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Autore: adelfasora    08/05/2012    4 recensioni
Quella scrivania se ne stava al suo posto, immobile. Non era felice, ma nemmeno triste; non era tronfia o orgogliosa, ma calma e pacata. Stanca e rispettata, imponeva la sua presenza, che tutto cercava di ignorare. Semplicemente esisteva, presente all’ombra di un dimenticatoio.
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Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Adelfasora
Titolo: Tra antico e vecchio.
Prompt: Lampadario racconta.
Rating: Verde.
Genere: Introspettivo.

Introduzione: Quelli che hanno più cose da dire stanno sempre in silenzio. Il silenzio parla per loro. E a qualcun altro tocca stare a spiegarsi ogni vuoto.

 

 

 

 

 

Tra antico o vecchio.

-Memorie invisibili-

 

 

Era in quell’angolo su nella soffitta da tempo immemore. Appartenente a qualche trisavolo deceduto e che aveva studiato di otium letterario.

Tutti quelli che vedevo, umani, correre e bisbigliare in avanscoperta tra le ragnatele e la polvere non si erano mai degnati di scoprirla. Al massimo di fuggire via per lo scricchiolio del pavimento. Ma c’era qualcosa di più usurato di me, che penzolavo, sopraelevato e pericolante, facendo oscillare i fronzoli che mi decoravano. Era silenzioso, pieno e fiero degli anni vistosi e numerosi che si mostravano per ogni cassettone e smussatura, e poche volte aveva narrato di sue probabili gesta. Che cosa potrebbe poi dire, una scrivania? Faceva da supporto ad altri oggetti, che sopra gli erano appoggiati. Era vecchio.

 

Spesso ascolto, troneggiando nel punto più alto della casa – senza contare comignoli e fili, a cui poco interessa di certe cose – di vecchi rugosi e antichi dall’aspetto affascinante e intimidatorio. Se il padrone di casa poi è un affermato bottegaio di antiquariato, ed esperto collezionista, la cosa non è nemmeno tanto surreale.

Scrivania era vecchia, vecchia come quell’antenato sconosciuto, figlio di qualche conte o marchese, e in disuso.

Certamente nella nostra vecchia soffitta di cianfrusaglie e oggetti poco o più interessanti, quel blocco rettangolare non era solo un suppellettile. Da quanto ricordi, c’era sempre stato assieme solo ad un paio di voluminosi tomi e qualche insetto morto. Molto probabilmente non si era mai spostato da questa stanza, mentre io ascoltavo le teorie di Dondolo e Bambola su “radici scrivane” e “nato senz’albero”.

Quella scrivania se ne stava al suo posto, immobile. Non era felice, ma nemmeno triste; non era tronfia o orgogliosa, ma calma e pacata. Stanca e rispettata, imponeva la sua presenza, che tutto cercava di ignorare. Semplicemente esisteva, presente all’ombra di un dimenticatoio.

Considerandomi onnisciente e onnipresente, legato indissolubilmente a quella casa dalle sue fondamenta, mi ricredetti sul conto di quella carcassa color mogano e intrecci floreali solo in seguito.

E compresi, come quando per me si accendono le lampadine con l’interruttore, che nonostante la luce non avevo visto bene. Perché, sebbene non fosse messa in mostra in uno studio notarile e non fosse stata restaurata, dentro di sé trascinava qualcosa. Cosa, non fu dato saperlo fino a quando il telo pesante che rivestiva la parte superiore non fu spostato via.

Porta cigolò e si aprì, il silenzio fu infranto, e qualcuno ci ridiede vita, spolverò via il nostro tempo, rendendoci propri, diventando il nostro nuovo padrone.

Da lungo tempo nulla era usato, ma quando Tela dovette spostarsi da Scrivania, ci fu un momento di esitazione. Una volta fuori la scrivania, sebbene così orribilmente trascurata e tarlata dagli anni, riprese la sua vita, la sua funzione. Lì Scrivania non era solo un appoggio, ma una cheta compagnia, che raccoglieva su un’ unica superficie tutto ciò di cui si necessitava. E stracolma, ne sopportava in silenzio il peso.

Lei conosceva. Gli umani che studiavano, i libri letti, filosofi, ere geologiche, abiti di lusso, falegnami e tecniche.

Era antica, perché insito in Scrivania c’era un tempo che non sarebbe tornato, anni vissuti in un epoca di cui portava i segni e se ne faceva maestra.

E quando le chiesi se fosse voluta essere qualcos’altro, invece di restare e ammuffire in una soffitta, mi rispose.

“Non potrei desiderare nient’altro, perché ciò che sono ed ero è l’unica cosa che resta, sempre.”

“Stare fermi non implica il non-pensare. Io lo faccio sempre, e mi ritrovo a correre.”

“Dove sono è importante, semplicemente perché è dove voglio stare. Altrimenti non ha significato, ricordatene piccolo Dondolo”

“A volte mi chiedo cosa si provi ad essere un tavolo da cucina. Di certo c’è da stare sempre allegri e non si soffre di solitudine.”

“Provai la mia più grande emozione quando fui trasportato qui, perché dalla finestra vidi un albero. Non sono poi tanto diverso dalla mia materia prima, dato che neanche quella si muove, se non mossa di forza.”

Non sapevo mai cosa commentare, consapevole che sarebbe sembrato sciocco. Qualsiasi cosa gli dava ragione. Da immaginare sarebbe stato un eremita colto e baffuto, poco incline a socializzare ma di certo con un grande cuore.

Scrivania non parlava quasi mai, ma lasciava intendere.

Scrivania parlava poco, e quando mi disse che era per coerenza alla sua natura di oggetto, mi dispiacque di non poter ridere.

 

Se sei una scrivania imponente e Tempo ti ha corroso, siine fiero, perché è come l’anziano rispettato.

 

Ora troppi libri di medicina, anatomia, calcolatori – comunemente chiamati computer -, le danno nuove storie, conoscenze da aggiungere, adempiendo al proprio compito. Con la stessa flemma, il solo stare immobile che diventava fondamentale. Come sempre, del resto.

Come l’antico affascina, il vecchio non esiste, in quanto ogni cosa ha un suo fascino. Tutto sta nello scoprirlo.

Nonostante Scrivania parlasse poco e quasi mai, da lei uscii più istruito, migliore.

 

 

 

  
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