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Autore: Emma Bennet    07/05/2012    11 recensioni
Summerville, South Carolina. Giugno 2019.
Spinse la porta di vetro, facendo tintinnare il campanellino appeso sopra di essa, e uscì dal locale, mentre il ritornello di quella vecchia canzone ancora gli risuonava nella testa.
Sweet Caroline, good times never seemed so good.
L’ibrido si guardò distrattamente attorno, dando un’occhiata alle persone che affollavano i tavolini esterni del bar, quando una chioma bionda attirò la sua attenzione. Klaus era sicuro che, se fosse stato ancora umano, il suo cuore avrebbe perso un battito. La osservò da lontano, percorrendo con lo sguardo tutta la sua figura [...] Erano passati sette anni da quando l’aveva vista l’ultima volta, eppure l’ibrido dovette ammettere che lei continuava ad esercitare un’attrazione su di lui che non riusciva ad ignorare.

[Klaus/Caroline] Un incontro inaspettato, una nuova città, una vecchia canzone, una proposta ripetuta. Caroline è pronta stavolta per farsi mostrare ciò che il mondo ha da offrire?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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sweetCaroline










“Perhaps one day. In a year, or even in a century. You’ll turn up at my door and let me show you what the world has to offer.”

“Forse un giorno. Tra un anno, o magari un secolo. Ti presenterai alla mia porta e lascerai che ti mostri quello che il mondo ha da offrire.”


 



Summerville, South Carolina. Giugno 2019.
Si annoiava. Si annoiava profondamente. Erano appena le undici, e lui già si ritrovava a bere del bourbon in un bar piuttosto cupo per una città dove tutto sembrava gridare ‘Allegria! Sole! Felicità!’, e forse era proprio per questo che se ne era già stancato, nonostante fosse arrivato a Summerville solo qualche giorno prima. Che poi, che razza di nome è Summerville per una città?, pensò, disgustato, portandosi il bicchiere alle labbra e decidendo sul momento che sarebbe partito l’indomani stesso.
Aveva vissuto a New York per tre mesi, in un attico dell’Upper East Side - solo il meglio per lui, ovviamente - e aveva sentito il bisogno di prendersi una pausa dal caos, dallo smog, e dalla fretta che sembrava affliggere tutti i newyorkesi. Lui odiava la fretta, la riteneva tipicamente mortale, scioccamente umana, anche se doveva ammettere che lo divertiva guardare quegli esseri così deboli e ingenui affannarsi per non arrivare in ritardo a un appuntamento, o per riuscire a prendere in tempo la metropolitana. Infondo lui non sapeva neanche cosa significasse andare di corsa, ma d’altronde perché mai avrebbe dovuto conoscerlo? Aveva l’eternità davanti a lui, letteralmente.
Klaus Mikaelson amava la calma, invece; gli piaceva godersi ogni attimo, notare ogni particolare nascosto, bearsi della bellezza che il mondo poteva offrire. Ma troppa quiete finiva per infastidire persino lui.
Quando aveva deciso di allontanarsi da New York, aveva optato per qualche bella città del South Carolina, e quella lo aveva inizialmente colpito, ma dopo soli tre giorni cominciava a odiare quel posto che, per i suoi gusti, poteva solo ritrovarsi a fare da sfondo a qualche romanzo d’amore che avrebbe incendiato gli animi delle adolescenti.
Where it began, I can’t begin to knowin’ but then I know it’s growin’ strong
Una radio posta in un angolo del bancone del bar diffuse nell’aria le note di una vecchia canzone, che l’ibrido giudicò del tutto adatta alla sensazione di languore caratteristica del luogo. Scavò tra i suoi ricordi alla ricerca del titolo di quel pezzo, corrugando leggermente le sopracciglia chiare. Ma certo!, esultò vittorioso fra sé e sé, Sweet Caroline. E quel nome fece riaffiorare alla sua mente momenti che, con la canzone, non c’entravano nulla, ma che piuttosto rimandavano alla sagoma alta e slanciata di una vampira bionda che, qualche anno prima, era riuscita a catturare la sua attenzione.

 

 

«Io amo i compleanni»
«Già… Tu non hai un milione di anni, o giù di lì?»
Klaus sorrise involontariamente. Quella ragazza stava morendo, e trovava ancora la forza per essere sarcastica.
«Dobbiamo sistemare la percezione del tempo quando si diventa vampiri, Caroline» disse, parlandole come un paziente maestro si rivolge alla sua allieva preferita «Celebrare che non si è più legati alle volgari convenzioni umane. Che si è liberi»
«No!» lo interruppe lei «Sto morendo»
Klaus la guardò, fissandosi ogni dettaglio di quella scena: i capelli biondi della ragazza che le circondavano il capo come una corona d’oro, gli occhi grandi e lucidi, come quelli di un bambino, l’atmosfera intima della sua camera da letto, il ridicolo gingillo che portava al polso. Sospirò, e si sedette accanto alla vampira. «Potrei lasciarti morire, se è quello che vuoi»
Lei ricambiava il suo sguardo, altrettanto intensamente. Un piccolo sorriso gli comparve sulle labbra, mentre si avvicinava al suo volto: l’espressione di un bambino in procinto di compiere una marachella. «Ma ti confido un piccolo segreto»
Gli occhi di Caroline si spalancarono, e le labbra si schiusero: era curiosa. Lui le si avvicinò ancora di più.
«C’è un mondo intero, lì fuori, ad aspettarti. Grandi città e arte, e musica.
Vera bellezza. E tu puoi avere tutto. Puoi avere altri mille compleanni. Tutto ciò che devi fare è… Chiedere»
Una lacrima scese lungo la guancia della vampira, mentre sbatteva in continuazione le ciglia tentando disperatamente di non scoppiare a piangere. Trasse un lungo respiro, come per calmarsi, ma il labbro inferiore non voleva saperne di smettere di tremare. «Non voglio morire» piagnucolò. E Klaus sorrise, pronto a salvarla.
Si arrotolò la manica della camicia, lasciando scoperto l’avambraccio, e prese Caroline per la nuca, portandola vicina a sé, in una sorta di abbraccio.
«Ecco fatto, tesoro. Prendine un po’» mormorò l’ibrido, accostandole il polso ai denti, permettendole di bere il proprio sangue. Un respiro ansante gli sfuggì dalle labbra quando i canini della ragazza affondarono nella sua carne, ma non si mosse. «Buon compleanno, Caroline»
Rimase accanto a lei, mentre beveva, accarezzandole i capelli, e la osservò quando il sonno cominciò ad avere la meglio. Vide i suoi tratti rilassarsi e distendersi in un’espressione serena, quando la sua attenzione venne catturata da un bagliore prodotto da quel braccialetto che portava al polso. Un braccialetto volgare e sicuramente non adatto a lei, pensò, con una smorfia di disgusto dipinta sulle labbra. Forse gliel’aveva regalato quel Tyler. No, Caroline non era tipo da bracciali di bigiotteria laccati in argento, lei meritava di meglio. E decise che gliene avrebbe regalato uno degno di essere chiamato tale, uno che rispecchiasse la sua vera natura. Un bracciale di diamanti, ecco cosa ci voleva!
Le baciò la fronte, prima di andarsene, sapendo che sarebbe tornato da lì a poche ore con il proprio regalo.

 

 

Un sorriso distese le labbra dell’ibrido, al ricordo di quella scena. Probabilmente, era stata in quell’occasione che aveva cominciato a rendersi conto del reale valore di Caroline, della sua forza, della sua bellezza, della sua intelligenza. Gli sarebbe piaciuto portarla con sé, mostrarle il mondo e tutto ciò che aveva da offrire, ma lei aveva rifiutato. La sua vita era a Mystic Falls, aveva dichiarato, quel paesino minuscolo dove era nata e cresciuta, e che non si sentiva pronta a lasciare.
Ma Klaus sapeva che non era vero, sapeva che si stava sbagliando: non poteva risplendere di una luce così potente per poi finire a marcire in una città dimenticata anche da Dio. Sapeva che una come lei non era adatta a vivere un’esistenza triste e grigia al fianco di un essere anonimo. Lei aveva bisogno di un posto dove potesse brillare, e di qualcuno che potesse insegnarle a emergere fra tutti. E dopotutto, chi meglio di lui?
Hands, touchin’ hands, reachin’ out, touchin’ me, touchin’ you
E le sue mani l’avevano effettivamente raggiunta in più occasioni, come quando avevano danzato insieme, al Ballo indetto dalla propria famiglia. E i suoi occhi non l’avevano abbandonata un attimo, ma l’avevano seguita sin dal momento in cui aveva fatto il suo ingresso, bellissima in quell’abito blu carta da zucchero che lui stesso le aveva regalato, prevedendo quanto le sarebbe stato bene.

 

 

L’aveva vista in giardino, osservare affascinata un cavallo, e le si era avvicinato, non riuscendo a starle lontano. Aveva provato ad intavolare una discussione, ma anche in quel caso lei aveva dato prova della sua fermezza.
«Non ti rivolgerò la parola finchè non mi dirai perché mi hai invitata» aveva affermato, senza neanche guardarlo.
«Mi piaci»
Aveva parlato senza pensare, è vero, ma era riuscito nel suo intento: l’aveva spiazzata. Completamente.
Infatti lei si girò di scatto, con un’espressione leggermente spaesata sul viso, di sicuro non si aspettava una risposta del genere. Lo fissò per qualche minuto, sospettosa, forse soppesando le sue parole.
«E’ così difficile da credere?» le aveva chiesto, con un sorriso sghembo.
«Sì!»
«Perché? Sei bella, sei forte, sei piena di vita… Mi piace stare con te»
Caroline sembrava ancora più shockata, a questo punto. Le sopracciglia aggrottate e la bocca semichiusa in una smorfia d’incredulità le conferivano un’aria buffa, facendola somigliare a una bambina.
«Beh… Io sono impegnata» gli aveva risposto, eppure quando lui le aveva proposto di mostrarle una cosa, l’aveva seguito.
E così le aveva fatto vedere una delle sue passioni più grandi, le aveva mostrato i quadri e i dipinti che disegnava. Le aveva rivelato che, addirittura, uno dei suoi paesaggi era esposto all’Hermitage, uno dei musei più importanti di San Pietroburgo. Le aveva domandato se ci era mai stata, e lei si era girata a guardarlo un po’ imbarazzata. «Non sono mai stata da nessuna parte» aveva ammesso.
Lui aveva sorriso di quella timidezza improvvisa. «Ti ci porterò io»
Caroline l’aveva guardato storto, alzando gli occhi al cielo.
«Ovunque vorrai» continuò «Roma, Parigi…» lei scuoteva la testa, incredula.
«Tokyo?»
A questo punto era scoppiata a ridere, e aveva riso anche lui.

 

 

In realtà quella conversazione non era poi finita tanto bene, ripensandoci. Lei gli aveva detto chiaramente cosa ne pensava di lui e del suo esercito di ibridi, e per tutta risposta, Klaus l’aveva gentilmente invitata ad andarsene.
Il biondo scosse la testa, come a voler scacciare quei pensieri. C’era stato un tempo in cui lei gli era piaciuta, e le aveva offerto tutto ciò che il mondo aveva da offrire: gioielli, viaggi, cultura, arte, vestiti. Ma lei aveva rifiutato, preferendogli una vita di paese con un ragazzo di paese. Anche se non sarebbe stato abbastanza per lei, e lui questo lo sapeva.
Klaus abbassò lo sguardo sul bicchiere tra le sue mani, ormai vuoto: doveva averlo finito mentre si perdeva tra i ricordi. Lasciò i soldi direttamente sul bancone, senza curarsi di aspettare il resto, improvvisamente sentiva il bisogno di uscire all’aria aperta, e di bearsi guardando il meraviglioso panorama che offriva quella città.
Spinse la porta di vetro, facendo tintinnare il campanellino appeso sopra di essa, e uscì dal locale, mentre il ritornello di quella vecchia canzone ancora gli risuonava nella testa. Sweet Caroline, good times never seemed so good.
L’ibrido si guardò distrattamente attorno, dando un’occhiata alle persone che affollavano i tavolini esterni del bar, quando una chioma bionda attirò la sua attenzione. Klaus era sicuro che, se fosse stato ancora umano, il suo cuore avrebbe perso un battito.
La osservò da lontano, percorrendo con lo sguardo tutta la sua figura: i riccioli che le ricadevano morbidamente sulle spalle, il naso diritto e le labbra piene, le gambe lunghe, lasciate scoperte da uno shorts di jeans, i piedi infilati in deliziose ballerine rosa. Caroline Forbes sorseggiava lentamente una bevanda ghiacciata - dal colore si poteva evincere che doveva trattarsi di the freddo - senza curarsi di ciò che le accadeva attorno, e apparentemente, era sola. Erano passati sette anni da quando l’aveva vista l’ultima volta, eppure l’ibrido dovette ammettere che lei continuava ad esercitare un’attrazione su di lui che non riusciva ad ignorare.
Rimase ancora a fissarla, immobile, e la vampira dovette rendersi conto che c’era qualcuno che la guardava, così prese a far vagare lo sguardo sulle persone che la circondavano, finché non incontrò il suo. Trasalì visibilmente, mentre le labbra andavano a disegnare una ‘o’ stupita.
Klaus si incamminò nella sua direzione, lentamente, raggiungendo il tavolino dove era seduta. «Ehilà, tesoro»
«Klaus!» esclamò Caroline, ancora shockata di ritrovarselo avanti, dopo tutto quel tempo. «Che ci fai qui?» continuò, riprendendosi.
«Noto con piacere che non hai perso il tuo spirito» commentò l’ibrido, piegando le labbra in un sorriso pigro e sedendosi accanto alla bionda.
La vampira alzò un sopracciglio. «Non mi sembra di averti invitato a sederti» osservò, facendo alzare gli occhi al cielo all’altro.
«Andiamo, tesoro, sono passati sette anni dall’ultima volta che ci siamo visti, potresti almeno cercare di essere più carina con me»
Caroline sbuffò. «Come vuoi» rispose, tornando alla sua bevanda. Ma Klaus non aveva la minima voglia di lasciarla andare così.
«Allora, qual buon vento ti porta qui, da sola?» domandò, calcando sull’ultima parola.
La vampira si morse nervosamente il labbro inferiore. «Sono dovuta partire…» mormorò «Due anni fa, all’incirca. Dovevo avere ventitré anni, e continuavo a dimostrarne diciassette. Le persone cominciavano a parlare, a fare domande… Non ho avuto altra scelta», si interruppe per bere un piccolo sorso di the, poi continuò «Tyler… Gli avevo chiesto di partire con me. Avremmo scelto un’altra città, una città qualsiasi, e avremmo ricominciato da capo, insieme» la sua voce era oramai ridotta a un sussurro. L’ibrido fece schioccare la lingua, alzando un sopracciglio. «Ma immagino che lui non sia voluto partire» concluse, al suo posto.
Caroline gli rivolse un sorriso amaro. «Avanti, puoi procedere con il te l’avevo detto, so che muori dalla voglia di dirmelo»
Klaus rise, ma scosse la testa. «Non ce n’è bisogno, tesoro, credo tu abbia imparato la lezione da sola» commentò. «E quindi ora giri il mondo per conto tui?»
La bionda si strinse nelle spalle. «Ho solo visto qualche città degli Stati Uniti, non ho ancora visitato il resto. Sto facendo le cose con calma, infondo non ho fretta, giusto?»
Giusto, pensò l’ibrido, infondo quella era la sua filosofia. «E dove sei stata finora?»
«Sono stata a Los Angeles, ho vissuto per un po’ a Malibu, mi sono innamorata di quel posto. Ho visto altre città della California, e poi sono andata a Phoenix, Miami, Chicago. Ho assistito alle prime dei musical più belli di Broadway, ho visto il Gran Canyon, e sono persino andata a Disneyland!»
«E ora, eccoti quì»
«E ora, eccomi quì» ripetè la vampira, sorridendo. «Sono arrivata ieri, prima stavo a Charleston. Ho visto i locali dove una volta si ballava per tutta la notte a ritmo di musica jazz… Mi è anche venuta in mente una cosa che mi dicesti, una volta»
«E cioè?»
«Che mi sarebbe piaciuto vivere negli anni Venti, quando le ragazze erano… Com’è che dicesti? Sconsiderate, sexy, divertenti»
Klaus sorrise, si ricordava di quella sera: le aveva rubato un ballo al Decade Dance, che aveva per tema gli anni Venti, per l’appunto.
«Raramente il mio intuito commette errori» commentò.
«Sempre pieno di te, vedo»
Il biondo sorrise, sornione. «Sempre», confermò.
«E anche tu sei qui da solo?»
«Perché? Ti dispiacerebbe sapere che sono in dolce compagnia
Caroline alzò gli occhi al cielo. «Volevo solo sapere se eri con la tua adorabile sorellina»
«No, Rebekah è rimasta a New York»
La vampira annuì, sentendosi improvvisamente a disagio. Se ne stava in una città del South Carolina, seduta fuori a un bar a chiacchierare con colui che, qualche anno prima, era stato il fautore della sua - e non solo della sua - infelicità. Oltretutto, Klaus aveva quello sguardo che era in grado di farla sentire nuda davanti a lui, come se fosse effettivamente in grado di leggerle dentro, di carpire tutte le sue emozioni e di decifrare i segreti più reconditi del suo animo. Si mosse sulla sedia, imbarazzata, consapevole dello sguardo che lui non le staccava di dosso, ma che, anzi, sembrava seguire ogni suo piccolo movimento.
«Sai, credo che tu sia ancora più bella dell’ultima volta che ti ho vista»
«E io che mi illudevo di non essere cambiata, in questi anni» gli rispose, cercando di darsi un contegno e tentando di non fargli capire quanto in realtà apprezzasse - l’aveva sempre fatto - i suoi complimenti.
«A una prima occhiata sì, potresti sembrare identica a sette anni fa, Caroline Forbes, ma la verità è che c’è una nuova maturità in te, una nuova consapevolezza di ciò che sei che ti mancava quando eri vampira da solo un anno, e che ti rende solo più affascinante»
La ragazza fece spallucce, non sapendo bene cosa dire.
«Proprio per questo, mi piacerebbe molto invitarti a cena, stasera»
Stavolta la bionda strabuzzò gli occhi. «Per un… Appuntamento
«Esatto, sì» confermò l’ibrido.
«Non so cosa dire» ammise Caroline «Tu… Beh, tu sei lo stesso pazzoide che fino a qualche anno fa cercava in tutti modi di uccidere la mia migliore amica, che ha quasi raso al suolo Mystic Falls e che ha asservito il mio ex fidanzato. Sinceramente non vedo con che coraggio mi inviti a cena»
Klaus rise. «E’ vero, ho fatto tutte queste cose, e a essere sinceri ho fatto anche di peggio, nel corso della mia lunghissima vita, tesoro. Ma questo era… Prima. Sono trascorsi degli anni, e ora siamo a kilometri di distanza da quel triste paese di provincia, solo tu e io. Perché negarti la possibilità di conoscermi meglio?»

 

 

Non poteva credere di essersi fatta convincere a uscire con lui, lui, Klaus Mikaelson.
Caroline studiò dubbiosa la propria immagine riflessa allo specchio. L’ibrido non le aveva detto dove sarebbero andati, anche se la bionda si aspettava di venire trascinata nel ristorante più lussuoso di Summerville, una cosa che probabilmente sarebbe stata totalmente da lui.
I capelli erano raccolti in una morbida coda laterale e le accarezzavano, vaporosi, la spalla sinistra; aveva indossato un adorabile abitino bianco con una stampa a fiori rosa, che le si stringeva sotto il seno grazie a una fascia color pesca, e che poi si allargava sui fianchi, e aveva completato il tutto con un paio di décolleté rosa ai piedi.
In quel momento, lo schermo del suo cellulare si illuminò, segnalando l’arrivo di un messaggio: Klaus la stava aspettando nella hall del suo albergo. La vampira fece un respiro profondo e, afferrata la pochette, scese.
Il biondo la sentì arrivare ancora prima di vederla. Ne percepì il profumo - fragole e Chanel - diffondersi nell’aria, e si voltò per guardarla. La ragazza stava scendendo le scale, appoggiandosi al corrimano, e ancora non si era accorta di lui. Quando lo vide, gli andò incontro, fermandosi davanti a lui, un sorriso imbarazzato impresso sulle labbra.
«Sei bellissima, ma non credo ci sia neanche il bisogno che io te lo dica» dichiarò l’ibrido, desiderando istintivamente di chinarsi su di lei e baciarla, ma si limitò a poggiarle una mano sulla schiena, avviandosi verso l’uscita dell’albergo.
«Spero non ti dispiaccia camminare»
«No, mi fa piacere: è una bella serata infondo»
Camminarono in silenzio per un po’, l’uno accanto all’altra, poi fu proprio Caroline a parlare per prima. «Dove stiamo andando?»
Klaus si voltò a guardarla. «Hai paura?» le chiese, divertito. Lei lo guardò male. «Non ho paura di te»
L’ibrido scoppiò a ridere. «Allora sei una dei pochi»
«Vuoi dirmi dove mi stai portando?»
«Tu dove credi ti stia portando?»
«Il più bel ristorante di questa città?»
Lui le fece l’occhiolino. «Credo ti stupirò» sentenziò, e poi non aggiunse più nulla.
Una decina di minuti dopo, Klaus si fermò davanti a un locale dall’aria trasandata, con l’ampia veranda ingombra e l’intonaco scrostato. L’esterno era decorato con reti, coprimozzi, una vecchia ancora, e addirittura, accanto alla porta vi era una vecchia barca a remi. L’ibrido le tenne aperta la porta d’ingresso al ristorantino, e una volta entrata, Caroline si guardò intorno. Non era sicuramente il ristorante più lussuoso di Summerville, ma in realtà era meglio così. Su un lato correva il lungo bancone del bar, c’erano finestre affacciate sul mare e la sala era arredata da tavolini informali, apparecchiati con tovaglie candide. L’aria era permeata dall’odore di fritto e fumo di sigaretta, eppure non era fastidioso. Gran parte dei tavoli era occupata, ma ce ne era uno libero tra una porta che dava su un terrazzino e un vecchio juke-box, intento a suonare una canzone country.
Lei sembrava soddisfatta di quel posto, e il biondo ne fu contento. Si sedettero uno di fronte all’altra, dando uno sguardo ai menu plastificati già poggiati sul tavolino.
«Allora, qual è la specialità della casa?» gli domandò la bionda.
«Gamberetti. Di tutti i tipi. Grigliati, saltati, arrosto, al limone, alla creola, cocktail di gamberetti… »
«A te come piacciono?»
«Fritti. O crudi, con la salsa cocktail»
La ragazza poggiò il menu sul tavolino. «Bene, visto che sembri abbastanza esperto, scegli tu anche per me»
Klaus le sorrise. «Grazie per la fiducia, mademoiselle»
«Allora?»
«Allora crudi. In un secchio pieno di ghiaccio. E’ un’esperienza sublime»
«E sentiamo, quante ragazze hai portato qui? Per un’esperienza sublime, si intende»
«Cos’è, sei gelosa per caso?» la punzecchiò lui «Fammi pensare… Compresa te? Una»
Caroline alzò un sopracciglio, scettica. «Perché non ti credo?»
«Sto dicendo la verità»
La vampira lasciò che le sue labbra si distendessero in un sorriso. «Va bene, va bene» acconsentì.
Una cameriera dai capelli cotonati e apparentemente senza età giunse poco dopo per prendere le ordinazioni, per poi tornare con un secchiello colmo di gamberetti e due bottigliette di salsa da cocktail.
Alternarono il silenzio alle chiacchiere, parlando dei posti che Caroline avrebbe voluto vedere, e quelli dove era già stata. Klaus raccontò aneddoti divertenti sulla sua vita, e la ragazza ebbe la sensazione che la persona che l’aveva portata a cena fuori, quella sera, era una persona che valeva la pena conoscere.
Erano lì da almeno un paio d’ore, quando l’ibrido si alzò per infilare degli spiccioli nel juke-box, per poi chinarsi in avanti e scegliere una canzone, e le note allegre ed estive di Sweet Caroline ben presto riempirono la sala.
«Mi concede questo ballo, dolce Caroline?»
Klaus la stava fissando intensamente, e la bionda si ritrovò a ricambiare lo sguardo. «Ma… Nessuno sta ballando» replicò, debolmente.
«Per ora» aggiunse lui, porgendole la mano, e per la vampira fu naturale accettarla e seguirlo al centro della sala.
La ragazza gli posò una mano sulla spalla, dandogli l’altra, mentre lui la stringeva sulla vita. L’ibrido si rivelò un ballerino eccellente, la fece volteggiare più e più volte, facendola sentire leggera e spensierata, per poi farle terminare la canzone in un perfetto casquet.
«I bei tempi non sono mai stati così belli» mormorò Klaus, a un centimetro dal viso della bionda. La ragazza poteva avvertire il respiro per niente affaticato dell’ibrido, poteva distinguere le pagliuzze verdi all’interno dei suoi occhi azzurrissimi, che guardavano le sue labbra. Notò l’impercettibile movimento che compì lui nel avvicinarsi maggiormente al suo volto, e fu svelta a spostarsi.
«Fa molto caldo qui» sussurrò, imbarazzata «Dovremmo uscire» continuò, avviandosi verso la porta del locale.

 

 

Poco dopo, si ritrovarono a camminare in silenzio l’uno affianco all’altra, tornando all’hotel di Caroline. Le immagini di quello che era appena successo si susseguivano veloci nella mente della vampira, che non riusciva a smettere di pensare a quel bacio mancato. Fu la voce di Klaus a interrompere quel turbinio di riflessioni: «Domani parto»
La vampira si voltò a guardarlo di scatto. «Domani… Di già?» non potè trattenersi dal domandare.
«Questo posto mi ha stancato, è troppo tranquillo per i miei gusti»
Lei si ritrovò ad annuire, senza ben sapere cosa replicare.
«Parti con me»
L’ibrido si era fermato, nel bel mezzo del marciapiede, e la guardava dritto negli occhi.
«Io non ti conosco» obiettò lei, debolmente «Per quanto mi riguarda potresti essere il folle ibrido con manie omicida e che vuole sempre stare al centro dell’attenzione di qualche anno fa, questa potrebbe essere tutta una farsa, una messinscena… Potrebbe essere tutta una montatura da te costruita per uccidermi, o non so… Potresti soggiogarmi, potresti…»
Ma Caroline non completò mai la frase, perché Klaus si era tuffato sulle sue labbra, zittendola. La vampira era rimasta interdetta per un secondo, poi si era ritrovata magicamente a ricambiare il suo bacio, a schiudere le proprie labbra per far entrare la sua lingua e a rincorrerla, a stringersi a lui e a farsi stringere, a intrecciare le proprie dita con i suoi capelli, a perdersi - e ritrovarsi nuovamente - in lui.
Quando si separarono, la ragazza avvertì una serie di emozioni contrastanti esploderle dentro, si sentiva come un’adolescente dopo il suo primo bacio, con gli ormoni in subbuglio e la mente annebbiata. Klaus continuava a guardarla, e lei non riusciva ad abbassare lo sguardo.
«Parti con me, tesoro. Ti mostrerò tutto ciò che non hai visto, ti porterò in posti che non hai mai neanche sognato, avrai solo il meglio con me, Caroline. Non ti sto chiedendo di fidarti, non ti sto dicendo che sono un bravo ragazzo, perché non lo sono e non lo sarò mai. Ma non ti farei mai del male. Sono passati sette anni… Le cose sono cambiate, le mie prerogative sono cambiate. Corri un rischio, Caroline, pensa fuori dagli schemi, buttati senza guardare. Parti con me»
La vampira rimase a fissarlo, immobile. Lui le aveva parlato col cuore in mano, e probabilmente gli era costato parecchio, e lei se ne rendeva conto.
Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi e premere per uscire, ma si fece forza e deglutì, tentando di ricacciarle indietro. Pensò a quel bacio che li aveva uniti poco prima, alla serata appena trascorsa, e alle emozioni che, volente o nolente, lui era in grado di farle provare. Stette in silenzio a guardarlo per un tempo che le parve infinito, e solo quando fu sicura che non sarebbe scoppiata a piangere, si azzardò a parlare.
«Mi dispiace» mormorò, scuotendo la testa «Mi dispiace ma non posso»
Quelle furono le sue ultime parole, poi fuggì via, più veloce che poté.

 

 

Dublino, Irlanda. Dicembre 2019.
Il giovane uscì dalla doccia, passandosi una mano tra i capelli bagnati. Goccioline d’acqua gli imperlavano la fronte, ricadendogli sulle spalle; a coprirlo, solo un asciugamano arrotolato in vita. Si avvicinò con aria annoiata alla finestra della sua camera d’albergo - una suite naturalmente - osservando ciò che accadeva fuori. Persone di ogni età affollavano i marciapiedi, lasciando impronte sulla neve, e camminando frettolosamente in una disperata caccia al regalo. Natale era alle porte, mancavano solo due giorni alla Vigilia, e tutti si affannavano acquistando le ultime cose.
L’aveva sempre odiato il Natale, lui, con quella cosa del tutti sono più buoni, e i dolci, e quell’allegria immotivata che sembrava far impazzire chiunque. Almeno avrebbe rivisto Rebekah, che l’avrebbe salvato dal trascorrere quel giorno da solo. Persino per lui era una cosa decisamente triste, così aveva sentenziato la sorella, che l’aveva convinto a raggiungerla alla Vigilia, nonostante lui non facesse più caso a queste cose. Aveva passato innumerevoli Natali da solo, infondo.
Un leggero bussare lo distolse dai suoi pensieri. Non attendeva visite, e non aveva chiamato il servizio in camera, perciò non aveva la minima idea di chi potesse essere. Incuriosito, aprì la porta, ritrovandosi davanti una vampira bionda che non sperava di rivedere ancora.
Il ricordo di come l’aveva lasciato l’ultima volta che si erano incontrati, però, gli bruciava ancora, perciò si limitò ad alzare un sopracciglio.
«Hey» mormorò lei, sorridendo timidamente.
«Che ci fai qui?»
«Non ne sono sicura, veramente» ammise Caroline, abbassando lo sguardo. «Credo di doverti… Beh, delle scuse»
L’ibrido si appoggiò allo stipite della porta, osservandola attentamente. «Ti ascolto»
«Mi dispiace di essermene andata così, senza una spiegazione, senza una parola… La verità è che avevo paura»
«Pensavo avessi detto di non avere paura di me»
«Non avevo paura di te, infatti» replicò subito, guardandolo male. A Klaus venne spontaneo sorridere, ma si trattenne, continuando a sfoggiare un’espressione disinteressata.
«Avevo paura di… Non lo so nemmeno io, ero spaventata. Dal mondo. Da quello che mi avevi detto. Di quello che poteva succedere»
«Cosa sarebbe potuto succedere? Ti avevo detto che non ti avrei fatto del male…»
«Non in quel senso» lo interruppe lei, arrossendo.
Klaus la guardò, e stavolta non potè fare a meno di sorridere, serafico. «Ora comprendo» dichiarò, mentre il sorriso diveniva via via più grande, e un’espressione soddisfatta gli si dipingeva sul volto. «Tu provi qualcosa per me!»
«Io non… No! No, non proprio. Così è esagerato»
«Ammettilo!» gongolò l’ibrido.
«Sei crudele. E meschino. E te ne stai approfittando»
«Mai detto il contrario, tesoro»
Caroline alzò gli occhi al cielo, e prese un respiro profondo. «Forse potresti interessarmi, un pochino»
«E così ho fatto colpo anche su di te, lo sapevo che ci sarei riuscito prima o poi! Ho impiegato più tempo del previsto, lo ammetto, ma ci sono riuscito»
La vampira lo fulminò con lo sguardo. «Hai intenzione di startene lì a gioire del tuo ultimo successo ancora per molto? Perché se è così potrei sempre cambiare idea» lo minacciò. Klaus rise, gettando indietro la testa, e si fece da parte per farla entrare. Caroline avanzò all’interno della stanza, guardandosi intorno.
«La tua proposta di farmi vedere il mondo è ancora valida?»
«Ma certo, tesoro mio» asserì lui, andandole vicino.
«E con cosa cominceremo? Roma, Parigi, Tokyo…?» domandò lei, sorridendo.
«Oh, mi sa che per ora cominceremo proprio da qui, da questa camera… Ho la netta sensazione che non ci muoveremo da qui per un po’» mormorò Klaus per tutta risposta, stringendola a sé e chinandosi su di lei per baciarla.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Author’s Corner: salve a tutti! Avevo questa shottina (chiamatela shottina poi… 13 pagine di Word XD) in mente da un po’, ma dopo aver visto la 3x21 ho sentito l’urgenza di scriverla u.u Neanche a dirlo, mi sono innamorata di questa coppia con tutta me stessa <333 Non so perché, ma io adoro tutte le coppie impossibili di questo mondo .-. Ho cercato il più possibile di non esagerare con l’OOC, ma è proprio questo il problema delle coppie impossibili :D La citazione iniziale viene pronunciata da Klaus all'interno della puntata 3x20, i ricordi dell'ibrido scritti in corsivo all'interno della ff non sono frutto della mia immaginazione, ma di quella degli autori di TVD u.u Io mi sono limitata a raccontare ciò che abbiamo visto sullo schermo, dal punto di vista di Klaus. Inoltre, il pensiero dell'ibrido riguardo il South Carolina (sfondo a romanzi d'amore ecc ecc) è un riferimento a Nicholas Sparks, che se non erro ambienta tutti i suoi libri nel North Carolina. Niente da togliergli, comunque, i suoi romanzi potranno essere banali, scontati e 'leggeri'... Ma io li adoro u.u Infatti la scena della cena (l'inizio) è volutamente ispirata a una scena di Ricordati di guardare la luna.
Spero che la storia sia stata di vostro gradimento, fatemi sapere cosa ne pensate, se vi è piaciuta, o anche se non l’avete appr­­ezzata… Le critiche costruttive sono sempre ben accette :) Un bacio e a presto <3

   
 
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