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Autore: lady dreamer    26/05/2012    4 recensioni
Nessuno si è mai chiesto dell’infanzia e soprattutto dell’adolescenza di Lucius Malfoy, uno dei “cattivi” per eccellenza. E se il suo comportamento e il suo odio per i mezzosangue affondassero le proprie radici in un amore non corrisposto?
terzo posto conseguito al contest indetto da ismene "tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci ad esprimelo con le parole"
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Nickname: Lady Dreamer
Titolo: Lumos maxima su Lucius Malfoy
Genere: Introspettivo/ sentimentale
Raiting: giallo
Avvertimenti: nessuno
Personaggio: Lucius Malfoy
Personaggi secondari: Helen Barrow, Friedrich Alcott, Anthony Fox (nuovi personaggi) il padre di Lucius, Narcissa Black, Lord Voldemort
Prompt: nome
Frase: La morte non va temuta perché quando ci siamo noi non c'è lei e quando c'è lei non ci siamo noi. Epicuro
Incipit: Una delle poche cose, anzi forse la sola ch’io sapessi di certo era questa: Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal.
Introduzione: Nessuno si è mai chiesto dell’infanzia e soprattutto dell’adolescenza di Lucius Malfoy, uno dei “cattivi” per eccellenza. E se il suo comportamento e il suo odio per i mezzosangue affondassero le proprie radici in un amore non corrisposto? Questa one-shot di propone di raccontare la sua triste storia…
Note Dell’autore: nessuna
 
Lumos Maximasu Lucius Malfoy
 
Una delle poche cose, anzi forse la sola ch’io so di certo è questa: odio i mezzosangue.
Non ne ho mai fatto mistero e tra l’altro non sono mai stato l’unico in famiglia a pensarla così. I Malfoy sono sempre stati Serpeverde ed è quasi una prerogativa dei Serpeverde odiare i mezzosangue.
 
Avevo undici anni quando misi piede ad Hogwarts per la prima volta, come tutti del resto.
Capelli biondo-perlacei, sguardo di bimbo che si affaccia nel mondo dei “grandi” con curiosità, sorrisetto sulle labbra, maglione blu scuro, la cravatta nera di Hogwarts di chi non è stato ancora smistato, la sicurezza di chi sa cosa gli riserverà il futuro. Sarei diventato famoso come mio padre o come mio nonno, temuto come loro, rispettato da tutti. Avrei portato lustro alla famiglia con i miei successi scolastici, facendo guadagnare punti alla mia casa, diventando prefetto o capitano della squadra di quidditch. Pensavo che il mondo si sarebbe inchinato ai miei piedi, un giorno.
Allora tutto ciò che avevo e che ero lo consideravo scontato, come consideravo ovvio il mio avvenire. Avrei lasciato la scuola con un MAGO con i massimi voti, sarei diventato auror o qualsiasi altra cosa che mi avrebbe portato lustro e denaro, mi sarei sposato con una ragazza attraente, di buona famiglia, ma allora non consideravo importante che fosse purosangue o meno, forse non sapevo ancora bene quale fosse la differenza, forse (come più probabile) non mi importava più di tanto.
Su quel treno preso alla stazione 9 e tre quarti sarei andato incontro al mio futuro, come ogni altro.
Più di ogni altro.  
Nel mio scompartimento c’erano altri ragazzi e ragazze, tutti selezionati dalle famiglie perché si trovassero in quel preciso posto. Diventammo tutti Serpeverde. Com’era prevedibile che fosse.
Non cambiai molto col passare del tempo.
Capelli biondi prima corti, poi più lunghi.
Stessi occhi chiari, ma sempre più gelidi nel corso degli anni.
Sorriso sulle labbra, ma compiaciuto o sarcastico.
Maglione blu, se capitava.
Spilla da prefetto, dal quinto anno agognai per averla ma non la ottenni. Nessun rimpianto in proposito.
Capitano della squadra di quidditch, lo divenni l’ultimo anno. Ma ho sempre giocato dal terzo: battitore.
Buoni voti, ne avevo quando mi andava di studiare.
 
Ma non ho sempre odiato i mezzosangue, mi dispiace ammetterlo.
Come non sono sempre stato tanto sicuro di me.
Ero uno che sapeva di avere fascino ma non riusciva sempre ad esercitarlo.
Ero ricco ma non serviva vantarsene, lo sapevano tutti.
Adoravo il quidditch ma non ero una cima tanto che per tre anni mi respinsero alle selezioni.
Ero serpeverde ma non so se sono stato sempre fiero di esserlo.
Ero purosangue ma non sono stato sempre convinto che facesse la differenza.
Ma il mio nome, dannazione il mio dannato nome non mi dava scelta, dovevo essere come voleva mio padre, com’era stato lui. Ero Lucius Malfoy, lo sono ancora.
Malfoy. Dovevo essere il migliore.
Se durante l’infanzia ero stato un bimbo sicuro, estroverso, viziato e un po’ altezzoso durante l’adolescenza divenni sì più indisciplinato e sprezzante, alla ricerca di spazi miei, insofferente nei confronti delle regole, ma il mio carattere si incupì e sebbene stessi bene in gruppo mi resi conto di aver bisogno della solitudine che fino a quel momento avevo ritenuto da sfigati. Ma non avevo il diritto di lamentarmi, i miei non me lo permettevano. Secondo loro sarei dovuto essere forte, fiero, altero, sprezzante, orgoglioso, dovevo considerarmi superiore. Odiare i babbani. Odiare i mezzosangue.
Alzo gli occhi al cielo, quanti errori ho fatto…
Quante vite  ho vissuto…
Quanti nomi diversi avrei voluto avere.
Quanto non sarei voluto essere un Malfoy.
 
Avevo sedici anni. Non mi ero mai innamorato prima di allora. Ero un bel ragazzo e forse ero già nei sogni di qualcuna. Ma a me importava solo di Helen Barrow.
Capelli neri, sfuggenti, sempre al vento. Occhi verdi. Era stata smistata in Corvonero.
La notai ad una lezione di pozioni. Se la cavava molto bene.
Io invece quel giorno avrei presentato una pozione che assomigliava tanto a semplice acqua messa a bollire se il mio compagno di banco non l’avesse fatta da solo. Friedrich Alcott. Lui sì che era un amico.
Divenne mangiamorte, come me.
Ma è stata la signora con la falce a prendere lui.
È morto, riposa in questo cimitero a Godric's Hollow, l’ho ucciso io.
Lord Voldemort mi ha obbligato a farlo, lui lo aveva tradito, io dovevo dimostrare la mia fedeltà.
Riposa in pace, lo sguardo che mi lanciò prima di morire mostrava che nonostante tutto mi aveva già perdonato… ma io non ero degno del suo perdono.
C’è qualcun altro che dorme sulla collina di Godric's Hollow, c’è lei, Helen.
Il suo nome è impresso nella mia mente come se fosse il mio.
Helen è stata la mia prima missione fallita.
Era una ragazza chiusa ma non eccessivamente timida, riservata ma non inavvicinabile. Aveva buoni voti ma non era tipa da appassire sui libri, organizzò un torneo di scacchi e lo vinse con nonchalance, ricopriva il ruolo di cercatore nella squadra di quidditch di Corvonero. Era avvenente, simpatica. Sembrava che avesse tutto ma le mancava qualcosa.
Era mezzosangue.
I suoi genitori erano babbani, lei era una strega.
Me ne invaghii a poco a poco, giorno dopo giorno, parola dopo parola, sussurro dopo sussurro, sguardo dopo sguardo. Riuscii ad avvicinarla tramite alcune conoscenze, ad iscrivermi al torneo di scacchi e a giocare proprio contro di lei.
Lei mi disse: “Malfoy, vero?” io annuii “Sicuro di saper giocare?”
Nessuno aveva mai usato quel tono con me, non l’avevo permesso a nessuno…
Non lo permetterò a nessun altro.
“Certo. Tu piuttosto reggerai l’umiliazione di una sconfitta?” dissi indirizzandole uno sguardo di sfida, uno di quelli che dovrebbero conquistare. Ma con lei non funzionava.
Ricordo benissimamente che la partita a scacchi finì patta.
Quella contro il mio orgoglio venne persa miseramente da me. 
Quella di Helen contro Lucius venne vinta da lei, il mio cuore era stato completamente monopolizzato.
La battaglia tra mio padre e il mio amore non era ancora cominciata ma io sapevo già come sarebbe finita.
Per il momento tacevo, fingevo che non fosse successo niente, nelle lettere nessun accenno alla signorina Barrow, durante le visite a casa silenzio sull’argomento. Sapevo come la pensavano i miei sui mezzosangue.
Ma c’era una battaglia che non avevo messo in conto e se Helen aveva capito tutto sapeva che nome avrebbe avuto la mia sconfitta:  Anthony Fox. Era innamorata di lui.
Io non ne sapevo niente, non frequentavo i Corvonero, figuriamoci i Grifondoro. Era prefetto e suo padre era un babbano, non sapevo altro di lui.
Ci provai con Helen una prima volta ad una festa di Lumacorno, mi aveva messo nel suo club perché anche mio padre lo era stato, lei perché era una brillante studentessa.
Eravamo seduti affianco, lei non conosceva nessuno. Parlammo per tutta la sera e io mi illusi che ci sarebbe stata. Ho provato a baciarla quella sera dopo aver abbandonato la sala, nel corridoio buio dei sotterranei.
Lei mi disse che non mi amava, che era confusa, che non voleva ingannarmi e corse via ma io mi ostinai a credere che lo dicesse per paura e che in cuor suo le cose non stessero così.
Per me era diventata quasi un’ossessione.
 
Cammino in questo cimitero deserto, non c’è nessuno che si aggira tra le tombe e io vedo ad ogni passo la lapide di qualcuno che ho conosciuto, che ho ucciso o che ha tentato di uccidere me.
La mia vita è stata tutt’altro che facile.
Ha piovuto stanotte e ci sono ancora delle pozze d’acqua per terra. Vedo il mio riflesso. Ormai non sono più un ragazzo. Sono padre, addirittura nonno.
Lucius Malfoy, un nome che in tanti hanno temuto, che in tanti hanno disprezzato.
 
Ho tentato tante volte di togliermela dalla testa ma non ci sono mai riuscito.
La vedevo in ogni volto, ogni parola mi portava a lei, la sognavo spesso. Non mi dava pace ma non voleva scendere in guerra. Non mi parlava, non mi salutava, faceva finta di non vedermi da quella notte nel sotterraneo. E io tacevo. Il rancore continuava a crescere dentro di me.
 
Tornai a casa per Natale. Mio padre un giorno mi trattenne nel suo studio per comunicarmi qualcosa. “Qualcosa di importante” disse. Mi chiese se conoscessi Narcissa Black. Sì che la conoscevo. Sapevo dove voleva andare a parare. Sarebbe stato un bel colpo se mi fidanzassi con lei, le due famiglie sarebbero state contente. Entrambi Serpeverde, entrambi purosangue. “Una bella coppia, no?” mi chiese.
Ma io amavo un’altra. Era il mio tormento. Helen Barrow.
Sussurrai il suo nome, mio padre mi fece domande, mi costrinse a rispondere.
Mi disse che mi aveva traviato, che mi avrebbe fatto perdere il senno.
Ma io l’amavo.
Mi disse che era una mezzosangue, che non era degna di me, un Malfoy.
Ma era la mia ossessione.
Non disse più niente.
 
Ricordo quando Helen morì. È successo tanti anni fa ma la ferita che porto nel petto è ancora fresca.
C’è la sua tomba qui a Godric's Hollow. Vengo spesso qui, porto delle rose bianche in segno di un amore mai consumato, rimasto puro, ma mai spentosi.
 
Io la odiavo. Mio padre si era procurato delle foto, c’erano lei e quel dannato mezzosangue.
Mi padre disse “Sembrano molto intimi, non trovi?”
Io lo odiai.
Odiai lei. Con tutto me stesso.
Ma non mi rassegnavo, andai da lei, le chiesi spiegazioni. Lei mi disse che la mia gelosia era immotivata, tra di noi non c’era niente e ci sarebbe mai stato nulla. Lo disse con un filo di voce ma con fermezza.
Mio padre aveva ragione, non potevo soffrire così per una mezzosangue, una che non mi considerava nemmeno quando altre cento, che dico, mille ragazze avrebbero voluto essere al suo posto.
Da allora odio i mezzosangue. Ne ho fatta la mia missione, la mia causa persa.
E mi ha rovinato la vita.
Sono stato prima dalla parte di mio padre, poi da quella di Voldemort.
Ho sposato Narcissa appena finita la scuola. Lei era innamorata di me, io no.
Continuavo ad amare Helen. Anche se razionalmente la odiavo.
Ogni notte per i primi tempi facevo finta che ci fosse lei al posto di mia moglie.
Continuava a logorarmi l’anima, non mi lasciava in pace. La odiavo per questo.
E così ho iniziato ad odiarli tutti.
 
Non ci sono mai stati fiori sulla tomba di Helen. Solo quelli rovinati che avevo lasciato all’ultima mia visita.
La lapide è sporca, le erbacce spuntano ovunque nei dintorni.
Helen Barrow. Questo nome non lo dimenticherò mai finché vivrò.
 
I ricordi riaffiorano dolci come lacrime e dolorosi come la maledizione cruciatus. Mi sembra di parlare con lei con una sincerità che non ho mai usato nemmeno con me stesso…
È notte.
Nessun rumore.
Solo il mio respiro.
Solo il tuo respiro.
Ho sognato quel momento da tempo immemore.
Ti ho amata ogni notte come se tu ci fossi,
ho assaporato il tuo profumo e il calore del tuo corpo, il fruscio dei tuoi capelli.
 
Di giorno fingevo indifferenza, mi nascondevo dietro una maschera di ghiaccio, ostentavo sicurezza e superiorità.
Ero malato di te.
Ti odiavo: c’era come un flusso di inchiostro nero che cancellava la tua immagine dalla mia mente, ma c’era anche un filo rosso che mi legava a te, una catena che mi rendeva schiavo di quello sguardo ingenuo, del fascino del tuo rifiuto.
Il mio amore non era puro come questa rosa bianca. Era macchiato dalla mia ossessione per te.
Ma mi rendevi vivo, come non ero mai stato.
Mi odiavi ma io ti adoravo.
Per te avrei fatto tutto, se mi avessi voluto al tuo fianco  avrei rinnegato mio padre e il mio stesso nome. Avrei reso impura la mia famiglia, macchiato la mia discendenza.
Eri la mia vita, sono stato la tua morte.
 
Ricordo quando sei morta. È stato durante quella stupida guerra. I mezzosangue venivano accusati, processati, condannati a morte. E tu con loro.
Sei morta anche per causa mia, per colpa di questo incosciente che aveva offerto alla persona sbagliata la propria fedeltà, a Voldemort perché non potevo essere tuo.
Odio i babbani, i mezzosangue mi disgustano.
 
Sono qui davanti alla tua tomba, sulla lapide un aforisma di un babbano che non conosco:
“La morte non va temuta perché quando ci siamo noi non c'è lei e quando c'è lei non ci siamo noi.”
Tu non hai temuto la morte, ne sono certo, ma io non sono stato indifferente alla signora con la falce quando ti ha portata via.
Odio i mezzosangue.
Non hanno motivo di esistere a questo mondo. Ci infettano, ci fanno innamorare, si fanno odiare.
Odio i mezzosangue.
Ma ho amato te.
Come mai nessuna.
Di un amore distruttivo, che sposterebbe le montagne.
Mi hai rifiutato ma non ho smesso di amarti.
Non più di quel sentimento smisurato, al linite dell’ossessione, ma per te provo ancora affetto, il tuo ricordo non mi lascia indifferente.
 
Addio Helen Barrow, ti sei portata via la mia giovinezza.
Non amo i mezzosangue e neanche i babbani ma forse dire di odiarli è troppo.
Ma certamente non è eccessivo dire che sebbene non ti ami più… anche se mi mancherai e continuerai a farmi soffrire non potrò mai cancellare ogni tuo sguardo, ogni tuo gesto, ogni tuo silenzio dalla memoria. Anche se non sei mai stata mia…
Io continuerò ad essere tuo.
 
 
 
  

  
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