You're
the one I chose to love
Prologo,
mi presento.
Salve,
mi chiamo Emanuela ed ho
14 anni, per adesso.
Ho i capelli rossi (tinti) e gli
occhi castani.
Vesto in maniera da degno figlio
di satana, come amano etichettarmi le vecchiette sul bus che mi
guardano male
sussurrando “ah, i giovani di oggi!”.
Che poi, pensandoci, non vesto
poi così stranamente, perché me li passo tutti
gli stili, prima o poi. Ma non è
questa la cosa importante.
Vivo in una città del sud che
reputo praticamente come una prigione, ho avuto la fortuna di stare
economicamente bene, ho una bella casa, due genitori, due fratelli e
una
cognata che vive in casa.
Dicono di me: ho un’indole
abbastanza irascibile, liberatoria. Sono cinica e testarda, ma ho un
gran
cuore, sono allegra e intelligente ma sono terribilmente timida.
Le mie passioni: io vivo di esse,
amo la musica, difatti suono chitarra acustica ed elettrica, basso e
pianoforte
e, inoltre, canto ed è il sogno della mia vita. Insomma, non
vi è mai capitato
di mettere la musica a tutto volume senza prestar attenzione alla gente
del
condominio che viene a suonarti al campanello, attaccare la tua
chitarra
elettrica all’amplificatore, salire sul letto e cominciare a
cantare e suonare
all’impazzata facendo finta di essere su uno dei
più grandi palchi di New York
e sentirsi chiamati dal pubblico in estasi? No? Beh, provateci.
La mia forte passione per la
musica è nata circa in quinta elementare quando, dopo
essermi ripresa dalla mia
fissa per Hilary Duff, ho cominciato a seguire quella che, adesso,
è diventata
la ragione del mio sorriso: Avril Ramona Lavigne, una nana canadese con
due
occhi color del mare, un nasino a punta e una voce stupenda.
Ovviamente, in
quattordici anni, i miei orizzonti si son ampliati e non ascolto solo
lei (seppur
io continui ad amarla più di ogni altra cosa), difatti seguo
anche i miei tre,
pazzi, marziani, niente poco di meno che i Thirty Seconds To Mars! E,
dati la
mia cantante e la mia band preferita viene il turno di tutti gli altri:
Paramore, Sum 41, Green Day, The Pretty Reckless e, stranamente, One
Direction
e un ragazzo uscito da Amici, ovvero Pierdavide Carone.
Mettendo un attimo da parte la
mia pallosa presentazione tengo a motivare il perché dei due
ultimi nomi, no,
perché potrebbe sembrarvi strano letti tutti i precedenti,
beh: gli One
Direction mi piacciono perché hanno, tutti e cinque, delle
voci veramente
spettacolari e particolari, me ne sono subito innamorata, Pierdavide,
invece, è
un cantautore che stimo in una maniera assurda, ha una voce particolare
e i
suoi testi hanno un significato, nulla a che vedere con ciò
che si sente adesso
e, inoltre, è uno dei pochi che parla d’amore,
sì, ma non in maniera
sdolcinata, ma reale. Pierdavide è la ragione per cui non ho
un brutto
pregiudizio verso i giovani che cominciano dai talent,
perché il talento non è
morto.
Oh, sì. Devo continuare con le
mie passioni (?). Mi piace scrivere, leggere, guardare anime e leggere
manga,
recitare, ballare, collezionare e pattinare sul ghiaccio.
Finito di chiarire questo punto,
posso dirvi di avere due migliori amici, un maschio e una femmina,
entrambi con
la A come iniziale ed entrambi con gli occhi azzurri come il cielo:
Alessandro
e Alice.
Il primo è un amico d’infanzia,
lo conosco da sempre e con lui ho un rapporto meraviglioso, senza non
potrei
seriamente vivere, ormai è come se facesse parte di me.
Alice, invece, la
conobbi ad una scuola di danza moderna, siamo praticamente come
sorelle,
condividiamo tutto come, ad esempio, gli abiti Abbey Dawn (linea
d’abbigliamento
firmata da Avril Lavigne) che compriamo dividendoceli, così
da avere sempre
l’intera collezione.
Per finire, giusto per non farvi
chiedere “chi cazzo è?”, vi scrivo
alcuni nomi di amici che sentirete spesso:
Marco (che vive nel mio stesso condominio, la porta di fronte alla
mia), Luca e
Diego (fratelli, vicini di casa che sì, sono quei due
chiamati Sonohra alla
quale varie ragazzine vanno dietro e sì, sono nati a Verona
ma non viviamo lì e
quindi non ho sbagliato a dire di stare al sud), Martina ed Eliana
(compagne
delle medie con cui ho mantenuto i rapporti), Tania (compagna delle
elementari
con cui passo ancora tantissimo tempo), ed infine Giulia e Carlo, altri
due
compagni delle medie che mi accompagneranno durante il percorso
scolastico
delle superiori che comincerò esattamente domani.
Oh sì, dimenticavo di dirvi la
cosa più importante: manca poco al compimento del mio
più grande sogno, già,
mancano solo due giorni al 10 settembre, difatti mi trovo a Roma con la
mia
famiglia e la mia migliore amica, vi starete chiedendo
perché. Eh beh, il 10
settembre Avril Lavigne fa tappa a Roma, la seconda delle tre tappe
italiane
del Black Star Tour, nulla da dire: sarà il giorno migliore
della mia vita.
The
Black Star Tour.
Oggi
è il 10 settembre e io e
Alice portiamo leggeri abiti della linea d’abbigliamento di
Avril, zaino in
spalla pieno zeppo di acqua fredda e snack. Ci troviamo davanti ai
cancelli del
Pala Lottomatica e siamo in fila sotto il sole sciogliendo
letteralmente.
Ci sono urla e pianti ancor prima
di entrare, bancarelle provviste di ogni qualsivoglia tipo di gadget.
Scrutiamo un po’ tra la folla e
decidiamo di chiamare al cellulare una’altra delle nostre
amiche fan di Avril,
Miriam e dopo Assunta. Riusciamo a rintracciarle e ci raggruppiamo.
La prima l’abbiamo conosciuta
durante un’occasione che vi racconterò in seguito,
anche lei è della nostra
stessa città. La seconda, invece, l’ho conosciuta
su una chat online ed è di
Bari, Alice la incontrerà per la prima volta oggi. Ridiamo e
scattiamo foto mentre
il tempo passa e presto si comincia ad avvertire un’aria
più nervosa, si
comincia con il conto alla rovescia. Cominciamo ad ammassarci e le
guardie ci
incitano a calmarci, arrivato il nostro turno mostriamo il biglietto e
cominciamo a correre per le scale che porteranno all’entrata
del luogo che
avrebbe per sempre segnato la mia mente.
Correvo incredula cosciente di
star per accedere come ad un paradiso abitato da un solo angelo
terrestre.
Lei è il mio idolo e io non posso
reprimere queste emozioni.
Entriamo e l’attesa è straziante,
avanziamo per il parterre a forza di spintoni e riusciamo a raggiungere
un
posto abbastanza vicino al palco.
Miriam continuava a scattare foto
che certamente, in seguito, mi sarebbero state utili, ma non in quel
momento,
non riuscivo nemmeno a ragionare pensa a scattare foto.
Le urla erano schiaccianti e per
un attimo pensai di essere lasciata indietro, tuttavia partirono le
prime note
di Black Star e lei entrò, era magnifica dal vivo ed era
certamente più bassa
di quanto pensassi.
Però era favolosamente reale,
nulla in confronto a come la si vede nelle foto, era lì, sul
serio.
Cominciai a piangere, non riuscì
a trattenerlo.
Lo ammetto, avevo già incontrato
Avril Lavigne ma non ero mai stata ad un suo concerto, esso
è arrivato quando
ne avevo più bisogno, quando l’ansia per
l’arrivo di una nuova vita mi stava
schiacciando, lei è sempre stata puntuale.
La sua voce echeggiava nella
grande sala, le urla erano terribilmente fastidiose ma
riuscì a sentire solo
lei, camminare per il palco con il suo meraviglioso sorriso, mentre
cantava una
dolce canzone accompagnata da svariate luci e fumi colorati.
19
Settembre.
Oggi
ricomincia la dannatissima
scuola.
Preparo la cartella, chiamo mia
madre e mi faccio accompagnare a scuola.
Prima facciamo una sosta a casa
di Ale che sale in macchina, sì, frequentiamo la stessa
scuola ma siamo in due
indirizzi diversi, indi per cui è impossibile star nella
stessa classe.
Arriviamo a scuola e ci
dividiamo, trovo Carlo e Giulia e ci sediamo sulle sedie
nell’aula magna per
subirci, oltre al soffocante caldo, la noiosa storia del preside: non
si arriva
in ritardo, non si usano i cellulari, studiate! Ed ecco che comincia la
terribile
marcia verso l’inferno: lo smistamento in classi ed ecco che
inizio a pensare in
modo idiota “non serpe verde, non serpe verde”,
aspettandomi un cappello
parlante che mi risponda (?). Insomma, vi ricordate il primo giorno di
scuola
alle superiori? Quando stavi praticamente morendo dentro a causa
dell’ansia?
Perché eri piccolo, e andava bene?
Oh, ecco che mi viene in mente
Fifteen di Taylor Swift.
Si giunge alla sezione D molto
velocemente ed io, avendo il cognome cominciante per C, vengo chiamata
praticamente all’inizio. Okay, calma, devo solo non cadere,
posso farcela.
Andiamo, lo sappiamo tutti che il
primo giorno di scuola si fa sempre una figura di merda.
Però ce la faccio, riesco ad
arrivare al traguardo senza cadere, aspetto Carlo e Giulia e comincio a
guardarmi intorno. Alla prima occhiata, tra i miei compagni, non vedo
nulla di
particolare e, di conseguenza, non mi interesso a nessuno di loro.
Conclusosi l’appello arriva la
signora che sarebbe stata la nostra professoressa di lettere per i
prossimi
cinque anni. Cerchiamo una classe perché sì, la
mia scuola è immensa e non riusciamo
a trovarla, alla fine ci accomodiamo in una di esse (che non
è la nostra) e ci
presentiamo, la professoressa è la solita buona/pezzo di
pane ma bestia se si
arrabbia, che comincia a farci gli altrettanto soliti discorsi da mamma
tanto
quanto impicciona e poi ci chiede di presentarci. La mia presentazione
è stata:
“Mi
chiamo Emanuela, nome che odio perché è
decisamente troppo lungo.
E,
riassumendo, ho molte passioni”.
Eccola
la mia presentazione, corta e recitata con l’entusiasmo
di un bue.
Ovviamente, la prof della comprensione non può accettarlo,
difatti mi chiese che genere di passioni, okay, quella parte dovevo
evitarla:
“Tante
e varie, ma quella che coltivo da più tempo e che
amo
di
più è decisamente cantare, in inglese, per
puntualizzare”.
Dal
mio posticino all’ultimo banco cominciai a scrutare la
classe che, purtroppo, si presentava ai miei occhi sempre uguale:
l’eterno
ripetente, la trasgressiva, la fumatrice accanita, la grassona che si
crede
bellissima, la capoclasse, quella che tra un paio di giorni
comincerà a farsi
conoscere, l’asociale, l’alternativa, il metallaro,
il fighettino, la tamarra,
la chiacchierona, il finto secchione e l’idiota.
Ci sono tutti.
La professoressa, dopo, ci fece fare per iscritto la nostra
presentazione personale, nel più dettagliato possibile,
queste presentazione
sarebbero poi girate fra i banchi, insomma, in modo da far
‘conoscere’ la
classe, tuttavia non mi privai di scrivere nulla di ciò che
ritenni importante.
Al momento della circolazione stetti ben attenta ad osservare il
mio foglio, tanto per capire in quali mani sarebbe andato, tuttavia lo
persi di
vista, a me invece a capitato quello della trasgressiva, nulla di
interessante
in quanto ha praticamente detto soltanto che la sua unica passione
è dormire.
Suonò, finalmente, la campanella che segnò
l’inizio della
ricreazione, anche se, a dire il vero, la campanella sembrava
più un allarme
che una campanella vera e propria.
Mi recai fuori, alla ricerca di un bar che si sa per certo di
trovare nei pressi di una scuola superiore, per poi tornare a scuola
alla
ricerca di Ale, quando aspettavo le mie patatine fritte
–rigorosamente con
salsa rosa- notai un tizio che mi osservava, avete presente il
fighettino di
cui ho parlato prima? Ecco, lui.
Incontrai Ale e ci scambiammo i racconti delle prime due ore
scolastiche da liceali, una più sputtanata
dell’altra, ma andammo avanti.
Finì la ricreazione e tornai in classe, anche se, a dire la
verità, tornarci fu un’impresa.
La mia scuola è decisamente troppo dispersiva, infatti
arrivai
tardi al ritorno dalla ricreazione già il primo giorno,
maledizione.
Durante le ultime due ore abbiamo avuto
‘l’onore’ di fare la
conoscenza della nostra professoressa di scienze della terra e del
professore
di matematica, so che io e lui non saremmo andati molto
d’accordo.
La giornata scolastica finì e tornai a casa.
Il mio primo giorno da liceale è stato come un altro
qualsiasi
primo giorno di scuola, anzi, forse è stato il
più noioso, ah, quanto amavo le
medie.
Il fatto è che alla scuola media la mia classe era sul serio
unita, andavamo tutti d’amore e d’accordo, ed
è per questo che, per la prima
volta, ho potuto passare serenamente le mie giornate a scuola, senza
nessun
tipo di imbarazzo dovuto alla timidezza, adesso però
è diverso, ho praticamente
perso ogni qualsivoglia tipo di interesse nel socializzare con i miei
compagni
di classe, constatato che sono sicuramente persone con la quale non
avrei nulla
di cui parlare, io ho i miei amici e mi vanno bene quelli.
Tuttavia i miei compagni non capiranno questo e continueranno a
discutere sul fatto che la classe è divisa in due gruppi e
che è colpa nostra,
quando noi ce ne fottiamo altamente.
Dico io, ma che vi frega? Voi vivete, noi pure, pace e amore,
no?
Oh sì, io amo la mia camera, un giorno di questi ve la
descrivo.
Prendo la luce dei miei occhi (?), il mio fottuto amato computer
portatile, metto su “Let Go” di Avril e chiamo la
vera luce dei miei occhi, la
mia migliore amica.
Ci scambiamo i racconti dei rispettivi primi giorni da liceali e
stabiliamo un giorno in cui fare una bella serata tutto film, musica e
cibo a
casa mia.
Una
(o forse due) settimana dopo.
Dato
che, a causa della corta memoria che mi ritrovo, non ho
idea di quante settimane siano passate dal giorno dell’inizio
della scuola, mi
limito a dire che sono passati parecchi giorni.
Durante questa settimana ho socializzato solo con due persone
che mosso ritenere amici e non compagni di classe, ovvero Martina detta
Mars,
l’unica stranamente
normale, che
condivide pressappoco i miei stessi interessi (manga e anime, lettura,
amore
per One Direction) e Rosario, l’eterno ripetente che,
nonostante rimanga un
bimbo minchia, è piuttosto simpatico, per lui è
come se ci conoscessimo ormai
da anni.
Oggi è un tanto normale quanto noioso giorno di scuola e le
mie
–pettegole- compagne di classe hanno vuotato il sacco:
è impossibile non notare
che sia all’arrivo a scuola, alla ricreazione che
all’uscita io stia con Ale e,
ovviamente, a loro rode, perché Ale è
meraviglioso (oh, sì che lo è) ed è a
dir
poco impossibile che si caghi una cacchetta timida come me, ragion per
cui non
hanno resistito e mi hanno chiesto qualcosa al riguardo, ottenendo da
me solo
un “non sono affari vostri”, con aria
apparentemente gentile.
Più tardi, durante la ricreazione, notai ancora il
fighettino
(Salvatore, detto Salvo) fissarmi, lo fa molto spesso ultimamente e,
inutile
dire, a me non fa affatto piacere.
Andiamo, cosa pensi quando un tuo quasi coetaneo ti fissa in
continuazione? O è uno stalker o ti vuole.
In entrambi i casi, la cosa non è per me.
Comunque sia, Rosario, il mio caro,
fottutissimo, amico ha capito questo mio disagio, io ho
capito che l’ha capito e Salvo ha sicuramente capito che
tutti abbiamo capito
(?).
Ma, adesso vi starete chiedendo, perché
quell’aggettivo poco carino
affiancato a caro?
Beh, presto lo scoprirete.
La ricreazione finì e feci per tornare in classe, ma Rosario
mi
tirò via con lui chiedendomi (o meglio, obbligandomi) ad
accompagnarlo un
attimo al bar della scuola per comprare un fottuto gelato che
certamente non
gli avrebbero lasciato mangiare, ottenendo così solo spreco
di soldi e di
gelato.
All’improvviso entrarono Rosario e Salvo a braccetto con fare
tanto gay (sul serio), Rosario mi guardò e mettendosi a
ridere mi disse:
“ Ah, hai presente ieri? Quando ti ho fatta rientrare tardi
dalla
ricreazione? Ecco, deve essere stato durante quel lasso di tempo che
hanno
deciso di non entrare! ”.
Stronzo,
bastardo,
coglione, fottuto figlio di tua madre.
La
prima ora prevedeva religione, tuttavia mancava, indi per cui
avevamo ora di buca.
Rosario e Salvo si sedettero al banco davanti al mio e, dopo,
girarono le sedie sulla quale tenevano le chiappe verso di me e
cominciarono a
ridere in modo sghembo.
Bene, non solo sono costretta ai giochetti di questi due
coglioni ma, dato che eravamo quattro gatti in padella findus, si
progettavano
sei ore di totale NULLA.
Rosario, da degno ereditario al titolo di bastardo, se ne
andò
in bagno lasciando che Salvo cominciasse la sua banale quanto stupida
sottospecie di dichiarazione bastarda:
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Andiamo, mettiti con me >>
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Questa è la prima frase che mi rivolgi, te ne rendi
conto? >>
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Non immagini quanto, che vuoi? >>
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La risposta la trovi nella prima frase >>
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Ti odio già >>
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Si dice che dall’odio nasce l’amore >>
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L’unico caso in cui questo proverbio mi è sembrato
veritiero è stato per Rossana ed Heric >>
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Rossana ed Heric? >>
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Cazzo, non hai avuto un’infanzia! >>
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La tua risposta? >>
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E me lo chiedi pure? Mi stai simpatico quanto la
mozzarella, e io odio la mozzarella >>
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Ahah, okay. Non ci rimango mica male, non mi piaci sul
serio, solo che mi interessavi >>
Okay,
lo ammetto: è stato peggio dei dialoghi provocatori fra
Joey e Pacey.
La giornata è passata tra nomi-cose-città,
impiccato, salamino e
zero per, e siamo alle superiori.
Esco da quell’inferno, torno a casa e di pomeriggio Diego mi
porta in un negozio nella quale devo farmi fare una maglietta con su
scritto: “Prova a dire che Dragon
Ball è per bambini
che ti prendo a sprangate”, è stupenda,
lo so.
Pensate che io abbia scelto di partecipare? Pensate bene.
Ho alzato la mia mano affermando “partecipo!”
sconvolgendo
praticamente tutta la classe (eccetto i miei amici e Salvo), andiamo,
una
timida come me che canta in pubblico?
Lo so, è vero, sono timida ma se si tratta di cantare
è tutto un
altro discorso, per quello sono un’altra persona, cantando
sono me stessa, è
liberatorio.
L’indomani pomeriggio andai ai provini indossando la
maglietta
fattomi fare giorni prima (quella su Dragon Ball), facendomi
accompagnare dai
miei migliori amici.
Notai che tra quelli che sarebbero dovuti essere il pubblico
c’erano anche i miei compagni di classe e, ovviamente, Salvo,
che incrociò il
mio sguardo e, ancora una volta, mi sorrise sghembo.
Arrivò il mio turno, salì sul palco e fui ben
felice di notare
che tra gli insegnati a giudicarmi c’era anche la mia
professoressa d’inglese
che mi credeva una cacchetta solo per una dimenticanza in grammatica,
avrei
potuto dimostrarle che l’inglese invece lo sapevo, e anche
abbastanza bene.
La canzone che portai fu “Complicated”, il primo
singolo di
Avril Lavigne:
“Smetti di guardarti le spalle e fingere di
essere qualcun altro. Non siamo nati per recitare il ruolo di
un’altra persona,
così facendo finiremmo solo per sembrare goffi.
Cadrò, mi spezzerò, mi ferirò
ma non fingerò: non è fingendo che
imparerò a vivere nella mia pelle e poi, se
non riesco ad amarmi come posso pretendere d’insegnarlo ad
altri?”
Questo
è ciò di che, in breve, parla Complicated.
Gli insegnanti mi fecero davvero tanti complimenti e mi ammisero
immediatamente, fui felicissima di essere apprezzata. Corsi via dietro
le
quindi e di certo no, non trovai chi mi aspettavo di trovare.
Al posto degli occhioni azzurri della mia Alice mi ritrovai
Salvo che mi trascinò per un braccio lontano dagli altri e
cominciò a parlarmi,
dicendomi:
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Ci ho ripensato, mi interessi ancora >>
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Solo perché so cantare? >>
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Anche. Voglio dire, per tutto ciò che sei >>
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Che diavolo significa? Prima ti divertivi a prendermi
in giro e adesso vuoi venirmi a dire di esserti magicamente innamorato
di me? >>
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In breve… tipo colpo di fulmine! >>
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Tu hai problemi, seri >>
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Pensa quel che vuoi, ma io ormai ho deciso! >>
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Non puoi perseguitarmi! >>
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Si che posso! Ahah! >>
Aspettai
di lasciare Ale a casa per poi entrare in camera mia
con Alice per raccontarle tutto.
Lei mi rispose che uno del genere era da sposare, ma che ci vede
di bello?