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Autore: Klowl    16/05/2012    4 recensioni
E poi non è detto che una donna voglia al suo fianco un uomo.
E neanche ho finito di formulare questo pensiero che l’amarezza mi è già piombata addosso.
Spengo la luce del comodino e sprimaccio il mio cuscino. Oggi mia madre ha uscito fuori di nuovo quel discorso . E nemmeno stavolta io ho avuto il coraggio di dirle la verità.
Quale madre mai vorrebbe sentirsi dire che sua figlia è diversa,malata,difettosa?
Non stiamo qui a raccontarcela,le cose per noi non sono mai cambiate.Siamo sempre la peste della popolazione,i pervertiti da evitare.
Se ami qualcuno del tuo stesso sesso,lo devi tenere per te. Se qualcuno ti ha aggredito perché baciavi la tua donna,non devi denunciare,perché così si verrebbe a sapere della tua perversione e macchieresti la tua dignità. Questi sono i discorsi che noi ci sentiamo dire,quando ci viene fatto un torto.
Chi vorrebbe essere noi?
Non molti,credo.
Genere: Commedia, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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CAP 10: Un Grande Ritorno.

 

Cammino con la coda tra le gambe, come un cane che è stato appena sculacciato.

 

Andrea e Lidia mi raggiungono,disponendosi ai miei lati.

 

“ahò, ma che ti ha detto il prof?” mi chiede Andrea, sinceramente preoccupato.

 

E che mi ha detto Biagini?

 

Non rispondo, seccata.

 

Ancora mi rode il culo per le 300 recenti figure di merda.

 

Davvero.

 

In questa settimana è come se stessi facendo una gara con me stessa.

Vedo già il titolo sui giornali:

“Marta Locanci batte il record di scene imbarazzanti in breve tempo”.

 

“Oh?” Lidia cerca di riportarmi alla realtà.

 

Mi volto per controllare che Biagini non sia nelle nostre vicinanze,poi attacco a parlare.

 

“Ma niente…che sono sempre distratta… che i professori credono io non stia dando il meglio di me…” dico, la voce bassissima.

 

Loro due non rispondono, e non dicono nulla per il resto del tragitto verso la classe.

 

Ed è meglio.

 

E’ meglio perché io non voglio ascoltare la mia voce triste e incazzata.

Perché sì, non mi ha fatto piacere fare quella figuraccia con il prof, ma non è questo che ha cambiato la mia giornata.

Non voglio proprio accettare che il mio cellulare sia colpevole di tutto questo.

Non voglio pensare che la tecnologia sia stata la mia rovina.

Non voglio ricordare che una chat privata mi abbia fatto conoscere Silvia.

 

Perché sì, cellulare e pc e anche il mio autobus ora sono infestati dal suo morbo, dal suo fastidioso fantasma.

 

Una macchia sul pavimento che l’ammoniaca non lava via.

 

La mia mano corre nella mia tasca, prendendo il cellulare.

 

Ancora non le ho risposto.

 

“ Capisco che sei arrabbiata con me. E’ normale, hai ragione. Ma sai, ci sono un sacco di cose che vorrei dirti. Cose che dovresti capire. Ti prego, vediamoci , uno di questi pomeriggi. Ho veramente bisogno di parlarti.”

 

Biagini mi ha tolto l’LG di mano proprio mentre stavo scrivendo la risposta, quindi non l’ho inviata.

 

Mi fermo sulla porta dell’aula, prima di entrare.

 

La risposta che avevo pensato non mi convince.

Io la odio come poche cose nella mia vita, e su questo non c’è dubbio.

 

“ Cosa vorresti dirmi?” le scrivo.

 

Ma anche lei ha diritto di parola. No?

 

Neanche finisco di pensare che già sento la vibrazione.

 

“Vediamoci. Ti prego. Voglio abbracciarti”.

 

Tremo.

Tremo e non so cosa pensare.

Come cazzo è possibile che mi faccia questo effetto?

Non ci siamo lasciate da molto… Non MI HA LASCIATA da molto.

Però lo trovo umiliante.

Vorrei essere forte e sprezzante, tutta protesa in avanti, pronta , piena di progetti e di voglia di nuove conoscenze.

SOTTO A CHI TOCCA!

E invece no.

Il mio pollice è veloce sulla tastiera:

“Ok. Oggi stesso, oggi pomeriggio. Il solito posto. Anche doposcuola.”

 

Avrei mille cose da fare al posto di vederla.

Una doccia, un film, leggere, disegnare, scrivere. Studiare.

 

“Ok. All’una e mezza”.

Ma no.Le do ancora lo spazio che non si merita.

 

“E così sia” le scrivo, sperando che il gelo delle mie parole la raggiunga.

 

“In classe, Locanci” mi ordina la Butoli, insegnante di Matematica.

 

Mi siedo al mio posto, disinteressata e disgustata da tutto.

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice:

 

Evvai.

 

Pare che io sia di nuovo in pista, mie care.

Ho pensato che Marta è stata lasciata in sospeso, così, a bocca aperta mentre cercava affannosamente il suo cellulare sparito chissà dove.

E non era giusto.

Non è giusto perché ho una buffa teoria: i nostri personaggi vivono.

Vengono al mondo il primo giorno che scriviamo di loro, che imprimiamo lettere sulla pagina bianca.

E hanno bisogno di noi.

Sempre.

E quando una storia finisce?

Eh… quando una storia finisce, i personaggi smettono di vivere. E ritornano a vivere ogniqualvolta qualcuno legge la storia.

Sono fermamente convinta che non siano consapevoli di rivivere per due, tre, quattro volte le stesse situazioni. Per loro è sempre roba nuova.

Ma non c’è niente di più crudele che lasciare un protagonista in sospeso.

Soprattutto se questa protagonista è Marta Locanci.

 

Non ricordo se ve l’ho mai detto, ma sono molto affezionata a lei. Perché si da il caso che Marta sia io.

Marta non è altro che una piccola Me, che ha visto meno cose di quelle che ho visto io.

Con meno o forse più cicatrici sul corpo.

Con più mancanze, ma più pulita.

 

E il titolo del capitolo, infatti, non è dedicato tanto agli sms di Silvia, quanto a me.

Al mio ritorno.

A me che sono una persona diversa dalla Klowl che cominciò a scrivere questa storia.

 

A me che sono mille volte più incasinata e bisognosa di energia positiva.

Cosa che le vostre recensioni riescono a darmi.

 

Sono curiosa di sapere cosa avete fatto, in questo tempo.

Scrivetemi…un abbraccio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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