Questa notte dovrà
pur Finire
Il
Mago si chinò sulla dura lapide seguendone delicatamente l’incisione con le
dita, una lacrima gli scivolò lungo il viso spigoloso senza che riuscisse a
trattenerla.
Questo
lo fece trasalire, aveva dimenticato che non doveva essere visto. Per un attimo
il doloroso ricordo lo aveva sopraffatto.
Riprese
il controllo di se stesso e trasse dal mantello tre rose rosse legate con un
nastro di raso nero, le lasciò cadere delicatamente e
rimase a fissarle: un altro anno era passato da quella terribile notte.
Le
stagioni si erano avvicendate impietose, eppure in quel luogo il tempo sembrava
essersi fermato e lo stesso dolore di allora gli scivolava nel petto.
Si
strinse nel mantello e fece qualche passo indietro.
Il
rosso scarlatto dei boccioli di rosa spiccava nelle tenebre… a Lily sarebbero
piaciute.
Rimase
assorto con lo sguardo di ardesia fisso su quei fiori recisi finché un rumore
alle sue spalle lo fece voltare.
La
figura alta di un uomo si stagliava ora a pochi metri da lui: aveva i capelli
lunghi e mossi che gli cadevano scomposti sul volto, i tratti contorti in un espressione che era un misto di sorpresa e sbigottimento,
gli occhi erano due turchesi sbiaditi spalancati e increduli.
‘’Piton tu sei… vivo!’’ sussurrò nel buio.
Piton si avvicinò al vecchio nemico, era stato
imprudente, ma mai avrebbe pensato di incontrare qualcuno a quell’ora.
‘’Evidentemente
sì’’ sospirò irritato.
Sirius si spostò una ciocca di capelli dal viso e
chiuse un attimo gli occhi, poi li riaprì di colpo forse sperando che fosse
solo uno scherzo della sua immaginazione, infine guardò verso la pietra tombale
e vide le tre rose.
Erano
anni che lui e Harry si chiedevano chi fosse a portarle.
“Perché?’’ chiese d’un tratto quasi urlando, ma in realtà
non voleva urlare, solo che gli era difficile controllare la voce.
“Perché cosa, Black? Perché sono vivo? È una lunga storia
e non voglio annoiare né te né me, forse dovrei
ucciderti ma credo che mi basterà la tua parola di non rivelare mai a
nessuno…’’ sibilò irritato.
‘’Oh
smettila,’’ sbottò l’altro ‘’se avessi voluto
uccidermi lo avresti fatto tempo fa… intendevo perché sei scomparso… Harry ha
visto il tuo corpo… al funerale c’eravamo tutti… aspetta un momento, là dentro
non ci sei tu…’’.
‘’Ovviamente
no, mi sono preso la cura di trasformare un Mangiamorte
morto in me, poi gli ho messo i miei vestiti e… me ne sono andato.’’ proferì il tutto d’un fiato con un tono incolore come se
non avesse importanza.
Sirius Black sospirò, aveva davanti quell’uomo
dallo sguardo tetro, avvolto nel mantello nero da viaggio che lo fissava con
durezza chiedendogli di tacere a tutti la sua esistenza e paradossalmente
riusciva a comprendere.
Da
quando era emersa la verità sul suo conto aveva
pensato a lui in modo diverso, aveva cercato indizi con cui avrebbe potuto
capire a chi era realmente leale ed elementi ce n’erano, solo era stato
accecato dall’odio per tanto, troppo tempo.
Ora
lo comprendeva e poteva capire perché tutta quella messinscena: anche lui
talvolta desiderava di sparire, di essere dimenticato in quel tempo che non gli
apparteneva più. Tutti quelli che aveva amato erano morti e Harry era un uomo e
aveva la sua vita, come era giusto che fosse: per
qualche tempo aveva visto in lui un surrogato di James, poi aveva dovuto
ammettere a se stesso che James era morto e non sarebbe mai più tornato. Era un
uomo che si avvicinava alla cinquantina, pieno di malinconie e rimorsi.
Ora,
mentre guardava Severus, rivedeva in lui un po’ di se
stesso, solo più bravo di lui a sopportare il male interiore che lo dilaniava.
Però non poteva promettergli il suo silenzio.
‘’Tu
devi tornare’’ parlò sottovoce come se stesse parlando
con se stesso.
Piton si accigliò:
‘’E
per quale motivo, per chi e per cosa?’’ sibilò. ‘’Tutti credono che io sia morto.
È meglio per tutti: ho assolto a tutti i miei compiti.
Avrei preferito morire, ma quella maledetta fenice ha deciso diversamente e ora
voglio solo essere dimenticato.’’proferì
quelle parole pesanti come macigni, con lo stesso tono incolore di prima, solo
il suo sguardo tradiva altro.
‘’Nessuno
ti dimenticherà, hai sacrificato te stesso, hai fatto per Harry più di quanto
io sarei mai stato in grado… ‘’ disse concitato.
Ma Piton lo interruppe prima che
potesse finire, adirato, in un sussurro di rabbia:
‘’Io
sono morto, e ora mi ricordano come un eroe?’’ ghignò ‘’ Credi che potrei
sopportare la benevola pietà che mi rivolgerebbero? Io
sono morto, è chiaro questo?’’
‘’E’
vero, siamo entrambi morti, siamo morti quel terribile giorno, e veniamo qui a portare fiori su quella stramaledetta lapide ogni
anno.’’ annuì tristemente Sirius.
Piton rimase stupito da quella verità che l’uomo
fiero e arrogante aveva sputato fuori con semplicità, come se parlasse con un
vecchio amico; il nome Sirius Black e amico nella stessa
frase gli fecero piegare le labbra in una sorta di
sorriso amaro e terribile.
Eppure
si sentiva compreso: in quel momento, dall’uomo che aveva sempre odiato,
ricambiato con altrettanto odio, si sentiva capito.
Sirius si avvicinò alla scura lapide e con le
lunghe dita sfiorò appena la foto sbiadita.
‘’Loro
non avrebbero voluto tutto questo, avrebbero voluto che continuassimo a vivere
una vita degna di essere vissuta, ne sono certo, ma io e te
non ci riusciamo.’’ sbottò inginocchiandosi e prendendosi la testa tra le mani.
Severus si avvicinò ed ebbe la tentazione di
posargli una mano sulla spalla, ma resistette a quel gesto che sarebbe stato
troppo famigliare e umiliante per entrambi.
‘’Black,
tu hai Potter, hai degli amici…’’.
‘’No,
io non ho nessuno, ho cercato James in Harry, lui cercava un padre e io cercavo il mio vecchio amico, dovresti essere tu al mio
posto e io al tuo, saresti una presenza migliore della mia nella sua vita. Gli
amici, dici? Remus è morto… cosa mi resta, in fondo?
Non siamo poi tanto diversi, io e te, tu però sei più
coraggioso, io mi reggo in piedi per arroganza.’’ latrò amaramente.
Non
si erano mai parlati così, prima, anzi non si erano mai parlati per niente se
non per cercare di tormentarsi l’un l’altro e ora erano lì, invecchiati e pieni
di cicatrici.
Severus si mosse nervosamente, passeggiando su e
giù, poi finalmente chiese: ‘’Allora deduco di poter
contare sul tuo silenzio?’’
Sirius Black si drizzò in piedi con gli occhi che
erano tornati brillanti e arroganti come un tempo.
‘’Non
posso promettertelo, puoi anche ammazzarmi qui,
adesso, ma non te lo prometterò.’’ ringhiò.
‘’Smettila
di fare l’idiota, che ti importa, Black? Che
differenza vuoi che faccia se sono morto o no? Io non tornerò mai.’’ sibilò.
La
loro disputa fu interrotta di colpo da un raggio verde tra gli alberi, Black
afferrò Piton per le spalle e lo obbligò a voltarsi.
Misero
le mani intorno all’impugnatura della bacchetta e si avviarono circospetti
verso il boschetto.
Piton si fermò dietro un albero e sussurrò impercettibilmente
a Sirius di fare altrettanto.
La
scena che si trovarono ad osservare era terribile:
Un
ragazzino giaceva morto, in ginocchio, al suo fianco, una giovane donna
piangeva sommessamente mentre due Mangiamorte
cercavano di trascinarla via.
‘’Vedi
cosa succede a cercare di scappare? Muoviti, sporca
Mezzosangue’’.
Piton e Black levarono le bacchette nello stesso
preciso istante e colpirono nel buio, i due fasci di luce quasi si unirono per
poi divedersi e colpire i due energumeni che caddero senza vita.
I
due maghi si avvicinarono alla giovane, aveva i capelli neri scarmigliati e lo
sguardo perso nel vuoto.
‘’Mio
fratello, era… mio fratello’’.
Sirius si piego su di lei e le posò una mano sulla
spalla mentre col braccio la cingeva per aiutarla ad alzarsi.
‘’Devi
venire via di qui, potrebbero essercene altri’’ le
disse dolcemente.
Piton scrutava torvo intorno a loro ma tutto
taceva, solo un flebile alito di vento scuoteva le fronde degli alberi suonando
come un requiem per quella scena di morte.
Da
quando si era sparsa la voce che la pietra della resurrezione era andata persa
nel bosco, molti Mangiamorte sbandati si erano
riuniti sperando di trovarla, ma ora erano andati oltre e non si poteva
permettere che ricominciassero omicidi e sparizioni.
Severus si volse a Sirius
con uno sguardo strano ed enigmatico, gli allungò il braccio e Sirius lo afferrò tenendo stretta
la giovane strega che ora non piangeva più ma sembrava aver perso ogni forza.
Si
ritrovarono di fronte al cancello di Hogwarts e Piton lasciò il braccio di Black.
‘’Portala
dentro’’ disse asciutto.
‘’Portala
dentro, Severus? Sei
arrivato fin qui per dirmi di portarla dentro? Sai benissimo che non è così’’
berciò il mago.
Piton chiuse gli occhi un
istante e inspirò profondamente: era vero, non era così, era stato automatico
pensare di portarli ad Hogwarts e forse Black aveva
ragione, doveva tornare o forse semplicemente voleva tornare.
La
McGranitt sgranò gli occhi e se non si fosse tenuta
con una mano alla balaustra della scalinata in pietra sarebbe
caduta a sedere per lo shock.
‘’Severus, tu… tu… ‘’ mormorò.
‘’Professoressa,
per il momento desidero che nessuno sappia: quella ragazza ha bisogno di cure,
poi le spiegherò tutto’’ disse piano.
La
Mc Granitt annuì come se si trovasse di fronte a un entità astratta e
sconosciuta, poi lentamente tornò in sé quando vide la ragazza che tremava in
braccio a Sirius.
Accompagnò
lei stessa la giovane in infermeria ma prima, ritrovata l’austerità che le era propria, fissò i due uomini.
‘’Andate
nel mio ufficio e restateci, mi dovrete dare delle spiegazioni più tardi’’
affermò severamente.
I
due si avviarono verso l’ufficio del preside. Arrivati di fronte al gargoyle in pietra, Piton chiuse
gli occhi e disse con sicurezza ‘’Silente’’: la statua si mosse a rivelare la
ripida scalinata.
la parola d’ordine non era stata cambiata.
E
non era cambiato nemmeno quel maledetto ufficio, pensò Piton.
I
presidi sonnecchiavano nei loro ritratti, nemmeno Silente sembrò destarsi dal riposo, ma Piton sapeva che non
stava dormendo.
Una
cornice però al momento era vuota: la sua.
Forse
la sua immagine era andata a farsi un giro, sapendo di non aver più motivo di
restare, ma davvero non c'era più motivo? Cosa doveva
fare? Combattere di nuovo, riprendere quella parvenza di vita da dove l'aveva
lasciata?.
Sirius lo lasciò ai suoi pensieri: sapeva di non
poter dire niente perché niente c'era da dire, solo lui poteva decidere; si
accomodò sulla sedia che era stata di Silente e allungò le gambe sul tavolo.
‘’Black,
tira giù quelle gambe’’ sibilò Severus.
Sirius
sorrise malizioso,
non era cambiato nemmeno lui..
‘’Piton, pensi che ci metterà anche in punizione o si
limiterà a interrogarci come un poliziotto?’’
Il
mago inspirò profondamente: avrebbe dovuto dare troppe spiegazioni, ma non avrebbe voluto essere in nessun altro posto al momento.
‘’Tu
dovresti essere abituato alle punizioni, ci finivi spesso, ma credo che sia da
me che vorrà spiegazioni’’ asserì inarcando appena un sopracciglio.
‘’E
tu dille, sono vivo, sorpresa!’’ scherzò l’altro.
Poi
Sirius si fece serio, si avvicinò alla grande
finestra e il suo sguardo limpido come l’acqua si volse verso l’orizzonte. Era
ancora notte fonda, la luna faceva capolino tra le nubi nere come il cielo
sovrastante; pensò a Remus, poi scacciò quel pensiero.
‘’Credo
sia tempo di guardare oltre, Severus, o almeno di
provarci, in fondo questa notte dovrà pur finire’’ borbottò a bassa voce ma
abbastanza forte perché Piton, che intanto si era
avvinato, sentisse.
Odiava
Black, ma in quel momento era quasi confortato dal fatto che fosse lì, in quel
vecchio polveroso ufficio dove aveva trascorso tanto tempo da solo nel suo
ultimo anno ad Hogwarts.
Forse non lo odiava nemmeno più così tanto…
Ora
entrambi guardavano fuori: l’indomani avrebbero
pensato ai Mangiamorte fuggiaschi e avrebbero
informato il ministero dell’accaduto, avrebbero fatto tutto quello che andava
fatto, come già in passato.
‘’Black,
non sono abituato a sentirmi chiamare per nome da te, continuiamo a rivolgerci l’uno
all’altro come abbiamo sempre fatto, se non ti è di troppo disturbo’’.
Sirius annuì e sorrise.
Severus guardava di sottecchi l’uomo che aveva di
fianco e vide che con gli anni l’arroganza non era scemata, le ferite gli
avevano lasciato una sorta di dolorosa malinconia che gli segnava
indelebilmente lo sguardo, ma era un combattente fiero e orgoglioso, magari
troppo impulsivo, ma forte e risoluto.
Sirius ricambiò per un attimo lo sguardo di
quell’uomo indecifrabile aggredito dai rimorsi, lacerato nel profondo,
orgoglioso fino allo stremo, ma coraggioso e leale,
profondamente leale, fino in fondo.
Quattro
occhi fissavano il panorama
di fronte a loro, due diamanti neri come la notte e due turchesi brillanti come
specchi d’acqua, due uomini diversi e simili che forse quella notte avevano
trovato una nuova strada.