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Autore: Danda93    26/05/2012    0 recensioni
Una perdita lascia sempre un vuoto dentro.
Si può veramente tornare ad essere felici?
In silenzio, seduta in veranda, guardo le farfalle volare...
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In silenzio, seduta in veranda, guardo le farfalle volare. Leggere, serene, quasi foglie trasportate dal vento. Mille colori, forme, movimenti, emozioni. Una lacrima scende a bagnare la guancia. In silenzio, seduta in veranda, guardo le farfalle volare.

In silenzio, quasi senza farsi notare, ecco che una si avvicina al portico, si ferma, mi guarda, poi batte le ali e vola via. Mi sento sola, abbandonata. Dove sei? Mi manca il tuo sorriso bonario. Mi manca quell’odore acre di sigaretta finita, ormai spenta. Ormai esaurita. In silenzio, seduta in veranda, guardo le farfalle volare.

Ti ricordi quando mi venivi a prendere a scuola? Ti ricordi quanto ci divertivamo? Liberi, come farfalle, felici, come farfalle. Ero felice, ero serena. Tu eri con me, non avevo conosciuto mai nessuno come te. Sapevo che mi potevo fidare di quell’acre profumo di sigaretta ormai spenta. Sapevo che tu ci saresti stato per sempre, tu e la tua sigaretta. E adesso? In silenzio, seduta in veranda, guardo le farfalle volare.

Mi ricordo dei Natale, trascorso davanti al caminetto acceso, mi ricordo della Pasqua e degli spettacoli improvvisati in salotto, ti sei mai divertito? Ho tanti rimpianti e mi sembra passato un giorno, mi sembra che la vita sia stata crudele, troppo breve. Mi vergogno, perché non riesco a ricordare quanti anni hai. Avevi. Mi vergogno, ma non voglio sprofondare. In silenzio, seduta in veranda, guardo le farfalle volare.

Ancora oggi, a distanza di tanti mesi, a volte prendo una delle tue maglie, la stringo tra le mani fredde, la porto al viso e mi ci immergo, ci sprofondo. Ecco, è lì che voglio sprofondare, nel profumo acre della tua sigaretta ormai spenta, finita, ormai quasi del tutto passata. Ho fatto un ritratto. Il tuo ritratto, ma non mi soddisfa, potevo far meglio. Eppure tu mi dicevi sempre che sono bravissima, speciale. In silenzio, seduta in veranda, guardo le farfalle volare.

Ti ricordi quando, seduto in poltrona, mentre stavo per andare via, mi chiamavi con un cenno della mano, “Lessandra! Vie’ qua.” Non mi hai mai chiamato col nome intero, hai sempre accorciato, hai sempre tagliato una lettera, come se quella singola “A” potesse rubare troppo tempo. Il nostro tempo. Mi davi due baci, sulle guancie, mi tenevi forte la mano. Vorrei non averla mai lasciata la tua mano. Ruvida, callosa, forte, ma dolce, amorevole, stanca. Vorrei poterti ancora guardare, sorridere, parlare, vorrei sentire la tua risposta, ma niente. Continuo a parlare alle farfalle. In silenzio, seduta in veranda, guardo le farfalle volare.

Non sono venuta a trovarti in ospedale, ho lasciato sfumare l’ultima occasione che avevo per sorriderti, parlarti, salutarti. Scusa, non avevo coraggio. Ci ho messo un intero pomeriggio per decidere se venire a vederti lì, disteso, acconciato di tutto punto, alla camera mortuaria. Poi ho recuperato alcune briciole di un coraggio nascosto, che non ero conscia di avere. Ho visto la bara e mi sono fermata, non sono riuscita ad avvicinarmi, non eri tu. Non ti muovevi, non sorridevi, ma la nonna mi è venuta incontro e mi ha detto che eri così bello. Ci sono volute quasi due ore per arrivare dalla porta d’ingresso della sala fino a te. Due ore che a me sono sembrate giorni. C’era troppa gente, troppe persone che parlavano, volevo mandarle via, facevano troppo rumore. Eppure la nonna sembrava un po’ più serena. Mi ha dato coraggio vederla così. Quando mi sono avvicinata e ti ho guardato mi è sembrato di vederti sorridere. Ero un po’ più serena, ora non stavi soffrendo più. In silenzio, seduta in veranda, guardo le farfalle volare.

Eccoci qui, adesso, io e te, seduti in veranda a guardare il cielo, le nuvole sono scomparse, come le farfalle. Le hai mandate via tu? Seduti a rimirare l’infinito. Ora sto meglio, ora ti sento più vicino. Le farfalle e il loro silenzio se ne sono andati. Ora c’è solo il canto di un pettirosso, che dall’albero vicino a noi chiama i suoi piccoli. Ti voglio bene, te ne ho sempre voluto. Te ne vorrò per sempre, nonno.

Adesso, seduta in veranda, sorrido ed inizio a cantare.



Nota: Ho partecipato con questo mio testo ad un concorso della mia scuola, ho vinto il primo premio, ma non mi interessa. Mio nonno (paterno) è morto lo scorso Novembre, questo testo è dedicato a lui. Ho deciso di pubblicarlo dopo che, lo scorso 19 Aprile, mia nonna (materna) è venuta a mancare... In fondo credo sia dedicato ad entrambi, nonostante io mi rivolga solo a mio nonno. 
Grazie, anche solo per averlo letto.

Alessandra
  
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