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Autore: CowgirlSara    03/05/2004    2 recensioni
Un enorme palazzo, un giardino e un labirinto, un fantasma forse. Un giallo tradizionale, con un protagonista non convenzionale. Un storia forse un po' banale, ma è il mio primo giallo!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II° parte

II° parte

 

Arrivato nei pressi della costruzione incontrò il granduca, che parve stupito di vederlo.

“Aguilon, ma dove eravate finito; è passata l’una, abbiamo pranzato senza di voi.”

“Mi sono recato a visitare il labirinto. Molto interessante, ma mi sono perso. Mangerò qualcosa nelle cucine, se non vi dispiace.”

“Prego.” Lo invitò il suo ospite, che continuò: “Avete scoperto qualcosa d’interessante da quelle parti?”

“Penso di sì. Eravate a conoscenza dell’uscita laterale del labirinto? E’ da lì che sono passato per tornare, l’ho trovata per caso.”

“Uscita laterale dite. Non ricordo... Aspettate... Sì, da bambini, io e mia sorella Costanza, usavamo spesso quell’uscita per gabbare i nostri compagni di giochi.”

“Beh, l’ha usata anche qualcun altro. Conoscete una persona con i capelli di questo colore?” chiese Felipe, mostrando la ciocca di capelli fulvi raccolta nel labirinto.

“Maddalena di Giovanni dal Pino.” Rispose sconsolato il granduca.

“Non scherzate. Se non sono i capelli di una persona in carne ed ossa, allora, provengono da una parrucca di capelli veri; se è così, il fantasma che cerchiamo è solo un bravo attore.”

“Ma per quale motivo se la sono presa con Isabel?” chiese il granduca, stringendo i pugni.

“Perché era la più facile da attaccare, e perché lei è il vostro punto debole.” Affermò Aguilon, guardando l’uomo che aveva di fronte.

“Avete ragione. Rafforzerò la guardia davanti alla sua stanza, non voglio rischiare che esca di nuovo in giardino; ho paura che queste persone siano più pericolose del previsto.”

“Vi do un consiglio: le guardie possono addormentarsi, o distrarsi, o peggio, possono essere corrotte. Siete voi la migliore guardia per vostra moglie; cambiatele stanza, fatela dormire con voi, l’amate e ne ha molto bisogno.”

“Vi ringrazio Felipe, credo che abbiate ragione, seguirò il vostro consiglio.”

Dopo aver salutato il granduca, Felipe, si diresse verso le cucine: era affamato, e sperava di trovare gli avanzi del lauto pranzo consumato dal suo ospite. Nelle cucine trovò un cuoco grasso ed uno sguattero secco, intento a lavare le stoviglie; gentilmente chiese di poter mangiare qualcosa, gli fu indicato un tavolo su cui, coperte da una tovaglia, trovò delle pietanze ben preparate. Pensò che, anche questa volta, il granduca era stato più previdente di lui: quando non l’aveva visto tornare, evidentemente, aveva fatto mettere da parte il pranzo. Lo ringraziò con il pensiero.

“Sono andati a prendere i piatti della granduchessa?” chiese ad un certo punto lo sguattero al cuoco. Felipe si voltò, incuriosito.

“Sono là.” Rispose il cuoco indicando dei piatti su di un vassoio. “Tanto anche oggi avrà preso solo il brodo, poverina.”

“Scusate...” Disse Felipe. “La granduchessa mangia spesso nelle sue stanze?”

“Dall’inverno scorso, quando è stata malata, non è più scesa a mangiare con il granduca.” Rispose il cuoco.

“E ditemi, chi prepara i suoi pasti?” continuò Aguilon, bevendo un sorso di vino.

“Io.” Disse orgoglioso il cuoco dal lindo grembiule. “Come per tutti quelli che vivono qui.”

“Vi ringrazio. Voi cucinate splendidamente.” Disse alzandosi di scatto. “E voi...” Rivolto allo sguattero. “Lavate le stoviglie splendidamente. Vi ringrazio di nuovo e vi auguro buon lavoro. Arrivederci.”

Detto questo, usci dalla cucina quasi di corsa. I due si guardarono un po’ smarriti, lo sguattero si grattò l’orecchio con il mignolo e poi riprese il suo lavoro.

Dopo essere uscito dalle cucine Felipe era ben deciso a parlare con una persona. Ma, nel salone principale, il granduca lo fermò, per presentargli suo cugino: il conte Paolo. Era un giovane magro, dal viso un po’ sfuggevole, ma piuttosto avvenente, con capelli castani ed occhi azzurri.

“Onorato di conoscervi.” Disse Felipe.

“L’onore è mio.” Poi continuò. “Il principe José deve essere davvero molto preoccupato per la figlia, se ha mandato un altro emissario a controllare.”

“Io sono solo un ospite, che voleva visitare la vostra bella terra. Non c’è ragione di pensare che sia qui per volere del principe.” Lo spagnolo rivolse uno sguardo al conte, che distolse subito gli occhi.

“Mio cugino, signor Aguilon...” Puntualizzò il granduca. “Vivrebbe a Roma, ma ama viaggiare, ed ha anche visitato il nuovo mondo; molto spesso viene ad allietarci con la sua compagnia.”

“Mi assicurano che Roma sia una città stupenda.” Rispose Felipe.

Continuarono a parlare del più e del meno per un po’, il tempo scorreva e Felipe aveva fretta.

“Scusatemi.” Disse, ad un certo punto il granduca, quando vide un paggio che lo chiamava. “Sono costretto ad allontanarmi, i miei impegni mi chiamano.” Così dicendo raggiunse il paggio e con lui se n’andò.

“Com'è triste parlare della malattia della povera Isabel; i mali della mente sono così umilianti.” Proseguì Paolo, quando il cugino fu sparito.

“Siete convinto che la granduchessa sia pazza?” lo blandì Aguilon.

“Abbiamo qui un luminare nella cura di queste povere persone, che pare ne sia convinto. Ma mio cugino si rifiuta di fargliela visitare; fortunatamente il dottor Peñarosa non si arrende. Afferma che siamo ancora in tempo per salvarla.”

“Venivate qui anche da bambino?” chiese all’improvviso Felipe. Il conte lo guardò con aria perplessa, colto di sorpresa dalla domanda.

“ ... Certo. Fin da piccolo ho frequentato questa casa. Ma perché...”

“Dunque giocavate spesso con i vostri cugini, il granduca e Costanza.”

“Sì, lo facevo.”

“Anche in giardino, nel labirinto?”

“Certamente, era il nostro passatempo favorito. Dovete spiegarmi perché mi fate certe domande, signor Aguilon.” Affermò, scocciato Paolo.

“Così; per conoscere l’ambiente in cui mi muovo. Dunque voi siete molto intimo della famiglia e avete confidenza con il giardino. Bene, vi ringrazio. Adesso devo proprio lasciarvi, devo parlare con una persona. Arrivederci, conte.”

Il conte Paolo lo guardò allontanarsi, con quell’aria soddisfatta, pensando di trovarsi davanti ad un borioso ed arrogante spagnolo, che non poteva permettersi di trattare in quel modo il cugino del granduca.

Felipe, all’oscuro delle riflessioni del conte, era immerso nelle sue, quando bussò delicatamente alla porta della fantesca.

“Avanti.” Invitò la donna. Era intenta a ricamare un lenzuolo.

“Buongiorno, signora. Vi ricordate, stamani, dalla granduchessa, vi dissi che dovevo parlare con voi.” L’apostrofò, con gentilezza, lo spagnolo.

“Sì, certo che ricordo, non sono così vecchia da non ricordare.”

“Ma certo che no; vedo bene che siete ancora giovane e piacente.” Disse rivolgendole uno sguardo dei suoi. Con le donne, qualsiasi donna, i suoi sguardi avevano sempre funzionato; infatti, la fantesca parve meglio disporsi.

“Devo farvi alcune domande. Se non vi dispiace.”

“Dite pure, bel giovanotto. Sarò felice di rispondere.” Anche stavolta lo sguardo assassino di Felipe aveva avuto l’effetto desiderato.

“Dunque, ricordate la prima volta che la granduchessa disse d'aver visto il fantasma di Maddalena di Giovanni dal Pino?”

“Come potrei dimenticare. Fu una notte d’inverno, che paura. Il campanello non lo aveva sentito nessuno, altrimenti saremmo corsi. La ritrovammo in fondo allo scalone, era svenuta, povera. Che dispiacere, una fanciulla così giovane e bella, e poi il granduca l’adora.”

“Vero. Ditemi, chi serve i pasti alla vostra signora?”

“Io, lo faccio. Ogni giorno. Sapete è debole, non è facile per lei mangiare da sola, così l’aiuto io.”

“No, scusate, intendevo chi li porta su dalla cucina.”

“La cara Lucrezia. Poverina, anche lei, si prodiga tanto per la granduchessa.” Disse la fantesca, giungendo le mani.“Ma perché mi chiedete questo.” Felipe era stufo che tutti si chiedessero il perché delle sue domande, a lui non parevano così strane.

“Vi ringrazio. Un’ultima cosa. Da bambini, il granduca, la sorella ed il cugino, giocavano spesso nel giardino del palazzo?”

“Ogni volta che il tempo lo permetteva. Erano delle piccole pesti, ma sapevo bene io come tenerli a bada.” Disse la fantesca, sorridendo e mostrando il palmo della robusta mano.

Dopo aver salutato la prodiga serva, Felipe si allontanò; con la sensazione di conoscere bene i colpi che la fantesca aveva mimato. Lui preferiva essere tenuto a bada da una procace fanciulla.

Il resto del pomeriggio lo passò nella galleria dei ritratti del palazzo granducale, dove vide il famoso ritratto di Maddalena: era un quadro di dimensioni ridotte; la fanciulla era molto giovane, nel suo viso Felipe notò una fragilità intensa, era proprio il tipo del fantasma. Poi osservò i ritratti dei familiari, ed in ognuno di loro, ritrovò i tratti del granduca. Si ricordò che doveva parlargli.

Quando, finalmente, trovò il suo ospite, gli chiese subito ciò che voleva sapere:

“Ditemi, eccellenza, chi ha progettato il giardino del palazzo?”

“Ci hanno lavorato diversi architetti, ma sicuramente il più importante è stato mastro Filippo, che ha realizzato la parte più vasta, compreso il labirinto. Vi farà piacere sapere che quest’uomo conserva i disegni d'ogni sua realizzazione.” Disse il granduca, guardandolo negli occhi, quasi leggendogli nel pensiero.

“Voi meritate appieno la posizione che occupate, ed è un piacere lavorare insieme!” affermò convinto Aguilon. “Dove posso trovare questo mastro Filippo?” continuò.

“Sta lavorando ad un nuovo progetto, non lontano da qui. Ma ci andrete domani, adesso è ora di cena, e questa volta non mi priverò della vostra compagnia. Prego seguitemi.”

Rifiutare il gentile invito del suo ospite sarebbe stato troppo scortese, e poi Felipe, non vedeva l’ora di gustare di nuovo l’ottimo vino delle colline del granduca.

 

Quella notte fu caldissima. Sarà stato per il cibo eccessivamente saporito, o per il troppo vino, ma Felipe non riusciva a dormire. Steso sul letto, con indosso solo un paio di mutande di lino, cercava di mettere a posto i pensieri e le informazioni che si agitavano sconnessi nel suo cervello.

Il caldo era però insopportabile. Si alzò dal letto e si avvicinò alla finestra aperta; i grilli cantavano numerosi, si sentiva anche qualche rana gracidare, in lontananza. Sentì un rumore, come di una porta che si apriva; si sporse un po’ di più e vide una donna uscire: era impossibile, per lui, non riconoscere la figura di Lucrezia. Quelle uscite notturne dovevano essere per lei un’abitudine: l’immaginava incontrarsi con il conte Paolo, chissà perché proprio lui, e trascorrere ore di passione in qualche patio...

Si voltò verso l’interno della stanza, spalancando gli occhi, come folgorato da un’intuizione. Uscì di corsa dalla camera, apprestandosi a seguire la giovane dama.

Discese le scale velocemente fino ai saloni principali e raggiunse lo scalone; stava per scendere quando vide, in fondo al corridoio riccamente decorato, una figura vestita di bianco. Per un attimo pensò di trovarsi davanti al famoso fantasma. Poi, avvicinandosi, si accorse che la donna aveva i capelli castani; riconobbe Isabel e la raggiunse.

“Mia signora...granduchessa!” chiamò Felipe.

“No!” gridò lei. “Lasciami in pace Maddalena!”

“Non sono Maddalena, sono Felipe Aguilon, vostro devoto servitore!”

La donna era sconvolta: le sue pupille erano dilatate e gli occhi rossi, ma non certo per il fumo delle candele; era pallidissima e sudata.

“Vattene Maddalena, vattene!” gridò con l’ultimo fiato che aveva. Era chiaramente in preda alle allucinazioni; Felipe le si avvicinò ancora. La granduchessa fece per scappare, ma le forze l’abbandonarono e svenne, proprio mentre lui la raggiungeva; non la fece cadere a terra.

Poco dopo sopraggiunse il granduca, accompagnato da una donna molto bella, ed un uomo piccolo e grasso, con una vestaglia col collo di pelliccia, che francamente a Felipe sembrò assurda per una notte calda come quella; infatti, l’uomo era sudatissimo.

“Grazie a Dio, Felipe, l’avete trovata!” disse turbato il granduca.

“Ripeto, per l’ennesima volta, che vostra  moglie deve essere assolutamente curata, e se vi opporrete ancora sarà troppo tardi. Voi dovete...” S'intromise l’ometto.

“Tacete, dottor Peñarosa! Non permetterò mai che teniate Isabel isolata dal mondo, digiuna, al buio e con un sacco in testa!” replicò il granduca infuriato, mentre riceveva la moglie, ancora svenuta, dalle braccia di Aguilon,

Felipe guardò quello che ora sapeva essere il famoso luminare delle malattie mentali. Nel frattempo il granduca, dopo aver bisbigliato un saluto, si stava allontanando, stringendo amorevolmente la moglie.

“Piacere di conoscervi, dottore.” Disse Felipe, porgendo la mano all’uomo. Il dottore lo guardò da capo a piedi, e poi rispose:

“Non posso dire altrettanto. Che direbbe il principe José; vi pare il modo di andare in giro, all’interno di una casa rispettabile?”

Dopo aver detto questo, il caro dottore gli voltò le spalle e se n’andò, lasciando il suo compatriota solo con la dama. Felipe diede uno sguardo alla sua persona; in effetti, pensò, guardando le sue mutande leggermente calate sui fianchi, non era proprio un abbigliamento consono, ma il suo ospite non si era lamentato.

E nemmeno la donna dai lunghi capelli castani, che lo guardava, con un sorriso divertito. Aveva un paio di scintillanti occhi verdi da gatto ed un naso aquilino, che non stonava per nulla sul suo viso.

“Molto piacere.” Disse con una voce calda. “Sono Costanza, la sorella del granduca.”

“Il piacere è tutto mio, io sono Felipe Aguilon.”

“Lo immaginavo, mio fratello aveva detto che eravate un tipo originale.” Rispose, rivolgendo uno sguardo malizioso al corpo magro e muscoloso di Felipe, ed al suo addome modellato dagli esercizi di scherma.

La donna si sedette su un divano, invitando il giovane a fare altrettanto.

“Dovete perdonarmi se mi presento solo ora, ma nei giorni scorsi mi sono dovuta allontanare, poiché mio marito aveva bisogno di me.”

“Non c’è nessun bisogno di scusarsi, è sempre un piacere conoscere una donna come voi, in qualunque momento accada. Ditemi, piuttosto, cosa è successo alla granduchessa?”

“E’ stata colpa nostra, ci siamo distratti, ma non pensavamo, io e mio fratello, che sarebbe fuggita anche stanotte; sembrava tranquilla.” Disse con aria preoccupata Costanza.

“Cosa intendete dire?” la donna non pareva minimamente imbarazzata dalla semi-nudità del giovane.

“Niente di particolare. Dopo cena, se la sua può chiamarsi cena, era calma, leggeva addirittura un libro. Poi si è addormentata. Io e mio fratello ci siamo allontanati, in un’altra stanza, per parlare; era talmente angustiato. Ad un tratto abbiamo sentito dei rumori e rientrando nella camera abbiamo visto che il letto era vuoto, così ci siamo messi a cercarla. Purtroppo comincio a credere anch’io che abbia delle turbe.”

“Non credo.” Affermò Felipe sicuro, tanto che Costanza lo guardò stupita. “Ora che l’ho avuta sotto gli occhi, durante una delle sue allucinazioni, posso confermare i miei sospetti: penso che alla granduchessa sia somministrata, con il cibo o le bevande, una sostanza che provoca questi sintomi.”

“Come potete affermare questo, significherebbe che una persona della quale io e mio fratello ci fidiamo rimane sotto i vostri sospetti, Felipe!”

“Devo correggervi, mia signora. Né voi né il granduca siete esclusi dai miei sospetti.” Lo sguardo della donna fu invaso dall’ira, si alzò di scatto dal divano, battendo i piedi.

“Come vi permettete, insolente soldatucolo spagnolo, di insinuare che due persone come noi possano aver ordito un simile misfatto, e per giunta ai danni di una persona che amiamo! Voi... voi... voi mi state prendendo in giro.” Disse calmandosi, vedendo il sorriso di Felipe.

“Non vi dovete preoccupare, anche se la mia posizione mi obbliga a sospettare di chiunque, le mie attenzioni si sono già concentrate su una certa persona. Non chiedetemi di più, ogni informazione rivelata é persa.”

“Certo che siete veramente terribile, prendersi gioco così di me. Mi avete fatto dimenticare anche la cosa che volevo chiedervi.”

“Perdonatemi Costanza, sono un insolente, avete ragione; perciò ora rivolgetemi pure ogni domanda che vi sovviene, anche la più sconveniente, sono pronto a rispondere.”

“Ciò che volevo sapere é come fate ad essere così convinto che Isabel sia stata avvelenata?” chiese subito la donna.

“Alcuni miei compatrioti hanno portato dal nuovo mondo delle erbe molto particolari, i cui effetti possono essere devastanti anche per la mente ed il corpo più forti, figuriamoci sulla granduchessa, donna giovane, suggestionabile e fisicamente fragile. Io mi sono permesso, come fa' il dottor Peñarosa con le menti, di studiare queste erbe, ed anche altri tipi di veleno. Questi studi mi permettono ora d'essere sicuro che la vostra giovane cognata é sottoposta ad un avvelenamento ripetuto e subdolo, portato avanti da persone a lei vicine.”

“E’ impossibile. Voi dite dunque che i suoi sintomi sono provocati?”

“Vi ripeto che ne sono certo, ma su questo non chiedetemi di più.”

“Lo farò, non voglio interferire, voglio che prendiate quella persona malvagia.” Fece una pausa, poi riprese. “Devo confessarvi una cosa Felipe... sono stata io a raccontare ad Isabel, e con dovizia di particolari, della morte tragica di Maddalena di Giovanni dal Pino, le dissi perfino che forse il suo corpo era stato sepolto nel giardino del palazzo, e tutto del fantasma. Mi sentivo molto in colpa, credevo che il mio racconto le avesse provocato la pazzia; ora che, grazie a voi, so  la verità, sono sollevata.”

“Non preoccupatevi più, il vostro innocente pettegolezzo non è certamente stato la causa dei problemi della granduchessa. Adesso é ora di tornare a dormire, il giorno si avvicina ed avrò molte cose da fare; perciò vi dico buona notte, mia signora.” Disse, infine, alzandosi Felipe.

“Buona notte, caro Felipe. E’ una fortuna avervi qui, e vi prego, per la tranquillità di mio fratello, risolvete il nostro piccolo mistero.”

“Farò del mio meglio, ve lo giuro.” Così dicendo le baciò la mano, rivolgendole poi uno dei suoi sguardi cui lei rispose con i felini occhi verdi.

 

CONTINUA...

   
 
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