Sudavo freddo.
La mano con cui trainavo il trolley
sudava così tanto che la maniglia della valigia mi continuava a
scivolare. Mentre l’altra mano non smetteva di giocherellare con il
laccio della felpa che mi pendeva dal collo.
Le gambe, sembrava che le stessi
supplicando per compiere quei pochi passi.
Il cuore batteva così forte come se
volesse rompere la mia gabbia toracica, la sua prigione, per poi
continuare a battere fuori. Libero.
Il mio sguardo andava ovunque, non
riuscivo a tenere gli occhi fissi su qualcosa per più di un minuto.
E si capiva perfettamente che non ero tranquilla.
Sentì una mano appoggiarsi sulla mia
spalla destra.
Automaticamente la mia testa si girò
in modo un po’ brusco, tanto da stordirmi leggermente. E i mie occhi si scontrarono con due
grandi occhi marroni, valorizzati da lunghe ciglia nere e un velo di
matita nera.
- Forza andiamo – mi sussurrò una
voce femminile sicura e dolce affianco a me.
Sentivo lentamente il mio cuore
rallentare i battiti, e le gambe più forti, sicure di poter
camminare ancora, e ancora.
Annuì in modo tranquillo.
Per lo
meno è quello che volevo far vedere a quei normali flussi di persone
che animavano il posto. Volevo essere, davvero, vista come una
tranquilla persona che è appena arrivata per visitare una città. Ma
sapevo bene che quella non era una qualunque città. E sapevo
altrettanto bene, che dentro di me ero tutto, tranne che calma.
Peccato che le persone con cui stavo, e
con le quali avrei iniziato una nuova vita, erano tutt’altro che
persone normali in quanto mi conoscevano meglio di quanto mi
conoscessi io. Così tanto da sapere il mio vero stato d’animo.
- Stai tranquilla, ci siamo noi – mi
disse con la stessa dolcezza la voce di prima
- Esatto – aggiunse una voce più
fine alla mia sinistra
Mi girai per vedere quel dolce viso,
leggermente pallido ornato da lunghi capelli neri appena appena
mossi.
- Ci siamo promesse che un giorno
avremo raggiunto quel posto, e ora quel giorno è arrivato e noi
siamo qui, insieme – disse la prima ragazza che mi aveva parlato,
accentuando di più l’ultima parola
Poco dopo, senti due calde mani
prendere le mie, più piccole rispetto le loro, e stringerle in una
presa sicura.
Come se effettivamente mi volevano
trasmettere forza, la quale sembrava proprio che quel giorno non
l’avrei per niente vista.
Neanche per tirare il mio trolley, il
quale ora lo tiravo con l’aiuto della seconda ragazza con i capelli
neri.
Feci un profondo respiro.
Se la
forza non ne vuole sapere di uscire, la creerò io stessa. Mi dissi
decisa tra me e me.
Guardai quei visi famigliari, che ero
certa mi avrebbero sempre ricordato la vecchia me, le vecchie noi,
offrendogli ad ognuno un sorriso di ringraziamento.
A loro volta, anche loro mi
ricambiarono il gesto e insieme percorremmo quei pochi passi che da
sola non sarei riuscita a percorrere quel giorno.
Quei pochi passi che mi avrebbero
portato in una nuova prospettiva di vita.
Percorsi quei tanto attesi metri per
poi oltrepassare una porta a scorrimento e uscimmo fuori, lì fuori.
Tutte e tre ci pietrificammo, come se
fossimo vampiri, nel momento in cui l’ombra dell’edificio non
riusciva più a coprirci, e fummo accolte da dei caldi raggi solari.
Sentivo subito l’aria intorno a me
diversa dal solito, anche se sapevo perfettamente che era la stessa
aria che avrei respirato nel mio piccolo paese.
Chissà, forse per il fatto che le mie
orecchie cominciavano a udire una lingua differente dalla mia, ma
tanto amata.
Oppure, sarà per il fatto che il mio corpo faceva
così tanti respiri per l’emozione, che emettevo più anidride
carbonica del solito.
Comunque, malgrado questo mi fosse
insolito, la situazione mi dava fastidio. Anzi mi piaceva.
Cominciai a guardarmi intorno sempre
più entusiasta, come quando una bambina entra nel reparto Barbie del
Toys Center.
Colsi le stesse espressioni sui visi
delle mie “sorelle”, entrambe con i volti alzati per ammirare
quei immensi grattaceli.
Il mio corpo cominciò ad adagiarsi,
lentamente, come se si fosse già ambientato in quel nuovo luogo.
Ora, mi sentivo meglio, ora, ero la
stessa persona di quando eravamo decollati.
La stessa persona che aveva deciso di
venire qui.
- Ce l’abbiamo fatta. Siamo veramente
qui – riuscì a dire con un filo di voce ma con un tono deciso
Le mie amiche si voltarono verso di me
e mi sfoggiarono un immenso sorriso per poi stringersi in un caloroso
abbraccio.
Eravamo davvero in quel posto tanto
atteso, che fino a poco tempo fa lo potevamo solo immaginare, ci trovavamo
a Seoul. Ed eravamo insieme.