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Autore: xnotinvisible    13/05/2012    6 recensioni
«Ehi, stai bene?» mi chiese, evidentemente preoccupato, avvicinandosi di più a me.
No, non stavo bene, non stavo affatto bene.
«Mi sono..mi sono graffiata al parco, sta-stavo scavalcando un cancello e..»
«E hai trovato una lametta e hai avuto la brillante idea di tagliarti?»
La sua sensibilità meritava un premio Nobel.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11.45, bagno delle ragazze, puntuale come un orologio svizzero.
Appoggiai le mani al bordo del lavandino e guardai per l'ennesima volta il mio riflesso allo specchio. Non riuscivo a riconoscermi.
I capelli erano legati in una coda disordinata che lasciava cadere dei ciuffi dei miei capelli ormai completamente neri che non curavo da un pò di tempo, troppo tempo. Il volto faceva paura: delle profonde occhiaie violacee circondavano i miei occhi spenti e costantemente lucidi, le ossa sembravano volessero fuoriuscirmi dalle guance per mostrare al mondo la loro forma e il loro colore e le labbra erano di un colore che non riuscivo a identificare con certezza.
Il mio corpo, se ancora poteva essere chiamato tale, era un ammasso disordinato di ossa e un minimo di pelle che tentava di coprirle, nella maggior parte dei casi, senza risultati.
Strinsi nella mano destra la mia amata lametta che ormai era diventata la mia salvezza per poi affondarlo con certezza nel polso sinistro.
Un dolore piacevole mi invase facendomi dimenticare per pochi secondi dalle mia inutile, vergognosa vita.
Un padre assente fin dall'età di quattro anni, una madre che non era mai a casa a causa del lavoro, le umiliazioni, le prese in giro e le minacce da parte dei miei compagni di classe, i voti bassi a scuola e la solitudine la caratterizzavano. 
Solitamente tutti coloro che dicono di essere soli hanno almeno una persona nella loro vita pronta ad ascoltarli e a consigliarli ma fanno finta di non notarla o non le rivolgono l'attenzione che merita. Nel mio caso non era così. Io ero sola, nel vero senso della parola e forse avevo più cose su cui piangere di tutte quelle persone di cui ho parlato prima messe insieme.
E poi c'era l'anoressia, divenuta ormai la mia migliore amica.
Non mangiavo quasi mai e, quando lo facevo, uno stupido tarallino era capace di riempire il mio stomaco grande quanto un'unghia.
Cosa avevo fatto di male per meritarmi tutto questo? 
Affondai ancora di più la lama, per bloccare quel flusso di pensieri dolorosi ma non fu la lama a farlo, bensì il rumore di una porta aprirsi alle mie spalle. Una ragazza stava per uscire dal bagno e io avevo gli occhi gonfi e rossi, il lavandino era sporco di sangue e le mie mani e il polso erano rossi.
Istintivamente mi morsi fortissimo il labbro inferiore e corsi fuori, senza alzare lo sguardo e ammirando le mie stupide converse nere di cui non riuscivo a sbarazzarmi seppure fossero molto, molto consumate.
La mia corsa fu interrotta poichè andai a sbattere contro qualcosa, o meglio, qualcuno. 
Alzai gli occhi ancora arrossati e incontrai un mare di cioccolato pronto ad accogliermi. 
«S-scusami, non ti avevo visto..» blaterai, cercando di dare un senso a tutto quello che c'era nella mia mente. Joseph, il ragazzo davanti a me, mi sorrise.
«Tranquilla, nessun problema.»
Cercai di sorridere ma probabilmente il risultato fu una stupida smorfia poichè la sua espressione tornò seria. 
«Che hai sul polso?» sgranaii gli occhi. Davvero mi aveva rivolto quella domanda?
Cercai di coprirmi il polso con la mano destra ma fu inutile poichè essa stringeva con forza ancora la lametta, cosa che inumidì nuovamente gli occhi, facendo diventare il suo volto fin troppo bello per essere vero solo un'ombra indefinita e confusa.
«Ehi, stai bene?» mi chiese, evidentemente preoccupato, avvicinandosi di più a me.
No, non stavo bene, non stavo affatto bene.
«Mi sono..mi sono graffiata al parco, sta-stavo scavalcando un cancello e..» 
«E hai trovato una lametta e hai avuto la brillante idea di tagliarti?» 
La sua sensibilità meritava un premio Nobel.
Abbassai lo sguardo, ero stata colpita in pieno.
«Ricominciamo!» esclamò, ricominciando a sorridere in modo dolcissimo, «Stai bene?»
Scossi lentamente la testa, ben consapevole che quella era un urlo d'aiuto, un urlo di una ragazza che aveva tutto il mondo contro e che era stanca di combatterlo da sola.
Due braccia muscolose mi circondarono e io non le respinsi: mi sentii, per la prima volta in tutta la mia vita, bene e, forse, protetta.
 
Aprii gli occhi, consapevole di aver dormito troppo. Guardai l'orologio: le 12.30. Decisamente troppo. 
Sorrisi inconsapevolmente ripensando al sogno che avevo appena fatto e osservandomi: le due braccia muscolose c'erano ancora a stringermi.
Osservai il suo volto: le sopracciglie folte c'erano ancora, ora aveva un pò di barbetta che gli stava da Dio e i capelli erano un cespuglio arruffato che io amavo da morire.
Era cambiato in quegli anni, diventando sempre più perfetto per me.
Il volto di un ragazzino aveva lasciato spazio a quello di uomo, il mio uomo.
Lo strinsi più forte a me, affondando la testa nell'incavo del suo collo, appoggiando la testa sul suo petto nudo che sembrava scolpito e ascoltando il suo battito cardiaco regolare. Amavo farlo, mi faceva sentire, in qualche modo, parte di lui.
Sentii delle labbra posarsi sui miei capelli e alzai lo sguardo incontrando i suoi occhi per l'ennesima volta ma perdendo un battito, come sempre.
«Buongiorno amore.» sussurò con la voce ancora impastata dal sonno.
«Buongiorno a te, Ciò!» ormai lo chiamavo solo con nomignoli strani, amavo prenderlo in giro e chiamarlo "Ciosef" non era divertente, di più.
Scosse la testa e mi strinse ancora di più a sè.
Chiusi gli occhi: quel ragazzo era stata la mia ancora di salvezza nel periodo più brutto della mia vita, la luce che era riuscita a rompere tutto il buio che mi circondava.
Con lui ero riuscita ad aprirmi, ho saputo fin da subito che di lui potevo fidarmi e ho fatto bene a farlo: mi ha portata in una clinica e, un pò di mesi dopo, lui era lì fuori, a braccia aperte pronto ad abbracciarmi.
Lo amavo, lo amavo come non pensavo di amare mai nessuno.
Se stavo bene era tutto grazie a lui che aveva accettato sia il mio corpo scheletrico di un tempo, sia il corpo formoso di adesso. Sul mio polso adesso regnavano delle cicatrici che ero fiera di mostrare poichè, in qualche modo, mi avevano permesso di arrivare a lui.
Aveva salvato la mia vita e io lo avrei sempre ringraziato per questo, anche se lui continuava a dirmi che non dovevo ringraziarlo.
«A cosa pensi?» mi chiese all'improvviso, spezzando il silenzio che si era venuto a creare.
«A un pò di cose..e al fatto che ti amo, ti amo con tutta me stessa, sono serissima.» affermai sicura di ciò che stavo dicendo e col battito cardiaco accellerato.
La sua bocca si distese in uno dei suoi sorrisi meravigliosi che sapevano lasciarmi senza parole e mi parve di vedere i suoi occhi diventare lucidi.
«Anche io ti amo, non immagini nemmeno quanto, Dems.»



Saaaalve! Sono tornata con una nuova OS! Che ve ne pare? Ci tengo molto e ci ho messo il cuore per scriverla.
Spero che abbia più successo della mia ultima "Speak Now" su una canzone della Swift che ha avuto solo una recensione hahaha ç_ç
Grazie a tutti quelli che recensiscono o che semplicemente leggono :) mi farebbe piacere sapere le vostre opinioni! Alla prossima.
Vale.
  
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