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Autore: valli    17/05/2012    8 recensioni
Inizi del '900, Chicago (Illinois). Un matrimonio combinato, la finzione di un amore, il dolore di una donna. Finirà tutto così? Le cose si possono sistemare?
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Old loves they die hard;
Old lies they die harder.

Capitolo I : disaster date.
Alexander

Can anybody find me somebody to love?
[Somebody to love, The Queen


Infilai la camicia nei pantaloni e presi la cravatta dal comò sotto allo specchio; la girai intorno al collo iniziando ad avvitarla per fare il nodo.
Alzai un po' il mento, stringendo bene e lisciandola sul petto; presi il panciotto e la giacca e li indossai guardando il risultato.
Andavo bene, mi ero abbigliato come avevano ordinato i miei genitori per apparire perfetto alla cena di quella sera.
Un'altra inutile cena per trovarmi una moglie, un altro stupido modo per cercare di intrappolarmi in un matrimonio che -per il mio buon senso- non mi avrebbe mai mandato in guerra.
Maledetto quel giorno in cui avevo accennato a mia madre che solo una cosa avrebbe potuto fermarmi dall'entrare nell'esercito, ovvero l'avere una moglie o dei figli a casa.
Con l’avvicinarsi della maggiore età e con essa il permesso di arruolarsi, i miei genitori cercavano in tutti i modi di farmi legare a qualcuno.
Per prima c'era stata Janine Costance, poi Catherine Brown e sua cugina Candice, Laura Turner e sua sorella Lise, Sabrina Dowson, Beatrice Jefferson, Sarah Vidal, e quella sera toccava a Regina Miller, figlia dell’avvocato Gregory -collega di lavoro di mio padre- e di sua moglie Danielle.

Sinceramente, non avevo la più pallida idea di chi fosse quella ragazza: non ne avevo mai sentito parlare, finché mia madre non mi aveva annunciato di aver combinato l’appuntamento.
Passai una mano tra i capelli neri e mossi, tanto per poter dire di averli toccati per sistemarli, e poi uscii dalla mia camera, chiudendo la porta dietro di me.
Percorsi il corridoio del piano superiore della casa, scesi le scale ed arrivai nel salone dove vidi mia madre seduta al pianoforte.
Sorrisi nel sentirla suonare e la affiancai.
«Alex» sussurrò quando posai le mani vicine alle sue, rafforzando la melodia.
«Oh, i miei due artisti preferiti» scherzò mio padre entrando in salone, arrivando dalle scale.
Mia madre rise, facendoci sentire il suono cristallino più bello che noi, i suoi due uomini, avessimo mai sentito.
Spostando lentamente le dita da un tasto all'altro, mettemmo fine alla melodia, suscitando un applauso da mio padre e uno sguardo ammirato dalla nostra governante, Chelsea, che entrava in quel momento per aprire la porta al suono del campanello che, mi accorsi solo in quel momento, stava suonando.
«Oh, i Miller!» esclamò mia madre, alzandosi in piedi e lisciandosi con le mani il vestito. «Dai, Alex, alzati!» aggiunse rivolta a me.
Sbuffai leggermente, seguendo lei e mio padre all'ingresso del salotto dove Chelsea avrebbe accompagnato gli ospiti, dopo aver preso i loro soprabiti.
Arrivarono dopo qualche secondo, anticipati dalla governante che li salutò con un inchino del capo prima di andarsene in cucina.
«Gregory, Danielle, Regina... Benvenuti!» li salutò mio padre, stringendo la mano dell'uomo e baciando quella della donna accanto a lui.
«Grazie mille per l'invito, George» disse il signor Miller a mio padre, «Amelia, che piacere...».
«Piacere mio, Gregory. Danielle, che gioia rivederti!» esclamò poi, baciando sulle guance l'altra signora.
Poi mi prese per mano, facendomi avvicinare a loro «questo è il nostro Alexander» mi presentò.
Li salutai come aveva fatto mio padre, aggiungendo un bacio sul dorso della mano della ragazza nascosta dietro ai signori ospiti.
«E lei è la nostra Regina» sorrise Gregory, nel presentarla.
«Molto piacere» aggiunsi.
«Anche per me» replicò prima di salutare i miei genitori.
A cortesie concluse, mio padre fece strada verso il salotto, invitandoli ad accomodarsi per prendere un drink.
I nostri genitori iniziarono a parlare tra di loro; io e Regina, invece, restammo in silenzio intervenendo solo se interpellati.
I discorsi politici dei nostri padri si confondevano con le chiacchiere più frivole delle due signore, ed io guardavo la ragazza seduta accanto alla madre.
Era carina, ma aveva qualcosa che la faceva sembrare quasi sfiorita. Forse il portamento rigido, forse i capelli, biondi e ricci, tenuti in una crocchia seriosa sul capo o gli occhi castani che parevano quasi tristi.
Nella mia mente, una croce rossa si sovrappose al nome "Regina Miller": non sembrava proprio il mio tipo.
La serata, che già mi sembrava inutile, perdeva sempre di più il mio interesse.
«Alexander, perché non ci allieti suonando qualcosa al pianoforte?» chiese mia madre sorridendomi, improvvisamente.
«Certo,» annuii, alzandomi in piedi, «con permesso...» mormorai prima di allontanarmi.
Notai Regina seguire i miei movimenti verso lo strumento, forse le interessava la musica classica.
Appoggiai le mani sui tasti ed iniziai a muoverle dando vita a "Per Elisa" di Beethoven, una delle prime melodie che avevo imparato a comporre.
Quando finii, mi alzai e sorrisi all'applauso scherzoso delle due signore.
«Oh, Alexander, sei molto bravo. L’hai riprodotta benissimo, vero, Regina?» aggiunse Danielle Miller.
«Sì, è vero» annuì lei, imbarazzata e con le guance rosse, abbassando il capo.
«Quest'estate, a Parigi, abbiamo avuto l'onore di assistere ad uno spettacolo di musica classica dato da un conservatorio. Non hai nulla da invidiare loro, anzi, potrebbe essere il contrario! Pensi mai di darti alla musica?» domandò la signora, interessata.
«No, suonare il pianoforte è solo un piacere, per me, signora, ma la ringrazio» risposi, invidiandole il fatto di essere stata a Parigi e di aver persino ascoltato dal vivo un concerto classico.
«Quindi cosa pensi di fare del tuo futuro?» si intromise Gregory Miller.
«Io...» iniziai.
«Alexander vorrebbe arruolarsi, ma io ed Amelia non siamo molto d'accordo» rispose mio padre.
«L'esercito...» mormorò Gregory. «Tutta colpa di questa... pubblicità! Giovani che non sanno nemmeno cosa li aspetta...».
«Sinceramente, signore, desidero solo servire il mio Paese. Non è forse il dovere di ogni uomo?» domandai piccato.
«Sì, certo» sorrise. «Ma credi davvero di essere pronto a tutto quello che ti si presenterà? E non parlo del sangue, dei tuoi amici morti o del tuo stesso rischio di morire. No, non solo di quello. Parlo del dover prendere decisioni difficili in momenti critici, parlo del dover decidere di uccidere un uomo, un ragazzo come te, con una famiglia a casa, magari dei figli, solo perché lui o i suoi superiori hanno idee differenti dalle tue» concluse con sguardo lontano.
«Io... Io so cosa mi si presenterà...» mormorai.
«Oh, ma perché dobbiamo parlare di queste cose poco prima di cena? Spostiamoci nella sala da pranzo, invece» intervenne mia madre parlandomi sopra.
«Sì, è vero. Scusami, Amelia, mi sono fatto prendere dai discorsi» si giustificò l’avvocato Miller.
«Non preoccuparti, Gregory» sorrise mia madre, alzandosi e facendo strada agli ospiti verso l'altra stanza.
«Stai bene?» mi chiese una voce.
Alzai gli occhi dal mio bicchiere e lanciai uno sguardo a Regina, in piedi davanti a me.
«Sì,» annuii, «sto bene» aggiunsi alzandomi, arrivando di una decina di centimetri più in alto rispetto a lei.
«Scusa mio padre, davvero» mormorò. «Lui... è stato in guerra e... a volte esagera.»
«Non importa, non preoccuparti» risposi. «Seguiamo gli altri.»
Ci accodammo ai nostri genitori, raggiungendo la sala da pranzo e sedendoci.
I miei genitori si misero a capotavola, da un lato si accomodarono i signori Miller mentre dall'altra io e Regina.
Presi la bottiglia di vino rosso davanti a me e me ne versai un po'.
«Vuoi?» chiesi alla ragazza.
«Sì, grazie» annuì.
La cameriera entrò con le portate di arrosto e contorni vari, servendo le porzioni già preparate nei piatti.
Non vedevo l'ora che quella serata finisse: era un disastro.

~

«Grazie mille, è stata davvero una bella serata» commentò mia madre mentre i Miller indossavano i propri cappotti.
«Sì, è vero. Ma grazie a voi, per averci invitato» annuì Danielle.
Trattenni un'espressione ironica, del tutto in disaccordo con quelle parole e sorrisi cortese ai saluti, ricambiandoli.
Non appena la porta si chiuse, sospirai.
«Alex!» mi rimproverò mia madre.
«Scusa, mamma. Ma per me, non è stata per niente una bella cena. Quella ragazza non ha spiccicato parola! Quasi preferisco la Brown...!» esclamai, ricordando una delle ragazze che, al contrario, non la smetteva un attimo di parlare.
I miei genitori risero «Oh, beh, è molto timida, Alex...» la giustificò mia madre.
Sbuffai «Sì, ma... neanche una parola!» ripetei facendoli sorridere.
«Comunque, Danielle mi ha detto che sta aiutando ad organizzare la Maratona annuale
[1] che partirà da Grant Park[2]. Mi ha proposto di darle una mano, ed io ho accettato» spiegò.
«Oh,» mormorò mio padre, «sei stata molto cortese, Amy».
«Beh, sai che mi piace dare una mano. Non ho mai organizzato feste sportive. Sono così curiosa!» esclamò facendoci ridere per il suo tono entusiastico.

Due parole...
[1] La Chicago Marathon è nata nel 1905, ed è una manifestazione che esiste tuttora, anche se sotto il nome di Bank of America Chicago Marathon . Non conosco il percorso dei primi anni, ma so che ora partono proprio da Grant Park.
[2] Grant Park
è realmente un parco di Chicago, uno tra i più importanti.

Dopo avervi spiegato le due annotazioni più importanti, passo alle mie considerazioni in merito alla storia.
Praticamente è la prima originale che scrivo, avrei fatto un altro tentativo tempo fa ma è stato sospeso e mai ripreso.
Questa storia inizialmente era stata creata come una fanfiction sul paring Edward/Bella di Twilght. L'avevo anche iniziata (ora provvederò a cancellarla, però) e anch'essa sospesa a causa di problemi personali.
Adesso avevo pensato di riprenderla, ma poi con il sostegno di LyraWinter (sì, è grazie a te e lo sai) ho deciso di trasformarla in un’originale.
Sono terrorizzata, sì.
Spero davvero di riuscire a portarla a termine perché significherebbe molto per me sapere di aver potuto creare una storia totalmente mia, con personaggi ed intrecci solo miei.

Nello stesso modo, spero vi piaccia e che mi seguirete fino alla fine.
Ho molte idee in testa per questa storia!
Per chi non mi conosce, vi avverto già che io aggiorno una volta a settimana (credo al giovedì adesso) e che dopo due-tre giorni dal post, nel mio blog metto un piccolo spoiler.
Se avete domande contattatemi tranquillamente, anche se volete dirmi che questo capitolo è orribile (spero di no, dai!)!
Ora scappo a mangiare la mia torta di compleanno,
a presto!


   
 
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