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Autore: Shirangel    14/05/2012    1 recensioni
Lei era una macchina. Il suo compito era uccidere, dilaniare, straziare. Fammin o umani, non importava: bastava che fossero sotto il comando del Tiranno per votarle alla morte.
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nihal
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Diario di un bravo soldato

L’aria puzzava di morte.

Nihal puzzava di morte.

L’odore di sangue e carne senza vita le imputridiva le narici e in un attimo di folle consapevolezza la ragazza seppe che non sarebbe più andato via.

Avrebbe sentito la morte nel cuore, nella mente, nelle ossa, perché a quello era stata destinata e per quello sarebbe vissuta.

Per un desiderio di vendetta più forte dell’odio, più forte dell’amore, della speranza, di tutto quello che aveva mai provato nella sua breve vita.
Si chiese distrattamente se la vita media di un mezzelfo superasse quella di un umano, ma il pensiero scivolò via pochi istanti dopo. Che importava? Non avrebbe vissuto abbastanza da scoprirlo, probabilmente. Avrebbe dovuto avere paura? E perché mai?

Lei era una macchina. Il suo compito era uccidere, dilaniare, straziare. Fammin o umani, non importava: bastava che fossero sotto il comando del Tiranno per votarle alla morte.

Nihal trovava facile abbandonarsi a questi pensieri, la notte dopo la sua prima battaglia. Aveva ucciso il suo primo uomo, e poi il secondo, e il terzo, e poi aveva perso il conto delle vite che tranciava quando aveva capito di non poter associare un paio di occhi che si spegnevano a un numero. Aveva già ucciso tre fammin, prima di allora, ma uccidere un uomo era diverso.

Un uomo apparteneva alla razza che fino a poco tempo prima considerava sua. Un uomo poteva essere Sennar, Laio, Livon. Poteva essere Seona, poteva essere uno qualunque dei ragazzini con cui giocava da bambina.

Nihal credeva che non le importasse, e non le importava davvero, quando in battaglia si era mossa nella sua danza mortale trascinando i soldati nemici a ballare con sé, per poi abbandonarli a terra dopo una giravolta, morti. Uccisi da lei.

Cominciava a importarle solo la sera, quando la consapevolezza di aver strappato una vita cominciava a farsi reale. Ma Nihal non poteva provare rimorso. Non le erano concessi né la pietà, né la compassione, né alcuno dei sentimenti che tutti, gnomi o umano i mezzelfi, avevano il diritto di provare.

Lei no. Lei era un soldato ed era il migliore di tutti.

Lei era un bravo soldato e uccideva a comando.

Io sono l’ultima mezzelfo! Io combatterò e ucciderò e non mi fermerò fino a quando non avrò vendicato il mio popolo! Io sono Nihal dalla terra del vento, e il sangue della mia gente verrà ripagato con il sangue, e il suo dolore con altro dolore. Io sono un guerriero e la mia spada troverà pace solo con la sua morte!

Nihal corse fuori dalla sua tenda, e ansante guardò il cielo. Sembrava più scuro che mai.

Ascoltami bene, Tiranno. Io ti troverò e tu pagherai. La tua malvagità non resterà impunita, perché io sono nel giusto e tu sei nel torto. Dovunque tu sia, non avrai pace finché i mezzelfi non avranno la loro vendetta. Io sono l’ultima del mio popolo, e giuro su me stessa che quando arriverà il mio momento dimostrerò di non essere sopravvissuta a loro invano.

L’oscurità sembrò ghignare contro di lei, come a dire ti sto aspettando, Nihal della Terra del Vento.

Nihal rabbrividì, ma non si mosse. I bravi soldati non hanno paura.

E io sono un bravo soldato.

Sì, Nihal. Ma lo sarai abbastanza?

   
 
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