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Autore: Due Di Picche    15/05/2012    2 recensioni
«Allontanati Valley, non riesco a guardare i fuochi».
«Non li vedresti comunque e poi non sono così belli».
«Se è per questo nemmeno tu sei un bello spettacolo». La mia voce cominciò a tremare quando mi accorsi che le mie parole non combaciavano con i miei pensieri.
«Stai mentendo».
«Non è vero!», ribattei. Non avrei mai ammesso davanti a lui di provare qualcosa nei suoi confronti.
«Allora provamelo. Guardami come sempre, con ira. Dimmi che mi odi, Ginevra!»
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Due parole...

attenzione, questa storia è già stata pubblicata e in seguito cancellata, su un altro account (Rain e Ren) sotto il nome di "Say I hate you" che poi ho tradotto in italiano come "Dimmi che mi odi". Dopo averla revisionata e averci apportato alcune modifiche, ho deciso di pubblicarla nuovamente, su questo nuovo account, visto che è un racconto piacevole da scrivere per me e in molti lo hanno trovato molto divertente e scorrevole da leggere.
Per quelli che mi seguivano grazie a "L'annunciatrice di Morte", non preoccupatevi, non ho abbandonato quel  racconto e appena ho tempo continuerò a scrivera perchè a differenza, "Dimmi che mi odi", è già provvista di una dozzina di capitoli già pronti!

Quando troverete le scritte:
nero -> da parte del punto di vista di lui: Aaron Valley.
rosso-> da parte del punto di vista di lei: Ginevra Wilson.

Il racconto sarà un susseguirsi di "scambi" tra vari punti di vista: spero che troverete piacevole questa lettura!
Baci... Due di Picche!

***

1.Perché ti odio…
 

Chi siamo veramente lo decidiamo solo noi. Delle scelte che facciamo, ne dobbiamo essere sicuri almeno al 51% perché costituiscono il nostro cammino, e non sempre, se sbagli, puoi tornare indietro.
Il mio cammino? Il successo. Famoso batterista di una altrettanto famosa band da almeno due anni, con un secondo disco in uscita.
Avevo deciso io quella strada? Beh, diciamo che ne rimasi coinvolto tutto d’un tratto, ma decisi di mia spontanea volontà di far parte di quel gruppo formato dal mio migliore amico, la mia ex e il suo ragazzo.

A volte non siamo noi a scegliere all’istante cosa è giusto o cosa è sbagliato. A volte la vita ti ingloba in qualcosa di troppo grande ed emozionante. Io, ad esempio non mi accorsi di aver firmato un contratto per comprare un biglietto di sola andata per un altro mondo: la Musica.
Pensieri profondi fatti sul terrazzo della scuola a fine giugno. Ero uno dei tanti sfortunati studenti che era rimasto vittima dei corsi estivi causa insufficienze scolastiche. Tre materie da trasformare in voti positivi agli esami di settembre, c’è l’avrei fatta tra ragazze e concerti? I professori poi mi odiavano, prima uscivo da quella scuola e prima avrebbero evitato di mandarmi in presidenza ogni qualvolta saltavo le lezioni; dormivo in classe e scatenavo risse e scompiglio tra le ragazze. Colpa mia se ero dannatamente bello e popolare? No! Colpa loro che erano soltanto un branco di oche giulive. Dovevo ammettere però che mi piaceva tutto ciò: ci avevo fatto l’abitudine!
Mi ero innamorato solo una volta nella mia vita. Era successo cinque anni fa,e  ora lei era la ragazza del leader della band ed io, solo il batterista. Il suo volto, mi torna in mente spesso: Marina, indimenticabile. Ero destinato a non innamorarmi mai più?
Avevo perso la verginità a quattordici anni e ne andavo fiero, ero famoso, avevo fama di donnaiolo, ma l’amore mi avrebbe evitato per sempre, forse la mia era una punizione …

 
Ognuno di noi ha degli scopi nella vita, il mio era cambiarla. Mi mancava poco per sconvolgere tutto quello che mi circondava, per fare tutto a modo mio.
La bella Ginevra, l’intelligente Ginevra, la brava Ginevra. Così la gente mi vedeva, una brava ragazza, una fissata con lo sport. Il mio lato acido e sboccato era nascosto, ovviamente.
Tutti i capitani delle altre squadre mi facevano il filo da sempre, ma per me erano solo una perdita di tempo. L’amore era una perdita di tempo.
Già avevo una vita difficile con un padre avvocato mai in casa e una madre, ex modella, in un centro di riabilitazione causa droga, avere problemi con una terza persona era l’ultimo dei miei desideri.
Tardo pomeriggio. Stavo rientrando dai miei allenamenti quotidiani. Quell’estate mi sarei dovuta preparare per diventare il nuovo capitano delle cheerleader, dovevo preparare una coreografia da presentare a settembre: non volevo perdere.
Che cosa facevo nella vita? Puntavo in alto! Il mondo doveva essere cambiato, la mia vita doveva cambiare.
Entrai in doccia. L’allenamento mi aveva fatto sudare parecchio, avevo bisogno di una rinfrescata. La palestra era vuota, in quel momento c’eravamo solo io, l’acqua e i miei pensieri. Quanto ancora avrei dovuto aspettare prima che qualche mutamento sbuchasse nella mia monotona esistenza?


 
Le loro voci riecheggiavano nella mia testa. Stridule, acide e arrabbiate “Aaron Valley. Perché prometti tante uscite con noi e poi non ci porti da nessuna parte?”
La ragazza che mi parlava non la conoscevo e men che meno le altre che mi circondavano. Che memoria corta, colpa mia se erano tutte uguali?
“Lo sapete ormai. Sono famoso! Sven mi ha proibito di andare in giro con voi.” Una volta c’era il capo band a tenermi sottocontrollo ma sia lui che Marina stavano finendo gli esami di maturità. Dall’anno prossimo mi sarei dovuto arrangiare con tutte quelle belve inferocite e pazze di me.
Cosa facevo io alle donne? Me lo ero sempre chiesto eppure, non l’avevo mai capito, anche perché l’unica donna che avrei voluto sotto l’effetto del mio incantesimo, era già occupata a vita.
Incominciai a correre. Io pigro e sfaticato corsi per una delle rare volte nella mia vita. Non volevo finire sommerso da quelle ragazze fuori di testa. Il mio motto era “toccata e fuga” ma non credevo che l’avessero ancora capito.
Corsi verso le palestre. Entrai nel palazzetto principale perdendomi nei corridoi. Qualcuno che mi poteva nascondere non c’era? Sentii il rumore di una doccia chiudersi. Proveniva dagli spogliatoi. Mi avviai il più velocemente possibile, ma appena varcai la soglia, ovviamente, non mi accorsi che era il bagno femminile.

 
Chiusi il rubinetto e afferrai l’asciugamano. I lunghi capelli biondo scuro bagnati mi ricadevano sulle spalle. Mi avvolsi l’asciugamano bianco attorno al corpo. Per fortuna era tutto deserto, potevo fare con calma.
Quando uscii, la mia tranquillità scomparve alla vista di un ragazzo. Rimasi impassibile. Aveva il fiatone e lo sguardo color smeraldo stanco. I suoi capelli neri erano arruffati e mossi, piccole gocce di sudore ai lati della fronte.  Mi guardava con aria spaesata e poi mi corse incontro. Forse non si era accorto delle mie condizioni! Mi fece indietreggiare obbligandomi a rientrare nel box doccia per poi chiuderne la porta. La mia schiena si appoggiò contro la manopola dell’acqua. Una pioggia bollente ci colpì all’istante infradiciandoci.


 
Una ragazza in asciugamano rapì la mia intenzione. Occhi d’ambra e capelli biondi bagnati. Dio mi stava facendo un regalo? Avvolta soltanto in un asciugamano bianco mi fissava sorpresa. Sentivo gli schiamazzi delle altre ragazze che mi stavano ricorrendo, perciò non ci pensai due volte. Dovevo approfittare del “dono del cielo” e della possibilità che mi dava per nascondermi.
La feci indietreggiare velocemente ed entrambi entrammo, in uno dei tanti box doccia, della palestra. L’acqua calda si aprì e mi bagnò. Lei era lì, a pochi centimetri da me. Impassibile con uno sguardo ardente. Non l’avevo mai vista prima eppure sembrava un angelo con quell’asciugamano bianco aderente che, per poco, non le metteva in mostra le parti più sensuali ed eccitanti.

 
Cosa ci faceva lì? Perché era lì? Avrei voluto tirargli un bel calcio se solo, il mio affidabile udito, non avesse sentito gente entrare e uscire dallo spogliatoio. Avevo a che fare con un ricercato?
Era zuppo, i suoi vestiti fradici, ma mai quanto quel mio asciugamano che mi copriva il necessario. Un maniaco? Dallo sguardo fattosi voglioso anche si!
I capelli neri incominciarono a coprirgli gli occhi però il suo sorriso ironico non sfuggì ai miei. Quando i rumori si calmarono sospirò “L’ho scampata. Grazie angelo caduto dal cielo!”
Mi fece l’occhiolino. Io spensi la doccia e gli diedi uno spintone. Lui indietreggiò. La porta del box doccia di aprì di colpo e il giovane cadde fuori sul pavimento in piastrelle.


 
Non avevo ancora provato il brivido di fare sesso in doccia, però dovevo ammettere che la ragazza mi aveva eccitato parecchio. Me la sarei fatta all’istante, un incontro del genere non avviene tutti i giorni, ma lei mi spinse violentemente fuori  dal box doccia “Angelo un corno pervertito di merda” urlò successivamente con tono sboccato.
Avevo incontrato una vipera? I suoi occhi di fuoco erano pieni sia di rabbia che d’imbarazzo, ma la sua lingua biforcuta mi offese all’istante. Uscì subito dopo di me tenendosi l’asciugamano stretto al corpo.

 
Avrei voluto tirargli un calcio, ma non ebbi il tempo neanche di fare un passo che subito scivolai su quelle piastrelle bagnate. Il destino mi voleva così male in quel momento? L’unico mio pensiero rimase quello di tenermi stretto l’asciugamano, non volevo rovinare la mia reputazione denudandomi in pubblico.
Mi preparai al duro colpo sul pavimento, che però non arrivò. Il ragazzo mi afferrò prima che potessi sbattere la testa per terra che finì sul suo petto. Mi dimenai immediatamente spostandomi da lui, ma non feci in tempo: una voce mi sorprese.


 
La sua pelle era bollente quanto il suo viso. L’acqua calda doveva averle fuso  qualche rotella  per farla cadere in maniera tanto stupida. Era pur sempre una donna perciò le attutii la caduta prima che prendesse un brutto colpo, dimostrandomi cavaliere. Poi una voce ci fece sobbalzare entrambi. I miei occhi smeraldo guardarono quelli pietrificati della giovane rivolti verso l’entrata del bagno. Seguii il suo sguardo “Che ci fate qui?” chi diamine era quella vecchia alle nostre spalle?

 
Merda! La bidella addetta alle palestra ci aveva appena sorpresi in una posizione equivoca. La mia reputazione per colpa di un “pervertito cerca guai” era stata appena rovinata.
In quel lasso di tempo le nostre mosse furono talmente veloci da confondermi. Il giovane corse velocemente fuori, anche se era completamente zuppo, ed io mi dileguai dagli occhi indiscreti della bidella, accennando un debole sorriso. Cosa avevo fatto di male per meritarmi questo?
Avrei voluto picchiarlo di santa ragione. Non si entrava in quella maniera nel bagno delle ragazze, che fine aveva fatto la buona educazione?
Mi vestii il più velocemente possibile e uscii. Notai l’espressione ancora perplessa sul volto della donna che lavava le docce. Me lo sentivo, qualcosa sarebbe successo.


 
Tardo pomeriggio: casa Power. Me ne stavo disteso sul divano a guardare il soffitto mentre Marina e Sven stavano discutendo su una canzone. A lei, che era la cantante, non andava bene una parola, ma lui dibatteva che senza quella parola la canzone non aveva senso.
“Tutto bene Aaron?” la voce di Matt mi distrasse dai miei pensieri. Il mio amico stava accordando la chitarra, anche se le prove sarebbero dovute cominciare da un pezzo, nessuno aveva ancora toccato uno strumento a parte lui.
“Si, circa” dissi con insicurezza “Cioè, non che vada male quando ti ritrovi a tu per tu con una ragazza in una doccia, quella non è altro che fortuna specialmente se poi lei è dannatamente sexy e provocante.”
“Ti sei fatto una in doccia?” veloce e perspicace come sempre. Non si perdeva con tanti giri di parole. Io tentavo di fare il saggio ma finivo, come sempre, per risultare uno stupido.
“No! Non è successo; peccato. Lei mi ha spintonato fuori immediatamente”
Nessuna ragazza lo avrebbe mai fatto ma lei, senza pensarci due volte, si era liberata della mia presenza. Mai una donna aveva fatto un tale gesto per poi insultarmi in quel modo. Era scioccante ma accattivante allo stesso tempo.
“Credo sia una ragazza sportiva, perciò spero di non incontrarla mai più” dissi con un po’ di rammarico. L’unico mio movimento a parte lo zapping e il corteggiare le donne era suonare la batteria. Odiavo lo sport, odiavo le ragazze sportive.
 

Camminavo per strada accanto a Sue mentre mi gustavo un gelato al limone. La mia amica, un po’ robusta dai capelli biondi a caschetto, era con me nel gruppo delle cheerleader ed era la mia sostenitrice numero uno. Eravamo amiche da un bel po’ anche se lei era un po’ troppo chiacchierona per i miei gusti. Non che avessi tutte queste amiche strette a parte lei a dire il vero, ma con Sue potevo liberare il mio carattere acido, brusco e sboccato: non ero per niente la brava ragazza che tutta la scuola prendeva come esempio.
Uno sguardo color smeraldo ogni tanto affiorava nella mia mente, i suoi occhi mi avevano colpito molto ma mai quanto la sua sfacciataggine nel trattare una donna in asciugamano.
D’un tratto Sue si fermò davanti ad un manifesto. Mi
voltai e lo osservai attentamente anch’io. Al centro, a colori, c’era una ragazza dall’abbigliamento trasgressivo e dark,  dai lunghi e mossi capelli scuri tendenti al bluastro. Era rivolta di spalle ma un sorriso di ghiaccio era dipinto sul suo volto posto lateralmente. Nei quattro riquadri attorno a lei c’erano la scritta “Black Out” e dei ragazzi di cui si intravedeva solo l’ombra, gli occhi e l’espressione. I ragazzi più seri sembravano famigliari, mentre il terzo lo era di certo: sorriso ironico, occhi verdi e i capelli scompigliati a giudicare dalla sagoma.
“Chi sono?” chiesi curiosa alla mia amica.
“Ma dove vivi Ginevra! Sono i Black Out. Frequentano la nostra scuola, tra poco uscirà il loro secondo album, sono incredibili” ecco l’esaltata. Molto spesso Sue mi aveva parlato di loro, ma non ero mai stata particolarmente attenta ai suoi discorsi: che pessima amica!
I Black Out, un gruppo rock composto da giovani, sconosciuto! Per me la musica era marcia, ed era a quel ritmo che procedeva la mia vita, ma odiavo il rock, odiavo i musicisti.


 
Mi stavo incamminando verso quella dannata porta nera: la presidenza. Perché? Cosa avevo fatto questa volta? Che io ricordassi avevo saltato le lezioni solo 3 volte in meno di un mese. Beh, non era troppo infondo, potevo esser definito quasi un bravo ragazzo.
Arrivai alla soglia e bussai. La voce del preside mi invitò ad entrare. Alzai i miei occhiali da sole e spinsi la maniglia verso il basso. Entrai.
Quando alzai lo sguardo la prima cosa che notai fu l’ometto dall’aria simpatica, un po’ calvo che per un miliardo di volte mi aveva offerto il caffè dopo.
Una bella chiacchierata in quello stanzino. La seconda fu una ragazza dei codini biondi, con addosso una divisa rossa e uno sguardo imbronciato. I suoi occhi di fuoco mi diedero la possibilità di riconoscerla all’istante.

 
Io in presidenza? Inaudito! Ero una studentessa modello con voti nella norma e un buona media, perché mi avevano convocato in presidenza?
La porta si aprì e la risposta alle mie domande arrivo: il pervertito della doccia! No! Ecco la causa di quella seccatura che mi aveva obbligato ad interrompere i miei allenamenti quotidiani.
Si incamminò. Mi fissava e io lo fissavo.
“Che posso fare per lei signor preside?” chiese il ragazzo con aria amichevole. Sicuramente non era la prima volta che entrava in quella stanza a giudicare dal suo tono di voce troppo tranquillo
“Come vedi, questa volta non sei solo Valley!”
“Lo vedo”  Quel maniaco mi squadrò dall’alto in basso. Che disgusto.
“Beh, ora vi spiego il perché di questa doppia convocazione. Per lei, Valley, non è niente di strano essere qui per la millesima volta, ma per la signorina Wilson è alquanto insolito.”
“E’ troppo insolito, e non ne vedo una ragione.” cercai di dimostrarmi il più simpatica possibile.


 
Sorrisi ironicamente mentre ascoltavo le lamentele di quella ragazza dall’aria troppo seria.
L’uomo, prima di continuare, sospirò con un po’ di imbarazzo e poi finalmente si decise a vuotare il sacco “Mi sono giunte voci su di voi. Vi hanno sorpreso a commettere atti osceni in luogo pubblico, più precisamente nel bagno femminile della palestra”
Mi ero fatto tanto di quelle ragazze a scuola e nessuno mi aveva mai colto in fragrante, ora invece, per uno stupido incidente, mi trovavo veramente nei guai.
“Signore, la situazione deve esser stata fraintesa alla grande, io questo studente …” lei era nel panico più totale.
“L’una sopra l’altro, completamente bagnati e lei con solo un asciugamano addosso?”
“Ammetto che le mie condizioni non erano delle migliori, ma le do la mia parola di futuro capitano delle cheerleader che tra noi non è asuccesso niente.” Dio! Ci volevano i pop corn. Lei era troppo divertente. Alzai lo sguardo al soffitto cercando di nascondere l’espressione divertita.
Il preside rimase in silenzio. I suoi occhi si spostarono su di me e mi fece togliere immediatamente il mio scemo sorriso. Dovevo dire qualcosa sicuramente “Ehm … diciamo che è come dice lei!”

 
Le parole che quell’essere riusciva a pronunciare non aiutavano di molto la situazione. Avrei voluto sprofondare di vergogna. Io, Virginia Wilson, una delle stelle di punta di quella scuola, ero stata accusata di sesso selvaggio a scuola.
Attesi. Non dissi più niente per non sembrare un’idiota. La risposta del preside arrivò.
“Ho trovato una soluzione per questa faccenda senza portarla al consiglio studentesco di settembre. Infondo se si saprebbe un fatto simile il signor Valley verrebbe bocciato all’istante, e lei signorina Wilson non sarebbe ammesse alle selezioni per capitano delle cheerleader no?”
“Arrivi al dunque!” il ragazzo dai capelli neri si fece serio. Strano! Dovevo preoccuparmi?
“Se Valley vorrà essere ammesso al quinto anno avrà bisogno di un tutor che l’aiuti, e chi se non una studentessa modello con ottimi voti a scuola come Ginevra Wilson? E poi Aaron Valley è un ottimo musicista a quanto pare, perfetto per una cheerleader alla ricerca del ritmo?”
Scambiai un’occhiata veloce con il giovane di fianco a me. I nostri sguardi perplessi si incrociarono.
“In poche parole se Aaron James Valley non supererà l’anno a causa dello scarso aiuto della signorina Wilson, la signorina Wilson verrà esclusa dalla candidatura di capitano cheerleader. E se la signorina Wilson non arriverà alla selezione con una coreografia degna di lei, non faremo passare l’anno a lei, Valley!”


 
Eravamo in trappola. Io ero in trappola, la mia vita era appena passata nella mani del mio peggior nemico: le ragazze sportive. Non c’era modo di uscirne, lo sapevo. Non c’erano altre soluzioni e non esitai a chiedere al vecchio opzioni migliori. Perché aveva avuto quell’assurda idea?

 
Ora potevo dire addio al mio orgoglio. Il mio peggior nemico, uno stupido musicista rock. Perché? La mia vita dipendeva da lui, i miei piani dipendevano da lui, il mio sogno era in mano sua. Avrei pagato oro per uscire da quella situazione ma non potevo fare la figura della lagna.

 
In corridoio, di fronte a lei. Dovevo ammettere che quella divisa aderente e quella gonnellina corta che indossava dava sfogo alle mie fantasie mentali. Perché una persona così odiosa doveva provocarmi esteticamente?
“Io non ci capisco niente di musica da parata sia chiaro” dissi immediatamente.
Lei incrociò le braccia facendo risaltare il seno. La odiavo. “E io di farti capire la matematica”
“Allora scordati di diventare il prossimo capitano delle cheerleader”
“E tu di passare l’anno”
Dio come era acida. Odiosa al punto giusto da farmi saltare i nervi. Non potevamo andare avanti così. Nessuno dei due voleva collaborare con l’altro, ma sapevamo che, andando avanti ad offese, non avremo risolto mai niente.

 
“Senti, qui dobbiamo collaborare per il bene di entrambi” il riccio era uscito allo scoperto. Gli seccava essere bocciato, forse per la sua reputazione di batterista? Aveva intenzione di collaborare con me?
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai. Mi accorsi dopo un po’ che Aaron Valley mi stava tendendo la mano. Voleva saldare un accordo?
“Non vedo altre soluzioni!” dissi schifata mentre stringevo la mano del ragazzo. Infondo era un ordine del preside.


 

-Ora, il loro futuro era nelle mani del loro peggior nemico. A che gioco stava giocando il destino?
A nessuno dei due andava a genio l’altro, ma entrambi sapevano anche che l’unica soluzione per andare avanti era di fronte ai loro occhi.-

   
 
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