà
qualcuno».
Ben
Strawers la ringraziò e chiuse la chiamata.
«Albert!
Che diavolo stai facendo?», sbraitò una ragazza
dai capelli rossi, dall'aria civettuola e affascinante.
Un
altro ragazzo, dai capelli biondo oro, spostò gli occhi su
di lei. «Che vuoi?», rispose, secco.
«Ti
pare il modo? Lasciane un po' anche a noi!»,
continuò lei, spostandosi verso Albert.
«Felicia»,
lui affilò lo sguardo in quello di lei, «smettila
di gridare».
Felicia
gli lanciò un'occhiataccia, affilata e aggressiva.
«Grey, Vincent se non alzate le chiappe Albert si
mangerà tutto questo... adorabile essere
umano...», disse lei, sfiorando il mento dell'uomo accasciato
a terra.
Lui
parlò in quel momento. «Vi prego, lasciatemi
andare», mormorò, sfinito. Evidentemente, non
riusciva a muoversi. I suoi occhi erano pieni di pietà, e
paura. Stava delirando.
Felicia
digrignò i denti. «Taci».
Un
altro ragazzo, si mosse verso l'uomo, finendo in ginocchio sopra di
lui. «Paura?», fece schioccare la lingua contro di
lui.
«Vi
prego! Non cibatevi di me, vi prego! Vi darò tutto il sangue
che volete!», blaterò l'uomo, in confusione.
Felicia
rise di gusto, e accanto a lei figurò un altro ragazzo, alto
e dai capelli castani. Le rivolse un'occhiata di sbieco.
«Vincent,
non è ora di fare il bravo ragazzo»,
mugugnò lei, guardandolo.
Albert
appoggiò una mano sulla schiena del ragazzo in ginocchio.
«Grey, che ne diresti di dividere la parte
sinistra?», si leccò le labbra avide.
Grey
gli lanciò un'occhiata di intesa, sorridendo.
«Sentite...
vi prego...», ricominciò l'uomo a terra, in tono
che implorava pietà. Cercò di muoversi, ma
inutilmente.
«Smettila...
di... parlare!», urlò Felicia, aggredendolo. Si
avventò su di lui, affondando le unghie sulle vene del suo
collo. Quest'ultimo gridò ferocemente per l'ultima volta.
Poi non si sentì più nulla provenire da lui.
«Ora
sì che sto meglio», Felicia si leccò il
sangue luccicante dalle labbra, rialzandosi in piedi.
In
un secondo, Albert, Grey e Vincent bevvero a loro volta dall'uomo,
succhiandone altro sangue.
Felicia
rise avidamente, le mani sui fianchi.
Un
rumore improvviso sopraggiunse alle sue spalle, facendola voltare.
Felicia fece una smorfia, sgranando gli occhi. Vide un ragazzo biondo
fissare i tre vampiri a terra che si cibavano dell'uomo. Poi,
guardò lei, sorpreso.
«Ragazzi,
andiamocene!», urlò Felicia, frettolosamente,
lanciando uno sguardo a terra, che venne ricambiato. I tre si alzarono,
notando il ragazzo.
«É
un licantropo», sussurrò Vincent all'orecchio di
Grey. Quest'ultimo annuì, irritato.
Il
ragazzo fissò il cadavere e poi puntò lo sguardo
su di loro, alzando le sopracciglia. «L'avete appena
ucciso?», mormorò, guardandoli con disgusto, ad
uno ad uno.
«Non
credo siano affari tuoi, licantropo», disse Albert, a denti
stretti.
«Mi
chiamo Darren», rispose scocciato il licantropo, lanciando
loro un'occhiata. «Arriverà la polizia,
allora».
Felicia
si voltò indietro, in quel momento, avvertendo la sirena
dell'auto della Polizia avvicinarsi alla zona. Poi, affondò
gli occhi in quelli dei suoi compagni. Spostò la testa di
lato. «Andiamocene».
Darren
li scrutò, mentre si mossero appena e in un secondo erano
già spariti.