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Autore: Elwerien    10/12/2006    4 recensioni
Una mattina piovosa la donna delle pulizie entra in casa e trova la padrona morta. Spetterà poi all’investigatore Francesco Moretti trovare il colpevole fra sei possibili assassini…
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Racconto Giallo

Racconto Giallo

 

Quella mattina pioveva a dirotto e da una finestra lasciata aperta era entrata l’acqua, allagando il pianerottolo del quarto piano.

La signora delle pulizie della signora Laura Orielli, residente allo stesso piano di quel signorile palazzo della zone bene di Milano, aveva il primo turno della settimana dalle otto del mattino fino a mezzogiorno, giusto il tempo di pulire metà  del grande appartamento dell’anziana signora prima dell’arrivo di tre sue fedeli amiche, con le quali consumava ogni pomeriggio lunghe partite a bridge, magari intervallate da un tè accompagnato da una buona dose di pettegolezzi, raccolti meticolosamente dalla tre comari –o, per chiamarle con le parole della portinaia, “sciure”- ed esposti con sommo gaudio. Dopo una pausa pranzo, sarebbe tornata nuovamente nel pomeriggio per finire le pulizie, preparare il tè alle comari e la cena per la vecchia.

La donna raggiunse in anticipo il pianerottolo, prendendo mentalmente nota di avvisare la portinaia dell’allagamento per provvedere in fretta al riparo del danno, prima che la fredda acqua piovana si potesse infiltrare fra le assi del legno e farlo marcire. Oppure, pensò, avrebbe potuto farlo lei stessa, se ne avesse avuto il tempo: ultimamente la donna si era dimostrata alquanto insofferente riguardo agli inquilini e alle mansioni che le davano da svolgere, e Anna, la signora delle pulizie, aveva meditato più volte sul fatto che l’ormai non più giovane portinaia fosse sempre più prossima alla pensione

Aprì con le chiavi che possedeva la porta di casa Orielli e la richiuse alle spalle, pronta ad un’altra mattinata di lavoro. Prima, però, avrebbe chiamato il figlio diciottenne; la sera prima era andato a dormire a casa di un amico, e non lo aveva ancora visto. Con i turni che doveva fare, aveva così poco tempo per la sua famiglia! Appena entrata rabbrividì per il freddo: evidentemente la sua “datrice di lavoro”, come la chiamava a volte fra sé e sé, doveva aver lasciato aperta la finestra mentre infuriava il temporale.

Come a testimonianza di ciò, dopo aver acceso la luce vide subito, nella stanza d’ingresso, una vasta pozza d’acqua sotto ai vetri aperti. Pozza che lei avrebbe dovuto asciugare.

“E siamo a due” pensò, riferendosi anche al lago del pianerottolo.

Affrettandosi a chiudere le finestre, pensò alla signora Orielli. E se fosse congelata con quel freddo? Oltretutto l’anziana donna soffriva di reumatismi da parecchi anni, ragion per cui spesso si era ritrovata a doverle preparare borse d’acqua calda per dare sollievo alle sue ossa, e un’anta dell’armadio delle medicine era piena di pomate dai complicati nomi impronunciabili.

Attraversò il lungo corridoio foderato di quadri e fotografie antichi, testimoni di tempi ormai passati, di cui Laura Orielli doveva essere una delle ultime reduci.

Si fermò davanti all’ultima porta, ed entrò con cautela. Le pesanti e scure tende erano tirate, come ogni mattina, nonostante ogni giorno Anna si industriasse per scostarle e far prendere aria alla stanza. La fitta coltre d’oscurità impediva la vista di qualsiasi oggetto: cercò a tentoni l’interruttore, e quando la luce artificiale andò a fare breccia fra i bui antri della stanza, vide il letto perfettamente vuoto.

Inarcò le sopracciglia, il cervello che lavorava febbrile. Poi girò sui tacchi per ispezionare le altre stanze, pensando con un sorrisetto che il giorno precedente la signora Orielli doveva aver giocato talmente tanto a bridge da addormentarsi al tavolino.

 

Il commissariato di Via della Moscova era sempre stato un luogo affollato, per via dei vari poliziotti –in borghese e non- che facevano avanti e indietro dall’uscita, trasportando delinquenti ammanettati. Chi fra i rappresentanti della legge aveva il turno in ufficio doveva stare alla scrivania e prendere nota di tutte le denuncie, ascoltare le testimonianze o, nel caso dei detective, come venivano chiamati dall’avvento dei polizieschi americani alla tv, risolvere i casi.

Quella mattina, per l’appunto, quel luogo non era da meno. C’era talmente tanto rumore –accentuato ancor più dal fatto che il temporale di quella notte non accennava a cessare- che si stentava a sentire il telefono.

Fu pura fortuna se l’investigator Francesco Moretti sentì il proprio squillare. Sollevò la cornetta soffocando uno sbadiglio, e disse : -Pronto?-

Ascoltò la telefonata corrucciato. Poi, quando la voce dall’altro capo della linea smise di parlare, disse: -Va bene. Arriviamo subito-.

Si alzò, bevve un sorso di caffè dal bicchiere che era rimasto sulla scrivania e si affacciò all’ufficio del collega di fronte, che lo guardò interrogativo da sopra le sue carte.

- Un’anziana è stata trovata morta nel suo appartamento ad Amendola Fiera- spiegò –presunto avvelenamento. Chiama la scientifica e un’ambulanza, mentre io vado di persona a controllare- concluse, e se ne andò prima che il collega avesse il tempo di dire “ah”.

 

Francesco Moretti salì fino al quarto piano dell’edificio, e con suo gran disappunto mise i piedi in una grossa pozza d’acqua.

La porta era aperta; l’ispettore entrò.

Attraversò l’appartamento, e oltrepassando la porta della cucina si imbatté in una donna pallidissima.

- È lei l’ispettore?- gli chiese quella.

-In persona- rispose, tirando fuori il distintivo e mostrandoglielo.

-Io sono la donna delle pulizie- si presentò, tormentando con mani tremanti il fazzoletto. –L-lei è di là, su una poltrona…-

-Se permette, prima vorrei farle qualche domanda-

La donna, spaventata, sgranò gli occhi e smise di rigirarsi il tessuto fra le dita. –Ma certo- disse, e sia lei che l’investigatore si sedettero al tavolo della cucina.

-Nome completo?-

-Anna Rosalia Incoronata Attili-

- È sposata?-

-Sì-

-Ha figli?-

la donna esitò. Poi rispose: -Sì, uno-

L’ispettore la fissò, per poi continuare a prendere appunti sul suo taccuino.

-Cos’ha fatto stamattina quando è arrivata?-

-Beh, sono entrata e ho chiuso porta e finestre perché c’era molto freddo. Poi ho cercato la signora Orielli in camera sua, ma non l’ho trovata. Poi l’ho cercata in altre stanze e in salotto…- deglutì.

-Da quanto tempo lavora presso la fu signora Orielli?-

-Quasi sedici anni-

-E in tutto questo tempo non ci sono mai stati rancori fra di voi?-

Anna Attili lo fissò, se possibile, ancora più rabbuiata di prima.

-Sospetta forse di me?-

-Signora, è mio dovere sospettare di tutti quelli che sono a stretto contatto con la vittima e possiedono le chiavi di casa dal momento che, a quanto ho visto, la serratura non è stata forzata-

-La risposta, comunque, è “no”. Fra me e la signora Orielli c’è sempre stato un rapporto di semplice professionalità. E per quanto riguarda le chiavi, non sono certo l’unica a possederne una copia-

-Ah, no?- disse l’investigatore, scrivendo con più foga sul block-notes, -e chi altri?-

-Vediamo…- esordì l’altra. –Allora, le tre comari, voglio dire, le tre signore che vengono ogni pomeriggio a giocare a bridge, un nipote che le fa di tanto in tanto visita, e un lontano parente, presidente in una banca, mi sembra, che è venuto un paio di volte-

-E nonostante fosse venuto solo un paio di volte aveva le chiavi di casa?-

-Non lo chieda a me- rispose Anna, quasi offesa, -da quel che ho capito la signora Orielli si era affidata a quella banca-

-Capisco…- rimuginò Moretti, passandosi una mano fra la folta capigliatura. –Ha notato qualcosa di strano, quand’è entrata?-

-Solo… ma no, forse è stata solo una mia dimenticanza, ieri…-

-Dica, la prego-

-Ecco, quando sono entrata in cucina, sul lavello c’erano quei due bicchieri- disse, indicandoli.

-Mmm…- mugugnò l’ispettore. –Se non sbaglio, lei al telefono ha detto che, secondo lei, la donna era stata avvelenata-

-Così mi è sembrato… voglio dire, non sono un medico, ma la signora non soffriva di cuore, e il fatto che fosse lì, sulla poltrona, immobile, mi ha fatto pensare che… forse… cioè, soffriva solo di reumatismi…-

-Capisco- ripeté l’altro.

-D-davvero?-

-Certo- sembrò ridacchiare lui. –ora, la prego di dirmi i nomi delle tre signore, del nipote e del lontano parente, in modo da poterli rintracciare-

-Ma certo- rispose la signora Anna con un ampio sorriso.

 

 

 

Le tre del pomeriggio al commissariato di Viale della Moscova: Francesco Moretti aveva appena finito di ascoltare tutti i presunti responsabili della morte della signora Laura Orielli.

A quanto pareva, le tre comari -signore, doveva ricordarsi di chiamarle signore- andavano ogni pomeriggio da quasi vent’anni a giocare a bridge dalla vittima; non pareva che ci fossero particolari motivi per cui una delle tre avrebbe dovuto uccidere la fedele compagna di gioco. Oltretutto, ognuna aveva un alibi: la scientifica aveva affermato che il decesso era avvenuto –a causa di una minima ma comunque letale dose di cianuro- verso le sette del mattino. E, se la prima la sera precedente era stata ricoverata in ospedale a causa di un malore per essere dimessa alle dieci di quella mattina, le altre due abitavano in un ospizio per anziani, e non era stata registrata nessuna uscita imprevista dalla direzione –anzi, a sentire gli infermieri, a quell’ora entrambe dormivano profondamente.

Il nipote si era rivelato essere un timido studente universitario, che alla vista dei poliziotti che lo invitavano a seguirli era sbiancato come un cencio. Nel corso del (breve) interrogatorio aveva affermato che non vedeva l’anziana nonna da oltre un anno, a causa dello studio che lo teneva impegnato. Non aveva un alibi. Lui aveva affermato che quella mattina alle sette stava studiando per un esame, ma non c’erano testimoni che potessero confermarlo. Dopo aver cancellato dalla lista dei sospettati le tre giocatrici di bridge, aveva invece tracciato un punto di domanda accanto al nome del ragazzo, Marco Vitelli.

Il lontano parente non solo era lontano in fatto di parentela, ma anche per quanto riguarda la posizione geografica: quella mattina alle sette si trovava in aereo su un volo che doveva riportarlo a Milano dopo un viaggio d’affari –una fusione fra una banca tedesca e la propria- e i registri della compagnia aerea lo confermavano. Si era presentato alle due in commissariato, impeccabile in giacca e cravatta, e aveva risposto senza esitazione a tutte le domande che gli erano state poste. Quando Francesco Moretti gli aveva chiesto come mai possedesse le chiavi di casa, aveva risposto: -Mia zia aveva un po’ l’abitudine di dare le chiavi a tutti, ma era una brava persona. Mi rincresce la sua morte. Tuttavia ero io che gestivo i suoi affari, e probabilmente è per questo che ha tanto insistito affinché ne facessi una copia-

-Capisco- aveva risposto, come sua consuetudine, l’investigator Moretti., e lo aveva congedato.

L’ultima persona che rimaneva nella lista dei sospettati (dopo aver cancellato anche il banchiere) era la signora delle pulizie, Anna Attili.

Non era rimasto molto soddisfatto dal colloquio che aveva avuto con lei quella mattina: era certo che gli nascondesse qualcosa. Riprese in mano il taccuino su cui aveva preso appunti.

La pagina si presentava così:

 

-Quarto piano. Porta aperta, la serratura non è forzata

-Signora delle pulizie Anna Rosalia Incoronata Attili, un figlio, sedici anni di impiego presso la vittima, turni di quasi tutta la giornata

-Possiedono le chiavi: Anna Attili (domestica), Marco Vitelli (nipote), Giacomo Sorrenti (banchiere), Gelsomina Trilleri (prima giocatrice di bridge), Genziana Afflata (seconda), Petunia Mazzola (terza)

-Causa del decesso: avvelenamento da cianuro

-Oggetti sospettati: due bicchieri lavati e senza impronte sul lavello

-Colpevole:                    .

 

Fissò corrucciato il foglietto, pregustando il momento in cui avrebbe completato l’ultimo punto. Poi guardò meglio. C’era qualcosa che non quadrava.

“Forse ho capito” pensò, alzandosi e prendendo la giacca per uscire.

 

Le cinque del pomeriggio in un modesto appartamento in zona Bonola. Un telefono squillò nel silenzio funebre che invadeva la casa.

-Pronto? Casa Attili-

-Sono l’ispettore Moretti. Dovrei farle ancora alcune domande, signora Attili. Potrebbe venire in commissariato?-

-Adesso?-

-Adesso-

Un attimo di silenzio. –Certo-

 

La signora Attili si presentò un’ora più tardi in commissariato, scusandosi con l’investigator Moretti per il ritardo, ma purtroppo i mezzi pubblici avevano subito un rallentamento.

-Nessun problema- replicò burbero l’altro, mentre faceva accomodare la signora in una sedia di fronte alla sua scrivania. –Voleva renderla partecipe, signora, del fatto che ho capito chi è l’assassino-.

Lei lo guardò con aria sospettosa. –Non aveva detto che doveva farmi alcune domande?-

-Questo è in parte vero- rispose l’altro con aria furba. –che rapporti ci sono fra lei e suo figlio?-

-I normali rapporti che intercorrono fra una madre e un figlio- rispose lei, confusa. –Ma perché…-

-Ma se non sbaglio lei passa, o meglio, passava molto tempo in casa della signora Orielli, fin da quando suo figlio aveva due anni, non è così?-

-Sì, ma…-

-Non pensa che il ragazzo possa… specie durante quest’età… aver sviluppato una sorta di odio nei confronti della signora Orielli? Per il tempo che rubava alla madre?-

-Ma cosa sta dicendo!-

-Dov’era suo figlio stamattina alle sette?-

-Non sospetterà forse di Luigi!-

-Risponda- intimò l’investigatore.

La donna esitò.

-Ieri sera è andato a dormire da un suo amico-

-Esattamente- precisò con enfasi Francesco Moretti. Si alzò dalla sedia e cominciò a percorrere a grandi falcate l’ufficio.

-Sedici anni… sedici anni in cui lei ha lavorato ogni singolo giorno, sottraendo ore alla sua famiglia, e al figlio.

Stamattina lei è entrata, come consuetudine, nell’appartamento della signora Orielli. Ha chiuso la porta alle sue spalle ed è andata nella camera da letto, trovandola però vuota. Allora ha cercato nelle altre stanze e l’ha trovata morta per avvelenamento, come ha supposto lei stessa, su una poltrona. Quindi ha chiamato la polizia.

O meglio, questo è quello che lei ci ha raccontato. Lo sa che la falsa testimonianza è punibile ai sensi di legge?-

-Io non le permetto di accusarmi di omicidio!-

-Infatti non la sto accusando di nessun omicidio. Mi permetta di ricostruire la vicenda.

Stamattina, dopo che è uscita dalla camera da letto della signora Orielli, è andata in salotto, e ha trovato la donna morta, non sapeva neanche lei bene per cosa. È andata dunque in cucina per chiamare la polizia, ma lì ha trovato un ospite inatteso.

Suo figlio era in cucina; l’ha sorpreso mentre lavava due bicchieri. Prima di poter chiamare la polizia, ha ascoltato quello che aveva da dire.

Alle sette del mattino si era introdotto in casa Orielli con la scusa che per quel giorno avrebbe preso il posto della madre. La signora non ha ribattuto, visto che lo conosceva bene: soprattutto quand’era più piccolo, lei portava spesso suo figlio con sé a lavoro.

Ha preso un bicchiere d’acqua e l’ha mescolato col cianuro, facendoglielo bere. La donna non ha sospettato di nulla-

-Non dica sciocchezze!- replicò Anna Attili, quasi isterica. –Con che chiavi avrebbe aperto la porta?-

-Ha fatto una copia del suo mazzo, ben sapendo che lei non era l’unica a possederle, o la polizia l’avrebbe arrestata. A maggior ragione ha posto due bicchieri sul lavabo: la colpa sarebbe ricaduta con poca probabilità sulle tre signore, ma certo avremmo sospettato o del banchiere o del nipote che, in effetti, abbiamo scoperto essere l’erede universale della signora: sarebbe stata la prova decisiva per arrestarlo, anche se dubito che suo figlio lo sapesse-

-Assurdo!-

-No, signora Attili, non è assurdo. Tanto più che stamattina la porta quando sono arrivato io era aperta, mentre lei aveva detto di averla chiusa: deve aver fatto uscire suo figlio subito dopo aver chiamato la polizia e per la fretta si è dimenticata di richiuderla-

La signora Anna sbiancò.

-E in più- riprese Francesco Moretti, -lei come faceva a sapere che la donna era morta avvelenata? Il cianuro lascia solo la lingua blu. Suo figlio deve averle spiegato le modalità dell’omicidio. E il veleno? Quello se l’è procurato ieri sera, dall’amico da cui è andato a dormire. Dopo aver scoperto questo, ha deciso di proteggerlo-.

La donna aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse, tremando visibilmente. Poi disse: -Queste sono solo vostre supposizioni…-

- È qui che si sbaglia. Due ore fa abbiamo arrestato suo figlio, Luigi Attili, che sotto interrogatorio ha confessato e confermato tutto ciò-

Anna sembrò aver ricevuto un pugno in pieno stomaco.

-Luigi Attili sarà arrestato e processato per omicidio colposo; la pena massima può essere anche l’ergastolo. Per quanto riguarda lei, signora, subirà un processo per falsa testimonianza e complicità-.

Detto questo uscì dall’ufficio, facendo cenno a due poliziotti di entrare e di arrestare una tremante Anna Attili.

   
 
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