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Autore: terrastoria    07/05/2012    7 recensioni
Ogni gesto ha una causa.
Strinse la mano destra attorno al manico dell'ombrello viola che stava portando con sé come un tesoro prezioso.
« Prenditi cura di te. Sasuke. »
Ogni causa produce un effetto.
[SasuSaku e team 7] Dedica a panda_chan.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Buonsalve!
Appaio improvvisamente su questi lidi per una flashfic-dedica. :3 E' una SasuSaku non impegnativa che comincia in medias res e si focalizza su di un momento particolare,
risolutivo. Come sempre amo lasciare le cose sospese (sì, odiatemi pure)! Chi mi segue da un po' avrà intuito questa mia fissazione. ^^”
In realtà, di questa fic avevo scritto una parte conclusiva, una specie di finale ma poi rileggendola ho deciso che appesantiva il tutto e non ci stava affatto bene. Così ho deciso di lasciare le cose come alla primissima stesura e, racimolando un bel po' di coraggio, postare suddetta SasuSaku.
A voi una buona lettura (spero!) e son proprio curiosa di sapere che ne pensate, che idee avete in merito al passato che aleggia nella scena. Che finale futuro vedete...(okkey, forse ho un po' troppe richieste, lasciatemi stare. XD)
Ci terrei affinchè questa non fosse una spiacevole lettura, ecco.
Ora la smetto di riempirvi la testa di sproloqui, promesso. Grazie dell'attenzione. :3

La dedico panda_chan perchè è diventata una presenza costante della mia vita e perchè ha una pazienza esorbitante, visto quanto la tartasso ad ogni minuto di ogni ora di ogni giorno con le mie cazzate, e le mie lamentele, le mie pazzie, le mie stranezze.
Meriterebbe molto di più, ma molto molto molto di più, ma questa flashfic non è che un pensiero volante di gratitudine. :3


How can you know it if you don't even try?
SasuSaku


Lo aveva salutato con un mezzo inchino, abbassando la testa in modo che i capelli rosa le coprissero il volto. Perchè sentiva che le lacrime le pizzicavano gli occhi e non voleva assolutamente che lui vedesse i suoi occhi verdi offuscati. Visto che “è fastidioso, il verde” le aveva rivelato un giorno di primavera di neanche un anno prima, mostrandole un mezzo sorriso.
« Prenditi cura di te. » gli aveva detto dopo aver racimolato la forza necessaria per poter parlare con la solita voce alta e limpida che a lui “faceva venire il mal di testa”.
Quando aveva alzato la testa la figura di Naruto si stagliava di fronte a quella di lui. Naruto gli stava dando un ultimo abbraccio di amicizia fraterna, stringendo quelle spalle magre anche se facevano resistenza, cercando di imprimere in quel corpo sempre freddo un'energia che difficilmente avrebbe potuto dimenticare. Lei sapeva bene il significato di quell'ultimo abbraccio.
«
Non ti perdoneremo mai per non averci avvisati, sappilo. Avremmo potuto trovare una soluzione, te io e Sakura. Avresti potuto vivere con me e lo zio. Ma inutile dirti queste cose adesso, vero? Lo so bene, che non vuoi sentire. Ma ricordatelo, che non ti perdoneremo mai e per questo e perchè senza di noi non puoi andare da nessuna parte, ti perseguiteremo a vita. Questa è una cazzo di promessa! »
Il discorso di Naruto era cominciato e finito nel tempo di una folata di vento carica di pioggia. Lei si era aspettata ogni singola parola che il suo amico aveva detto. E non aveva potuto fare a meno che annuire e stringere i denti per non scoppiare a dire o fare qualcosa di inopportuno. Perchè aveva ripromesso a se stessa di agire in un determinato modo, quel pomeriggio d'estate che giungeva al termine – al termine di tutto – e quel determinato modo era rimanere controllata. Statua alla quale neanche la corrosione del tempo che passa avrebbe scalfito la forza.
Aveva sempre desiderato essere la forza del ragazzo che di lì ad una manciata di secondi sarebbe andato via. Ma visto come si erano messe le cose, non ce l'aveva fatta. Quindi non le rimaneva che stringere i denti e tendere ogni muscolo alla severità del momento, non lasciare che la Sakura bambina ferita uscisse allo scoperto.
Il tempo per le scenate era già passato e finito – aveva continuato a ripetersi mentalmente mentre vedeva allontanarsi sempre più la sagoma nera di lui, bagnata dalle prime gocce di pioggia, confondersi tra la folla che entrava ed usciva dalla stazione.

« Quel deficiente non ha preso l'ombrello. »
La mano di Naruto si era posata sulla sua spalla. Lei aveva alzato gli occhi e in quei occhi
aveva capito esattamente cosa fare. Le era bastato uno sguardo e tutto le era stato chiaro nella mente. Naruto aveva annuito, un muto incoraggiamento. E l'aveva lasciata andare.
La statua si era mossa tutto d'un tratto. Aveva staccato i piedi dal cemento e con una forza straordinaria aveva cominciato a correre. Marmo bianco che si trasforma in pelle di pesco.
A che serve l'ombrello dopotutto? E' solo uno strumento di troppo
La figura nera era riapparsa tra la folla. Lei l'aveva individuata. Era a pochi metri dall'entrata della stazione, avanzava senza esitazione ma anche senza fretta. Allora aveva avuto la certezza, lei, che ce l'avrebbe fatta
sicuramente a raggiungerla. Rallentò addirittura un po' il passo nelle ballerine rosa, macchia di colore stonata nel grigiore del mondo quel giorno.
Quando la distanza che la separava da lui era diventata poco più di tre metri, aveva deciso di chiamar
lo per nome. Non avrebbe potuto farlo né un metro più indietro né uno più avanti. A tre metri di distanza da lui che non si era accorto di una statua che aveva preso vita, aveva pronunciato quel nome.
Non farlo più, smettila di inserire il mio nome ad ogni fottutissima frase che dici” le aveva detto una sera di due mesi prima, di fronte al mare, mentre se ne stavano seduti sulla sabbia con le spalle che si sfioravano. Lei lo aveva ascoltato e abbassando la testa aveva sorriso, i lunghi capelli rosa che le coprivano le labbra.
Anche a tre metri da
« Sasuke » lei aveva sorriso. Ma questa volta non aveva abbassato la testa. L'aveva mantenuta alta e aveva pronunciato quel nome che si era ripromessa di non pronunciare mai più. Promesse infrante come onde che sbattono contro gli scogli.

« Sasuke. »
Lui non si girò subito. Ma si fermò. Allora lei tornò a chiamarlo per nome. Una, due, tre, quattro volte. Non le importava che la gente si voltasse ad osservarla, che il mondo si impicciasse nei suoi affari e in quelli di « Sasuke ». Che affari strani erano, in fondo? A tutti capita di veder partire l'uomo amato. A tutti capita che ad amare sia solo uno dei due. A tutti capita di non essere considerati affidabili. Di sapere della partenza del tuo più caro amico solamente quando il treno sta per partire.
A tutti capita di avere la sensazione di non aver fatto abbastanza, i sensi di colpa di chi vive su questa terra.
Quella era la sua vita. Quelli erano i
loro momenti. Che guardassero pure tutti, lo spettacolo dell'ultima ora. Mancava giusto il lieto fine.
Aveva cercato di essere solo una cosa, lei. E così aveva fatto Naruto. Ognuno a suo modo, dacchè avevano conosciuto Sasuke, si erano dati un obiettivo inderogabile e inamovibile e con tenacia lo avevano perseguito. Cadendo e rialzandosi sempre.
Erano caduti entrambi per l'ennesima volta. Loro –
nient'altro che spugne del dolore altrui, materassi su cui attutire i colpi – erano caduti assieme. Ma lei era andata un po' più giù, il fosso su cui era caduta era più in basso rispetto a quello dove Naruto si trovava. Aveva cercato degli appigli su cui poter fare forza per scalare la roccia fino alla superficie. Aveva creduto di non trovarli, gli occhi persi nel buio dell'abisso.
Ma alla fine li aveva trovati.
« Sasuke. »
E finalmente lui si girò. Lei era a neanche un metro da lui. Lo vide in faccia. Riconobbe gli occhi neri e la carnagione chiara. I capelli scurissimi che erano cresciuti un po' troppo rispetto alla prima volta che lo aveva visto gli coprivano la fronte e parte dell'occhio sinistro – quello
cieco -. Le labbra erano socchiuse, unica, piccola ma preziosa prova di un qualcosa che assomigliasse almeno vagamente ad un moto di stupore.
Lei non aveva nulla da dirgli e lo stesso valeva per lei. In fondo il loro rapporto non era mai stato dei più densi di parole.
Doveva solamente agire. Strinse la mano destra attorno al manico dell'ombrello viola che stava portando con sé come un tesoro prezioso.
Guardò lui negli occhi e senza mollare il contatto visivo prese una mano di Sasuke e vi spinse nel palmo il manico dell'ombrello. Lui, forse per un riflesso automatico, chiuse a pugno la mano.
Lo scambio era fatto. Ad un'occhiata non approfondita, dava l'idea di non essere affatto equivalente. Ma questo non importava né a lei né a lui. L'importante in quel presente era il gesto appena compiuto. Nient'altro.
Ogni gesto ha una causa. Ogni causa produce un effetto.
L'ultima cosa che lei doveva fare era la più dura, ma vi era stata abituata. Era lui stesso ad averla abituata in quei due anni che lei, lui e Naruto avevano passato assieme. Per questo curvò appena le labbra in un sorriso sincero e diede le spalle al ragazzo che amava.
Era pronta ad aspettare. L'effetto sarebbe giunto, presto o tardi. E lei non avrebbe fatto altro che aspettarlo.
Le lacrime tornarono a punzecchiarle gli occhi ed era di nuovo tempo di essere forte.
Mentre tornava verso Naruto sentì a lungo lo sguardo di Sasuke sulle sue spalle che divennero bollenti laddove tale sguardo le toccava. Fu un calore che non avrebbe mai dimenticato, indelebile come l'energia che Naruto aveva trasmesso a Sasuke con l'abbraccio,
ineliminabile come un ombrello viola.





   
 
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