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Autore: MedusaNoir    23/05/2012    10 recensioni
Sapeva ogni cosa sul suo conto? Naturale, era stata lei stessa a tracciare la sua vita su un foglio – o su un documento di Word. Per cui, razionalmente, avrebbe dovuto essere considerata una sorta di Molly Weasley o J. K. Rowling: in tal caso, avrebbe anche accettato un legame con lui; tuttavia, c’era ancora chi, irritantemente, si ostinava a vederla sposata al più vile dei Weasley.
[Ferao/Percy]
Prima classificata al "48 ore di Contest - Per edite" di BessieB e vincitrice dei premi Best female character e Best pairing".
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Weasley
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
- Questa storia fa parte della serie 'Perao, Pedusa e Ferusa'
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Atterrerò sulle tue spine

Fera nascose il volto tra le mani, arrendendosi all’evidenza: non si sarebbe tolta la nomina di “biografa ufficiale di Percy Weasley” tanto facilmente. Certo non se l’intero popolo di EFP continuava a parlare di quanto lo conoscesse a fondo, di quanto amasse scrivere di lui, di quanto… tutto.

Sapeva ogni cosa sul suo conto? Naturale, era stata lei stessa a tracciare la sua vita su un foglio – o su un documento di Word. Per cui, razionalmente, avrebbe dovuto essere considerata una sorta di Molly Weasley o J. K. Rowling: in tal caso, avrebbe anche accettato un legame con lui; tuttavia, c’era ancora chi, irritantemente, si ostinava a vederla sposata al più vile dei Weasley. Percy aveva Audrey, maledizione! C’era già una donna disposta a prendersi una rogna del genere!

Scosse la testa e si diede della scema: era solo stanca, lo studio non la lasciava in pace e aveva sempre mille idee per la testa; in altri momenti non se la sarebbe presa così tanto.

Si alzò per prendere un bicchiere d’acqua prima di riprendere a scrivere, ma inciampò su un libro caduto a terra.

Harry Potter: che ironia.

 

Quando riaprì gli occhi, una luce ben diversa da quella fioca che proveniva dallo schermo del computer – se fosse stata più intensa, probabilmente Fera non sarebbe inciampata a terra con la leggiadria di Bella Swan – la investì in pieno volto, tanto da farle pensare di essere finita dritta in Paradiso.

O all’Inferno. In Paradiso lui non ci sarebbe stato.

Qualcosa si era appena frapposta tra Fera e il sole estivo: la testolina di un bambino che non dimostrava più di sette anni. Era secco, pallido e con la fronte più aggrottata che lei avesse mai visto; fu anche quell’espressione, insieme ai capelli rossi e i vestiti noiosi – per quanto fosse possibile per dei vestiti essere noiosi –, a spingere Fera a riconoscere quel bambino. E a scappare via, se solo avesse potuto.

- Da dove vieni? – chiese il marmocchio.

- Ehi, almeno uno “Stai bene?” sarebbe…

Fera si bloccò ascoltando la propria voce: era acuta, sembrava quella di una bambina.

Anche questa ora.

Si guardò le piccole mani, si toccò i capelli magicamente – era proprio il caso di dirlo – più lunghi e sospirò; non si chiese nemmeno perché parlasse la stessa lingua del bambino, si limitò a darsi un pizzicotto sul braccio nella speranza di risvegliarsi nella propria stanza, ma non accadde niente.

- Sei strana.

- Senti un po’, tu, - esclamò Fera, rimettendosi in piedi sul prato, - non osare dare della strana a me solo perché mi hai trovata svenuta in un… Dove siamo?

- Ottery St. Catchpole, - rispose prontamente il bambino. – Presumo che tu voglia sapere il mio nome.

- Andiamo, hai sette anni: non puoi usare parole come “presumo”!

- Sette anni e cinque giorni, - precisò.

Quindi oggi è il 27 agosto 1983…

Fera scosse la testa, facendo ondeggiare non proprio elegantemente i capelli castani: non poteva ricordare esattamente la data di nascita di quel… marmocchio!

- Il mio nome è Percy Ignatius Weasley, - si presentò il bambino, tenendole la pallida manina. – Abito qua vicino.

- Suppongo di doverti fare gli auguri per il compleanno in ritardo, - disse Fera, togliendosi l’erba dalla gonna e afferrando la sua mano per non urtare troppo la sua sensibilità. Era un bambino, dopotutto; la peggiore specie di bambino, saccente e pedante – già lo sapeva –, ma pur sempre un maghetto di sette anni.

Percy aggrottò ancora di più la fronte, sollevando il mento per potere continuare a guardare la bambina sconosciuta dall’alto. – Ti sei Smaterializzata con qualcuno?

- Vorrei proprio capirlo. Ragazzino…

- Hai la mia età, - precisò Percy, gonfiando il petto, - se non un anno di meno: non dovresti chiamarmi “ragazzino”.

- Ehi, ragazzino, io faccio quello che voglio, - replicò Fera portandosi le mani ai fianchi e sentendosi un incrocio tra la madre del bambino e un personaggio dei fumetti.

Percy non ebbe il tempo di ribattere, perché i contorni della sua figura e del paesaggio circostante cominciarono a svanire, lasciando il posto a una locomotiva fumante e agli strepitii di ragazzi in partenza per Hogwarts.

Beh, almeno farò questa esperienza!

La gonna pastello aveva lasciato il posto ad un paio di jeans decisamente più comodi; Fera si ritrovò a stringere un carrello con un baule e diversi libri, ma dei suoi genitori nessuna traccia: dovevano averla appena salutata. Senza indagare oltre – era tutto strano, perché soffermarsi su ogni particolare? – salì sull’Espresso per Hogwarts e si mise alla ricerca di uno scompartimento libero. Ringraziò Merlino di essere sola, anche se si aspettava l’irruzione della persona che meno avrebbe voluto vedere.

Poco dopo la partenza, infatti, la porta dello scompartimento si aprì, rivelando un ragazzino allampanato con gli occhi nascosti da un paio di spesse lenti; trasportava il proprio baule e aveva tutta l’aria di avere trovato l’unico posto libero in tutto il treno.

- Salve, io mio chiamo Percy Ignatius Weasley. Posso sedermi?

Evidentemente non doveva ricordarsi del loro incontro di qualche anno prima; Fera decise di non aiutare la sua memoria, perché – conoscendolo come lo conosceva lei – avrebbe sicuramente cominciato a chiederle come mai fosse caduta dal cielo, quando nemmeno la ragazza lo aveva capito.

- Fera, - si presentò.

- E?

- Basta. Fera e basta.

Non ti aspetterai certo che ti dica il mio nome?!

Percy sollevò un sopracciglio, ma non aggiunse altro; notò solo la copia del libro di Trasfigurazione che Fera stava leggendo.

- Anche tu sei del primo anno?

- Sì, Corvonero.

- Come fai a sapere che andrai a Corvonero?

- Perché voglio andarci.

Il ragazzino non sembrava molto convinto. – E dove credi che capiterò?

Fera si strinse nelle spalle. – Non sono mica una veggente.

- Sei curiosa, però.

- Grazie. Lo dici a tutte le persone che incontri?

Fu il turno di Percy di alzare le spalle; prese il proprio libro e cominciò a leggere dalle pagine centrali: non doveva avere fatto altro tutta l’estate che spulciarsi i nuovi volumi. Fera, su quel fronte, era d’accordo con lui, ma forse era il suo essere una Nata Babbana – era una Nata Babbana? – a spingerla a conoscere il più possibile sulla magia.

Si stupì, tuttavia, quando passò la signora del carrello chiedendo se volessero qualcosa, ma entrambi i ragazzi erano talmente presi dalla lettura da fare cenno di no con la testa senza togliere gli occhi dal libro; in quel momento Fera, gettando un rapido sguardo oltre le pagine, si accorse di essere nella stessa posizione di Percy – un libro in mano, la testa china e le gambe poggiate sul sedile davanti.

Inquietante.

Dopo qualche minuto Percy chiuse il libro, che ormai aveva finito di leggere, e cominciò a fissare la sua compagna di viaggio.

- Che c’è? – gli chiese Fera, infastidita.

- Da dove vieni?

- Per la barba di Merlino, perché non mi lasci leggere e non vai dai tuoi fratelli?

Domanda sbagliata.

- Come fai a sapere che ho dei fratelli? – si insospettì Percy, corrucciando la fronte proprio come quando aveva sette anni: probabilmente era nato con quell’espressione.

- Ti… ti ho visto parlare con loro al binario, - tentò di giustificarsi Fera.

Percy sembrò ancora più sorpreso. – Mi avevi visto?

- Beh, eravate identici, non potevo non notarvi!

- In realtà Bill ha qualche centimetro più di me, mentre Charlie…

Fera non sapeva da dove fosse scaturita quella parlantina, ma mise il libro da parte e incrociò le braccia al petto per ascoltarlo; dopotutto, era interessante scoprire particolari su una famiglia che credeva di conoscere alla perfezione. Scoprì che i gemelli erano ancora più pestiferi di come fossero stati descritti nei libri, che Ginny era perfino peggio di loro, che Ron non faceva che piangere in continuazione, che Charlie aveva dovuto allenarsi per un’intera estate prima di riuscire ad acchiappare una Pluffa, che Bill amava essere ammirato dalle studentesse più giovani…

Percy non aveva ancora finito di raccontare quando il profilo di Hogwarts si stagliò all’orizzonte. Prima che Fera potesse entusiasmarsi, però, le venne un improvviso colpo di sonno… E non era più sul treno.

Qualcuno la urtò correndo, facendole cadere i libri.

Maledizione!

Fondamentalmente, il problema di Fera non era il ritardo a lezione – dove altro sarebbe potuta andare con i libri? – né la rabbia verso quello sconosciuto studente sprovvisto di cervello, ma era rendersi conto che non si stava trattando di un sogno: se così fosse stato, ormai avrebbe dovuto essersi risvegliata, dal momento che il viaggio in treno era durato un’intera giornata; tuttavia si trovava a Hogwarts, indossava la divisa di Corvonero e non aveva nessuna idea di come tornare a casa. Amava trovarsi in quel mondo, ma avrebbe preferito ricevere qualche chiarimento.

Come mai era lì?

In che modo avrebbe potuto tornare, se e quando lo avesse desiderato?

E soprattutto perché continuava a incontrare Percy Weasley in ogni situazione?

- Serve aiuto?

- Ah, meno male, hai imparato.

- Scusa?

Fera detestava il modo in cui Percy aggrottava la fronte: le davano fastidio quelle rughe, quello sguardo tipico di chi la credeva una pazza, le labbra arricciate. Lo odiava.

Anche mentre la aiutava a raccogliere i libri.

- Grazie, - bofonchiò, - ma non vedo perché dovresti perdere tempo con me.

- Sei la mia migliore amica, no?

- Oh, cielo! – esclamò Fera, lasciando che i libri si sparpagliassero di nuovo a terra.

- Ma si può sapere cos’hai oggi? – le chiese Percy, confuso. – Non è da te essere in ritardo per le lezioni.

- E per te non lo è gironzolare per la scuola, - ribatté lei, puntandogli un dito sul petto.

Per tutta risposta, Percy mise in mostra il distintivo da Prefetto. – Ho due ore libere, per cui devo pattugliare i corridoi. Ci vediamo alle quattro in biblioteca, come sempre?

- Come sempre?

Fera non riusciva a credere che, in quella dimensione, fosse davvero amica di Percy. Che studiassero insieme. Che forse si facessero perfino i regali di Natale. Avrebbe voluto dirgli di scordarsi il loro “appuntamento” di quel giorno, perché lei aveva di meglio da fare, ma ancora una volta non ebbe il tempo di parlare.

Si aspettava di vedere ancora le mura di Hogwarts o almeno di un edificio riconoscibile – la Tana, il Ministero della Magia –, ma si accorse di essere immersa nel verde. E nel rosa. E nel bianco.

In ogni caso, in niente di buono.

C’erano sedie e tavoli decorati da fiori e tovaglie di pizzo rosa, fontane di Burrobirra, ragazzi e adulti vestiti elegantemente; e felicità, tanta felicità.

Non un matrimonio, per Priscilla!

Si specchiò in un lucido vassoio d’argento e scoprì di avere i capelli legati in un’apparentemente inestricabile pettinatura, mentre il corpo – da diciottenne? Non le sembrava molto cambiato rispetto alla scena precedente – era nascosto da un lungo abito azzurro.

Si guardò intorno, ben sapendo che, prima o poi, avrebbe avvistato “ il suo migliore amico”. Ancora non riusciva a crederci, le sembrava perfino più strano del mondo in cui era finita.

Lo cercò e lo cercò, per non farsi prendere alla sprovvista, e infine lo trovò appoggiato a un albero, il vestito da cerimonia senza una piega in contrasto con l’espressione cupa; Percy si tolse gli occhiali, li pulì con un fazzoletto di stoffa e poi se li rimise, sospirando.

Per Fera fu perfettamente normale rivolgergli la parola: era la sua migliore amica, dopotutto, no?

- Ciao.

- Oh, - esclamò Percy, accorgendosi solo in quel momento della sua presenza. – Ciao.

- Cosa fai qui?

- Niente. Io… pensavo.

Arrossì leggermente, come se fosse lei l’argomento delle sue riflessioni; tossicchiò, coprendosi la bocca con il pugno chiuso, e cercò di evitare il suo sguardo.

- Immagino che Paul e Catherine siano lieti di come sta andando la cerimonia.

Così era quello il nome degli sposi: faceva un po’ effetto essere al matrimonio di due sconosciuti che probabilmente erano in realtà loro compagni di scuola, campioni di Quidditch o amici di infanzia.

Fera non riuscì a trattenere una risata. – “Lieti”?

Percy sbuffò, accennando un sorriso. – Lo so, non ami il mio modo di esprimermi. Non lo hai mai fatto.

“Non lo hai mai fatto”: fu strano per Fera, sembrava che si conoscessero da anni. E in quell’universo, in effetti, era così.

Si sentiva a disagio, per cui gli propose di tornare tra gli invitati; lui accettò controvoglia, ma, non appena il gruppo ingaggiato per la cerimonia cominciò a suonare una canzone decisamente melensa, guardò Fera e i suoi occhi si illuminarono.

- Vuoi ballare?

Si sarebbe aspettata di tutto, tranne una richiesta del genere; sbatté le palpebre, confusa, però l’idea di vedere Percy su una pista da ballo la incuriosiva troppo per rifiutare.

- Va bene, - acconsentì. – Fammi vedere che sai fare.

Finalmente Percy sorrise e per un momento – un istante, mezzo secondo, neanche il tempo di accorgersene – Fera fu contenta di vederlo felice. Afferrò la sua mano e mise l’altra sulla sua spalla, preparandosi: come aveva immaginato, Percy era un pessimo ballerino.

- E’ la mia canzone preferita, - esclamò. – “Mi hai stregato il cuor”.

- Non ci credo: questa è Celestina Warbeck? E a te piace?

- Ma non dirlo a Fred e George, mi prenderebbero in giro fino alla morte!

Percy era simpatico. Forse non proprio simpatico, semplicemente… tollerabile. Le pestava i piedi in continuazione e non era certo il ragazzo più bello della festa – a malapena il meno brutto –, però non era poi così male ballare con lui; Fera si ritrovò a ridere più di quanto avesse mai pensato di fare con lui, ma Percy cercava di mantenere un contegno, tenendo il mento ben sollevato, le spalle dritte e la bocca serrata, nonostante si concedesse qualche fugace, timoroso sorriso.

Non era poi tanto male, Fera poteva sopportare di averlo come migliore amico.

Ma cosa facevano i migliori amici? No, cosa faceva Percy da migliore amico?

La aiutava nei compiti?

La invitava alla Tana per le vacanze estive?

Le inviava Hermes in continuazione?

Di certo non si chinava verso le sue labbra per baciarla: un migliore amico non lo avrebbe mai fatto. Ma forse Percy versione “migliore amico” sì, perché era esattamente ciò che stava succedendo.

Non capì perché rimase immobile invece di dargli uno schiaffo su quell’odiosa faccia lentigginosa – dopotutto non aveva ancora capito niente da quando aveva lasciato la propria stanza – e nemmeno per quale motivo rispose al bacio. Era curiosa si sentire il sapore delle sue labbra? Il sapore di un personaggio di carta?

Ma le labbra screpolate non somigliavano granché a carta riciclata. Nuova. Tenuta ad ammuffire in soffitta.

Sapevano di Percy. Il che, forse, era anche peggio.

Avvertiva la sua mano dietro la nuca, il tocco impacciato della dita che con un po’ di paura cercavano i suoi capelli; il respiro fastidioso – ma forse non troppo – del ragazzo le arrivava sul viso, mentre Fera apriva gli occhi, lentamente.

Ancora un cambio di scena e nel momento meno opportuno: maledizione, voleva sapere in quale punto esatto il suo pugno avrebbe colpito il volto di Percy!

Fortunatamente, però, non sembrava passato molto tempo. Entrambi indossavano vestiti diversi e sul volto del ragazzo c’era un accenno di barba, segno forse che l’agitazione gli aveva impedito di radersi nei giorni successivi al bacio. Era ancora estate? Non poteva dirlo, si trovavano all’interno di un appartamento – forse la sua casa in quell’universo?

Percy era nervoso, probabilmente il motivo era ciò che era successo tra di loro al matrimonio.

- Non so perché l’ho fatto.

Sicuramente. A meno che non stesse per parlargli del tradimento verso la famiglia; in tal caso, Fera avrebbe finalmente avuto l’opportunità di dirgli, nei minimi dettagli, ciò che pensava di lui.

- Quel bacio… è stato uno sbaglio, non è vero?

Ti sei salvato, Percy Weasley.

- Sì.

Percy serrò la mascella, come se avesse sperato in un’altra risposta.

- Penelope aveva appena rotto con me, ero a pezzi. E tu eri l’unica persona che mi fosse stata sempre vicina. L’unica. Per cui avevo pensato…

- Ti eri sbagliato, - lo interruppe Fera, avvertendo uno strano movimento nello stomaco.

Percy rimase in silenzio, poi alzò lo sguardo e incontrò il suo: sembrava ostile, come se fosse stata lei ad averlo illuso! Non che Fera si fosse sentita illusa o usata da lui, però. Assolutamente no. Un bacio tra amici, niente di importante. Mentre decine di coppie volteggiavano attorno: rabbrividì a quel pensiero.

- Me ne vado, allora, - mormorò Percy con un sospiro. – Mandami tutto.

Per la prima volta, fu Fera ad aggrottare la fronte: tutto cosa?

Inutile a dirsi, non fece in tempo a formulare la domanda che si ritrovò al Ministero della Magia. Percy le stava venendo incontro, l’espressione dipinta sul volto che indicava il massimo della gioia.

Ma quella volta fu diverso.

A sette anni cadeva da un albero altissimo e non si faceva male grazie alla magia.

A undici i suoi genitori – una coppia di avvocati Babbani – la salutavano davanti all’Espresso per Hogwarts.

Veniva Smistata a Corvonero, tutti erano a conoscenza del suo vero nome.

Incontrava Percy in biblioteca dopo una settimana di scuola e gli dava una mano con il tema di Incantesimi – forse era stata solo una scusa per parlarle.

Percy continuava a chiamarla Fera, era l’unico a non usare il suo nome completo.

Andavano a Hogsmeade insieme, si scrivevano lettere, si aiutavano a vicenda con la preparazione agli esami.

Paul e Catherine erano loro grandi amici, avevano festeggiato i M.A.G.O sposandosi dopo una relazione lunga cinque anni.

Percy aveva confessato a Fera di sentirsi un verme dopo la rottura con la famiglia e aveva accettato ogni suo rimprovero, per merito suo si trovava a Hogwarts la notte del 2 maggio.

Erano cresciuti insieme, erano stati amici inseparabili nonostante litigassero in continuazione; erano stati l’uno accanto all’altra, sempre, tranne in quel periodo dopo…

- FERA! – urlò Percy.

- Siamo al Ministero! – lo sgridò lei con un sussurro.

Il ragazzo respirò profondamente, cercando di riprendere fiato, e la guardò raggiante.

- Audrey ha detto di sì.

Qualcosa le diceva che avrebbe dovuto fare salti di gioia, essere partecipe alla felicità del suo amico; tuttavia, i ricordi improvvisamente riaffiorati – come se in quel mondo avesse avuto una vita, come se non si fosse trattato solo di poche scene – avevano portato a galla anche sensazioni dolorose, spiacevoli. Si era resa conto di quello che aveva fatto.

Il bacio al matrimonio si era trasformato in una relazione, erano stati insieme per quasi due anni, avevano convissuto quando Percy aveva deciso di allontanarsi dal resto dei Weasley; lei aveva tentato continuamente di fargli cambiare idea riguardo la lealtà al Ministro e ciò aveva portato fine alla loro storia.

- Quel bacio… è stato uno sbaglio, non è vero?

- Sì.

E se avesse risposto in un altro modo, conoscendo l’intensità di quello che c’era stato tra loro?

- Per cui avevo pensato…

- Ti eri sbagliato.

Se non fosse stata così crudele, se avesse saputo che non si era trattato solo di un bacio?

Non riusciva a capire l’ordine degli eventi, niente aveva senso. Non lo aveva di certo il pugno nello stomaco che stava ricevendo da quando aveva avuto quel ricordo.

Erano passati anni da allora, erano tornati amici e ora un’altra donna era comparsa nella vita di Percy. Forse una donna più adatta a lui.

Si sforzò di sorridere. – Sono felice per te.

 

Le faceva male la testa.

- Ahia…

Si alzò lentamente, massaggiandosi la zona su cui aveva sbattuto. Possibile che in tutto quel tempo nessuno l’avesse notata distesa a terra?

Guardò l’orologio.

Tre quarti d’ora.

In tre quarti d’ora lei aveva sognato una vita intera? Sapeva che il tempo scorreva più lentamente nel sonno, però… O era più velocemente? Si sedette sul pavimento freddo, chiedendosi se per caso non avesse avuto un trauma cranico.

Beh, sicuramente, visto che…

Arrossì violentemente e serrò le palpebre, cercando di scacciare quelle immagini.

Percy. Percy. Percy.

Era stato solo un sogno, solo un sogno: quello che aveva visto non era il vero Percy, ma una ridicola invenzione della sua mente per farlo apparire meno detestabile. Perfino amabile.

Notò il libro di Harry Potter a terra, era aperto e Fera intuiva su quali pagine. Lo sapeva.

Sospirò.

- Ti odio, Percy, - esclamò, rimettendosi in piedi e afferrando il libro, - però…

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E questa è per Ferao - ma non si direbbe xD

Ho scritto una Fera/Percy. Wow, una Fera/Percy! E ha perso una scommessa (si può chiamare così?), per cui posso pubblicarla. E lei non può farla togliere.

*Med gongola* 


Bene, a parte girare con un sorriso soddisfatto per casa non ho niente da aggiungere, per cui spero che la storia vi sia piaciuta! :D 

Ah, il titolo è una citazione di Laphroaig dei Follow The Mad ♥


Medusa






Grammatica: 10\10
Ovviamente non avevo dubbi. Perfetta, a dir poco perfetta. Non c’è una svista, un errore… niente. Perfetta, punteggio pieno.
Titolo: 5\5
Ah, l’ho amato. Titolo perfetto, originalissimo, che rispecchia perfettamente la situazione di cui parli. Conoscevo già la tua passione per i Follow the mad, quindi non mi stupisco.
Quello che mi ha stupita è stata la tua ottima scelta: titolo più perfetto non potevi trovarlo.
Caratterizzazione: 5\5
Partiamo da Percy, così poi posso sentirmi libera di sproloquiare sull’altro personaggio. Percy è perfettamente IC, serio e noioso come piace a me. Come piace anche ad una persona innominabile.
E sottolineo l’ultima affermazione xD
Mi piace moltissimo il progressivo cambiamento in Percy, il suo affezzionarsi all’altro personaggio.
Parliamo dell’altro personaggio. Probabilmente la cara Fera ci ucciderà entrambe, ma sorvoliamo.
Non c’è che dire, Fera è caratterizzata alla perfezione. È fantastica, con la sua ossessione per Percy.
Davvero geniale.
Originalità: 10\10
Una Perao è il massimo dell’originalità, su questo non c’è niente da dire. La situazione è quasi verosimile, Fera migliore amica\amata di Percy è fantastica.
La prima volta che l’ho letta sono rimasta stupita per l’originalità della trovata, davvero. Ora, rileggendola attentamente sono rimasta senza parole. Fossi in Fera non mi lamenterei di essere shippata con Percy (non dirglielo).
Gradimento personale: 10\10
Fra me e la tua OS è stato amore a prima vista. È bellissima, scritta divinamente. Se devo essere sincera, quando ti sei iscritta, mi aspettavo una Draco\Pansy con Astoria bisastrata (e sai che il mio radimento personale sarebbe sceso sotto terra xD), invece hai deciso di sfidare Fera e permettermi di giudicare questa meraviglia.
E l’adoro, davvero, non si può non amarla. Perché? E’ scritta bene, è un tripudio di originalità e tratta una relazione particolare, una relazione scrittore\personaggio preferito.
Complimenti.
Totale: 40\40
   
 
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