CAP 10: Un
Grande Ritorno.
Cammino con
la coda tra le gambe, come un cane che è stato appena
sculacciato.
Andrea e
Lidia mi raggiungono,disponendosi ai miei lati.
“ahò,
ma che
ti ha detto il prof?” mi chiede Andrea, sinceramente
preoccupato.
E che mi ha
detto Biagini?
Non
rispondo, seccata.
Ancora mi
rode il culo per le 300 recenti figure di merda.
Davvero.
In questa
settimana è come se stessi facendo una gara con me stessa.
Vedo
già il
titolo sui giornali:
“Marta
Locanci batte il record di scene imbarazzanti in breve tempo”.
“Oh?”
Lidia
cerca di riportarmi alla realtà.
Mi volto per
controllare che Biagini non sia nelle nostre vicinanze,poi attacco a
parlare.
“Ma
niente…che sono sempre distratta… che i
professori credono io non stia dando il
meglio di me…” dico, la voce bassissima.
Loro due non
rispondono, e non dicono nulla per il resto del tragitto verso la
classe.
Ed è
meglio.
E’
meglio
perché io non voglio ascoltare la mia voce triste e
incazzata.
Perché
sì,
non mi ha fatto piacere fare quella figuraccia con il prof, ma non
è questo che
ha cambiato la mia giornata.
Non voglio
proprio accettare che il mio cellulare sia colpevole di tutto questo.
Non voglio
pensare che la tecnologia sia stata la mia rovina.
Non voglio
ricordare che una chat privata mi abbia fatto conoscere Silvia.
Perché
sì,
cellulare e pc e anche il mio autobus ora sono infestati dal suo morbo,
dal suo
fastidioso fantasma.
Una macchia
sul pavimento che l’ammoniaca non lava via.
La mia mano
corre nella mia tasca, prendendo il cellulare.
Ancora non
le ho risposto.
“
Capisco
che sei arrabbiata con me. E’ normale, hai ragione. Ma sai,
ci sono un sacco di
cose che vorrei dirti. Cose che dovresti capire. Ti prego, vediamoci ,
uno di
questi pomeriggi. Ho veramente bisogno di parlarti.”
Biagini mi
ha tolto l’LG di mano proprio mentre stavo scrivendo la
risposta, quindi non l’ho
inviata.
Mi fermo
sulla porta dell’aula, prima di entrare.
La risposta
che avevo pensato non mi convince.
Io la odio come
poche cose nella mia vita, e su questo non c’è
dubbio.
“ Cosa
vorresti dirmi?” le scrivo.
Ma anche lei
ha diritto di parola. No?
Neanche
finisco di pensare che già sento la vibrazione.
“Vediamoci.
Ti prego. Voglio abbracciarti”.
Tremo.
Tremo e non
so cosa pensare.
Come cazzo
è
possibile che mi faccia questo effetto?
Non ci siamo
lasciate da molto… Non MI HA LASCIATA da molto.
Però
lo
trovo umiliante.
Vorrei
essere forte e sprezzante, tutta protesa in avanti, pronta , piena di
progetti
e di voglia di nuove conoscenze.
SOTTO A CHI
TOCCA!
E invece no.
Il mio
pollice è veloce sulla tastiera:
“Ok.
Oggi
stesso, oggi pomeriggio. Il solito posto. Anche doposcuola.”
Avrei mille
cose da fare al posto di vederla.
Una doccia,
un film, leggere, disegnare, scrivere. Studiare.
“Ok.
All’una
e mezza”.
Ma no.Le do
ancora lo spazio che non si merita.
“E
così sia”
le scrivo, sperando che il gelo delle mie parole la raggiunga.
“In
classe,
Locanci” mi ordina la Butoli, insegnante di Matematica.
Mi siedo al
mio posto, disinteressata e disgustata da tutto.
Note
dell’autrice:
Evvai.
Pare che io
sia di nuovo in pista, mie care.
Ho pensato
che Marta è stata lasciata in sospeso, così, a
bocca aperta mentre cercava affannosamente
il suo cellulare sparito chissà dove.
E non era
giusto.
Non è
giusto
perché ho una buffa teoria: i nostri personaggi vivono.
Vengono al
mondo il primo giorno che scriviamo di loro, che imprimiamo lettere
sulla
pagina bianca.
E hanno
bisogno di noi.
Sempre.
E quando una
storia finisce?
Eh…
quando
una storia finisce, i personaggi smettono di vivere. E ritornano a
vivere
ogniqualvolta qualcuno legge la storia.
Sono
fermamente convinta che non siano consapevoli di rivivere per due, tre,
quattro
volte le stesse situazioni. Per loro è sempre roba nuova.
Ma non
c’è
niente di più crudele che lasciare un protagonista in
sospeso.
Soprattutto
se questa protagonista è Marta Locanci.
Non ricordo
se ve l’ho mai detto, ma sono molto affezionata a lei.
Perché si da il caso che
Marta sia io.
Marta non
è
altro che una piccola Me, che ha visto meno cose di quelle che ho visto
io.
Con meno o
forse più cicatrici sul corpo.
Con
più
mancanze, ma più pulita.
E il titolo
del capitolo, infatti, non è dedicato tanto agli sms di
Silvia, quanto a me.
Al mio
ritorno.
A me che
sono una persona diversa dalla Klowl che cominciò a scrivere
questa storia.
A me che
sono mille volte più incasinata e bisognosa di energia
positiva.
Cosa che le
vostre recensioni riescono a darmi.
Sono curiosa
di sapere cosa avete fatto, in questo tempo.
Scrivetemi…un
abbraccio.