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Autore: _Lightning_    13/05/2012    7 recensioni
-Cos'è?- sussurrò Tony eccitato [...] Howard non rispose subito, come perso in chissà quali considerazioni, poi si tolse gli occhialoni protettivi e rispose, come parlando a se stesso:
-Questo- affermò deciso -è il futuro.-

[Tony Bambino // Afghanistan]
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Howard Stark, Tony Stark, Yinsen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Guiding Light
 
 





«Papà?»
 
Il bambino si affacciò esitante nel laboratorio, i grandi occhi nocciola fissi sulla schiena del padre chino sul banco di lavoro. Non ricevette risposta, ma non si scoraggiò e mosse un passo deciso nella stanza, fermandosi impettito oltre la soglia.
Aspettò.
 
«Esci, Anthony.» echeggiò infine nell'aria ferma e calda, satura dei fumi del saldatore e dell'odore di metallo riscaldato.
 
«No.» rispose con semplicità lui, senza accennare a spostarsi.
 
«Ti ho detto di uscire.» ripetè seccamente Howard, sempre senza voltarsi verso di lui.

Tony ignorò l'ordine, iniziando a parlare come se niente fosse:
 
«Ho riparato il go-kart, quello che si era schiantato. L'ho pure migliorato e gli ho costruito un motore nuovo.» enunciò senza celare la sua soddisfazione, che fu però ignorata dal padre.

Attese ancora, in silenzio. Per ingannare il tempo prese a stare in equilibrio su una gamba sola, con l'altra ripiegata all'indietro e trattenuta per la caviglia con fare indolente. Si strofinò distrattamente la mano sui calzoncini già sporchi, macchiandoli ulteriormente di olio per motori. La polo dell'uniforme scolastica, un tempo bianca, era tempestata di goccioline scure, terra e striature d'erba, a segnalare le numerose cadute in fase di collaudo del go-kart e preannunciando la ramanzina di Maria nel vederlo in condizioni più adatte ad Oliver Twist, piuttosto che all'erede delle Stark Industries.

«Vuoi vederlo?» tentò infine Tony, cercando di distogliere la sua attenzione da qualunque cosa a cui stesse lavorando.
 
Era ormai abituato ad essere costantemente ignorato, ma non demordeva mai con tanta facilità. Rimase in piedi, diritto, guardandosi intorno con fare annoiato nel posare lo sguardo su ogni singolo componente dell'ampia stanza: i tre banconi da lavoro, la saldatrice in un angolo, la Ford Flathead parcheggiata nel fondo, lo scudo che troneggiava sopra la scrivania, le capienti cassettiere ricolme di attrezzi sparse un po' ovunque, l'enorme computer che occupava un'intera scrivania... avrebbe saputo elencare ogni singolo oggetto a memoria, tante erano state le volte che era rimasto immobile in quello stesso punto, come fosse lui stesso parte del laboratorio.
Si arruffò i capelli indomiti in un gesto spazientito. Entrava sempre con le migliori intenzioni, ma finiva per innervosirsi dopo pochi minuti.
 
«Papà, dài, ti faccio solo vedere a quanto va, mi dici se ti piace e poi ti lascio stare, promesso.» insistette dopo un po'con nuova vivacità, muovendo un passo nella sua direzione.
 
«Anthony, sto lavorando. Smettila di disturbarmi e va' a giocare con tua madre o per conto tuo.» sbottò infine Howard, lanciando un'esclamazione soffocata quando si scottò inavvertitamente col saldatore.
 
Il compiacimento speranzoso di Tony fu spazzato via ancora una volta e lui sbuffò sonoramente, ferito dalla costante mancanza di partecipazione del padre alle sue creazioni, o anche semplicemente a lui stesso.
E poi sua madre era a Malibu, ma era ovvio che lui non se ne ricordasse, come d'altronde non si ricordava di qualunque cosa riguardasse la sua famiglia. Tutto quello di cui parlava erano il suo lavoro e la ricerca di chissà quale aereo disperso e la sua collaborazione al progetto Manhattan e il fatto che aveva conosciuto Capitan America... tutta roba talmente noiosa da fargli quasi preferire la sua indifferenza.
Tony si voltò sdegnato, lanciando un'occhiata astiosa allo scudo bianco, rosso e blu appeso sopra alla scrivania. Un giorno o l'altro l'avrebbe rubato e usato come slittino...
Aveva appena mosso un passo stizzito verso la porta che ci fu un forte ronzio e le luci si affievolirono di colpo, tremolanti, per poi esplodere in una miriade di schegge e scintille. Tony sobbalzò, preso di sorpresa, e si accucciò a terra d'istinto riparandosi il viso dai vetri e aspettandosi da un momento all'altro di sentire il soffitto che gli cadeva addosso.
Non accadde nulla.
Schiuse appena le braccia davanti al volto per sbirciare: l
a stanza era illuminata da un tenue e incerto bagliore azzurrino che proveniva da ciò a cui stava lavorando suo padre. 
Senza esitare un istante si precipitò verso di lui e si aggrappò al bordo dell'alto bancone da lavoro, spalancando gli occhi per la meraviglia: sul tavolo era poggiata quella che sembrava una grossa valvola di vetro circolare, di circa mezzo metro di diametro e quindici centimetri d'altezza
Brillava di azzurro, alimentato da un'energia che non riuscì a classificare, e produceva scariche elettriche che si inseguivano e scontravano dentro la circonferenza, producendo sfrigolii e piccoli scoppi. 
Suo padre sembrava altrettanto affascinato, tanto che non lo rimproverò neanche per essersi puntellato coi gomiti sul bancone per vedere meglio.
Lo spettacolo durò per appena un'altra manciata di secondi, poi l'anello elettrico si spense con un sibilo sommesso, lasciandoli nella penombra appena illuminata dalla finestra.
 
«Cos'è?» sussurrò eccitato Tony, trattenendo a stento l'impulso di toccare il cerchio ancora bollente e rimangiandosi il fiume di domande che gli affollava la mente.

Era incredibilmente attratto da qualunque cosa a cui non riuscisse a dare una spiegazione logica e... beh, quello che aveva appena visto era decisamente inspiegabile. 
Howard non rispose subito, come perso in chissà quali considerazioni, poi si tolse gli occhialoni protettivi e rispose, come parlando a se stesso:
 
«Questo» affermò deciso «è il futuro.»
 
Tony aggrottò la fronte, un po' stupito dalla solennità del padre e decisamente dubbioso: quel congegno poteva essere insolito e interessante, ma non ne vedeva l'utilità, a parte quella di far saltare la luce e autoalimentarsi per qualche secondo.
Definirlo addirittura "il futuro" gli sembrava azzardato.
 
«È un reattore arc più piccolo, giusto?» ragionò, e un lieve cenno d'assenso del padre confermò la sua ipotesi.

Sentì il suo cuore accelerare a quel piccolo gesto d'inclusione e si sentì spinto a continuare con più sicurezza:

 
«Ma se quello grande non serve a niente, uno più piccolo è ancora più inutile... no? È uno spreco di energia, me l'avevi spiegato. E anche lo zio Obie dice che non è molto utile...» aggiunse, a difesa delle sue opinioni.
 
Sentì lo sguardo di suo padre posarsi su di lui e ne incontrò gli occhi scuri e intelligenti così simili ai suoi, accesi dalla medesima curiosità e impazienza di sapere.
Lui si limitò a scuotere la testa, come deluso, o forse rassegnato.
 
«Invece servirà, anche se nessuno lo vorrà ammettere. Ma dovranno farlo, prima o poi.» continuò con più veemenza, come per convincere lui stesso.

Si rivolse di nuovo al figlio:

«La tecnologia Arc è energia allo stato puro: non sottovalutarla mai. Non dimenticartene, perché al momento giusto sarà la chiave per qualcosa di più grande. Qualcosa che adesso non è possibile.» aggiunse, un po' amareggiato.
 
Tony era ancora decisamente scettico, ma lo ascoltava rapito, beandosi del solo fatto che il padre gli stesse parlando in quel modo, come non aveva mai fatto.
Colse al volo l'occasione:
 
«Ma come funziona?» chiese d'istinto, già progettando di riprodurlo in qualche modo.
 
«Non puoi ancora capirlo.» lo smontò Howard, tornando ai suoi modi burberi e distaccati «Serve del palladio, però.» aggiunse, stuzzicando la curiosità del bambino.
 
«Ma il palladio è tossico.» replicò subito lui «Non si può usare per...» si bloccò e corrugò le sopracciglia. «per... a cosa serve un reattore arc?» 
 
Suo padre colse la sua perplessità e un lieve sorriso si accese sotto ai suoi baffetti brizzolati.
Tony sentì un brivido di esaltazione alle sue successive parole:
 
«A qualunque cosa tu voglia.»

 
***
 
 
Un fioco ma costante bagliore azzurrino si riflettè sulle pareti scoscese e rocciose della grotta, accentuandone le asperità e facendo spegnere le rudimentali lampade al neon.
Il cerchietto di luce, grande quanto un piccolo pugno, risplendeva di una decisa e stabile luce azzurra che pareva pulsare appena.
Yinsen si avvicinò stupefatto, spostando lo sguardo da quel congegno al volto assorto e concentrato di Tony, illuminato dal riverbero.
Si sporse su quel cerchio luminoso per vederlo meglio, esitante.
 
«Che cos'è?»
 
Tony sentì riecheggiare quella domada così spontanea da qualche parte nella sua memoria e si distolse dalla sua creazione, fissandolo con occhi molto più profondi del solito.
 
«Questo?» si lasciò scappare un sorriso involontario, fissando l'insolita luce azzurra che si rifletteva nelle sue iridi come molti anni prima. 
 
La sua espressione si rabbuiò appena e il suo sorriso assunse una piega amara. Gli occhi rimasero puntati sul Reattore, perdendosi nel suo nucleo vivido e pulsante, dove viveva inesorabile una parte di un ricordo ormai lontano. Chiuse gli occhi, in un gesto che esprimeva sia rassegnazione, che una calma accettazione di quel che aveva davanti.
Forse quello sarebbe stato il momento giusto per dire "grazie", dopo tanto tempo.
Quando parlò la sua voce suonò distante, persa, come se si stesse rivolgendo a qualcun altro:
 
«È il mio futuro.»

 
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Note Dell'Autrice:

Oggi, nel caso non si sia notato, mi annoiavo a morte. Così ho avuto la geniale idea di rivedermi i due Iron Man di fila (e pure un pezzo di Sherlock Holmes 1 tanto per rimanere in tema RDJ).
Inutile dire che è scoccata l'illuminazione, precisamente in IM2, nella scena in cui il caro Howard lascia il messaggio video a Tony per un nuovo elemento (scena che, tanto per mettere in chiaro le cose, reputo una puttanata inappellabile) ... e così eccomi qui.
Non so come definirla. In realtà ha due diverse chiavi di lettura... o almeno, io gliene ho date due, se ne trovate di più, beh, tanto meglio u.u Sta di fatto che il finale è a libera interpretazione; io ho la mia, e sono curiosa di sentire la vostra... sono aperta ai dibattiti, ecco u.u

Cose filosofiche a parte, mi sono divertita a immaginare un piccolo Tony curioso di tutto e anche appassionato di auto (sì, era un richiamo volontario al fatto che nel 2 si schianta come una pera cotta -.-') che assilla suo padre al lavoro xD
Diciamo che ho forse accentuato un po' i modi freddi di Howard, ma il rapporto con lui non viene mai specificato con chiarezza nei film, a parte gli insulti di Tony, così mi sono concessa carta bianca :P
Per inciso: nel film si sentiva che il primo motore l'ha costruito ad 8 anni, quindi la sua età è più o meno quella :3 
Ah, e il titolo è tutto un programma xD

Eh beh... questo è tutto. Scusate se sono logorroica; grazie a ___Nick che si è offerta in via del tutto eccezionale di farmi da Beta e a chiunque leggerà o lascerà un commentino :)

-Light-

P.S. Eventuali errori sintattici nei discorsi di Tony sono voluti; ha otto anni, dopotutto.

[Edit del 05/05/2018]: Continua la revisione innescata dall'imbarazzo per i miei vecchi scritti. Ho aggiunto giusto qualche dettaglio in più, il più notevole dei quali è lo scudo di Capitan America piazzato nel laboratorio. Ovviamente è una replica, quello originale ce l'ha il Nonnetto a stelle e strisce tra i ghiacci. Visto che Tony ne ha una copia in laboratorio e visto che Cap non gli sta poi così simpatico anche prima di incontrarlo, ho sempre pensato che fosse appartenuta al padre e che lui l'avesse semplicemente tenuta. Questa aggiunta è un semplice vezzo personale che aiuta a far quadrare i miei vari headcanon nelle altre storie (soprattutto Phoenix, nella quale viene citato a più riprese in modo non canonico).




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