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Autore: Alessia NightOwl    11/05/2012    8 recensioni
"Non dire mai no all'amore fino a quando non sarai certa che non possa più farti battere il cuore."
Questa è una semplicissima storia, è la storia di una donna e i suoi problemi nella vita reale.
Riuscirà ad affrontare le nuove avventure che gli si presenteranno davanti, oppure deciderà di mollare tutto, ancora una volta?
Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Buongiorno, cosa posso dire oltre che mi dispiace da morire per il ritardo (se così vogliamo chiamarlo) enorme per l'aggiornamento. Purtroppo ho passato un periodo pieno di impegni e completamente senza idee, quando tornavo a casa e mi mettevo al pc  avevo solo voglia di rilassarmi e non pensare a niente.
Spero che potrete perdonarmi, non mi aspetto di ritrovare tutti i lettori di quando ho iniziato, ma spero comunque che ci sia qualcuno che ha sperato io aggiornassi.
Buona lettura.
PS: La canzone questa volta è decisamente molto "dura" visto le situazioni che incontrerete nel capitolo :)






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Capitolo 14. (You’ll not break me dawn)

Quella mattina mi svegliai molto presto, lasciai un bacio fra i capelli profumati di Mark – che si era fermato da me quella notte – mi preparai di corsa ed uscii per andare alla tavola calda. Volevo arrivare là prima di Claire per aver modo di parlare con Sean di quello che era successo la sera appena trascorsa.

Quando arrivai mi trovai di fronte qualcosa che non avrei mai immaginato di vedere.

Due macchine della polizia erano parcheggiate proprio di fronte al locale  e c’era un via e vai di poliziotti.

Scesi dalla macchina e mi diressi verso l’entrata. “Mi scusi signorina, lei dove pensa di andare?” Mi disse uno degli uomini in divisa appena fuori dalla tavola calda.

“Lavoro qui e vorrei entrare per parlare col mio capo e capire cosa è successo.” Guardai quel poliziotto in malo modo, odiavo quel comportamento che assumevano sempre in questi casi, come se chiunque fosse un possibile assassino o ladro.

Dall’interno si sentì la voce di Sean che assicurava quel poliziotto. “La faccia passare, è una mia dipendente.” Disse osservandomi come se realmente fossi io la causa di tutto quel trambusto, ma se i suoi occhi facevano intendere questo, il suo sorrisino mi faceva dubitare.

“Sean, si può sapere cosa è successo qui?” Dissi guardandomi attorno. Il locale era sottosopra, un paio di poliziotti erano dietro al bancone vicino alla cassa e un altro paio li intravedevo nell’ufficio.

“Forse potresti dirmi tu cosa è successo. Questa notte sono entrati nel locale e hanno portato via tutti i soldi, anche quelli della cassaforte.” Il suo sguardo era duro e accusatorio.

Rimasi sbalordita di fronte a quell’accusa. “Scusa Sean, cosa c’entro io? Io ieri sera sono rimasta qui fino a che non ho ricevuto la telefonata in lacrime di Claire.” Dissi dando enfasi ad ogni singola parola. “Quando sono uscita ho chiuso tutto e sono corsa a Dublino a riprenderla, visto che TU l’hai lasciata sola.” La rabbia stava salendo, ma cercai di tenerla a freno soprattutto per capire per quale motivo Sean mi accusasse, strinsi i pugni e misi le braccia lungo i fianchi.

“Sei proprio sicura di aver chiuso tutto quanto? Io non credo proprio visto che non c’è nessun segno di effrazione e qui le chiavi le abbiamo solo io, tu e Claire. Le altre due ragazze non ne sono in possesso. Claire sappiamo benissimo tutti e due dov’era e qui c’eri solo tu. Sei uscita di corsa, in pena per la tua amica. Sono sicuro che tu ti sia dimenticata di chiudere la porta.” L’accusa era forte e il tono di rimprovero – come fossi una bambina – era insopportabile.

“Come scusa? Certo sono uscita di corsa per colpa di uno stronzo come te, ma non sono così scema da lasciare aperta una porta che chiudo automaticamente tutte le sere quando lascio questo posto. Lavoro qui da 6 anni e non ho mai commesso un errore simile, nemmeno quando dovevo correre da mia figlia perché stava male.” Il mio sguardo sosteneva il suo e l’odio che provavo per lui aumentava a dismisura, avrei voluto prendere quella sua testa di cazzo e sbatterla contro al muro del locale.

“Non ci sono scuse Eloise. Sei stata tu, non c’è altra spiegazione. Non mi interessa tutte le congetture che puoi costruire in questo momento. Tu eri qui, tu eri responsabile del locale e tu lo hai lasciato aperto. Non posso ammettere errori simili, soprattutto perché hanno rubato tutto l’incasso di quel giorno e anche tutti i soldi della cassaforte, si sono fatti un bel gruzzoletto.” In quel momento si avvicinò un poliziotto, probabilmente attirato dai toni accesi della nostra discussione; si affiancò a me, come un avvoltoio in attesa del suo pasto.

“Beh, perché non vieni a perquisire casa mia Sean, magari sono stata proprio io a rubare tutto. Ma andiamo mi consideri così tanto stupida, so fare il mio lavoro. Mi sembra assurdo che tu mi stia accusando, quando sono sempre stata la più sveglia qui dentro.” Sean esagerava con le accuse e io non riuscivo a tenere a freno la lingua. Anzi era già molto che riuscissi a tenere a freno le mie mani, che prudevano e avevano una voglia matta di tirare due schiaffi a quell’uomo.

“Signorina, sicuramente verremo a fare un giro a casa sua, intanto se posso chiederle di aprirci la macchina, vorremo dare un’occhiata. Se quello che il suo capo dice è la verità, lei è la prima sospettata.” Si avvicinò un altro poliziotto, sembravano in procinto di arrestarmi e io ero sull’orlo di una crisi di nervi.

“Avete un mandato per frugare nella mia macchina? Beh procuratevelo, dopo di che potrete fare quello che vorrete. Non ho paura, perché sono pulita.” Li guardai sfidandoli, ci avrebbero messo poco ad avere il mandato, ma intanto potevo rompere ancora un po’ le palle a Sean.

I due poliziotti si dileguarono fuori dal locale, ma non prima di avermi avvertito. “Signorina Walsh, per favore non si muova dal locale, non peggiori ancora di più la sua situazione.” Rimasi a bocca aperta per quelle parole.

Ma cosa cazzo succede? Ho per caso ammazzato qualcuno? Cosa ho fatto di male? Spero solo che questo non sia un pretesto di Sean per vendicarsi, sarebbe davvero troppo perfido e sbagliato. Ma posso aspettarmi di tutto da uno come lui.

Seguii Sean nell’ufficio, gli altri due poliziotti erano impegnati a cercare indizi nel locale e non facevano caso a noi, chiusi la porta e fissai con le braccia incrociate sul petto Sean.

“Adesso che siamo soli puoi spiegarmi le tue reali intenzioni Sean. So che queste sono tutte cazzate che ti stai inventando, si percepisce dal tuo sguardo. Stai cercando di prendere per il culo me e i poliziotti, solo che io non ti credo. So precisamente quello che ho fatto.” Il mio sguardo era fisso su di lui, si sedette sulla sua morbida poltrona e mi fissò congiungendo le mani sotto al mento.

“Eloise, puoi pensare quello che vuoi, qui dentro non interessa a nessuno. Non mi interessa quello che è successo ieri sera. Semplicemente non ti voglio più qui. Puoi andartene.” Abbassò lo sguardo e si mise a scrivere su dei fogli, ignorandomi proprio come se non ci fossi.

“Come scusa? Cosa intendi per ‘non ti voglio più qui’?” La mia domanda era retorica, avevo capito subito le sue intenzioni e sapevo bene cosa voleva da me; volevo solo sentirmelo dire chiaramente.

Alzò gli occhi su di me, la sua risata era sardonica. “Vattene di qui Eloise Walsh. Sei licenziata, non voglio ladri ne falsi nel mio locale.” Rimasi fissa a guardarlo. Sapevo che voleva questo, ma rendermi conto che era davvero così mi fece impallidire.

Questo lavoro è uno schifo, Sean è un verme e per suo zio vale lo stesso. Ma io ho bisogno di lavorare. Devo mantenere mia figlia, devo farla vivere bene.

Chiusi gli occhi, presi un respiro e allentai la presa delle mie mani, stavo stringendo così forte i pugni che mi ero conficcata un paio di unghie nel palmo. Aprii le mani e le appoggiai alla scrivania. Gli occhi chiusi e il respiro sempre più regolare.

“Sean, mi dispiace solo che tu sia di una pochezza così ampia. Pensi di farmi del male trattandomi così? Pensi che mi distruggerai la vita? Beh fattelo dire caro. Quando uscirò da questo locale le uniche persone che ci rimetteranno sarete tu e Jack. Se ti senti così solo e poco apprezzato da doverti vendicare su di me, non è certo colpa mia. Ma sono sicura che in futuro pagherai per la tua perfidia e la tua superficialità. Addio spaccone.” Dissi tutto in un fiato e poi uscii dall’ufficio. Una lacrima iniziò a scivolare sul mio viso, ma l’asciugai subito con la mano. Alzai lo sguardo e mi ritrovai di fronte Clay con lo sguardo attonito.

Le spiegai cosa era successo sperando non la prendesse troppo male e sperando che non le venisse una crisi di panico.

“Io qui senza di te non ci rimango Elly.” Così dicendo mi scansò e si diresse verso l’ufficio.

La presi per un polso. “Clay, non fare la stupida. Basta una sola di noi senza lavoro. Tu non hai fatto niente. Sean ce l’ha con me e non so perché. Tu non c’entri, non fare la ‘paladina della giustizia’ che non serve a niente.” Lei mi guardò sorridendo e prese le mie mani nelle sue.

“Tesoro, io qui SENZA DI TE non rimango. Non c’è altro da dire e non mi interessa cosa pensi di me o di quello che sto per fare, ti passerà e tutto tornerà come prima. Qui con Sean non sarebbe più lo stesso per me. Inizieremo insieme di nuovo come abbiamo sempre fatto, da sole non ce la facciamo; ma insieme siamo più forti di qualsiasi cosa.” La guardai, la sua voce sicura tradiva le lacrime che stavano rigando il suo volto. “Clay, ok. Vengo con te.” Le presi la mano e entrammo nell’ufficio insieme.

Sean non si aspettava di vederci lì insieme con lo sguardo di due tigri.

Io avevo già detto tutto a Sean, ma Clay no. Si allungò sulla scrivania e picchiò una mano sulla superficie dura.

“Tu, sei semplicemente uno schifoso. Non so se chiamarti uomo o pezzo insignificante di mondo. Non so se guardarti e piangere o ridere per la pena che mi fai. Me ne vado anch’io, tanto non ti serve una… Mmm, come mi hai chiamato ieri sera? Troietta da quattro soldi che si fa fregare da uno sguardo dolce.” Clay lo guardò e si mise a ridere, poi si voltò e uscì dall’ufficio con le spalle dritte.

Io rimasi immobile a fissare Sean che non si aspettava niente di simile, era sorpreso e sicuramente titubante. “Come ti senti adesso caro Sean? In bocca al lupo per la tua bellissima vita.” Dissi ironicamente, sputai nel suo ufficio ed uscii per andare da Clay; mi aspettavo che lui ci rincorresse e ci fermasse, ma nessuno aprì quella porta.

Clay era fuori dal locale che fumava una sigaretta appoggiata al muretto, guardava il mare e si capiva subito che stava piangendo. La raggiunsi proprio nell’attimo in cui ritornarono i due poliziotti.

“Ragazzi, come siete efficienti nel vostro lavoro.” Dissi prendendoli in giro, gli tirai le chiavi della mia macchina, uno dei due le prese al volo e mi guardò in modo incerto. Non si aspettavano questo mio modo di fare e sinceramente non mi interessava. “La macchina è vostra, fate quello che volete. Ma per favore in fretta che devo andarmi a cercare un altro lavoro. Grazie.” Ero già girata per andare da Clay. Le misi le braccia intorno al collo e lei sbuffò esausta.

“Anche la tua macchina stanno perquisendo? Cosa pensano di trovare quegli stupidi?” Disse buttando fuori un po’ di fumo.

“Pensa che forse verranno a farmi visita anche a casa. Non mi interessa davvero, so quello che ho fatto. Adesso il mio primo pensiero è trovare un altro lavoro per tutte e due.” Rimanemmo sedute su quel muretto a contemplare la forza della natura, il mare era in tempesta e stava iniziando a piovere violentemente sulla nostra piccola isola.

Un cenno del poliziotto mi fece capire che avevano finito, passai di fianco a loro e presi le chiavi. “Contenti della ricerca? Devo aspettarvi anche a casa mia? Volete il tè per le 5?” Dissi facendomi beffe di loro. Mi guardarono scuotendo il capo. “Ci scusi signora Walsh, ma deve capire che dobbiamo tenere in gioco ogni possibilità.” Li guardai e avrei voluto sputare anche addosso a loro, ma mi limitai a scoccargli uno sguardo di ghiaccio.

Feci cenno a Clay di seguirmi con la macchina e ci ritrovammo al bar del centro commerciale, sperando di riuscire a rilassarci e farci venire qualche buona idea.

Mandai un sms a Mark dove spiegai brevemente quello che era successo. Di lì a poco ci avrebbe raggiunto, era incazzato nero. Così mi aveva fatto intendere dalle sue gentili parole per Sean. “Quello stronzo, saremo noi a rovinare la vita a lui. La pagherà cara per averti trattato così. Mi prudono le mani, ma prima vengo da voi per capire meglio cosa è successo, poi deciderò che fare di lui.”

Sorrisi a quel pensiero, era protettivo nei miei confronti e non poteva farmi altro che piacere. Era un piccolo conforto in quel momento. Presi la mano di Clay e la strinsi, mi fissava con sguardo dolce ma era terribilmente abbattuta. Le ci era voluta una grande forza per entrare in quell’ufficio e affrontare così l’uomo che l’aveva appena ‘distrutta’. L’ammiravo per questo. “Ti voglio bene Clay. Insieme unite contro tutto e tutti.” Dissi quelle parole come un mantra, quella era la frase che ci dicevamo da quando avevamo 5 anni e le cose erano sempre le stesse, nulla era cambiato nella nostra amicizia.

   
 
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