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Autore: Faust_Lee_Gahan    26/05/2012    3 recensioni
"Penso che la cosa più difficile da fare per liberarsi di un'abitudine sia volersene liberare. Voglio dire, ci sarà un motivo se abbiamo una dipendenza, no?"
[Sherlock/John] [Spin-off di 'Riflessioni']
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Dipendenza

Summary: Penso che la cosa più difficile da fare per liberarsi di un'abitudine sia volersene liberare. Voglio dire, ci sarà un motivo se abbiamo una dipendenza, no?

Pairing: Sherlock/John

Rating: PG

Words: 1701

Desclaimers: Blabla. Non. Semplicemente non.

Notes: Partecipa alla Sherlothon dello SFI, col prompt #2 (http://pics.livejournal.com/med_cat/pic/0008c0s3) del Team Canon.




Dipendenza


I tried to give you up,

but I'm addicted.”

(Muse)



Dal blog di John H. Watson:

In ospedale abbiamo sempre a che fare con delle dipendenze. E' pazzesco quanti tipi di dipendenza esistano. Sarebbe troppo facile se fossero solo da droga, da alcolici e da sigarette. Penso che la cosa più difficile da fare per liberarsi di un'abitudine sia volersene liberare. Voglio dire, ci sarà un motivo se abbiamo una dipendenza, no?


John si chiuse la porta alle spalle, stranamente rilassato. Ebbe giusto il tempo di salire le scale ed entrare nell'appartamento per godersi quella sensazione. Entrando vide Sherlock appoggiato al vetro della finestra, lo sguardo assorto fuori. Non era mai un buon segno quando aveva quello sguardo.

«Che stai facendo?»

«Ammiravo la tua nuova fiamma.» disse.

Si voltò verso di lui, mostrandogli quello che aveva in mano.

«Ti è caduto mentre ti affrettavi a scendere.»

Era un fiore rosso, uno di quelli del mazzo che aveva comprato qualche ora prima.

«Grazie. Per averlo raccolto, intendo.»

«Figurati.» replicò «Questo era il primo appuntamento, vero?»

John annuì, avviandosi verso la cucina. «Già, ma non ti chiederò come l'hai scoperto. Non lo voglio sapere.»

«E' abbastanza semplice, John. E' la prima volta che la vedo qui, e di solito porti sempre fiori ad un primo appuntamento. In questi ultimi tempi ne ho visti parecchi.»

John si fermò nell'atto di aprire il frigorifero e si voltò lentamente. Non- Non era quello che pensava, vero?

«Cosa hai detto, scusa?»

«Ho detto che ultimamente ti stai dando molto da fare con le donne.» precisò lui, impassibile, prendendo il violino. «Questa è la terza che vedo solo questo mese. L'aver smesso di essere scopamici ti ha fatto andare in astinenza.»

Con l'ira che montava, John gli si parò davanti, ergendosi in tutta la sua assolutamente mediocre statura.

«Non credo che siano affari tuoi, Sherlock.»

«Io credo di sì, invece. E' davvero imperdonabile il modo in cui ti stai comportando.»

«Curioso. Non ricordo di averti chiesto di perdonarmi.»

«La prossima chi è? Sally Donovan? O Molly Hopper? Magari preferisci Anthea, l'assistente di mio fratello. Non hai che l'imbarazzo della scelta.»

Sherlock mise il violino in posizione, ma John gli prese il braccio destro prima che potesse cominciare a suonare. Non poteva avere l'ultima parola anche stavolta.

«Tu non hai il diritto di darmi della puttana.» disse guardandolo dritto negli occhi. «Non devo dare conto a nessuno della mia vita privata, e meno che mai a te. Tu hai lasciato me. L'ultima volta sei stato tu a dire che non eri in grado di sostenere una relazione, e tutte quelle stronzate lì. Non ho intenzione di chiedere scusa per come ho deciso di riparare quello che tu hai rotto. Per questo tu non hai alcun diritto di darmi della puttana.»

Sherlock lo fissò con gli occhi ridotti a fessure, la rabbia che scintillava dalle pupille, le labbra strette.

«Questa cosa tra noi è finita.» sentenziò.

John sospirò. «Finalmente.»

«E' finita.»

«E' finita.»

John si allontanò verso la porta, prese la giacca e sparì per le scale. Aveva mai amato veramente Sherlock? O era solo dipendenza da dolore? Lo squisito dolore nell'essere attaccati a qualcuno che non vuole legami. Adesso era libero, ma in questo non c'era niente di squisito. (1)



Spesso, troppo spesso, le cose che all'inizio erano solo parte della tua vita a un certo punto passano il limite e diventano ossessioni, compulsioni. Ti fanno perdere il controllo. E' l'ebbrezza che inseguiamo. L'ebbrezza per cui tutto il resto svanisce.



«Uno normale senza zucchero, e uno nero con due zollette, grazie.»

Sherlock accanto a lui sbuffò. «Quanto dobbiamo aspettare?»

«Il tempo che ce li preparano, Sherlock. Poi possiamo tornare a tutti i casi che vuoi.»

«John?»

Lui si voltò cercando con lo sguardo la voce familiare, quando incrociò due occhi verdi sorridenti. «Kat? Cosa ci fai qui?» esclamò sorpreso.

«Prendo un caffè con le amiche.» disse la ragazza indicando un tavolo alle sue spalle. «La stessa cosa che fai tu, credo.»

«Ovvio.» sussurrò Sherlock tra sé.

John si girò a lanciargli un'occhiataccia. «Scusami, Kat. Questo è Sherlock Holmes, il mio coinquilino. Sherlock, lei è la mia dentista.»

La ragazza allungò la mano. «Stiamo anche uscendo insieme.» precisò. Sherlock alzò un sopracciglio mentre gliela stringeva, facendo il sorriso più falso del mondo. «Interessante.» commentò laconico.

John decise di cambiare argomento. «Come hai fatto a vedermi? C'è un sacco di gente.»

«Mi pareva la tua voce, ho sentito che facevi due ordinazioni.» spiegò lei «Sai anche quella del tuo coinquilino, come in When Harry met Sally

«Certo!» esclamò subito lui. Lei fece una faccia strana, e sott'occhio vide Sherlock corrugare le sopracciglia, in una silenziosa domanda. O una silenziosa maledizione. Pensandoci, forse non era così ovvio. «Voglio dire, viviamo insieme. Lo so per forza. Ma non siamo Harry e Sally.» aggiunse.

Lei annuì vigorosamente. Troppo vigorosamente. «Giusto! Logico! D'altra parte siete sempre insieme-»

«Caffè, John.» si intromise il cervellone.

Grazie a Dio.

«Scusami, Kat, dobbiamo proprio andare.» disse prendendo il suo bicchiere.

«Capisco, non preoccuparti.» rispose lei agitando la mano «E' stato un piacere, Sherlock.»

Sherlock tirò le labbra in una smorfia senza dire nulla e seguì John fuori dalla caffetteria.

«Non la chiamerai mai più, vero?» chiese sorseggiando il suo caffè nero.

«Ma che dici? Certo che la chiamerò.» rispose lui indignato.

«Perché è la tua dentista? Hai paura che possa toglierti tutti i denti?»

«Fatti gli affari tuoi, cervellone!»

Sherlock sorrise, contagiando inevitabilmente anche John.

«John?»

«Sì?»

«Chi sono Harry e Sally?»

John si voltò a guardarlo, rassegnato.

«Non hai mai visto quel film?»

«Quale film?»

«When Harry met Sally.»

«Non è il mio campo.» sentenziò alzando le spalle.

John sospirò, scuotendo la testa. Non poteva aspettarsi niente di meno, d'altra parte.

«Allora, cervellone.» spiegò paziente «E' la storia del rapporto tra i due protagonisti, Harry e Sally-»

«Avevo intuito che i due protagonisti si chiamassero così, John. Non sono stupido.»

«Non avevo dubbi, Sherlock. Fammi finire prima di prodigarti a darmi dimostrazioni della tua intelligenza. Stavo dicendo che parla dello sviluppo della relazione tra questi due-»

«Fammi indovinare: prima si odiano, poi diventano amici e poi si sposano. Noioso.»

«Ti assicuro che è più originale e divertente di come lo descrivi tu.»

«Noioso!» ripeté imperterrito.

«Pensa quello che vuoi. Anzi, no!» ci ripensò John fermandosi di botto.

Sherlock si fermò qualche passo più avanti e si girò verso di lui.

«Cosa “no”?» fece.

«Non voglio che tu pensi questo, per cui adesso passiamo dal negozio, prendiamo il dvd e stasera lo guardiamo.» annunciò categorico, riprendendo a camminare.

Sherlock non lo seguì subito. Lo osservò mentre lo superava a testa alta. John sentiva il suo sguardo concentrato dietro la sua nuca e provò a tenere il suo concentrato sul marciapiede.

Sherlock lo affiancò in un paio di falcate senza smettere di guardarlo, sorridente.

«Andiamo, allora.» disse «Ma non ti assicuro che mi piacerà.»

«E' già qualcosa.»

John gli sorrise di rimando, nonostante il pensiero improvviso che lo colse. Loro non potevano essere Harry e Sally. Avrebbero finito con l'innamorarsi l'uno dell'altro. Di nuovo. E non se lo potevano permettere.

John non se lo poteva permettere.

Le corde con cui Sherlock l'aveva legato erano segregate in un posto lontano, in uno sgabuzzino angusto della sua mente. Uno sgabuzzino che non era il caso di riaprire.

Certe volte gli facevano ancora male i polsi. Quando si girava, lo guardava, e poi gli sorrideva.



Il brutto della dipendenza è che non finisce mai bene. Perché ad un certo punto qualunque cosa sia quella che ti fa stare bene smette di farti bene, e comincia a farti male. Eppure dicono che non ti togli il vizio finché non tocchi il fondo, ma come fai a sapere quando l'hai toccato?



John mise piede a casa sua quella sera sentendosi immensamente stanco. Sospirò, posando chiavi e giacca.

«Sono tornato.» annunciò.

«Come sta Harry?» chiese la voce di Sherlock dalla cucina.

John trascinò i piedi fin lì. «Sta bene. E' caduta dalle scale, ma non si è fatta niente. La tengono solo in osservazione.»

Sherlock staccò gli occhi dal microscopio un attimo e gli sorrise. «E' una cosa buona, no?»

John si appoggiò al tavolo, guardandosi insistentemente i piedi. «Certo.»

«Allora cosa c'è che non va?»

John lo guardò, senza ricordare quando avesse tolto la chiave dalla porta e riaperto quello sgabuzzino. In realtà, si domandò se l'avesse mai chiuso.

«Sherlock, non possiamo farlo.» disse.

Lui tornò al microscopio, senza veramente occupandosene. «Non so di cosa stai parlando.»

«Sai perfettamente di cosa sto parlando.»

Strinse le labbra, puntando gli occhi verso il soffitto.

«Non possiamo farlo.» ripeté John «Non di nuovo. Non ci riesco, non ce la faccio ad affrontare tutto dall'inizio ancora una volta. E' troppo difficile, sia per me che per te.»

A quella menzione Sherlock si voltò verso di lui, di scatto. Ma lui era già tornato a fissarsi le punte delle scarpe. Se l'avesse guardato sarebbe stato tutto inutile.

«Sappiamo entrambi come andrebbe a finire.» aggiunse «Come le altre volte, come sempre, quando si tratta di noi. Ci ripeteremmo all'infinito.»

Sherlock si alzò e gli si parò di fronte, sempre senza smettere di fissarlo. John si sentiva bruciare il viso per quello sguardo.

«Stai dicendo che è finita.»

John annuì, convinto. «Sì. Qualunque cosa fosse iniziata, è finita.»

Il suo errore fu alzare gli occhi e incatenarli ai suoi. Un errore madornale e fatale.

Sherlock si mise a scrutarlo, come se volesse decifrarlo dentro, vedere se quello che stava dicendo avesse un senso. Forse non ne aveva. No, non ne aveva affatto, anche se John si era ripetuto il discorso parola per parola durante tutto il tragitto dall'ospedale a Baker Street.

Sherlock giunse alla sua stessa conclusione. Avvicinò il viso al suo, piano. John provò a voltare la faccia dall'altro lato, eppure non ebbe la forza di fermarlo quando le labbra si posarono all'improvviso sulle sue. Lasciò che lo baciasse senza opporre la minima resistenza, e lasciando che lo stomaco si facesse poltiglia. Poi si staccò a fatica da lui, e gli prese il volto fra le mani.

«Era il bacio dell'addio.» mormorò. «Il bacio dell'addio.»

Sherlock annuì, come se ne fosse convinto davvero, e se lo tirò di nuovo contro, mischiando il suo fiato con il proprio, baciandolo come se ne dipendesse, come se fosse una droga. John, nel frattempo, non solo aveva riaperto lo sgabuzzino, ma aveva anche preso la corda con cui Sherlock lo teneva legato, stretto fino a fargli male.

«E questo è il sesso dell'addio.» sussurrò mentre Sherlock gli apriva la cintura e lui gli sbottonava la camicia.

«Assolutamente.» gli soffiò sulle labbra.

Così gli porgeva quella corda su un piatto d'argento ancora una volta.

La verità era che probabilmente non l'aveva mai messa via.



Ma non importa quanto una cosa ci faccia male. Certe volte rinunciare a quella cosa fa ancora più male.






Notes, again:

Grey's Anatomy. Grey's Anatomy everywhere. La citazione del blog, in particolare, è dalla 4x02. Andate e amatene tutti. Solo (1) è da Sex and the city, adesso che ci penso. °° E la citazione iniziale è da Time is running out dei Muse.

Vabbeh. Prostituirsi per la Sherlothon non ha prezzo. Per tutto il resto c'è Sonia. (Grazie.)

Sia maledetta Luisella. Perché sì.

  
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