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Autore: Rota    23/05/2012    2 recensioni
Heine andò a cercarlo, dopo pranzo: Giovanni era abbastanza solito a sparire, di tanto in tanto, quando non era obbligato con la forza a restare assieme agli altri, in camerate grandissime e totalmente inespressive, bianche come quello che loro avevano da sempre definito “Morte”.
Aveva provato nella sua stanza ma non aveva trovato tracce dell'amico. Aveva provato in bagno, nei pressi delle sale d'addestramento, eppure nulla era riuscito a scovare, neppure guardando bene.
Entrando in cucina, dove lunghi tavoli piatti come quelli della mensa si allungavano da tutte le parti e niente, neppure una piccola briciola, intaccava un ordine quasi disumano, sentì subito dei leggeri lamenti provenire da un punto imprecisato.
Si chinò a terra e lo vide, raggomitolato in un angolo, che si teneva le gambe avvolte in un abbraccio serrato. Heine sospirò, non troppo forte, e a quattro zampe arrivò da lui.

[HeineGiovanni - childhood]
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Giovanni Rammsteiner, Heine Rammsteiner
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autore: margherota
Titolo: Amore insano
Capitolo: Qualcosa era cambiato
Fandom: Dogs - Pallottole e Sangue
Personaggi: Heine Rammsteiner/Giovanni Rammsteiner
Generi: Introspettivo, Angst
Avvertimenti: Flash fic, Missing Moment, Shonen ai
Rating: Giallo
Set: 1
Parole: 595
Prompt Syllables of Time: Sei nella traiettoria del mio controllo
Note: Capitolo conclusivo, che ricollega la mia raccolta al “canon” del manga.
Spero di avervi dato qualche minuto di buona lettura, la mia raccolta qui finisce ma spero che vi resti in qualcosa, anche solo in un piccolo pensiero. Per me, ormai, questi due non significano soltanto un pair ma qualcosa di molto più profondo.
Buona lettura e arrivederci alla prossima (L)




Qualcosa era cambiato – in entrambi loro.
Giovanni non aveva più i tratti infantili e buoni che l'avevano reso l'ultimo per troppo tempo, ma oltre quei occhiali che racchiudevano tutta la sua razionalità aveva addestrato la lingua alla malizia, il riso alla perfidia, i gesti all'omicidio. Era diventato quel mostro perfetto che nessuno era riuscito a raggiungere.
Heine non trovava più in niente valida ragione per continuare i suoi giorni e come un vagabondo errava a stento e con poca convinzione laddove il bisogno fisico lo spingeva e dove quella pochezza chiamata “istinto di sopravvivenza” lo conduceva. Non pecora ma neppure padrone, assomigliava per aspetto e vocazione ad un fantasma privo di consistenza.
Dopo la fuga del maggiore, si incontrarono solo nei sogni e nelle pallottole e nel sangue versato. Dopo che il minore ebbe accettato la propria condizione come il dono ultimo dell'altro, non ci fu più gentilezza né dolcezza – ma l'aggrapparsi alle spalle di Heine divenne più il tentativo di strappargli la pelle che cercare rifugio.
Disperazione, forse, ma non credevano neppure loro una cosa simile.
Heine aveva realizzato il proprio sogno pagando un prezzo altissimo: la libertà in cambio del nulla più assoluto attorno. Giovanni aveva realizzato il proprio sogno pagando un prezzo altissimo: appagare e compiacere la Signora Madre in cambio del nulla più assoluto attorno.
Avrebbero dovuto capire fin da subito, dalle premesse di quell'amore insano, che non ci sarebbe stato alcun futuro per loro. Non per Destino, non per cattiveria, ma per carattere.
Chi si fa pecora non potrà mai ambire il posto accanto a chi si fa lupo e viceversa, in una logica spietata ma fin troppo scientifica.
Giovanni poteva essere grato di una sola debolezza di Heine, perché nella sua persona si racchiudeva quanto l'altro tentava di superare ma non ci riusciva, benché il primo del branco. Sulla traiettoria del suo controllo, Giovanni si posizionava e non si spostava di un solo centimetro, orgoglioso di un posto tanto speciale e privilegiato come quello. Lui lo chiamava “risveglio” - ciò che avrebbe donato Heine della carica e dell'odio giusto per essere davvero “forte”; l'altro lo chiamava “delirio”. Era sempre così ironico vedere quanta differenza potesse esserci, tra di loro, per un'unica parola.
Qualcosa era cambiato – in entrambi loro.
Ma forse anche no, perché Heine desiderava ancora baciarlo e stringerlo a sé, per farlo piangere in silenzio sulla propria spalla, magari dicendogli che nessuno lì lo potrà vedere e che era sciocco e stupido e nessun altro oltre a lui poteva dirglielo, con così tanto amore. Giovanni, da quando Heine era andato via, non aveva versato neppure una lacrima.
Ma forse anche no, perché Giovanni si rannicchiava ancora negli angoli delle stanze e sentiva la sensazione sulla pelle di una carezza ruvida e poco gentile, di parole dette a bassa voce vicino all'orecchio che nessun altro poteva ascoltare e sì, tanto folli, tanto inappropriate, eppure con la voce di quel cane che Heine non voleva proprio diventare. Heine, d'altronde, aveva ancora la stessa voce di sempre.
Se così non fosse stato, probabilmente, nulla sarebbe stato come prima, nulla come sempre – e Heine sarebbe stato davvero libero e Giovanni davvero morto. Nel bisogno che avevano l'uno per l'altro, gestivano quella farsa come il sentimento che, tragicamente, li univa. Prima di dormire un'ultima volta assieme, di risvegliarsi non in un incubo ma in un bel sogno. Mano nella mano, uomini senza legami e senza collari pesanti.
Qualcosa era cambiato – in entrambi loro.
Era la vita che andava avanti e non li stava lasciando indietro.
   
 
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