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Autore: ___Luthien    21/05/2012    5 recensioni
"Mi si avvicinò tutto d’un tratto, e quando fummo così vicini da poter toccare i nostri rispettivi nasi, disse: "Ho ucciso mia sorella."
Poi si allontanò e ricominciò a ridere. "
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Gli accarezzai il volto con delicatezza. Me ne stavo andando nonostante fossero passati appena tre giorni. Non riuscivo a rimanere sotto quel albero.
Dovevo agire.. E nonostante tutto fosse terribilmente pericoloso, i miei amici contavano su di me.
Tutti, in quella maledetta casa famiglia, contavano sul successo della mia fuga.
Con cautela presi una giacca impolverata e lentamente aprii la botola. Karl e la sorella stavano ancora dormendo beatamente.. e in cuor mio mi maledì.
Karl era un ragazzo davvero eccezionale.. E lasciarlo in quel modo mi devastò con sentimenti deprimenti.
Non avrei mai voluto scomparire così in fretta.. ma il suo sorriso era qualcosa di troppo emozionante.
Mi bastava un suo sguardo per farmi rimanere, per farmi sciogliere, per farmi dimenticare di tutto e tutti.. ma io dovevo andare.
Andare lontano.
Il più lontano possibile.
Con un misero ″grazie” lasciato sul tavolino della piccola cucina, uscii all'esterno.
Pioveva.
Pioveva a dirotto.
Coprendomi con il giubbotto iniziai a corre tra la foresta.
Faceva freddo e il vento mi pungeva la pelle.
L'acqua si schiantava sul mio corpo con molta violenza e poco dopo mi accorsi che non erano più gocce, ma enormi palle di ghiaccio.
Grandinava.
Correndo il più velocemente possibile cercando di raggiungere la città.
Il treno era la mia unica via di fuga.
La mia unica speranza.
Dovevo riuscire a salirci ed arrivare in un luogo più sicuro.
Più grande.
Un luogo dove la preside non avesse potere.
Quando vidi la prima casa del piccolo paesino iniziai a rallentare.
Quello era territorio nemico.
Piano mi abbassai sul terreno umido e come un militare iniziai a strusciarmi tra l'erba.
Molti uomini girovagavano tra una strada e l'altra e nonostante tutti i giorni trascorsi, continuavano a controllare la ferrovia.
″Come diavolo riuscirò a scappare da questo inferno?” Pensai mentre continuavo a nascondermi tra la vegetazione.
Il treno si trovava dalla parte opposta alla mia.
Era lontano.
Dannatamente lontano.
Con il cuore in gola indossai il cappuccio della vecchia giacca e alzandomi delicatamente in piedi iniziai a percorrere il perimetro del paese.
La paura di essere scoperta era tanta, e le gambe mi tremavano.
Forse sarei stata catturata.
Forse sarei scappata.
Chi poteva saperlo?
Continuavo a camminare con le dita che ormai avevano assunto un colorito violastro mentre le mie labbra erano screpolate e non curate.
Sembravo uno zombie.
Lo ero.
Con quella poca forza di volontà che mi rimaneva in corpo continuai a percorrere la città..
Poco più in là, un grande aggeggio di metallo.
Eccola.
Era lei.
Era la ferrovia.
Raggiungerla non era stato per niente difficoltoso.
Mi sentii sollevata e prendendo vari respiri iniziai a entrare nella città.
Mi nascondevo tra le stradine scure ricoperte di sporcizia e lentamente sgattaiolavo tra un angolo all'altro.
Dovevo solo salire su un vagone e la salvezza era sicura.
Un solo vagone.
Una sola via d'uscita.
Una sola possibilità.

<<Ho visto qualcosa.>> una voce mi riportò alla realtà.
Un uomo aveva scrutato il mio capotto malmesso e insieme a un suo amico aveva iniziato a venirmi incontro.
Ero nei guai.
Ero nei guai più seri.
Con lentezza scesi lungo la parete e mi accartocciai su me stessa.
Dovevo farmi piccola.
Dovevo diventare minuta in pochi minuti.
Pochi secondi.
Pochi millesimi di secondi.
Iniziai a essere percossa da brividi di paura e istintivamente iniziai a dondolare su me stessa.
Ero disperata.
Avevo bisogno di qualcuno, ma sfortunatamente non c'era nessuno.
I loro passi erano sempre più vicini.
Li sentivo bisbigliare parole confuse.
Stavano parlando.
Parlando di me.
Chiusi le mie palpebre e non potendo scappare aspettai la mia fine.
Ormai ne ero certa. T
utto stava per finire.
Stretti maggiormente le mie mani sulle mie ginocchia mentre nella mia testa una lista di scuse era partita naturale..

″Scusa fratellino se passerai la tua vita in quello schifo. Se tra pochi mesi per il tuo compleanno verrai obbligato a combattere. Scusami se non sono riuscita a portarti fuori da li. A vivere la nostra famiglia con amore e felicità. Perdonami. Scusa Arisa per quel cappuccino al bar che non prenderemo mai. Per quelle passeggiate al mare che ti avevo promesso ma che non riusciremo mai a fare. Scusami Edward se ti lascio in balia di quella strega. Se non potremo vivere il nostro amore come una coppia normale.. Scusami se ti stavo tradendo con Karl. Scusami per aver cercato di sostituirti. Scusami se non ti ho salutato come si dive. Scusatemi ragazzi.. Scusatemi se sono stata così imprudente.. Io avrei voluto salvarvi.. Io....”

Un tonfo.
Due tonfi.
Spalancai i miei occhi e velocemente guardai nella direzione di quei suoni.
A terra due uomini.
Le due sentinelle.
Dietro di loro un figura.
″Karl.”
Corsi nella sua direzione e lui fece lo stesso.
Mi strinse tra le sue braccia enormi e con delicatezza mi accarezzò la schiena.
<<Stupida!>> Mi disse con la voce mozzata.
Era preoccupato.
Dannatamente preoccupato.
<<Scusa..>> dissi con le lacrime agli occhi.
Quel ragazzo era una benedizione dal cielo.
Era un dono di Dio.
Era il mio angelo custode.
<<Vieni.>> Mi prese per mano e con atteggiamento fuggiasco iniziammo ad avvicinarci al treno.
Ci nascondevamo nell'ombra.
Ci nascondevamo grazie al buio che riuscivano a creare le nuvole grigiastre.
Ci nascondevamo è questo era l'importante.
Con grande abilità Karl riuscì a portarmi dinnanzi all'entrata del vagone del treno.
″Non ci credo.” mi dissi nel toccare il grande sportello di ferro.
Quello era davvero un vagone.
Ero davvero riuscita a raggiungerlo con questa facilità.
Non potevo crederci.
Tutto ciò era assolutamente meraviglioso.
<<Fa attenzione..>> Mi disse mentre con cautela aprì lo sportello.
Mi posò all'interno con dolcezza e dopo avermi scoccato un bacio sulla guancia cercò i miei occhi.
<<Promettimi che riuscirai a vivere.>>
Quelle sue parole uscirono come supplice.
Delle suppliche sincere.
<<Te lo prometto.>>
Mi accarezzò nuovamente e con le lacrime agli occhi mi chiuse all'interno.
Stavo per lasciare questa città.
Tutto era stato più facile del previsto..
Ero riuscita a salire su questo maledetto treno..
Ora dovevo raggiungere un'unica metà.
La liberazione dei miei amici.
Con i dubbi che mi devastavano la mente mi appoggia a una balla di fieno e con sentendo le palpebre pesanti decisi di chiuderle.
Avrei riposato il giusto necessario..
Quel giusto in grado di darmi quella forza per combattere per le persone a me care.
I miei amici.
La mia famiglia.
Il motivo della mia futile esistenza.


eccomi xD si scusatemi.. aggiorno ogni morte del papà lo so.. xD e che sono così impegnata! xD Diciamo che quel poco di tempo che ho lo dedico ad un altra mia storia xD uff. Oggi però volevo aggiornare questa. xD So che molti di voi mi diranno che sono una gran stronza xD ma mi dispiace davvero! xD Questa volta vi avverto: L'aggiornamento sarà lento. xD Proverò a scrivere il seguito il prima possibile, ma la vedo dura. xD Scusate il capitolo corto.. ma si il motivo è sempre uno. Non ho tempoxD Boh. xD Ok. non devo dire nient'altro.. ah si.. Grazie a chiunque leggerà questa cosa xD Un bacio Aly^^

   
 
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