Dark Paradise
Capitolo
I
«Mi raccomando
Bulma, partorisci un bel bambino!»
Bulma
si scosse leggermente dalla sua posizione apatica al ricordo di quelle parole;
si era chiesta spesso, in quegli ultimi 6 mesi cosa potessero significare
quelle parole di Goku, pronunciate in maniera così strana e in un momento così
poco adatto.
Ricordava
ancora bene il rossore sulle guance di Yamcha e la sua sorpresa nell’udire quella
frase, anche se doveva ammettere che quelle semplici parole avevano svegliato
in lei delle domande, dei dubbi.
Avere
dei figli, mettere su famiglia.
Con Yamcha.
Ecco,
di nuovo quella stonatura. L’aveva percepita allora e continuava a sentirla
ogni volta che il groviglio dei suoi pensieri la spingeva verso quella
direzione.
Sentiva
come se fosse qualcosa di sbagliato, non era l’idea di formarsi una famiglia
che non le andava a genio ma l’idea di formarla con il suo attuale fidanzato.
Scosse
la testa, dandosi della sciocca. Lei amava Yamcha e diventare sua moglie non
doveva forse essere il coronamento del suo sogno d’amore?
Sognava
l’amore e il principe azzurro fin da quando era piccola e aveva realmente
creduto di averlo trovato in lui, specialmente la prima volta che avevano fatto
l’amore. Ricordava che aveva sentito le scintille dentro e aveva davvero
pensato che l’amore era quello, che l’aveva finalmente trovato.
Però
da quando era tornata da Namecc le cose erano del tutto cambiate, non solo le
fantomatiche scintille che il suo cuore di sedicenne ricordava di averle fatto
sentire si erano completamente estinte ma iniziava pian piano a vedere quanto
fosse maturata rispetto all’uomo che le stava accanto.
Desiderava
davvero crearsi una famiglia con una persona per cui aveva smesso di provare passione,
trasporto? Voleva un bene immenso a Yamcha e sempre gliene avrebbe voluto ma
l’amore dov’era?
Seduta
nel suo ufficio, dopo mesi in cui s’interrogava e trovava sempre scuse per
evitare di rispondersi, finalmente trovò il coraggio di dire quello che sentiva
dentro.
«Non
c’è più.» sussurrò al vuoto della sua stanza, sentendosi liberata da un peso
enorme e al contempo colpevole di qualcosa che neanche lei spiegarsi.
Sospirando
decise che quel giorno non era sicuramente il più adatto per lavorare e quindi
tanto valeva tornare a casa, alla Capsule Corporation.
Prese
velocemente il giubbotto ed uscì veloce dalla stanza, tentando di scappare dai
suoi stessi pensieri.
In
procinto di arrivare a casa a bordo della sua macchina volante la prima cosa
che le saltò all’occhio fu ovviamente la Gravity Room dove si allenava quel
folle, quello scimmione.
Già
una volta, appena qualche settimana fa, a causa dei suoi continui e troppo
faticosi allenamenti aveva rischiato di rimetterci la vita, facendola
preoccupare moltissimo.
Perché
esagerava in quel modo sovrumano? Si domandava costantemente, vedendolo sempre
allenarsi con sforzi inauditi, tentando di aumentare la sua forza oltre ogni
limite.
Non
era alimentato dallo stesso desiderio di Goku, lui non voleva salvare la Terra,
anzi provava tutt’altro che sentimenti amichevoli verso di essa e verso i suoi
abitanti, come spesso le ricordava.
Vegeta
voleva soltanto essere il più forte.
Crescere
e migliorare la propria potenza sempre di più, battere Goku e non avere rivali
sembravano gli unici scopi della sua vita.
Possibile
che non sentisse altro? Possibile che la sua natura lo portasse ad avere solo
pensieri di questo genere?
Atterrando
sul giardino della sua casa si domandò perché continuavano a venirle in mente
quelle questioni. Cosa importava a lei di quel Saiyan troglodita? Delle sue
motivazioni, dei suoi pensieri?
Alzò
la mano muovendola come per togliere degli insetti invisibili e troncò le sue elucubrazioni
incolpandole semplicemente alla sua curiosità femminile che da sempre l’aveva
contraddistinta.
Stava
per entrare verso casa, con i pensieri finalmente rivolti a tutt’altra parte,
quando sentì il rumore della porta della GR, guardò l’orologio e vide che
effettivamente era ora di cena per il Saiyan.
Se
cena si poteva chiamare la quantità immensa di cibo che era capace di ingoiare
quel pozzo senza fondo.
Si
voltò a guardarlo ed infatti lo vide uscire a passo veloce dalla sua camera di
allenamento.
Non
poté evitare di sentire un brivido caldo lungo la schiena quando lo vide
avanzare verso la porta, quel fisico, quello sguardo erano qualcosa di
assolutamente meraviglioso.
Sapeva
quanto male aveva fatto Vegeta e quanta paura le avesse messo lui stesso su
Namecc ma non poteva evitare di pensare che fosse sì un assassino, ma
sicuramente il più bello e sensuale che avesse mai visto.
Quale
donna poteva rimanere immune a tanto fascino?
Vegeta
le era arrivata quasi vicino, aprì la bocca per salutarlo ma lui le passò
davanti senza degnarla di uno sguardo, di un saluto.
«Ma
dico io, ti sembrano forse modi educati questi?!» iniziò infatti a strillare
Bulma furiosa «Mi passi davanti e non ti degni neanche di accennare un saluto?
Mi ignori semplicemente?! La tua mancanza di educazione è proprio ai livelli
delle scimmie.» finì di gridare, ricordandogli come lei non si facesse mettere
i piedi in testa da nessuno.
«Hai
finito di starnazzare, inutile donna? Non sono minimamente interessato ad usare
la mia educazione con te, non vedo proprio alcun motivo per salutarti se e
quando sfortunatamente ti vedo!» controbatté Vegeta per poi aprire la porta e
sparire dentro la casa, inseguito però da una Bulma sempre più furiosa.
«Ah
sì? Non sei interessato? E allora cosa vivi a fare nella mia casa! Vattene! Se
il solo vedermi è per te una sfortuna non vedo perché il principe dei Saiyan
dovrebbe infliggersi questa penitenza ogni santo giorno! Ah però certo, c’è
l’inconveniente che qui sei servito e riverito, con tanto di vitto, alloggio e
allenamento! Che io ti ho gentilmente offerto! Perciò se vuoi continuare a
restare in questa casa impara ad utilizzare anche un minimo di educazione, se
non è chiedere troppo per il tuo cervello da scimmione!» concluse Bulma con le
guance rosse dalla rabbia e dalle urla.
Vegeta
si era fermato al centro del salone, poco distante la cucina e quando aveva
sentito scendere il silenzio si era voltato a guardarla minacciosamente.
«Se
non la smetti di gridare e tentare in qualche patetico modo di convincermi a
fare ciò che vuoi, la mia educazione si limiterà ad ucciderti.» disse sibilando
parola per parola, per poi andare verso la cucina.
Il
suo sguardo era gelido e Bulma lo riconobbe come lo sguardo che Vegeta usava
durante le battaglie, mentre le sue minacce si trasformavano in realtà.
Eppure non riuscì
ad avere paura.
Lei
sapeva che non era in pericolo, anche se non sapeva spiegarsi perché.
«Non
mi fai paura!» disse con voce ferma, in attesa di una risposta che però non
arrivò a causa delle parole della mamma di Bulma che iniziarono a riempire la
casa.
«Ma
perché voi due state sempre a litigare? Vegeta caro, vuoi che ti cucini
qualcosa? Bulma dai vieni a cenare anche tu.»
Il
Saiyan si limitò a rispondere con un cenno mentre Bulma declinò l’invito
dirigendosi verso la sua stanza masticando un insulto dietro l’altro.
L’arrabbiata
scienziata, appena entrata nella sua stanza, si buttò sul letto sentendo
rilassare i suoi muscoli insieme a residui della sua rabbia.
Quel
Vegeta poteva anche essere stupendo ma il suo carattere era tra i più brutti e
sgarbati che avesse mai conosciuto.
A
nulla servivano le sue buone maniere, le sue premure, le sue gentilezze per
renderlo di animo più sereno e gradevole.
Si
disse che doveva smettersi di comportarsi da persona educata, che la sua parte
da donna altruista l’aveva fatta quando l’aveva invitato a casa sua e
continuava a farla.
Non
era compito suo tentare di rendergli la sua vita sulla Terra più gradevole,
specie se tutti i suoi sforzi sfociavano nelle minacce.
Stanca,
alzò il telefono e decise di chiamare Yamcha.
Doveva
ancora mentalmente valutare ciò che aveva detto al vuoto del suo studio.
«Pronto,
Yamcha?» disse appena sentì un rumore all’altro capo.
«Ehi,
piccola, tutto bene?» le rispose premuroso.
«Sì,
tutto apposto. Senti ti andrebbe di vederci? Per stare un po’ insieme.» propose
tentando di manifestare entusiasmo.
«Sì,
certo! Finisco l’allenamento e tra un’oretta ti raggiungo a casa d’accordo?»
replicò caldamente lui.
Bulma
sorrise per poi chiudere quindi la conversazione.
Pensò
che forse ritrovare un po’ di sintonia con Yamcha le avrebbe fatto passare
quelle sensazioni e decise di mangiare qualcosa in sua attesa.
A
quell’ora lo scimmione probabilmente era tornato nella GR quindi poteva
scendere senza problemi.
Arrivata
alla cucina le sue previsioni si ritrovarono esatte, infatti vi trovò solo
silenzio ad attenderla. E nessun Saiyan pensò stizzita.
Mentre
consumava la sua cena improvvisamente, però sentì la porta della casa che
veniva aperte e sbattuta in malo modo e sospirò al sentire Vegeta che si
avvicinava verso di lei, chissà cosa altro aveva rotto.
«Ehi
tu, donna! Questi aggeggi hanno smesso di funzionare! Me ne servono di nuovi e
subito quindi vedi di metterti a lavoro.» disse Vegeta entrando nella cucina e
sbattendo sul tavolo quattro macchinari che aveva completamente distrutto.
Senza
neanche attendere una risposta da parte di lei, il Saiyan si limitò a ridirle
di muoversi per poi riuscire nel giardino verso la GR.
Bulma
dovette racimolare tutta la sua pazienza per non esplodere dalla rabbia e
andare a rigettare dentro quell’odiosa macchina tutti e quattro le sue
creazioni, si calmò decidendo che Vegeta non meritava la sua ira e che
gliel’avrebbe fatta pagare facendolo aspettare.
Il
lavoro poteva farlo tranquillamente la mattina dopo. O il pomeriggio dopo.
Tentò
di finire la cena e poi andò a sdraiarsi nel divano in attesa di Yamcha,
cercando di guardare un po’ di televisione.
Cosa
che risultò difficile quando aveva solo in mente il pensiero di andare a strozzare
Vegeta una volta e per sempre.
Per
quale diavolo di motivo l’aveva invitato nella sua casa? Cosa c’era di
sbagliato nel suo cervello da farle fare sempre azioni stupide?
E
benché la risposta fosse seppellita da qualche parte dentro di lei non era assolutamente
dell’umore per farla venire fuori.
A
salvarla, dopo venti minuti, fu il campanello. Yamcha.
Radiosa
di potersi distrarre Bulma corse veloce alla porta dove il fidanzato le
sorrideva dolcemente.
Lo
fece entrare ed iniziarono a guardare un po’ di televisione insieme mentre lei
si accovaccia al petto di lui che le carezzava lentamente la testa.
Parlando
del più e del meno Bulma figurò davanti a sé quella che sarebbe stata la sua
vita con Yamcha, con suo marito.
Ebbe
la certezza che era quello ad attenderla, quelle serate davanti al divano, quel
calore sopra la testa, quella sensazione di familiarità, con Yamcha che ogni
due tre minuti diceva qualche battuta sciocca e un po’ inutile.
E
si spaventò.
Quella
visione la fece sobbalzare e le procurò una paura fortissima.
Non voleva quella
vita.
Quella
monotonia, quel calore così tiepido, quelle frasi così vuote. Se da sedicenne
pensava che l’amore fosse quello aveva preso proprio un abbaglio terribile.
L’Amore
doveva bruciarle ogni singola parte del suo corpo, l’amore avrebbe dovuto
impedire loro di stare semplicemente seduti a guardare la tv, l’amore avrebbe
dovuto incollare le loro labbra facendo ardere i loro cuori.
Pensò
che era decisamente il caso di mettere al corrente Yamcha di quei pensieri,
magari avevano solo bisogno di vivacizzarsi un po’.
«Yamcha…
Non credi che da qualche tempo manchiamo un po’ di passione?» gli disse
infatti.
Lui
sorrise maliziosamente a quelle parole e per tutta risposta iniziò a baciarla
intensamente.
Bulma
ovviamente ricambiò però il suo primo pensiero fu che non intendeva esattamente
quello, la verità è che neanche lei sapeva cosa stava cercando in Yamcha.
«Mi
fermo qui stasera, direi…» dichiarò lui boccheggiando tra un bacio e un altro.
Lei
annuì anche se continuava a trovare quella situazione inadatta. E non capiva perché.
Ormai
sdraiati sul divano però furono interrotti dal rumore della porta che sbatteva
violentemente.
Bulma
si alzò di colpo sapendo cosa era venuto a chiedere Vegeta entrato così poco
delicatamente in casa. Lui non parve notare minimamente la situazione che aveva
interrotto e si diresse subito verso la cucina per poi tornare furioso davanti
a Bulma.
«Donna
dove sono i miei strumenti riparati? Ti avevo detto che dovevi metterti subito
ad aggiustarli!» disse furioso nella sua direzione.
Bulma
s’impose di mantenere un atteggiamento distaccato. «Possono aspettare domani,
ora non ho nessuna voglia di lavorare, è sera e sono stanca.» rispose infatti
alzandosi in piedi per fronteggiarlo, mentre Yamcha si limitava a fissare in
cagnesco il Saiyan.
«Era
un ordine! Non mi sembra di averti chiesto se ti andava di farlo o per favore!
Dovevi farlo!»
La
calma di Bulma ovviamente non resistette a lungo e dopo quell’ultima risposta
esplose nella stanza.
«So
benissimo che non mi hai chiesto ‘per favore’ ed è esattamente il motivo per
cui non l’ho fatto! Non sono la tua serva, non accetto i tuoi ordini, non
ammetto che tu mi comandi! Non puoi obbligarmi a fare niente! Se usassi un
briciolo di gentilezza potresti ottenere molti più risultati!» gridò infatti
mentre le orecchie dei due ragazzi furono distrutte dalla sua voce.
«Io
sono il principe dei Saiyan, non mi abbasserò mai a chiedere per favore,
soprattutto ad una stupida terrestre che sa solo gridare!» urlò lui di rimando
per poi uscire di nuovo in giardino per evitare di sorbirsi ulteriori grida a
volume altissimo.
«E
allora dovrai aspettare! Aggiusterò le cose che tu rompi solo e quando ne avrò
voglia!» concluse lei con l’adrenalina che le circolava nel corpo e il fiato
corto.
Yamcha
si alzò per poggiarle una mano sulla spalla, tentando di calmarla.
«Per
quale motivo continui ad ospitare quell’assassino in casa? Un giorno ti farai
uccidere Bulma!» disse tentando di farla ragionare.
«Quello
che ho detto a Vegeta vale anche per te Yamcha, nessuno può dirmi cosa devo
fare! E poi lui non mi ucciderà.» rispose mentre ancora la rabbia le ribolliva
nel corpo.
«Quanto
sei testarda! Non puoi sempre ragionare in questa maniera, devi finirla di
cacciarti nei pericoli!»
Bulma
si trattene poiché pensò che in fondo Yamcha diceva quelle cose solo per
proteggerla, non per comandarla.
Ammorbidendosi
si girò e riprese a baciarlo dicendogli di salire nella sua stanza, cosa che lo
fece subito calmare.
Dopo
qualche ora di passione Yamcha dormiva placidamente al fianco di Bulma che,
nonostante tutto, non era riuscita a mettere un freno ai suoi pensieri.
Anche
fare l’amore con Yamcha non aveva fatto altro che aumentarle i dubbi e la
certezza che lui non fosse l’uomo adatto a lei si faceva sempre più strada
dentro di lei.
Stanca
e affranta dalla piega che la situazione stava prendendo si alzò per andare a
bere in cucina e per prendere un po’ di aria visto che le sembrava di soffocare
in quel momento.
Chiudendosi
nella sua vestaglia azzurra iniziò a scendere le scale nel silenzio della sua
casa, dalla porta dei genitori sentì il russare di suo padre che copriva il
calmo respiro della madre e dal giardino non proveniva nessun rumore, segno che
il Saiyan per quella sera avesse concluso gli allenamenti.
Entrò
in cucina, aprendo la luce che l’abbagliò e il suo sguardo cadde subito sui
marchingegni rotti da Vegeta.
Sbuffò
di nuovo stizzita al ricordo e prese un bicchiere d’acqua tentando di ignorare
la rabbia.
Poi
si sedette al tavolo e iniziò ad osservarli con occhio critico per vedere
quanti danni avesse procurato lo scimmione.
Ne
prese uno in mano e cominciò a sistemarlo, per quanto poteva in quel momento
visto che non aveva strumenti, tentando di distrarsi e di svagarsi la mente.
Dopo
qualche secondo avvertì il respiro di qualcuno e girando l’occhio verso la
porta notò che c’era Yamcha sull’uscio che la fissava pensoso.
«Tesoro… Non riuscivo a dormire.» iniziò con un sorriso per
spiegare la sua presenza in cucina.
«Bulma
da qualche tempo io davvero non ti riconosco più.» disse invece lui con voce
gelida e facendole sbarrare gli occhi dalla sorpresa.
Che
avesse capito i dubbi che le tormentavano l’animo?
«Che
cosa vuoi dire?»
«Sei
strana, distante, non avevi mai lasciato il letto dopo essere stata con me. E l’hai
fatto per venire a riparare questi cosi per
quell’assassino che fai vivere in casa tua!» continuò freddo e afferrando uno
degli aggeggi per poi guardala con disprezzo.
«Ma
che cosa dici? Non mi sono alzata per fare un favore a Vegeta! Come ti possono
venire in mente queste assurdità?» iniziò a gridare lei tentando di mantenere
basso il tono della voce per via dell’ora.
«Certo,
continua a raccontarmi bugie! Da quando sei tornata da Namecc
io non riesco più a riconoscerti…»
«Sono
semplicemente cresciuta Yamcha! Cosa che dovresti deciderti a fare anche tu!»
«Non
te ne uscire con la solita storia che io sono immatura perché quella che fa
atti completamente sconsiderati qui sei tu!»
«Io?
E quali sarebbero? Sentiamo!»
«Tenere
in casa quel verme è l’azione più folle che un uomo sano di mente farebbe Bulma
e tu ti ostini a non spiegarmi il vero motivo per cui lo fai restare qui!»
«Perché
non ha una casa! Perché fra tre anni avremo bisogno anche del suo aiuto per
battere quei cyborg, perché che ti piaccia o no è l’unico a raggiungere i
livelli di Goku! Non puoi essere geloso di lui!» gridò iniziando ad urlare,
sopraffatta dalla rabbia.
«Non
sono geloso… Mi preoccupi però!»
«Non
devi esserlo d’accordo?» disse lei prendendogli una mano. «Io sono qui, con te.»
Bulma
pronunciò con convinzione quelle parole ma si accorse subito che non stava
tentando di convincere lui ma se stessa e che continuava a non crederci.
Lui
invece parve rassicurato e baciandola le chiese di tornare sopra con lei.
Bulma
lo seguì ma decise in quel momento che presto avrebbe dovuto lasciarlo.
Avrebbe
voluto sempre bene a Yamcha ma non lo amava.
Non più.
Fine
del primo capitolo.
Salve
** avevo quest’idea di scrivere la mia versione di come sia nato l’amore tra
Vegeta e Bulma e finalmente ho deciso di scriverla.
Sarà di pochi capitoli e non temete, li ho già scritti, quindi aggiornerò in
pochissimo tempo :)
Nei
prossimi capitoli spiegherò anche il significato del titolo.
Ho
voluto iniziare proprio dal principio, ovvero dalla rottura del rapporto tra
Yamcha e Bulma, secondo me lei non lo ha lasciato preferendolo a Vegeta xD
C’è,
come vedrete, ovviamente già qualcosa dentro di lei ma si limita a un fascino
misto ad odio verso il nostro Saiyan, prova in ogni caso emozioni molti più
forti verso di lui che verso Yamcha, anche se negative.
Ma
come detto spero per Yamcha e così è nella mia storia che non sia stato Vegeta
il fattore determinante.
Un
bacio e commentate in tanti *_*
Questa fanfiction ha partecipato al contest La notte degli Oscar indetto su Writers Arena Rewind
EclipseOfHeart