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Autore: Sherlock_Watson    15/05/2012    1 recensioni
"Ricordo ancora come se fosse ieri.... quella fu la prima volta che...."
Storia scritta a caso, (xD) con parti di suspence e.... il resto lo lascio a voi u.u
Genere: Drammatico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E’ passato esattamente un anno. Quella fu un’estate indimenticabile, la passai dal mio ragazzo, in campagna, nella villetta in cui viveva con suo fratello e i suoi genitori. La mattina della mia partenza, mi svegliai molto agitata, ero contentissima di non restare a casa, come facevo tutti gli anni, a subirmi le continue ramanzine da parte dei miei genitori e i fastidiosi commenti sulla gestione della mia vita da parte dei miei fratelli. Dovetti prendere un taxi, perché nessuno della famiglia era disponibile quel giorno a quell’ora (la mia fortuna!). Quando il taxi si decise ad arrivare e a fermarsi, aprii la portiera talmente in fretta che il tassista si accorse dopo circa quarantadue secondi che fossi già presente sulla macchina.. La strada era parecchio lunga, per fortuna le spese del taxi le pagava Spike, il mio ragazzo. Mentre l’auto procedeva in quella strada sassosa, alla radio stavano dando una canzone carina, molto carina, e dalla tranquillità della voce, potevo dedurre che fosse una canzone dei Cure, o qualcosa di simile, così chiesi al tassista:
“Scusi, mi saprebbe dire che canzone è questa?”
“Ti sembro un tipo da Sarabanda?? Accendo la radio solo perché mi fa compagnia nei miei viaggi..” mi rispose seccato.
Certo che poteva essere più educato, o almeno dire "No, mi dispiace ma non la conosco..". Dopo un’ora e mezza passata a giocare col Nintendo, sentii un leggero dolorino alle tempie e decisi di accoccolarmi nel sedile, per recuperare il sonno che avevo interrotto quella mattina svegliandomi presto. Quando cominciai a scivolare nel mondo dei sogni, il tassista frenò bruscamente e mi svegliai di colpo chiedendo:
“Ma cos’è successo?” lui, naturalmente a suo modo rispose:
“Sei arrivata, sana e salva!”
Quel “sana e salva” poteva anche risparmiarselo, dopo quella frenata! Feci uno squillo al cellulare di Spike, e subito lo vidi da lontano correre per la viottola che conduceva all’aia della sua villa. Quando arrivò, ci salutammo e lui pagò il tassista, che se ne andò senza fiatare.
Mentre camminammo per la viottola, Spike mi elencò tutti i dettagli delle persone che avrei conosciuto in casa sua, dato che non c’ero mai stata.
Quando entrammo, intravidi un ragazzo con le cuffie collegate ad un iPod nero, stava girando per la casa, a caso, come se non avesse proprio nulla da fare, quello era Jack, il fratello maggiore di Spike. Spike cercò di presentarmelo, quello si tolse una cuffia e disse:
“Jack. Tu?”
Era così diretto e svogliato che mi faceva paura, allora risposi, ma fui interrotta dalla sua voce che chiese, come se non gli importasse del mio nome:
“Che musica ascolti?”, fui un po’ stizzita all’inizio, ma poi feci un respiro e dissi:
“Mi chiamo Nabiki, ascolto i Coldplay e i Beatles principalmente, ma mi specializzo un po’ in tutto…”, terminata la mia ‘presentazione’, se così si può chiamare, Jack mi guardò con uno sguardo schifato e disse:
“Che gusti schifosi..”.
La sua maglia raffigurava una band metal, e la scritta diceva Slipknot, capii subito e pensai *Un metallaro che odia tutto ciò che non conosce..*. Non avevo mai visto un metallaro così, ero abituata a quelli aperti, socievoli che ti aprono il loro mondo musicale. Non questo! *Tsk, come osa offendere i Beatles? I Coldplay posso capire, perché sono una band recente.. Ma i BEATLES! Sono i RE della musica, i fondatori del rock.. Uff, certa gente così..*. Spike mi trascinò via, credo che dagli sguardi che facevo, sapesse cosa stavo pensando. Mentre guardavamo i Simpson, Spike mi disse:
“I miei genitori domani partono, così non avremmo rotture..”, ma io ero ancora sotto shock per le parole di Jack, l’avevo appena conosciuto e già lo odiavo. Quella sera, mentre mi dirigevo verso la cucina per raggiungere Spike e gli altri, passai davanti alla camera di Jack, dalla porta semichiusa intravidi un poster di Marilyn Manson, lo fissai per un po’ di minuti, ma quando sentii un rumore provenire dall’interno della camera capii che Jack era al suo interno, mi spaventai perché temevo che se avesse visto che sbirciavo dentro la sua stanza, mi avrebbe scannato viva, ma quando uscì mi sorpassò senza dire nulla, stava fischiettando una di quelle canzoni metal e notai che aveva ancora addosso gli auricolari dell’iPod. Entrò prima lui in cucina, seguito da me.
In tavola c’era un’enorme pizza, che si ‘volatilizzò’ dopo pochi minuti. Dopo la pizza ci fu il gelato, e dopo di quello, un silenzio imbarazzante, interrotto solo dal rumorino che si udiva dalle cuffie di Jack. Improvvisamente Jack si rivolse a Spike dicendo:
“Stasera uscite voi due?”, Spike mi guardò e quando distolse lo sguardo da me, rispose al fratello.
“Credo che Nabi voglia riposarsi, è la sua prima sera qui, ne abbiamo di tempo per uscire.. E poi a te che importa? Ti dà fastidio forse se resto qui con la mia ragazza?”
Jack fece uno sguardo che non dimenticherò mai, poi con voce bassa rispose:
“Si. Mi dà fastidio. Soprattutto lei.”.
A quelle parole rimasi sorpresa, dato che ascoltava, rispondeva contemporaneamente ascoltando la musica del suo iPod a tutto volume, ma soprattutto rimasi scioccata, le sue parole mi fecero venire voglia di… Nemmeno mi conosceva bene, come si permetteva? D’accordo, l’intrusa ero io, perché soggiornavo in casa loro. Ma non poteva comportarsi in modo più carino con me?!
Spike cercò di consolarmi, mentre Jack giocava con il cucchiaino nel bicchiere del gelato, sapevo che stava sentendo, oltre alla musica, noi. Quella notte non riuscii a chiudere occhio, pensavo allo sguardo e alle parole di Jack, ero spaventata, volevo andare in bagno a bere un po’ d’acqua, ma temevo che dietro l’angolo spuntasse quell’orribile persona con un’accetta in mano! Decisi di chiamare Spike sul cellulare, ero troppo spaventata per dormire, così lo accesi e cercai il suo numero, sperando che avesse il telefono acceso, ma quando chiamai non rispose, forse lo aveva dimenticato da qualche parte, allora lo rimisi sul comodino. Acceso. Provai a chiudere gli occhi, ma un brivido mi percorse la schiena e mi girai verso la finestra, era aperta. Non sapevo se era aperta o no quando ero entrata in camera, non l’avevo notato, dato che sopra c’erano delle grandi tende, che svolazzavano mentre le guardavo. Ero intenta in quell’immagine, quando sentii dei passi: erano i piedi scalzi che si attaccavano al parquet, ma di chi? Speravo con tutto il cuore che fossero quelli di Spike, ma quando la porta si aprì, fortunatamente non vidi Jack con l’accetta in mano, ma vidi entrare la mamma di Spike, che reggeva un vassoio argentato su cui poggiavano un bicchiere di latte e dei biscottini, probabilmente fatti da lei stessa. Si avvicinò al mio letto e mi disse:
“Va tutto bene? Non riesci a dormire? Cosa c’è che non va?”, feci un respiro per calmarmi e risposi subito.
“Va tutto bene, probabilmente è perché il letto è nuovo e devo ancora abituarmici..”.
Così pochi minuti dopo mi lasciò sola, cercai di riprendere sonno, ma mi sorse un dubbio appena appoggiai la testa sul cuscino: *Cosa ci faceva la mamma di Spike in piedi a notte fonda?* la spiegazione non poteva essere che una sola: Spike aveva detto che i suoi genitori sarebbero partiti il giorno dopo il mio arrivo, quindi era molto probabile che fossero già le cinque circa, di solito si parte presto quando si va in vacanza. Chiusi gli occhi cercando di addormentarmi, cominciai a pensare alle cose che sarebbero successe il giorno seguente, quando finalmente riuscii a prendere sonno. Improvvisamente il mio sonno fu interrotto dai Beatles, o meglio dalla sveglia, avevo impostato ‘Help!’ come canzone, almeno mi avrebbe svegliato come si deve.. Svogliatamente mi alzai, mi stiracchiai per bene e mi cambiai i vestiti. Presi il cellulare e lo misi in tasca. Poi iniziai a percorrere il corridoio per arrivare in cucina. Mentre camminavo, fissavo la porta della camera di Jack, mi chiedevo se fosse già sveglio o no, ma non osai sbirciare all’interno, come la sera prima. Giunta in cucina vidi Spike che faceva il caffè, allora mi sedetti, appoggiai la testa sulle mani e chiesi a Spike:
“I tuoi sono già partiti, vero?”, lui si girò e mi disse:
“Ah, Nabi, non ti avevo sentito arrivare.. Si, loro sono partiti stamattina, partivano verso le sei, credo..”. *Ho sbagliato per poco!* mi dissi, poi Spike mi porse un mug maculato, scottava per via del caffè appena fatto, così ci misi il latte per raffreddarlo, lui si sedette di fronte a me, entrambi cominciammo a divorare decine di biscotti, quando chiesi a Spike, mettendo giù la tazza:
“Spike, Jack ha già fatto colazione?”, lui stava sorseggiando l’ultimo goccio di caffè-latte quando alzò gli occhi verso di me, appoggiò il mug sul tavolo e mi rispose.
“Si, lui è un tipo molto mattiniero.. Perché?”
“No, così, per chiedere.. In realtà è che non voglio avere a che fare con lui, odio litigare con le persone..”.
Dopo quella discussione si sentì la porta sbattere. Jack era arrivato. Entrò in cucina, indossando sempre i suoi auricolari, dando il buongiorno a entrambi, stranamente anche a me, pensavo che i nostri sguardi si sarebbero ignorati per tutta l’estate. Poco dopo, Spike mi chiese se avessi voglia di fare una partita con la PS3, a quella domanda mi venne istintivo rispondere con un’altra domanda:
“Per caso è di Jack? Perché se lo fosse non ci giocherei..”, ma lui mi tranquillizzò immediatamente dicendo:
“No, no, non devi preoccuparti, questa è mia, me l’hanno regalata quest’anno, devi sapere che Jack tiene TUTTE le sue cose in camera sua, per questo ha una camera spaziosa.. Credo che non voglia che qualcuno gliele tocchi, o peggio..”.
Afferrato il concetto, mi sedetti, presi in mano il joystick e cominciai a gareggiare con Spike. Passarono due ore, ci accorgemmo che mezzogiorno era già passato, allora andai in cucina e preparai la tavola, mentre Spike si occupava del cibo. Mentre stavo sistemando i bicchieri sulla tavola, entrò in cucina Jack, che urlò:
“Allora? E’ pronto?”, in quel momento reagii impulsivamente dicendo:
“Sarebbe stato pronto da un po’, se ci avessi aiutato anche tu!”.
Quello è stato il momento più terrificante della mia vita, Jack mi osservò con occhi gelidi, si tolse gli auricolari, afferrò uno dei coltelli che avevo precedentemente sistemato e si avvicinò a me piano, piano, io mi avvicinai a Spike che si accorse della scena e fermò suo fratello. Per poco finivano per azzuffarsi, poi Jack sbuffò e ritornò in camera sua. Abbracciai Spike piangendo, volevo scappare da quella casa, avevo voglia di tornare a casa mia per la prima volta, però Spike mi disse che avrebbe portato il suo materasso nella mia stanza, per farmi compagnia, allora mi tranquillizzai.
Infatti quella notte dormii divinamente, e mi alzai senza sveglia, forse non l’avevo sentita e Spike l’aveva spenta, quando lo guardai aveva il mio cellulare in mano! Lo svegliai, e lui, lentamente, aprì i suoi occhioni verdi e mi salutò. Quella mattina facemmo una passeggiata in campagna e vicino ad un fosso trovammo un gattino! Era così carino, Spike lo prese subito in braccio, doveva essere stato abbandonato, era abbastanza grande da mangiare da solo, così lo portammo a casa. Appena entrati Jack vide me con il gatto in braccio, si tolse una delle cuffie e bofonchiò:
“Quel coso non entra qui dentro.”, Spike intervenne subito per evitare altre scenate tra noi due tranquillizzando il fratello dicendo:
“Lo nutriamo un po’ e poi uscirà, stai tranquillo..”.
Jack si rimise la cuffia, fece finta di niente e uscì di scena. Spike, assicurandosi che il fratello non fosse nelle vicinanze, si avvicinò a me e mi sussurrò:
“Tranquilla, non è che non gli piacciano i gatti, è che lui è allergico..”.
Quella sera tenemmo il gattino in casa, lo avevamo chiamato Billy, anche se a Spike piaceva scrittoBillie, ma non aveva importanza, ciò che contava, era che quel gattino ora aveva un tetto, o almeno un posto dove mangiare. Quando Jack scese per la cena, vide Billy accucciato vicino ad una gamba del tavolo che mangiava, lo guardò con aria schifata e disse:
“Quand’è che quell’ammasso di pulci se ne andrà di qui?”. Spike rispose:
“BILLY vive qui ora, certo non starà in casa, ovvio, ma ora questa è anche casa sua, come lo è di Edward”.
A quel punto mi venne spontanea una domanda:
“Chi è Edward?”. Jack intervenne frettolosamente con aria da saputello dicendo:
“Edward è il mio pitone”. Spike cercò di difendermi dicendo:
“E’ normale che Nabi non sappia chi sia Edward, dato che la tua camera è ignota al mondo intero, anche a me.. non ricordavo nemmeno che tu avessi un pitone, pensavo fosse già morto..”.
L’idea di Jack sonnambulo mi terrorizzava, e poi venuta a sapere che poteva liberare quel mostro e strangolarmi nel sonno senza che nessuno se ne accorgesse, mi gelò il sangue nelle vene. Verso le undici, quella sera guardammo un film, Frankenstein Junior, un po’ di umorismo ci voleva in quella casa così cupa. Quando il film finì, mi trovai Billy addormentato sulle mie ginocchia, mi rincresceva svegliarlo, così chiesi a Spike:
“Spike, posso portarlo a dormire? Questa sera sembra che stia per piovere, poi..”, ma lui non volle mancare di rispetto a suo fratello e mi rispose:
“Facciamo la prossima volta, OK?”.
Allora cedetti e lo portammo fuori. Appena chiudemmo la porta si poteva udire il rumore delle sue unghiette che graffiavano frettolosamente la porta, e poco dopo anche i miagolii, ma nonostante tutti gli sguardi che feci a Spike, lui non tornò indietro. Così ci ritrovammo in camera, io regolai la sveglia sul cellulare per le nove, lui non la mise, era solito a dormire finché non si svegliava. Quella notte diluviava, si vedevano i lampi e successivamente si sentivano i rombi fragorosi dei tuoni, mi svegliai per colpa di uno di questi, e andando alla finestra per chiudere le tende, sentii il miagolio di Billy, e pensai *Poverino, tutto bagnato al freddo e con questi tuoni.. io che ho sedici anni ho paura, chissà quel gattino che ne avrà al massimo uno..*. Allora disobbedii a Spike e mi incamminai silenziosamente, servendomi anche dei tuoni come copertura, verso la porta d’entrata, e quando la aprii, Billy sgattaiolò dentro veloce come un fulmine, salì su per le scale, così lo rincorsi. Mentre ero a metà delle scale, potei intravedere la coda di Billy che entrava nella stanza di Jack, spalancai gli occhi pensando *Oddio, ora se si sveglia mi ammazza!* ma quando fui davanti alla sua stanza, per chiamare Billy, con mia grande sorpresa, notai che nella stanza non c’era nessuno, a parte Edward, che mi fece sollevare il cuore sapendo che lo teneva rinchiuso anche di notte!
Così, in modo azzardato, entrai in quel suo “Mondo”: quella stanza era enorme, sul soffitto erano appese delle freccette, mentre ai muri, oltre al poster di Manson, c’erano appese foto di ragazze poco vestite e di metallari, tutta roba del genere.
Mentre mi distraevo da tutte quelle cose, sentii un tonfo e cercai immediatamente Billy: aveva fatto cadere una statuetta di gesso colorato a forma di.. credo che fosse Gene Simmons, il leader del gruppo Kiss. In quel momento mi paralizzai sentendo la porta principale sbattere, Billy si strusciava contro le mie caviglie, io ero totalmente terrorizzata da quello che poteva accadermi quando Jack mi avrebbe scoperto nella sua stanza. Entrò, mise sul tavolo l’ombrello e l’iPod con le cuffie, si voltò e mi disse:
“Vuoi morire?” il suo sguardo era terrificante, e poi aggiunse “Perché sei qui?”
Allora cercai di rispondere:
“Billy è entrato qui dentro..”, non feci in tempo a finire che si accorse del macello sul pavimento.
“Sei stata tu?”
Mentre me lo chiedeva si avvicinò alla sua scrivania, aprì uno dei suoi cassetti ed estrasse un coltello grande come quello che c’è nel film horror Halloween. Ero sicura che quella notte sarei morta, quando però mi venne l’istinto di difendermi, presi la prima cosa appuntita che trovai e trafitti Jack. Lo trafitti cinque o sei volte. Non fece molto chiasso, così quando si accasciò per terra cominciai a pulire l’arma, aprii la finestra, ruppi il vetro in modo che sembrasse rotta dall’esterno, la chiusi, andai in sala e aprii la porta principale.
Tornai di sopra, nel corridoio e cominciai ad urlare. Spike si svegliò subito, mi corse in contro e mi disse:
“Cosa c’è? Perché sei in piedi?”, smisi di piangere, e quelle erano lacrime vere, presi fiato e dissi:
“J-Jack..” indicando la porta, Spike entrò e cadde sulle ginocchia dicendo:
“E’.. E’ morto?” allora risposi:
“Non lo so, ho.. ho visto un’ombra andare via..”.
Spike si calmò e prese fiato, si alzò e andò dabbasso in sala, gli dissi di essere prudente, lo so, erano cose inutili, ma lo facevo per discolparmi, lui disse:
“La porta è aperta, il ladro è scappato.. ora chiamo la polizia..”.
In men che non si dica, gli sbirri erano a casa di Spike, cominciarono a perlustrare ovunque, senza tralasciare nulla, cominciarono a farmi domande, a cui risposi benissimo e mentre stavano indagando nella stanza di Jack, notai che stava ancora piovendo, allora dissi:
“Il ladro sotto la pioggia potrebbe stancarsi, magari ha trovato rifugio qui vicino..”.
Così il tenente mandò i suoi uomini a perlustrare le zone con le auto, nel frattempo lui restò lì, a farci compagnia. Spike disse di essere stanco, così andò a letto, mentre il tenente trattenne me per farmi ancora delle domande e per farmi notare alcune cose. Ad esempio, disse:
“L’arma del delitto.. non è ancora stata trovata.. qui c’è questo coltello, ma non è macchiato di sangue, eppure la vittima è stata ferita con un’arma molto appuntita..”. Così io proposi:
“Forse, il ladro la porta con sé.. proprio perché non vuole che la trovino, per le impronte, forse..”.
Dopo quello scambio di opinioni, mi disse che le ricerche dell’assassino sarebbero continuate, allora lo interruppi dicendo:
“Vi prego, appena lo catturerete, potrete dircelo? Siamo molto dispiaciuti, di più Spike, io l’ho conosciuto un po’ di giorni fa, Jack..”. Allora lui mi tranquillizzò:
“Non si preoccupi signorina, lo troveremo, ora però si sta facendo tardi, sarà meglio che vada a cercare i miei uomini, che hanno la mia macchina!”.
In quel momento mi alzai in piedi insieme al tenente e dissi:
“Ma lei è a piedi? Sotto questo diluvio? Oh, no, non posso accettare che il nostro ‘segugio’ si infreddolisca e non possa concludere le ricerche, tenga prenda questo ombrello e non si ammalerà!”. Lui accettò la mia gentilezza ringraziando, così lo accompagnai alla porta, e quando uscì pensai tra me e me *E’ stato un colpo di fortuna che il tenente fosse a piedi sotto la pioggia! Non si è accorto di nulla! L’ho pulito benissimo..!*. Quella fu la prima volta che uccisi una persona. La prima e l’ultima.
  
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