C'erano
dei ricordi, inseriti nel suo database. Ricordi di quand'era ancora
umana. Grazie alle ricerche del dottor Boskonovitch una piccola parte
di cervello- quella strana massa grigiastra che, le era stato
spiegato, serviva agli altri
a fare tutto, ecco, una parte si era salvata dal degrado e
dall'amnesia.
Scherzando, un giovane specialista della Mishima Corporation le aveva detto che alcune aree erano sotto una teca di vetro, come per preservare nel tempo un tesoro prezioso.
Tra i pochi ricordi che, grazie al sangue di Ogre, era riuscita a conservare uno spiccava più di tutti.
Quell'Alisa era ancora una bambina dalle gambe paffutelle e le guance rosse che, al calduccio nel suo lettino, guardava il viso di un uomo illuminato dalla luce giallina dell'abat-jour.
Il volto di suo padre.
«Papi, papi!» diceva. «Ma poi Pinocchio lo trova il suo papà?».
A quel punto quell'uomo dal viso gentile si chinava su di lei per darle un affettuoso bacio sulla guancia, spegneva la luce e, prima di uscire dalla cameretta della sua amata pargola, rispondeva: «Certo, piccola mia. I figli troveranno sempre i loro genitori, e i genitori troveranno sempre i loro figli».
«Se un giorno un tonno ti mangerà, anche io ti troverò!» esclamava la piccola umana Alisa, facendo scoppiare l'uomo in una risata.
«Buona notte, piccola Alisa, e sogni d'oro. Ti voglio bene».
Lì il ricordo s'interrompeva, per ricominciare dall'inizio ogni volta che provava ad attivare il sistema che Geppetto le aveva installato per farsi rintracciare.
Nel suo vocabolario interno, Alisa aveva trovato una parola che l'aveva molto affascinata: ironia.
Aveva così iniziato a trovare davvero ironico che la piccola la sua fiaba preferita fosse proprio quella di Pinocchio: quel burattino creato da Geppetto diventato la sostituzione di un vero figlio.
Quel fantoccio che desiderava tanto diventare un bambino vero.
Si sentiva proprio come lui: una persona intrappolata nel corpo sbagliato.
Quello di Pinocchio era di legno di ciliegio, il suo di metallo; Pinocchio aveva le venature del legno al posto di un vero apparato circolatorio, mentre i suoi capillari e le sue vene erano dei circuiti.
Surrogati perfetti con sentimenti imperfetti.
Il clima a Kyoto era particolarmente rigido la mattina in cui Xiaoyu trovò, appoggiata al tavolo della cucina, una lettera.
“Cara Xiaoyu,
mi dispiace, ma devo trovare
mio padre. Lo devo salvare dal tonno gigante, così potrò diventare
una ragazza vera! Ci vediamo al prossimo Torneo! Salutami Panda, mi
mancherete.
Vi voglio bene!!!
Alisa Super Rocket #punch♥”
Xiaoy sospirò. «Forse dovremmo andarla a cercare e farle da Fata Turchina prima che incontri un Mangiafuoco, cosa ne pensi, Panda?»
«Grrr*» ruggì, alzando le
due zampe anteriori all'altezza del viso. «Grr*».
(*punch)
Note: Ciao a tutti! Dio
mio, sono mesi che non scrivo una FanFiction, mi sento oltremodo
arrugginita! Però per fortuna l'ispirazione è tornata a me *-*
Ringraziamo il film di Tekken, mi ha esaltata così tanto! Blood
Vengeance, non quella cacchetta che spacciano per Tekken, sia chiaro.
Comunque sia, boh, ecco qui. Mentre la scrivevo mi erano venute in
mente un sacco di precisazioni da inserire nelle note, ma adesso la mia
testa è straordinariamente vuota- probabilmente per colpa della fame.
Quindi niente. Mi sembrava un buon parallelismo da fare, spero
l'abbiate apprezzato anche voi :3
Fatemi sapere!
Un bacione, grazie in anticipo!!!! :D