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Autore: shesafeandsound    24/05/2012    1 recensioni
I remember tears streaming down your face, when I said, I’ll never let you go, when all those shadows almost killed your light. I remember you said, don’t leave me here alone, but all that’s dead and gone and passed tonight.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 33


 
 
Louis
 
ero seduto su uno sgabello, dietro le quinte degli studi della BBC. stavo aspettando che mi facessero entrare, con chissà quale gesto plateare, nel programma che stava andando ora in onda, per portare avanti un'intervista. il mio piede continuava a tremare e a battere convulsivamente sul pavimento. mani sulle cosce, testa bassa, occhi che guardavano la punta delle scarpe, schiena leggermente incurvata in avanti, aspettando che mi  facessero entrare e che cominciassero a farmi mille domande.
Cloe mi aveva pregato a lungo, per tre giorni interi, di partecipare al suo show e, alla fine, non riuscii più a dirle di no. sbaglio colossale.
 
"abbiamo con noi un ragazzo che con la sua band sta raggiungendo un successo stellare, facciamo entrare Louis Tomlinson" esclamò la presentatrice facendo impazzire i telespettatori ed incitandoli ad applaudire e ad emettere animaleschi schiamazzi. entrai nascondendo tutta la mia agitazione e stanchezza, salutai e sorrisi alla telecamera. mi accomodai su una poltrona rossa e lì cominciò l'interrogatorio.
 
"Allora, come stai?" mi chiese Cloe, la presentatrice. riuscivo a capire che non gliene importava nulla se stavo veramente male, lei non è un'amica, questa non è casa mia, questo è il business e tutti cercano un modo per fare soldi e questo è il suo: estrapolare quante più informazioni sulla mia situazione sentimentale, senza curarsi se io lo voglia veramente. ma, a quel punto, non potevo fare nulla, dovevo sorridere e cercare un modo per accontentarla in modo tale che mi lasciasse andare più presto possibile.
"potrebbe andare meglio" dissi. mi ricordai solo in quel momento che se Megan avesse visto questa intervista e mi avesse visto molto felice la situazione si sarebbe complicata ancora di più, quindi dovevo essere sincero ma senza dare troppi dettagli, se questo sia possibile.
"girano voci che te e la tua fidanzata vi siate lasciati, quanto sono attendibili queste notizie?" mi domandò accavallando una gamba all'altra e sistamandosi il vestito. 
"sono poco attendibili, non è successo nulla, solo una piccola lite, nulla di che."
un'espressione di scontento si disegnò sulla sua faccia e capii che era questa la via giusta da prendere, dovevo confonderli e non dirgli tutta la verità ma solo una piccola parte, altamente modificata che però non ferisca Megan.
"davvero?" mi richiese come per darmi modo di cambiare la mia risposta.
"sì, potete stare tranquilli!" esclamai accennando una risata.
"va bene" rispose nascondendo la sua delusione con un sorriso. 
mi congedò velocemente dopo altre tre-quattro domande. uscii dagli studi, firmai un po' di autografi e poi salii in macchina.



 
Summer
 
"che ne sai, magari non erano destinati a stare insieme!" mi disse Harry, giocando con una mia ciocca di capelli. eravamo sdraiati sul letto, la tenda color panna era aperta e lasciava entrare tutta la luce del pomeriggio che rifletteva sullo specchio, nella parete, di fronte al letto. io ero girata verso il muro bianco- che era stato ricoperto di foto dei ragazzi, foto mie insieme ad Harry, foto di sua mamma e la copertina del loro primo album- e il mio fidanzato verso di me. avevo troppi pensieri in mente e la sera prima non ero neanche riuscita ad addormentarmi per pensare a Megan.
mi girai sul fianco sinistro così che potessi guardare negli occhi Harry
"devo dirti una cosa ..." dissi affogando in quegli occhi così intensi che mi mettevano sempre a nudo: non potevo nascondergli nulla, era come se sapesse già tutto prima ancora che glielo dicessi.
"dimmi tutto" rispose sistemandomi il ciuffo dietro l'orecchio, fece scivolare la sua mano sinistra lungo il mio viso e si fermò sulla guancia, mi guardò e mi rubò un bacio a stampo.
"devo dirti una cosa ma non devi dirla a nessuno ... intesi?" la mia voce tremò nel dire questa frase, avevo giurato non avrei mai fatto parola con nessuno ma ora stavo tradendo quella promessa.
"va bene"
"Megan ... lei è ... un'autolesionista, con Louis aveva quasi smesso di farsi del male ma ora ho paura ricominci e sappiamo come potrebbe andare a finire - i miei occhi divennero lucidi e si riempirono di lacrime che faticai a tanere nascoste- ho paura, Harry!" dissi crollando in un pianto. lo abbracciai forte e quando sentii le sue braccia intorno alla mia vita e le sue mani sulle mie spalle, vicino al mio collo, capii che non avrebbe detto nulla a nessun'altro.
avevo trattenuto e nascosto questa paura fino ad ora, non potevo parlarne con nessuno, nemmeno con Megan, la diretta interessata, e quel silenzio mi uccideva dentro come una lama che mi entrava nella carne ma, da quando stava con Louis sapevo che lei era al sicuro e sapevo che non poteva più farsi del male, non ora che aveva trovato qualcuno che l'amava davvero ma ora ... ora risentivo quella lama perforare il mio stomaco ed uscirmi dall'altra parte del corpo. solo il pensiero che lei si potesse far del male, ancora una volta, mi faceva sentire piccola e impotente come quel pezzo di spinacio che era caduto dal tegame, ieri sera. ecco perchè avevo così paura che si lasciassero.
"adesso, io e te, troviamo una soluzione, tranquilla! ma da quanto va avanti questa storia?" mi chiese asciugandomi due lacrime che scendevano leggere sul mio viso.
"aveva questo tipo di problema da quando lo conobbi, forse anche prima, ma era una cosa lieve, non era nulla di serio, poi ha cominciato a peggiorare drasticamente, infatti quando me ne andai a NY ebbi una paura immensa di lasciarla da sola, poi, quando si mise con Louis diminuì i tagli perchè, mi disse, che finalmente stava bene con se stessa, perchè Lou la faceva sentire amata e bella" feci una pausa, deglutii e poi ripresi, ma questa volta, iniziai a sfogarmi "il che è una cosa stupida perchè lei è una ragazza bellissima, la prima volta che la vidi mi sentii inferiore  a lei per quanto fosse bella. non ha nulla che non va, ha un fisico pazzesco, un viso splendido, una grazia innata, è simpatica, piace a molti ragazzi e non capisco perchè debba farsi del male? perchè deve fare del male a quel corpo così fragile? e poi, la cosa che odio di più in questa situazione, è che quando sta con me non si taglia ma quando me ne torno a casa lei comincia ad odiarsi e a farsi del male e - continuai alzando il tono della voce, come per rimproverarmi-  in tutto questo io sono inutile, impotente, non ci capisco nulla e l'unica cosa che so fare è piangere" finito il mio monologo mi alzai dal letto, aprii la porta del bagno e la chiusi sbattendola dietro le mie spalle.
mi guardai allo specchio: le lacrime continuavano a scendere, tutto quello  facevo era prendermela con me stessa per non essere una buona amica. non mi riconoscevo più. io non sono mai stata una persona debole ma ero così legata a Megan che se succedeva qualcosa di brutto, legato a lei, era come se succedesse anche a me e, di conseguenza, ci stavo male. molti specialisti dicono che non fa bene essere così legati ad una persona, ma cosa vogliono? venissero loro a dirmi cosa provare e per chi. queste persone che cercano di capire le vite degli altri non le sopporto: fatemi la cortesia di smettere di studiare perchè queste cose non vanno nè spiegate, nè capite, vanno solo vissute.
sbuffai e feci svolazzare via dei capelli da davanti gli occhi. aprii la doccia e girai la manopola dell'acqua da cui cominciò a scrosciare acqua fredda, la regolai, ad una temperatura non troppo fredda nè troppo calda,  girando la manopola versa destra. cominciai a svestirmi ma, prima che qualcuno potesse disturbarmi, mi chiusi a chiave. sfilai i calzoni facendoli scorrere sulle curve delle mie gambe perfettamente dritte e magre, mi liberai le caviglie gettandoli via con un calcio e poi mi tolsi la canottiera, rimanendo con indosso solamente reggiseno e mutande. mi girai verso lo specchio. di chi era quel corpo? non mi riconoscevo più da un po' di tempo. cominciai a togliermi di dosso anche l'intimo, l'unica mia difesa contro quell'immagine che non riuscivo più a paragonare a Summer. ero cambiata in modo radicale da quando avevo lasciato la mia famiglia a NY e non capivo ancora se la cosa mi infastidisse o mi facesse piacere ma, sta di fatto che, non riconoscermi allo specchio mi dava un senso di inquietudine e non mi faceva sentire a casa così lasciai lì il mio riflesso ad osservarmi mentre entravo nella doccia. un getto di acqua tiepida mi bagnò i capelli e sentii il trucco scendermi dagli occhi. avevo dimenticato di struccarmi. cominciai a strofinarmi la faccia con le mani e poi mi appoggiai alla lastra di vetro della doccia e mi lasciai scivolare finchè non toccai il tappetino antiscivolo con il fondoschiena. lasciai che l'acqua cadesse sul mio corpo senza farmi troppi problemi. dopo alcuni minuti, in cui lasciai fluttuare i miei pensieri liberi nella  mente, capii come mai mi ero trovata così bene con Megan dal primo momento: anche lei, come me, è un'autolesionista, ha paura della gente ma allo stesso tempo cerca qualcuno con cui sfogarsi e, solo in quel momento, ricordai di non averle mai detto che lo fossi stata anche io, che anche io fossi stata nella sua stessa situazione. avevo deciso che non avrei mai detto a nessuno del mio passato in cui mi tagliavo per stare bene e infatti non lo feci neanche con lei, ma decisi che era arrivato il momento di parlarle, di ricordarle che non era da sola.
con uno scatto repentino mi misi in piedi e chiusi l'acqua. uscii e presi l'asciugamano, cominciai a sfregarmi la pelle e, una volta completamente asciutta, mi misi i vestiti. non m'importava se erano quelli che avevo prima di fare la doccia, pensai solo ad uscire dal bagno sotto gli occhi curiosi di Harry e, senza rispondergli, me ne andai dalla camera, attraversai la casa a testa bassa evitando ogni persona ed una volta fuori cominciai a pensare quale fosse il nome dell'albergo in cui Megan e Louis avevano passato quella notte. solamente dopo alcuni minuti, in cui vagai senza meta, lo ricordai e, a quel punto, dovetti tornare indietro e fare la strada contraria per arrivarvi.
Il Park International Hotel, uno degli hotel più belli di Londra e, forse, anche uno dei più grandi. entrai dentro e mi sentii fuori posto. tutto quello sfarzo, lo sbrilluccichio dei lampadari in cristallo, le possenti scalinate color oro che conducevano ai piani superiori, le poltrone in pelle, i tappeti che sembravano provenire direttamente dall'oriente, mi fecero sentire piccola e troppo goffa per potervi entrare. un ragazzo della reception mi mise una mano sulla spalla e mi chiese cordialmente se mi servisse un aiuto. mi girai di scatto e rimasi a guardarlo. mi si seccò subito la bocca e credo di essermi sentita uno fitta allo stomaco. lo stupore nei miei occhi venne ricambiato. rimanemmo in silenzio per qualche istante finchè il suono della porta che si apriva non ci riportò alla realtà.
"ciao" mi disse lui azzardando un sorriso. 
"come stai?" gli chiesi alzando gli angoli della bocca e intrecciando le braccia sulla pancia.
  
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