Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: Entreri    22/05/2012    19 recensioni
Prima di prendere moglie al-Adnan aveva amato la guardia nella notte; la lunga, quieta veglia dinnanzi alla porta di un re addormentato: le piaggerie, i sussurri e gli intrighi inghiottiti dalle tenebre. Con il tempo, tuttavia, si era reso conto che la pace silenziosa dei lunghi corridoi di marmo e delle alte volte arabescate non era altro che l’ennesima menzogna del Mar d’Ambra, un’altra ingannevole, seducente bugia.
Classificatasi prima al concorso "Sulle ali della fantasia" indetto da Shade Owl sul forum di efp.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Titolo: Aspettando la fine della notte
Canzone Scelta:
Shomer ma mi-llaila di Francesco Guccini
Prompt Scelto: Obbligo
AVVERTIMENTI: Accenni all'incesto (per chi voglia vederli).


Mi gridano da Seir:
«
Sentinella, quanto resta della notte?
Sentinella, quanto resta della notte?».
La sentinella risponde:
«Verrà il mattino, ma è ancora notte.
Se volete domandare, domandate un'altra volta».

(Isaia 21,11-12)

 


 

Il caldo vento della stagione dei ritorni aveva spalancato i battenti di legno dipinto della terrazza e invaso i corridoi, portando con sé l'afoso odore di una notte silenziosa. Prima di prendere moglie al-Adnan aveva amato la guardia nella notte; la lunga, quieta veglia dinnanzi alla porta di un re addormentato: le piaggerie, i sussurri e gli intrighi inghiottiti dalle tenebre. Con il tempo, tuttavia, si era reso conto che la pace silenziosa dei lunghi corridoi di marmo e delle alte volte arabescate non era altro che l'ennesima menzogna del Mar d'Ambra, un'altra ingannevole, seducente bugia.

Non mancava molto alla fine della notte: la luna, sorta dal mare, era apparsa e scomparsa più volte dietro gli infissi ambrati delle finestre, l'olio delle lampade iniziava a scarseggiare e ad al-Adnan pareva di poter scorgere storie scabrose nei giochi d'ombra che le fiammelle, incalzate dal vento, disegnavano sulle pareti: c'era una volta un re che aveva quarantaquattro mogli, ma non ne amava nessuna come la sorella che non poteva avere; c'era una volta la sorella di un re che aveva avuto mille pretendenti, ma non ne aveva mai sposato nessuno, imprigionata da un fratello che non poteva perdonare; e, ascoltando quel re e quella sorella scambiarsi sussurri carichi di rancorosa dolcezza oltre la porta alle sue spalle, al-Adnan desiderò poter fingere di non sentire la voce di re Obeyron, rauca e stanca, spezzata talora da improvvisi respiri stentati.

«Va' a dormire, Ashara, ti prometto che non morirò stanotte.»

«Conosco le tue promesse, dolce fratello, non voglio rischiare.»

Si diceva che la voce della principessa Ashara fosse stata, un tempo, delicata come la carezza di un'amante, ma gli anni avevano scavato le sue carni e offuscato i suoi occhi, lasciandosi alle spalle una vecchia raggrinzita e malevola le cui parole recavano sempre con sé il suono stridulo del risentimento.

«La tenerezza della tua preoccupazione mi scalda il cuore.»

«Preferirei strappartelo dal petto e affondarvi le unghie fino a sentirlo smettere di battere.»

Sua maestà rise sommessamente prima di rispondere e al-Adnan non ebbe difficoltà ad immaginare un sorriso sofferto e crudele attraversargli il volto regolare.

«Che odio ardente, sorella adorata! Non sai che il contrario dell'amore è una tiepida indifferenza?»

 Ashara non rispose e le fiamme guizzarono come per non farsi soffocare dal suo solido silenzio.

«Oltretutto, Ashara, in tutto il Mar d'Ambra, in tutta la gloriosa Elmira, in tutte le isole della Jama Occidentale, non vi è nessuno a cui la mia morte nuocerebbe quanto a te.»

 Al-Adnan chiuse gli occhi e cercò di non pensare alla guerra che i figli del re avrebbero scatenato; di non vedere fra le ombre tutte le lame che sarebbero state sguainate, tutti i ventri in cui sarebbero affondate; di non udire gli ordini che sarebbero stati dati; di non sapere che avrebbe obbedito, che i giardini del Mar d'Ambra sarebbero stati innaffiati di sangue finché non avrebbe più potuto crescervi alcun fiore che non fosse rosso. 

C'era una volta un re che aveva settanta figli, ma non aveva ancora nominato un erede.

«Eppure la tua morte è la sola cosa che io desideri.»

«E quest'odio che mi porti è stato il tonico miracoloso che ti ha fatta vivere così a lungo; una volta che me ne sarò andato tu mi seguirai. Siamo curiosamente incatenati per la vita.»

C'erano una volta un re e una sorella uniti indissolubilmente dalle più solide catene che potessero legare l'uomo all'uomo; amore e rancore.

«Mi hai rinchiusa in questa gabbia dorata, mi hai tolto tutto a parte l'attesa della tua morte e osi dire “curiosamente"?»

La prima volta in cui al-Adnan l'aveva sentita rinfacciargli qualcosa di simile l'enfasi delle sue parole era stata tale da far tremare le stelle, ma era stato anni e anni prima, quando entrambi erano ancora abbastanza giovani da urlarsi contro l'un l'altra; ora vi era qualcosa di laccato nei loro scambi di battute, come la stanchezza amara e tagliente di chi conosca la propria parte e la reciti con logoro sarcasmo, senza riuscire più a trasmettere il proprio sentimento.

«Sentinella, quanto manca alla fine della notte?»

Si era sentito rivolgere quella domanda ogni qual volta era stato di guardia ad osservare la baia di Elmira e sorvegliare la minaccia dell'alba nascente; non significava altro che “quanto tempo ancora prima che Ashara debba andarsene?"

«Sta per finire, maestà, ma non è ancora arrivato il giorno.»

Può restare ancora poco, ma non molto.

La porta alle sue spalle si aprì, ma al-Adnan non si voltò, perchè la camera da letto reale era interdetta a chiunque non vi fosse esplicitamente invitato e perchè i suoi ordini erano quelli di controllare coloro che vi si dirigevano, non quelli che la lasciavano. Ashara, contrariamente a quanto si sarebbe aspettato, non ne uscì e al-Adnan percepì il suo sguardo annebbiato vagare senza meta in un buio che le lampade non riuscivano a scalfire.

«"Sentinella". Perché non dici il suo nome, Obeyron? Credi che solo perché non posso vederlo non sappia chi è? L'ombra della tua porta, il guardiano delle nostre notti, la sentinella dell'alba: al-Adnan, il figlio devoto che non hai mai avuto. Com'è, "sentinella", avere l'affetto che settanta principi si sono rassegnati a desiderare invano?»

Al-Adnan osservò come la luce che usciva dalla stanza illuminasse parte del corridoio, rendendo tuttavia più tenebrosi gli angoli bui e tacque. Com'è avere l'amore che quarantaquattro mogli si sono sentite negare?

Sua maestà gli aveva ordinato anni addietro di non prestare mai ascolto a sua sorella e al-Adnan fu lieto di obbedire. Farsi scudo del silenzio, tuttavia, non era mai stato sufficiente a mettersi in salvo dalle parole velenose della principessa Ashara.

«D'altronde, "sentinella", l'affetto che porti al tuo re supera di gran lunga quello di tutti i principi di Elmira per il loro padre.»

Si allontanò da lui, rientrando nella stanza con passi pesanti quanto le sue allusioni.

«Tanti figli e nessuno che voglia bene al suo papà! Povero piccolo Obeyron, tutti aspettano la sua morte, tutti la vogliono. Il re non è amato. Il re è malato. Il re è diventato un peso.»

Il re non rispose e ad al-Adnan parve di poter sentire nel suo prolungato silenzio gli echi della leziosa e cantilenante crudeltà di Ashara. Il re di Elmira governa terra e mare / ma la morte fa tremare, fa tremare / anche un re.

«Il re più potente delle isole della Jama Occidentale! Obeyron il più glorioso, il sempre vincitore, assassino del proprio padre e dei propri fratelli. Com'è sapere che mentre tu agonizzi, solo in questo letto, altri fratelli, i tuoi figli, si preparano a strapparsi carne e ossa l'un l'altro? Ti domandi chi prenderà il tuo posto a sedere sul trono insanguinato di questo palazzo d'ambra, marmo e anime putride?»

Una delle lampade si spense, lasciando l'odore acre dell'olio bruciato a rendere la penombra ancora più sgradevole e al-Adnan desiderò che Ashara avesse chiuso la porta alle proprie spalle così che, attutite dal legno intarsiato, le sue parole potessero sembragli più distanti e meno reali.

«Sarà il figlio che io sceglierò.»

Un re deve avere una voce che fenda le tenebre e Obeyron, nonostante respirasse a fatica, riusciva ancora a conferire ad ogni propria affermazione il taglio severo dell'incontestabilità. Al-Adnan, tuttavia, non poté fare a meno di domandarsi se la sola forza del suo stentoreo comando sarebbe bastata a fermare Kamal dal marciare sulla capitale forte dei propri ottomila uomini, Dijem dall'assumere il totale controllo della flotta, Thal'deiyn dal pugnalare alle spalle entrambi, Gyrash dal fare ritorno dal suo perpetuo esilio, bramoso di potere e di vendetta.

«E credi che la tua scelta abbia ancora valore?»

«Te l'ho detto, Ashara, io non morirò stanotte.»

Avrebbe voluto voltarsi e spiare l'espressione del re, trarre sicurezza dalla sua imperturbabilità, ma non lo fece, continuando invece a controllare l'oscurità che attendeva, fuori dalla finestra, di essere dissipata dall'aurora.

«E domani? E dopodomani? E il giorno successivo? Di' quanto manca al finire della notte?»

Le sue domande insinuanti, sussurrate con velenosa dolcezza, avevano il suono sgradevole e spaventoso dello strisciare di un serpente nascosto fra le sterpi.

«"Non stanotte". Forse, allora, sarà all'alba, Talal verrà qui con la sua pacata compostezza e ti ucciderà, o forse sarà Jan'sham, a mezzogiorno, con il suo sorriso sghembo, o forse Asif, sul far della sera, e la tua morte lascerà imperturbabile il suo volto scialbo. O forse sarò io. Forse, dopo tutto, sarà stanotte.»

Al-Adnan si voltò di scatto ed entrò nella stanza, appena in tempo per vedere Ashara, seduta sul bordo del letto, gettare il capo indietro allontanando il volto da quello del re e iniziare a ridere.

Rise selvaggiamente, la gola rugosa esposta, il corpo scosso nell'emettere quel suono disarmonico, acuto e privo di gioia. Di cosa ridesse, al-Adnan non avrebbe saputo dire: forse di lui, forse del re, forse di se stessa, forse dell'esistenza e del destino. Nessun pianto gli era mai parso doloroso come quel riso.

«Va bene. Uccidimi.»

C'era una volta un re che desiderava tanto l'amore della propria sorella da accontentarsi del suo odio ardente.

Una placida rassegnazione dominava i lineamenti di re Obeyron e al-Adnan attese invano che un sorriso provocatorio ne illuminasse il volto appuntito di sarcasmo. Ashara si protese verso suo fratello e una delle lampade proiettò la sua ombra sopra il suo corpo disteso fra le lenzuola di lino.

«E la tua guardia?»

La voce le tremò appena, come a nascondere un'emozione segreta, mentre si scostava una lunga ciocca di capelli dal volto, accompagnandola dietro l'orecchio con le proprie lunghe dita nodose.

«Al-Adnan non ti fermerà.»

Non era un'affermazione ma un ordine e nell'impartirlo lo guardò negli occhi, sicuro e regale nel proprio letto come lo era sul proprio trono. Gli sorrise appena con la paterna benevolenza che gli aveva riservato senza motivo apparente da quando era divenuto la prima guardia della sua porta, l'ultimo custode dei suoi segreti. Al-Adnan avrebbe voluto dirgli molte cose, ma non gli era stata posta nessuna domanda, così non rispose, limitandosi ad annuire mestamente.

C'era una volta un re che aveva molti servitori e tutti eseguivano i suoi comandi, alcuni perché lo temevano, altri perché lo amavano.

Al-Adnan amava il suo re e per questo rimase a guardare senza fare nulla quando Ashara gli coprì il volto con un cuscino di seta, cercando di soffocarlo con tutta la forza che la disperazione poteva evocare nelle sue braccia ossute. Rimase a guardare, lasciando che le due figure distese sul suntuoso letto dinnanzi a lui si fondessero fra loro, annebbiate dal velo delle lacrime, e, mentre il respiro pesante intervallato da singhiozzi e maledizioni di Ashara riempiva il silenzio, si trovò a domandarsi quanto lunga e oscura potesse essere la notte di due anime distorte e perdute.

All'improvviso Ashara si spinse lontano dal letto, levandosi in piedi e pronunciando bestemmie irripetibili mentre se ne andava senza dare spiegazioni, il volto deformato da una collera sconfitta e spaventata.

C'era una volta una principessa che odiava a tal punto il proprio fratello minore da non poter più immaginare una vita separata dalla sua.

Il re si trasse a sedere lentamente, prendendo profondi respiri raschianti, l'espressione talmente stanca che al-Adnan si chinò a raccogliere il cuscino lanciato lontano da Ashara solo per guardare altrove. Glielo porse in silenzio; era bagnato di lacrime.

Osservando le dita del re carezzare le macchie che il pianto di sua sorella aveva lasciato sulla stoffa, al-Adnan desiderò tornare a casa dalle proprie mogli; al ristoro di un amore che non fosse irrimediabilmente misto all'odio, al rancore e alla disperazione; al conforto di poter abbracciare i propri figli senza doversi domandare da quale sarebbe stato ucciso.

«Perchè i nostri sogni diventano così piccoli quando si avverano?»

Aveva lo sguardo ancora puntato sul cuscino e sembrava rivolgersi più a se stesso che a lui, così al-Adnan rimase in silenzio, contemplando la portata che una domanda simile assume sulle labbra di un re.

«Il re di Elmira ha gloria e onore / ma non sfugge al dolore, al dolore / neanche un re. L'ho cantato per tutta l'infanzia e non ci ho mai creduto. Poi sono diventato io il re.»

"Il dolore insegue l'uomo" diceva il Libro e al-Adnan si trovò a pensare che, se era in grado di raggiungerlo persino in alti palazzi fra cuscini dorati e incensi profumati, davvero, non potesse che essere iscritto da sempre nel suo destino.

«Il giorno della mia incoronazione ho capito che nessun trono mi avrebbe dato l'amore di Ashara, così le ho confessato di aver avvelenato nostro padre e ucciso il suo gemello. Le ho detto ridendo che avrei mandato a morte il suo promesso sposo e che nessuno avrebbe potuto fermarmi o punirmi. Volevo che soffrisse quanto me. Come se il dolore fosse qualcosa in cui si possa semplicemente essere pari, come se questo bastasse a farlo sparire.»

Sollevò lo sguardo dal cuscino verso il cielo scuro che sovrastava la grande terrazza della sua stanza e ad al-Adnan parve un vecchio come gli altri, esausto e sconfitto. Il re di Elmira siede sul trono / ma è sempre un uomo, sempre un uomo / anche il re.

«Quando si è lasciato uccidere, ho pensato che mio padre fosse un debole. Ora mi domando se non si sentisse stanco come lo sono io adesso. Stanco, al-Adnan, di tutti i nostri intrighi e la nostra sfrenata ambizione, sopraffatto dalla necessità di scegliere pensando al futuro del regno, addolorato che la scelta non potesse che ricadere su di me, che ero l'uomo peggiore, ma che sarei stato il re migliore.»

L'interrogativo era in attesa nell'aria, ineluttabile e angosciante, e al-Adnan ne avvertì il peso, sebbene mitigato dalla consapevolezza che non era lui a dover trovare una risposta. C'era una volta un re che aveva settanta figli.

«Qual è il migliore, qual è il peggiore? Chi devo fare re?»

Al-Adnan chiuse gli occhi e gli parve di sentire le loro voci: la calma rassicurante dell'intonazione di Talal, il timbro profondo delle argomentazioni di Dijem, la dura sicurezza del tono di Kamal, il modo secco con cui Thal'deiyn scandiva le parole, la seta e il miele della voce di Ianamros; l'amministratore che amava il popolo, il principe che amava la giustizia, il generale che amava la vittoria, il pianificatore che amava se stesso e il bugiardo che amava tutti senza amare davvero nessuno. Erano tutti in qualche modo il migliore e il peggiore e al-Adnan non avrebbe saputo sceglierne uno. Sospettò fosse comunque troppo tardi per scegliere un principe tra tutti quelli impegnati a tessere trame e preparare una guerra di successione.

«Era una domanda, Maestà?»

Il re si voltò verso di lui e gli sorrise fiaccamente, non senza che nei suoi vivaci occhi scuri guizzasse rapido un barlume di bonario divertimento.

«No, al-Adnan, non era una domanda. Non per te quanto meno.»

Sospirò pesantemente, abbandonando le spalle contro lo schienale del letto e al-Adnan desiderò essergli di conforto, scontrandosi con la propria imbarazzante incapacità di trovare qualcosa da dire.

«Domani dovrò alzarmi da questo letto e ricordare a quei mocciosi che muovono eserciti che sono ancora io il re. Combatterli, punirli, forse ucciderne alcuni. Prima, però, vorrei dormire. Fra poco sarà l'alba, non è così?»

Al-Adnan osservò il cielo ancora buio, la Stella del Mattino prossima al tramonto alla fine del suo lungo percorso verso est, e si domandò che differenza potesse fare, in fondo, il sorgere del sole; la notte sarebbe finita, ma il dolore sarebbe rimasto, la più terribile di tutte le domande, e la luce dell'aurora, che pure avrebbe dissipato le tenebre, non avrebbe saputo darle nessuna risposta.

«Fra poco, Maestà, ma non ancora.»


 


Note dell'autrice:


Chi mi conosce bene ormai sa che scrivo racconti ma ragiono per saghe per cui, come al mio solito, mi sono scontrata con la difficoltà di decidere cosa dire e cosa tacere, domandandomi quanto la storia fosse godibile di per sé.. Anche perché, contrariamente ai miei desideri, questa storia mi sembra più¹ adatta ad essere l'inizio di un romanzo che un racconto breve. Oltretutto so molto bene cosa succederà in seguito e conosco intimamente tutti i personaggi che ho solo nominato.

Delucidazioni di ambientazione per chi ha letto le mie altre storie fantasy: si questo è lo stesso mondo solo, per una volta, fuori dall'impero. Siamo nella Jama Occidentale che un imperiale chiamerebbe semplicemente le Isole Vicine o le Isole del Golfo (e, sì, ovviamente esiste anche una Jama Orientale, ovvero per un imperiale le Isole Lontane o Esterne). Linea temporale sempre per chi ama le visioni d'insieme: questa storia si svolge in mezzo alla vicenda di Hartaigen (Arbitrio per gli amici ^^), dopo la sua prima guerra civile ma prima della sua conquista del regno vicino. Quindi circa duecento anni prima di Galoth e Sorot.

 

Edit: ho aggiunto un'epigrafe. Ovviamente è il passo del libro di Isaia a cui si ispira la canzone. Non nella versione delle Cei la quale recita la versetto 22 "Viene il mattino, poi anche la notte", quella che riporto è la versione citata anche da Weber in non ricordo che testo. Ho scelto questa versione dato che è quella a cui ovviamente la canzone fa riferimento.

 

Come al solito grazie a tutti coloro che sono arrivati sino qui. Un bacione.
Di seguito riporto il giudizio del nostro velocissimo giudice.


"Riconoscimenti": la storia si è classisificata prima nel contest "Sulle ali della fantasia" indetto da Shade Owl sul forum di Efp


Recensione e punteggio


Se davvero è frutto di un lavoro intenso ma non soddisfacente, credo di potermi solo chiedere cosa sarebbe stata questa storia casomai avessi avuto modo di scriverla senza tanti sforzi.

Questo perché è, a mio parere, ben riuscita e interessante. La figura di al-Adnan, per quanto silenziosa e passiva (in tutta la storia ha usato davvero pochissime frasi, all'esterno dei suoi pensieri) rende l'atmosfera un po' cupa e tesa già da sola, trasmettendo tutta la sua inquietudine e impazienza per il doversene stare per forza fuori dalla porta, senza possibilità di entrare a vedere cosa succede tra il suo re e la sorella.

E loro, poi, sono altri due personaggi da manuale. Anche io ho una sorella (minore, nel mio caso), e come succede sempre c'è il classico rapporto“odio-amore". Tuttavia, in questo caso direi che le cose sono un po' diverse dal normale, con re Obeyron (immagino sia un riferimento al re delle fate) che ama la sorella a tal punto da volerla solo per se, scatenandone l'odio incontrollato. Odio che a sua volta è inquinato dall'amore, visto che non riesce neanche a ucciderlo.

La perplessità e le paure di al-Adnan sono più che giustificate, vista la situazione e l'evidente stanchezza di Obeyron. Dopotutto, se non dovesse morire di vecchiaia verrebbe ucciso da uno dei suoi numerosi figli, e successivamente si scatenerebbe una guerra di successione non poco sanguinosa. La sola cosa che può consolare, a mio avviso, è che l'esercito non potrebbe mai dividersi per settanta, quindi sarebbe impossibile usarlo in maniera efficace (anche se forse sono ottimista).

I parametri sono stati rispettati completamente, sia per la presenza di una sentinella, come richiesto dalla canzone, che per la presenza di ordini superiori che deve necessariamente eseguire, nonostante tutta la sua voglia di fare altrimenti, anche se questo significa venire meno al suo compito primario, ovvero proteggere il re.

A parte qualche errore nella parte grammaticale, ortografica e sintattica, impossibili da evitare (e purtroppo ne so qualcosa), la storia è corretta e interessante, molto piacevole. Sarebbe bello, in effetti, sapere come prosegue la trama. Sarebbe semplice, dato il finale aperto, che comunque non stona affatto: in fondo, nessuno ha vietato le incompiute.


Punteggi:


-Grammatica, sintassi e ortografia: 6.5/10

-Sviluppo della trama: 14/15

-Caratterizzazione dei personaggi: 9/10

-Attinenza al tema e ai parametri proposti: 15/15

   
 
Leggi le 19 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Entreri