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Autore: nightswimming    16/05/2012    4 recensioni
Non aveva mai pensato alla loro come un'amicizia.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: non sono miei sono patrimonio internazionale dell’umanità, non fanno davvero quanto scritto sotto (…?) (no, dai, siamo politically correct, non lo fanno) (a-hem) e io non ci ricavo assolutamente niente. Il fangirling è gratuito, auto-sufficiente, senza grassi aggiunti e senza colesterolo.
 
 
 
 
 
 
 
No regard for the cost
Of saying his feelings
In the moment they were felt.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Miles ride moltissimo, anche quando, apparentemente, non ce n’è motivo – o perlomeno, non un motivo così evidente. È solo una delle tante manifestazioni di quella fiducia in sé stesso che a volte sconfina nella presunzione.
Poco prima di conoscerlo di persona, qualcuno gli aveva parlato di questo suo aspetto; o forse era più corretto dire che l’aveva messo in guardia.
“Kane è a posto”, gli aveva detto questo qualcuno di cui non conservava alcun ricordo, “è a posto ma dopo un po’ può risultare irritante. Sai, da per scontato che tutto quello di cui parla possa essere di un qualche interesse – è convinto di piacere a priori. Ah, e suona, pure, come te. Benino”.
Lui si era immaginato subito qualche egotico, aspirante divetto fan delle b-sides dei Beatles senza alcun talento e con le camicie stirate dalla mamma. Era invece bastato semplicemente stringergli la mano per capire che i suoi modi gli piacevano (anche se non erano i suoi), che i suoi gusti musicali gli piacevano (e quelli erano decisamente i suoi), che la sua faccia gli piaceva (anche se era strana, lunga, vagamente caricaturale) e che non suonava benino: suonava benissimo, e aveva una confidenza col palco che lui si limitava a sognare di notte.
Aveva capito anche che quell’adorazione in boccio era reciproca. A lui, che frequentava e si fidava solo dei propri amici d’infanzia, la cosa era sembrata eccitante come il dare per la prima volta confidenza all’alcool e prendersi una sbronza coi fiocchi.
 
*
 
Miles ha spesso dei momenti di vuoto. Rallenta le parole, si distrae, guarda altrove, sembra perdere sicurezza d’un tratto e riguadagnarla rumorosamente un secondo dopo. È pigro e iperattivo allo stesso tempo. Ama le feste, adora i party, venera il casino – eppure Alex si ricorda di più di una serata in cui l’ha chiamato al telefono di casa e lui ha risposto, invitandolo a raggiungerlo.
Alex non si definirebbe certo il tipo più facile con cui avere a che fare (si ricorda ancora di una zia che, da bambino, aveva sussurrato a sua madre dopo un pranzo di famiglia “ancora un po’ più introverso e ti diventa un buco nero”, oltre ad altre orribile espressioni come “costringerlo ad uscire dal guscio”, “cambiare compagnie”, “parlare, camminare, comportarsi come un uomo”) ma da quando lo conosce pensa di non essere poi così tanto indecifrabile, e la propria natura schiva e problematica lo preoccupa meno. Ci sono momenti in cui persino lui – e si accorgerà solo dopo che è da quel “persino” che i guai sono cominciati – non riesce a capire cosa gli passa per la testa.
Eppure per la maggior parte del tempo Miles è un libro aperto, e il rendersene conto gli da un senso di comunione autentica che non ha mai provato con nessuno. Arriva al punto di ammirarne i difetti, di apprezzarne le contraddizioni, di trovarne tenere le meschinità – oltre, ovviamente, a provare un entusiasmo infantile per tutti i lati positivi del suo carattere.
Sa quanto può essere caparbio e deciso, in certi frangenti. Sa che pondera attentamente le decisioni e calibra alla perfezione il suo comportamento di conseguenza; probabilmente, e di questo ne va fiero, è una delle poche persone al mondo a sapere quanto questo processo di auto-preparazione lo sfianchi e lo tormenti. Sa quanto lui ami le toccate e fughe e sa anche che è maturo al punto da desiderare e saper sostenere un rapporto di un’altra intensità.
Sa per certo che Miles ama scherzare quasi quanto ama fare le cose sul serio, anche se solitamente le persone che lo frequentano percepiscono solo una faccia della sua medaglia.
Infine, sa che con lui Miles non ha mai avuto paura di fare né l’una né l’altra cosa.
 
*
 
Sua madre aveva incontrato Miles quando lui aveva cominciato ad accompagnare in tour gli Arctic Monkeys e, forse memore di quella tremenda discussione con la zia, gli aveva detto con gli occhi brillanti di sollievo che la sua compagnia gli faceva bene.
A sua mamma Miles ovviamente piaceva (non avrebbe scommesso un soldo su di lui come tipo che piace alle madri, ma era stato pesantemente contraddetto), eppure Alex sapeva che non quello non era il solo motivo per cui lei gli aveva detto quella cosa. Stare con lui era più che piacevole e divertente: lo calmava e lo galvanizzava insieme. Era un conforto, ma un conforto energico, che gli infondeva sicurezza e allegria e una strana smania di fare cose – e sua madre se n’era accorta.
Ma anche Matt, Jamie e Nick. E Alexa. E il loro tour manager. E la parrucchiera, e i fonici, e il produttore dell’uno e dell’altra band, e i fan - e i giornalisti, ovviamente, che al solo vederli sguazzavano nella gioia di poterli punzecchiare con qualche commentino malizioso. Chiunque avesse un paio d’occhi, insomma.
A Miles la cosa non preoccupava, anzi, sembrava ne ricavasse una neanche così tanto segreta soddisfazione; per cui, Alex decise di fare lo stesso. D’altro canto, era troppo felice di come stavano andando le cose per poter anche solo pensare di rovinarle con qualche ansia.
 
*
 
Aveva sempre pensato alla loro relazione come a un’intesa, nel senso di comprensione assoluta e affettuosa. Era incredibile la facilità con cui l’uno arrivava all’altro, fisicamente e spiritualmente. Nessuno sforzo, nessun rimorso di coscienza, nessun conto in sospeso. Ogni momento era speciale, creativo, solidissimo nella memoria se paragonato agli attimi che passava insieme ad altre persone – persino quelli trascorsi con Alexa.
Non aveva mai pensato alla loro come a un’amicizia. Il termine gli era sembrato riduttivo sin da subito. Sapeva chi erano i suoi amici, e Miles non rientrava nella categoria; sconfinava in un’altra, ambigua, difficile da descrivere, che non avrebbe mai potuto accogliere nessuno oltre a lui.
Dato che tra le altre cose erano anche compagni di band, questo termine affiorava spesso nelle interviste e in generale nelle descrizioni di loro due – e gli piaceva moltissimo. Compagno.
A quanto fosse ironica questa sua difficoltà nell’etichettare il loro rapporto e la predilezione che provava per quella parola, beh, ci avrebbe pensato solo dopo.
 
*
 
Nessuno di loro due poteva lamentarsi del proprio successo con le donne. Si stimavano a tal punto da dare per scontato che il sesso femminile impazzisse per l’altro.
Alex trovava esilarante il modo di flirtare di Miles, o meglio, l’assenza di un qualsiasi corteggiamento… Faceva sembrare tutto dannatamente facile. Si era ritrovato a dire a voce alta a chissà chi che non c’era nulla di innocente in lui: era tutta malizia, e la cosa girava a suo vantaggio.
I primi dubbi cominciarono non appena quelle parole gli furono scivolate di bocca. Miles era davvero così? Sì. Con gli altri. Con le altre, più precisamente. Ma con lui?
No. Con lui era un fratello senza tutti i fastidi che la consanguineità porta con sé.
In quel momento Alex si rese conto che c’era un lato di Miles che non avrebbe mai conosciuto direttamente, per forza di cose. E la cosa gli dispiaceva.
Gli dispiaceva in maniera dolorosa, e lo shock provocato dal rendersene conto fu enorme.
 
*
 
Passò un periodo di negazione. I “no” gli affollavano la mente.
No, è un uomo. No, è un amico, un compagno, un collega. No, è sbagliato. No, Alexa. No, non ho mai desiderato questo da nessuno che non portasse una gonna. No, è Miles, dai, lo stesso Miles di sempre, che ti succede?
Si sforzò di trovarlo brutto, di obbligarsi a provare disgusto di fronte a un’eventuale fantasia fatta su di lui. Aveva una faccia fuori dal normale, di questo se n’era reso conto non appena l’aveva conosciuto; ma dannazione, era anche vero che l’aveva sempre trovata interessante.
Era espressiva a livelli grotteschi. Era divertente, stramba, affascinante a un tempo – andiamo, era la sua faccia! Se la ricordava a memoria. Era così famigliare, ormai, e in una maniera così piacevole…
Il corpo di Miles era magro come il suo: un’altra cosa che gli aveva sempre segretamente fatto piacere, un’altra prova della loro compatibilità. Non aveva mai dato un giudizio estetico, ma di certo era una delle mille cose che costituivano la sua predilezione per tutto ciò che era Miles Kane nella sua totalità. Era buffo, in qualche modo, ma anche definito con estrema precisione – una precisione che si rifletteva anche nei ricordi di Alex, il quale si stupì di poter tracciare a mente ogni linea del suo fisico.
Non ci aveva mai pensato tanto, eppure eccolo lì, incastonato nella sua memoria. E Alex si scoprì impaziente di saperne di più a riguardo.
 
*
 
A chi gli diceva che tra di loro si creava sempre una strana tensione, e che Miles non faceva altro che guardarlo, toccarlo, rivolgerglisi in una maniera inadatta a due uomini adulti ed eterosessuali, lui aveva sempre risposto cose molto vaghe. “Passiamo molto tempo insieme”, oppure “abbiamo preso abitudini matrimoniali – provate voi a registrare un album vivendo esclusivamente con una sola persona per settimane”, o anche “fa ridere, vero?”
Beh, Alex non rideva più. Se prima ogni contatto, sguardo e sorriso sembravano diluirsi nell’espressione armoniosa di un rapporto sereno, ora tutto si era tramutato in spilli che lo facevano sobbalzare, stupire e – Cristo santo – eccitare di continuo. La sua reazione istintiva fu ritirarsi lentamente ma inesorabilmente da quelle attenzioni e Miles se ne accorse subito.
Non disse nulla solo perché sapeva che il rapporto con Alexa stava marcendo, e l’ultima cosa che voleva era caricare l’amico di altri problemi. Era una fase. Sarebbe passata, e tutto sarebbe tornato come prima – per quanto il solo pensiero lo frustrasse e lo facesse soffrire.
Cambiò idea quando, un giorno, lui si divincolò da un abbraccio come se si fosse spaventato; Miles capì che poteva andare oltre al fatto che Alex gli sfuggisse temporaneamente con la testa, ma non poteva sopportare che lui respingesse il contatto fisico. Era una prospettiva insostenibile, che troncava sin troppe speranze.
 
*
 
Alex capì immediatamente di aver per la prima volta varcato la soglia della sicurezza, dell’agio, della tranquillità, di tutti i sentimenti placidi e famigliari che erano stati loro.
Sentiva il cuore battergli forte nel petto per la paura. Miles lo guardava incredulo, arrabbiato.
“Che c’è?” gli chiese secco. Dritto al punto.
Alex arretrò di un altro passo e Miles spalancò gli occhi. Teneva le braccia aperte – come prima, quando gli si era avvicinato per abbracciarlo, e lui era si era sottratto. Sembrava impotente, frustrato, come chiunque non capisca quel che sta succedendo.
“Alex, che c’è?” Ora era proprio arrabbiato. “Che cazzo ti prende? Dimmi se c’è qualcosa che non va, ne parliamo”.
“Non c’è niente che non va”, replicò piattamente. Voleva prendere tempo – più di tutto, voleva prendere coraggio.
“Al, senti, lo so che è un brutto periodo con Alexa e tutto, ma questo non ti autorizza a scattare come una molla. Non sono infetto”.
Alex rialzò lo sguardo su di lui e strinse le labbra. Sembrava ferito; lui l’aveva ferito; il senso di colpa e il dispiacere istintivo sembravano non riuscire a soffocare l’enorme soddisfazione che gli suscitava la coscienza del potere che aveva su di lui.
Quel tipo di stupida gioia certo non apparteneva all’amicizia. Era qualcosa di sleale, istintivo e glorioso che era proprio della sicurezza di una conquista sentimentale. Ed era esattamente quella botta di euforia di cui aveva bisogno.
Coprì con un solo passo la distanza che aveva poco prima frapposto tra loro e lo abbracciò, forte, e lo baciò, piano, perché il contatto con le sue labbra fu come sbattere contro un treno in corsa e lo frastornò. Tenne le palpebre serrate; e seppe di per certo che - ed era meraviglioso quanto quella loro intesa fosse rimasta anche ora che i pesi si erano sbilanciati - anche lui aveva gli occhi chiusi.
In un certo senso è colpa sua, pensò vigliaccamente quando lui restò immobile e non reagì. Colpa sua.
Lo sentì ingoiare un sospiro e troncarlo in gola, le labbra socchiuse.
Anzi, no.
I suoi occhi si riaprirono piano.
In tutti i sensi.
Se Miles avesse continuato a tenerli spalancati, quegli occhi, e a persistere nel guardarlo come se lui avesse appena fatto qualcosa di avventato, proibito, rischioso, terribilmente intrigante – come appiccare un incendio –, Alex sarebbe anche riuscito ad elencarsi tutti i sensi secondo i quali si declinavano le colpe di Miles Kane.
Ma Miles gli occhi li aveva richiusi e aveva ricambiato il bacio. E Alex non era stato più in grado di pensare a nulla.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: allora, sono completamente nuova nel fandom – questa storia è la prima cosa che si avventura fuori dalla mia abituale “terra madre” – per cui faccio un atto di fede e pubblico, sperando che vi piaccia XD Dio, il nervosismo da debuttante XD
Devo ammettere che, rispetto ad altri musicisti che amo, Miles Kane e Alex Turner li ho sempre inquadrati poco, e il mio principale timore è che la loro caratterizzazione sia campata per aria. È stata una sfida scrivere questa scemenzuola :D, ma dire che mi sono divertita è poco – è da quando ho visto il primo video di una loro intervista che sogno di farlo.
Il verso in apertura è, no need to say it, “Calm Like You” di un gruppo di nostra conoscenza. :D
Grazie in anticipo a chiunque leggerà, lurkerà, commenterà, whatever.
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