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Autore: Enigmista96    12/05/2012    3 recensioni
Piccole riflessioni della cara Pepper sul grande Tony Stark...
[Pepper/Tony]
[Possibile OOC]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tony Stark, Virginia 'Pepper' Potts
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Pepper rientrò nella sua stanza sbuffando esasperata.
Erano passati pochi mesi da quando Tony Stark le aveva chiesto di trasferirsi nella sua casa per occuparsi di lui 24 ore su 24.
“Perché deve essere sempre così insopportabile?”
Si chiedeva pensando proprio a lui.
Il genio, il visionario, il grande Iron Man, il suo capo, l’irritante uomo dall’ego smisurato che amava così tanto da non sapere come comportarsi quando lui le dedicava uno dei suoi mezzi sorrisi provocatori, sempre accompagnati da quegli sguardi che tradivano un po’ di…dolcezza.
Non riusciva a capacitarsi dell’effetto che quell’uomo aveva su di lei.
Scosse la testa come a voler scacciare quei pensieri, per potersi finalmente rilassare.
Si tolse la giacca scura del tailleur da brava segretaria, sistemandola meticolosamente sulla poltrona di pelle beige, che aveva in camera da letto.
Si spogliò anche della camicia bianca e dalla gonna, in pendant con la giacca, indossando l’ultimo regalo che si era comprata da parte di Stark: una camicia da notte di seta coloro madreperla, un capo d’alta sartoria, indubbiamente.
Non sapeva perché fra tanti regali aveva scelto proprio una cosa tanto intima, forse per sentire l’uomo più vicino a sé, o perché sperava di poterla usare con lui, magari Tony le avrebbe fatto i compimenti e si sarebbe creata una scenetta simile a quella della serata di beneficenza, oppure, molto semplicemente, le era piaciuta fin dalla prima occhiata dalla vetrina del negozio.
 
Pepper, esausta, si tuffò nel letto sprofondando la testa nel morbido cuscino.
Chiuse gli occhi tentando di dimenticare la stressante giornata lavorativa.
“«Io non ho nessuno se non lei…»”
Quella frase, che lui le aveva dedicato, le vorticava nella testa in un ripetersi incessante che le attanagliava le membra e le faceva battere il cuore come uno dei motori delle auto di Tony.
Si passò una mano sul viso, rassegnandosi alla mancanza di sonno e rizzandosi seduta.
Poggiò la schiena alla testiera del letto.
Con un febbrile movimento, si scostò la frangia ramata dalla fronte.
Con un battito delle mani, accese il piccolo lume sospeso sul comodino, di fianco al letto.
In quel momento decise che sarebbe stato meglio smettere di arginare i suoi pensieri e le sue emozioni su colui che amava e odiava contemporaneamente.
Pensò al suo volto, così bello, ma che a volte avrebbe voluto prendere a schiaffi.
Ai suoi occhi, vispi e indagatori, ma capaci di tradire, di tanto in tanto, emozioni più profonde rispetto alle solite voglie da playboy.
Man mano che continuava la sua descrizione mentale, aggiungeva nuovi dettagli e riflessioni alla figura di uno degli uomini più controversi d’America.
Pensò al suo corpo, proporzionato e muscoloso, levigato dai numerosi incontri con Happy, il “compagno di giochi” di Tony.
Si soffermò poi sul reattore Arc, l’unica cosa che le aveva permesso, fino a quel momento, di rimaner accanto all’uomo che, in fondo (molto in fondo) amava.
Forse per l’atmosfera notturna, i suoi pensieri e le sue considerazioni, si fecero più profondi, andando oltre il solo aspetto fisico.
Era intenzionata ad analizzare ogni particolare di lui, ogni dettaglio caratteriale, fisico ed emotivo.
Cercò risposta a tutti quegli interrogativi che la assillavano da quando aveva deciso di lavorare per lui, e che non le lasciavano pace nemmeno durante il sonno.
Le ripeté nella sua mente, le analizzò, ma erano veramente molte, troppe, per quell’ora tarda.
Scelse così di rispondere, inizialmente, ad una sola ma fondamentale domanda:
Chi è Anthony Edward Stark?
“Un genio, miliardario playboy, filantropo, nonché Iron Man, come ama definirsi…ma non solo, no! Lui è molto di più.”
Si disse.
“E’ un uomo tormentato dai fantasmi del passato, degli enormi problemi del presente, e dall’incertezza del futuro, anche se spesso l’unica immagine che si ha di lui è quella di un egoista egocentrico, che non pensa ad altri che a se stesso…”
Raramente Stark aveva fatto riferimento al suo passato, se non per porre paragoni negativi con il presente. Spesso, però, l’uomo parlava nel sonno, forse preda di incubi o sogni sulla sua vita trascorsa.
La donna fece mente locale, rimuginando su ciò che sapeva dell’infanzia di colui che, in quel momento, era al centro dei suoi pensieri.
Improvvisamente riuscì anche a credere di aver compreso i molti aspetti del suo carattere.
Forse Tony si comportava così egocentricamente, non per dimostrare le sue abilità alla popolazione, ma per farlo a se stesso e a suo padre, morto ormai da anni.
Il giovane Stark non accennava quasi mai al grande Howard Stark, colui che contribuì a rendere il gracile Steve Rogers il forte Capitan America.
Infondo non sapeva molto del rapporto che correva fra padre e figlio, Tony le aveva detto solamente che tra di loro non correva buon sangue, lo aveva descritto come un uomo dedito solo al suo lavoro, che non aveva tempo per il suo unico figlio che, a quanto aveva visto da Tony, lo ammirava moltissimo.
“Che triste esperienza…”
Pensò silenziosa.
“«Non ho mai detto addio a mio padre…»”
Una frase, quella frase, le stringeva la bocca dello stomaco in una morsa d’acciaio.
Tony Stark l’aveva pronunciata durante un’intervista, e le bastava per capire, almeno in parte, quanto il brillante uomo d’affari soffrisse delle mancanze affettive del padre.
 
Sbuffò, in preda ad una malinconia dilagante.
Possibile che il grande Iron Man, utilizzasse l’armatura come guscio per qualcosa di estremamente più fragile?
Magari il grande Stark si nascondeva dietro i chili (magari tonnellate) di amor proprio per non soccombere ai tristi ricordi.
Forse le “donnine allegre” con cui si divertiva le notti servivano solo ad aumentare il suo smodato ego.
Secondo la Potts, Tony aveva un cuore, un vero cuore oltre al reattore Arc, che lui si ostinava a nascondere agli altri, evitando di rivelarsi in ogni sua debolezza, per evitare di essere un peso, di rendere insofferenti le persone a cui tiene, come avveniva con suo padre.
Gli avrebbe parlato.
Gli avrebbe fatto capire che lei per lui c’era sempre, pronta a sostenerlo (purché non compromettesse la sua salute e quella altrui) e ascoltarlo ogni istante della sua vita.
Perché era con lui che voleva passare la sua esistenza, anche come segretaria tuttofare,
le bastava la sua vicinanza per essere felice.
Perché moriva di paura e apprensione ogni volta che lui partiva per qualche missione, o quando un supercattivo irrompeva nella loro vita, scombussolandola.
Perché quando lui, per il semplice piacere di ricevere le sue attenzioni, si prodigava per farla terrorizzare, preoccupare, arrabbiare se serviva, la faceva anche soffrire, inavvertitamente, lei non riusciva ad essere in collera con lui per un tot di tempo.
Perché quando a notte fonda era ancora a sistemare plichi interi di documenti per conto di lui, sommersa dai fascicoli e annegante nel caffè, era comunque lieta di poter fare qualcosa per aiutarlo.
Certo, l’indomani mattina (anche molte altre volte) avrebbe voluto sculacciarlo, schiaffeggiarlo, uscire dalla casa sbattendosi la porta alle spalle per poi tornare la sera, solo per fargli provare come sarebbe la vita senza di lei, ma è proprio per amore che si “limitava” a fargli sfuriate interminabili sbraitando e sgolandosi come una maestra dell’asilo.
Perché questo, in fondo, era Tony Stark, un uomo che, non avendo vissuto un’infanzia degna di essere chiamata tale, trasferiva il suo comportamento infantile nella vita di tutti i giorni.
 
Un rumore.
Un tonfo sordo proveniente dal piano di sotto.
Pepper si riscosse dai suoi pensieri e indossò svelta la vestaglia.
Senza nemmeno indossare le pantofole (inabissate sotto il letto matrimoniale), scese nel laboratorio dell’uomo.
Nell’oscurità della stanza, attraverso le pareti in vetro, riusciva a scorgere solo la lucina azzurrognola del reattore.
«Tony?»
Chiese, titubante.
Non ottenne risposta.
Si apprestò ad inserire il codice d’accesso quindi JARVIS sblocco la porta trasparente.
«Luce!»
Ordinò, tentando di farsi coraggio.
I punti luce del soffitto s’illuminarono.
Le si strinse il cuore a vederlo in quelle condizioni.
Stark era accasciato sulla sedia della sua scrivania, esausto e ferito, ovunque.
Gli si avvicinò e, solo in quel momento, notò l’armatura, ridotta ad un rottame, gettata senza troppe cure in un angolo del laboratorio.
«Si può sapere cosa ha combinato questa volta?»
Chiese seria in tono di rimprovero.
«Le riesce così difficile aiutare senza troppe domande?»
Rispose pungente l’uomo.
Lei sorrise, nonostante la preoccupazione le pervadesse l’animo: non l’aveva mai visto così.
«Ora, può gentilmente prendere la valigetta del primo soccorso e medicarmi?»
«Io, non so se sono in grado, voglio dire…è ferito piuttosto gravemente, sarebbe meglio…»
Iniziò a farfugliare.
«Pepper, mi ha sostituito il reattore, ricorda? Può occuparsi di qualche ferita, la prego...»
La interruppe.
Le lanciò uno di quegli sguardi da cucciolo bastonato.
Lei sbuffò prendendo il necessario.
 
Tornando verso di lui iniziò ad imbevere un batuffolo d’ovatta con del disinfettante.
«Come si è procurato queste ferite? Con chi ha lottato questa sera?»
Continuò.
«Ho combattuto, Pepper, con i cattivi…pensavo lo sapesse!»
Rispose lui evasivamente, per nulla intenzionato a scendere nei particolari per non far preoccupare la donna.
Lei gli inclinò delicatamente la testa di lato, osservando la ferita alla tempia.
«Suppongo non voglia dirmi altro…»
«Che perspicac…»
S’interruppe per gemere leggermente al contatto con l’ovatta.
Il disinfettante bruciava terribilmente mentre Pepper puliva la ferita.
«Oh, suvvia…non faccia il bambino»
Disse sorridente per smorzare la tensione.
«Anch’io non ho nessuno se non lei…»
Ammise bendandogli la ferita.
Lo fissò un momento, tralasciando il suo lavoro.
Nei suoi occhi scorse una luce nuova, diversa.
Non erano più quelli che prestavano attenzione solo alle forme di una donna, ora erano attenti solo a lei, nella sua totalità.
Pepper avvampò per l’imbarazzo, in fondo era sempre il suo capo.
Era moralmente sbagliato che intrattenessero una relazione.
Tossicchiò a disagio.
Prese ad occuparsi anche delle altre ferite riportate dall’uomo, cercando di fare il più delicatamente possibile.
«Potrebbe essere un parente di Tutankhamon»
Lo canzonò.
Lui sorrise.
«Sicura che in una qualche vita precedente non fosse un’infermiera?»
Ribatté Stark.
«Più probabilmente ero una santa»
Risero entrambi.
«Lo è tuttora…»
Ammise lui in un momento di “strana” intimità.
Lui le fece cenno di prendere posto sulle sue gambe.
Pepper acconsentì, dopo aver indugiato un po’.
«Come ha trascorso la serata in assenza del suo intrattenitore preferito?»
Disse sorridente.
«Dunque, ho dovuto risolvere i problemi che ha creato non compilando tutti i documenti che le avevo portato questa mattina, ho discusso animatamente con quegli idioti di Francesi alla riunione alla quale lei avrebbe dovuto presenziare, ho concluso gli affari con quella società di cui non ricordo il nome e sono andata a letto per rilassarmi un po’…»
Riassunse la donna.
«Ah, allora l’ho svegliata?»
«Non proprio, vede nemmeno quando dovrei dormire lei mi lascia in pace…ho passato due ore buone a pensare al grande Anthony Edward Stark»
«Davvero? E cosa ha pensato di preciso?»
«Ho rimuginato sulla possibilità che far questo possa rivelarsi un errore…»
Detto questo lo baciò.
Tralasciò per quei brevi istanti ogni cosa non li riguardasse, s’infischiò del fatto che fosse sbagliato, che andasse contro la sua morale…se le piaceva così tanto, se lo amava davvero, non sarebbe mai stato un errore.
«Credo che sia decisamente giusto…anzi ne sono sicuro!»
Disse lui dopo essersi ripreso dallo stupore.
«Lo credo anch’io…»
Mormorò lei.
 
Quella notte la passarono insieme, abbracciati, nell’immenso laboratorio del geniale uomo.
Pepper e Tony raggiunsero quella sera una nuova consapevolezza:
Lui “giocava” con le altre donne perché non aveva il coraggio di ammettere il suo amore per l’unica realmente importante per lui, quella che gli fece battere il cuore sin dal primo momento, la sua Pepper.
Lei si nascondeva dietro la scusa della sua morale e del suo ruolo integerrimo all’interno delle Stark Industries perché non aveva il coraggio di ammettere il suo amore per l’unico realmente importante per lui, quello che le fece battere il cuore sin dal primo momento, il suo Tony.

N.d.A.: Rieccomi! Da grande NERD quale sono, potevo mica esentarmi dallo scrivere sul grade Tony Stark?
Chiedo venia se questa FF è un po' OOC, ma è la prima in questo fandom e sono ancora un po' incerta sulla caratterizzazione dei personaggi...
Mi raccomando, recensite (anche critiche e suggerimenti sono ben accetti).
Prometto di aggiornare anche la Long che ho tralasciato un po'...
A presto
L'Autrice.

   
 
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