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Autore: Bebbe5    29/05/2012    0 recensioni
Una breve song-fiction sulle note di "Sorry" di Chris Daughtry. E' un missing-moment tratto dal romanzo di Matthew Pearl, 'Il Circolo Dante'. Il professor Lowell si chiede se riuscirà a farsi perdonare dall'amico, il dottor Holmes, dopo la lite furibonda all'editoria.
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autrice: salve a tutti. Girottolavo tra le vecchie fiction nel mio computer e mi sono ritrovata davanti a questa, cominciata e mai finita.

In uno sclero pre-esame di Glottologia, ho deciso di ultimarla.

Trattasi di una song-fiction che ha per protagonisti il dottor Holmes ed il professor Lowell, due dei personaggi del Circolo Dante di Matthew Pearl.

La canzone invece si intitola ‘Sorry’ ed è di Chris Daughtry.

 

Buona lettura.

 

Sorry

 

James Russel Lowell camminava per le strade di Boston, che, decorate dalla neve, brillavano sotto i raggi del sole morente.

Come gli sembravano solitari quei luoghi ora che Phineas Jennison non c’era più, ucciso in uno dei modi più brutali che la mente umana potesse concepire.

 

Perché poi, l’assassino aveva scelto lui?

Tra i suoi tanti difetti potevano esserci la boria, la pomposità, l’arroganza, ma di certo non era un seminatore di scismi.

Santo cielo, non aveva senso che fosse stato fatto a pezzi in quel modo così crudele!  

 

Conosceva Phineas, era stato uno dei suoi migliori amici, la spalla su cui piangere per le angherie subite dalla Harvard Corporation, la voce con cui ridere e scherzare nei tempi felici. Più di una volta gli era parso di vederlo camminare per strada, con il suo sgargiante cappotto bianco. In un’occasione era anche corso dietro all’apparizione e, quando aveva provato ad afferrare il braccio dell’individuo, si era trovato carne ed ossa sotto le dita.

Le lacrime di gioia, però, si erano ben presto congelate sul suo volto e non solo a causa del clima rigido di Boston: l’individuo che si era trovato davanti, altri non era che il barbone che aveva trovato il corpo del suo amico. I vestiti che indossava li aveva trafugati dalla scena del delitto.

A quell’episodio era seguito un periodo terribile. Aveva subito attacchi da ogni parte: dalla Harvard Corporation, nella persona di Augustus Manning, poi dal dottor Agassiz, dal quel lurido verme di Simon Camp. Aveva intravisto un po’ di speranza quando, qualche giorno prima, Fields era venuto a dirgli che la polizia aveva acciuffato Lucifero.

 

Peccato che si trattasse di un povero ignorante senza la minima conoscenza di Dante o, comunque, della lingua italiana. Un altro buco nell’acqua.

 

Quando era cominciato ad andare tutto storto?

 

‘Dalla sera della scoperta dell’omicidio di Phineas’ si rispose. Già, perché in quel maledetto giorno non aveva perso un solo amico, ma addirittura due.

 

Ricordava ancora la tremenda discussione avvenuta tra lui ed il dottor Oliver Wendell Holmes nella sede dell’editoria Ticknor & Fields. Erano volati grossi insulti ed il solo ricordo gli fece ribollire il sangue.

Era convinto di essere dalla parte giusta: aveva difeso Longfellow, aveva difeso Dante come Lancillotto avrebbe difeso Artù ed il Graal.

 

Perché allora aveva nel suo cuore la sensazione di aver compiuto qualcosa di sbagliato?

 

D’un tratto, i suoi occhi scorsero la sagoma dell’abitazione del dottor Holmes che si stagliava in lontananza.

Si fermò lì dov’era e la osservò.

 

Un pensiero improvviso gli attraversò la mente: avevano sbagliato entrambi.

 

Holmes si era tirato indietro proprio quando si erano ritrovati nel bel mezzo dell’intera questione. Li aveva abbandonati. Era pur vero, però, che, tra loro quattro, il piccolo dottore asmatico era quello che aveva vissuto di più l’intera vicenda.

 

“Scambierei quello che ho visto con diecimila mosche carnarie.”

 

Il ricordo di quelle parole fece nascere un sorriso amaro sulle sue labbra. Non poteva biasimare l’amico. Si era dovuto calare nel buco che aveva ospitato il corpo agonizzante del Reverendo Talbot alla ricerca di indizi, aveva assistito agli ultimi spasmi di vita del corpo mutilato di Phineas Jennison… sarebbe stato troppo per chiunque, anche per un docente di medicina dell’Università di Harvard quale era Holmes.

 

Dal canto suo, come al solito, si era comportato in maniera impulsiva. Non aveva voluto vedere oltre l’idea che tutti avevano di Holmes, ovvero di un uomo vigliacco, buono solo a parole, ma incapace di agire quando era necessario farlo. L’aveva insultato pesantemente senza capire che l’amico non li stava abbandonando, ma stava semplicemente cercando di dire “ho bisogno di prendere un po’ d’aria, di cercare di dimenticare gli orrori di cui sono stato testimone in attesa di compiere la prossima mossa.”

 

In un attimo, prese la sua decisione e si diresse a passo spedito verso il numero 21 di Charles Street.

 

Mentre camminava, però, alcuni dubbi gli invasero la mente.

 

Will you listen to my story?
It’ll just be a minute
How can I explain?
Whatever happened here never meant to hurt you
How can I cause you so much pain?

 

Holmes sarebbe stato ad ascoltarlo? O avrebbe reagito rendendogli pan per focaccia, ovvero sbattendolo fuori di casa senza nemmeno ascoltarlo? Avrebbe dovuto essere rapido, avrebbe dovuto spiegargli in poche parole che non era stata sua completa intenzione ferirlo in quel modo, che le parole erano state dettate dall’ira.

Cielo, com’era potuto arrivare fino a quel punto?

Come aveva potuto trattare così uno dei suoi migliori amici?

 

When I say I’m sorry
Will you believe me?
Listen to my story
Say you won’t leave me
When I say I’m sorry
Can you forgive me?
When I say I will always be there
Will you believe, will you believe in me?

 

Si chiese se gli avrebbe creduto quando gli avesse chiesto scusa, se avrebbe accettato di perdonarlo.

 

Si chiese se avrebbe voluto essere ancora suo amico e si ritrovò a sperare ardentemente di sì. Con tutti i difetti che poteva avere, Holmes era comunque un’ottima persona ed un grande conoscitore in vari ambiti di scienza e cultura. Quando se n’era andato dall’editoria di Fields, tutti loro, anche se non l’avevano confessato, avevano sentito come se un vuoto si fosse aperto nei loro cuori.

A lui poi sarebbe mancato in particolar modo: era divertente stuzzicarlo, battibeccarci sotto lo sguardo divertito di Longfellow e Fields.

Gli sarebbe mancato come amico, si decise ad ammettere.

 

All the words that I come up with
They’re like gasoline on flames
There’s no excuse, no explanation
Believe me if I could undo what I did wrong
I’d give away all that I own

 

Si irrigidì quando si ricordò di aver detto all’amico che sarebbe stato meglio avere suo figlio nel Circolo Dante invece di lui. Che lui sarebbe stato di maggiore aiuto.

Quello era stato un colpo davvero basso e si vergognò di se stesso per esserne stato l’autore. Non pensava davvero ciò che aveva detto e maledisse mentalmente il suo caratteraccio. Gli piaceva la compagnia del giovane Holmes, di quel ragazzo che si ostinava a cercare di essere sempre così diverso dal padre, stimandolo ed ammirandolo molto, però, anche se segretamente.

Tuttavia, non avrebbe mai e poi mai sostituito il dottor Holmes con il figlio.

Si sentì ancora più in colpa quando realizzò che, forse, se avesse assunto un atteggiamento più comprensivo, non sarebbero mai giunti ad offendersi in quel modo e Holmes non se ne sarebbe andato così precipitosamente.

 

Dannata impulsività!

 

Gli ritornò alla mente la caduta dell’amico a terra, dopo che questi aveva urtato Teal, uno degli impiegati di Fields.

Anche allora non era andato ad aiutarlo, benché fosse chiaro che era in preda ad un terribile attacco d’asma dei suoi.

Aveva continuato ad insultarlo, l’aveva accusato di tradimento e gli aveva voltato le spalle.

 

Sospirò.

 

Se avesse posseduto la capacità di tornare indietro, non avrebbe di certo detto quelle cose. O, quantomeno, avrebbe cercato di trattenersi dal farlo.

Tanto non poteva cambiare gli eventi. Così erano e doveva tentare di porvi rimedio ad ogni costo.

 

Take me for who I am
And not for who I’ve been, who I’ve been

 

Oramai era arrivato a casa Holmes. Preso un bel respiro, varcò il cancello d’ingresso e si diresse alla porta. Non ricordava di aver mai compiuto un tragitto tanto breve e, al contempo, tanto lungo.

Alla fine, comunque, si trovò di fronte alla porta d’ingresso.

Bussò e, dopo pochi minuti, venne ad aprirgli una cameriera. Lo riconobbe all’istante e lo fece accomodare nell’atrio prima di andare a chiamare i padroni.

 

Nell’attesa, Lowell si trovò di nuovo immerso nei suoi pensieri. Tuttavia non si mise a riflettere su ciò che avrebbe detto.

Si scoprì a sperare, quasi disperatamente, nonostante fosse ingiusto, che l’amico non compisse il suo errore, che non lo giudicasse in base ad un unico singolo episodio.

 

Lo sperò con tutto se stesso e continuò a farlo anche quando Amelia Holmes venne a riceverlo e lo condusse allo studio dove, una volta entrato, si trovò faccia a faccia con il dottor Oliver Wendell Holmes.

 

FINE

 

 

 

 

 

 








 

  
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