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Autore: Moriar tea    09/05/2012    3 recensioni
Si chiamava Lavi, o almeno così diceva. Il tono della sua voce mentre pronunciava quel nome, in realtà, non sembrava poi così convinto: come quello di un bambino che recita un'imbarazzata poesia imparata a memoria. Ma si chiamava Lavi, ed era un Bookman.
[ 99 missing moments della storia tra Lavi e Yu. ]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti, Yu Kanda
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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giustizia.
[ novembre, 17 anni ]


Aveva le nocche delle dita rosse, tutte spellate, a forza di scontrarsi contro il legno massiccio. I pugni battevano contro la porta della sua stanza intenzionate a non dargli un attimo di tregua, e sempre più forte, e chissenefrega che si stava facendo sangue alle mani, e chissene frega se svegliava tutti. Quello era l'ultimo dei suoi problemi.
- Apri la porta, Yu. - intimò Lavi per l'ennesima volta, con voce stanca ma seria, autorevole, la voce di chi non è per nulla intenzionato ad andarsene da lì. C'era rimasto per più di quaranta minuti filati, poteva anche continuare. - Apri questa cazzo di porta!
Yu non avrebbe aperto, Lavi lo sapeva bene. Il giapponese sapeva essere odiosamente testardo alle volte -quasi sempre, in realtà-; specie se si trattava di cose importanti, per le quali lui non avrebbe mai lasciato correre. Non che barricarsi dentro la propria camera servisse a qualcosa, visto che il giovane Bookman forse era anche più testardo di Kanda.
- Non me ne vado da qui, a costo di passare la notte in corridoio. Aprimi.
Passarono i minuti, forse le ore. E alla fine Yu Kanda aprì. Aveva i capelli sciolti sulle spalle, le bende che gli fasciavano cicatrici ancora fresche e dolorose, e uno sguardo arrabbiato e incredibilmente colpevole negli occhi.

Mentre gli ripuliva le ferite una a una con devozione, seduto sul bordo del suo austero letto singolo, Lavi pensava a tutti i misteri celati dietro l'esistenza dell'amico. Il vecchio Bookman sapeva perchè le ferite di Yu si rimarginavano tanto in fretta, ma non gliel'aveva mai voluto spiegare; ogni volta che provava a farne parola, il Panda rispondeva con silenzi eloquenti o laconiche divagazioni (volte a far cadere i dubbi nell'incertezza per un altro po' di tempo ancora). Quella volta però le ferite non si erano rimarginate. Non velocemente come al solito, almeno, non abbastanza da lasciare la pelle chiara senza cicatrici. Erano profonde, e facevano male, anche dopo un'intera settimana di riabilitazione. Yu era fuggito dall'Infermeria ancora prima di venir dimesso, stanco di aspettare, e ora c'era lui, lì, a cambiargli le garze.
- Perchè diamine l'hai fatto, si può sapere? - sussurrò, posando un batuffolo di cotone sulla spalla a ripulire il sangue.
- Di che parli? -
- Lo sai perfettamente. -
Yu Kanda lo sapeva, eccome. Dopo una battaglia lunga e cruenta, durata giorni, sapeva bene a cos'era andato incontro, il modo assolutamente oltraggioso in cui aveva sfidato la morte. Buttarsi solo, debole e ferito tra le braccia di un Noah nel pieno delle forze era un gesto che andava ben oltre l'avventatezza, e superava la linea della mera stupidità; non era proprio una cosa facile da dimenticare.
- Era la cosa giusta da fare. - rispose freddamente, distogliendo lo sguardo e allontanando, con un gesto scattoso, il braccio dalla portata delle sue cure.
Lavi aveva iniziato a prendersi delle confidenze, forse troppe, e la cosa peggiore era stata accorgersi di essere il primo ad averglielo permesso. Tutta quella preoccupazione nei suoi occhi, il modo vergognoso in cui passava al suo fianco ogni minuto libero, e quella sfacciata, sbagliata sincerità che sembrava divertirsi a palesargli di fronte, erano tutte cose che un tempo non avrebbe mai accettato. Ma adesso Lavi era tutto ciò che aveva di più somigliante ad un amico; e poteva preoccuparsi, poteva stargli vicino, poteva essere sé stesso, e poteva entrare nella sua stanza e pretendere spiegazioni, dopo che si era quasi fatto ammazzare dal nemico di fronte ai suoi occhi.
Tutto questo era importante, e accidenti a lui se faceva paura.
- ...Giusto? -
Lavi era arrabbiato, il suo occhio verde diceva tutto. Strinse i pugni e lo attaccò, guardandolo dritto in faccia, per niente timoroso di alzare la voce. - Tu chiami giustizia questo? E' giusto che un diciassettenne venga buttato in una battaglia come carne da macello?! -
Gli sputò addosso tutta la sua rabbia, tutta la sua frustrazione, tutto l'affetto che provava per lui, e l'odio che sentiva quando lo guardava buttar via la sua vita per una causa insensata. Kanda aveva la pessima abitudine di non ascoltare né vedere niente di ciò che andasse al di fuori delle proprie idee, e questo era un dato di fatto: ma il Bookman non era disposto a perderlo per quel suo stupido, ottuso orgoglio, e alle volte Lavi sapeva essere davvero molto ostinato. - E' giusto che muoiano tutte queste persone? E' giusto che madri, padri, figli, nipoti, vengano trasformati in mostri senza cuore? Cosa c'è di giusto, Yu! Cosa cazzo c'è di giusto nella guerra! -
Yu lo guardò negli occhi come si guardano i bambini, un po' come lo guardava Bookman alle volte: con quello sguardo che sembra sapere tante cose, ma nessuna intenzione di spiegarle. Yu Kanda però, al contrario di Bookman, non sapeva tante cose; lui viveva in un'illusione, e Lavi teneva troppo a lui per lasciargli la convinzione di una realtà irreale. Non l'avrebbe lasciato all'interno della Caverna a guardar le ombre, l'avrebbe tirato fuori di lì e gli avrebbe mostrato cos'è il sole, e la pietra, e il mare, a costo di venir deriso, picchiato e ucciso, e di venir odiato da lui, che fra tutte era la peggiore delle cose.
- Se la pensi così cosa ci fai ancora qui? Perchè sei un Bookman? - Kanda lo domandò con una nota di orgoglio gelido.
E il Bookman non si scompose. Gli rivolse solo uno sguardo triste, molto, e un po' ferito, un po' rabbioso, come chiedendosi perchè diamine Yu dovesse essere sempre così dannatamente Yu.
- Sono un Bookman perchè l'uomo è cattivo, ed è meschino, e non impara mai dai propri sbagli. Noi siamo qui per annotare ogni morte, ogni ingiustizia.. Nella speranza che un giorno l'uomo smetta di essere stupido e si guardi indietro, e.. non lo so, impari dai propri errori. - sospirò. - E' a questo che serve la storia. -
Si guardarono per un poco, e poi fu Yu a parlare. Con la voce roca di chi si è dimenticato come si usa la bocca.
- Io non ce l'ho una storia da cui imparare. Questo mi rende.. una persona cattiva? -
E bastò questo per dissipare tutta la rabbia nello sguardo del Bookman; si ricordò improvvisamente che adorava Yu proprio perchè era Yu, e che in qualche strano modo aveva bisogno di lui, anche adesso. Ci avevano messo del tempo a capirsi, tanto, ma alla fine erano lì, vivi, insieme.
Gli prese piano la mano e la strinse fra le sue, sperando che quel contatto durasse almeno per un po'.
- No, Yu. Tu non sei una persona cattiva. Sei la persona che preferisco. -
Lavi sorrise, appoggiando piano la testa sulla sua spalla.
- ..Peccato che alle volte tu sappia essere davvero stupido. -
Kanda aveva le labbra secche e i capelli davanti agli occhi, ciuffi spettinati tutti scomposti sulle spalle nude, e ferite, e bende, e sangue. Era un'immagine di distruzione, era bellissimo e perduto, e Lavi guardandolo capì che non avrebbe mai più potuto rinunciare a lui, da quel momento in avanti. Tra tutti gli stupidi uomini della terra, ce n'era uno che amava, e che andava protetto da sé stesso.





Questo capitolo è veramente brutto come il male, ma non ho saputo far di meglio e chiedo venia. Giuro che inizialmente l'idea non era malvagia, ma tra lo studio che sta risucchiando tutte le mie energie, problemi di salute non indifferenti e un'ispirazione vacillante, è venuta fuori questa schifezza che pubblico solo perchè, altrimenti, non avrei più aggiornato la storia per chissà quanto. Siate clementi, alla prossima andrà meglio.
(!) citazione del "Mito della Caverna" di Platone.

  
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