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Autore: Trick    29/05/2012    13 recensioni
Quindi, sì: era una notte buia e tempestosa, fin quando Albus Silente non ha acceso gli interruttori sul più mirabolante sipario che abbiate mai immaginato.
Ragazze. Ragazzi. Compagni. Amici. Parenti. Vicini. Il mio gatto.
Benvenuti a Hoguort.

Parodia a caso di una qualsiasi fyccina presa a caso, dedicata a tutte le fan-writer con la capacità di distinguerle da una fan fiction vera.
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Dedicato alle solite Autrici Random.

***
Non era una notte buia e tempestosa. Non era nemmeno notte, in effetti, ma una splendida e glaciale giornata afosa di autunno. Una variopinta cascata di luce si scioglieva fra i sottili e femminei giunchi di capelli di Nomea Bla-Bla Riddle, mentre il venticello sfrontato le schiaffeggiava con moderata violenza le guance di pesca.
Ah, che tristezza le si leggeva negli occhi di qualche colore di cui non serbo ricordo! Ah, che passione e amarezza! Ah, che struggente dolore si innalzava dal suo petto gracile e perfetto!
«Nomea, dove sei? Sei qui?» soffiò una voce melodiosa alle sue spalle.
Nomea si voltò con leggiadra grazia. Hermy Granger si ergeva a pochi passi da lei, con nobile impeto. Ora, qualche malalingua potrebbe ingiustamente presumere che Nomea era a due passi da Hermy, il che rendeva piuttosto impossibile non vederla. Se l'avete presupposto, la Somma Autrice vi informa che siete invidiosi, un sacco invidiosi, e che specchio riflesso, chi lo dice è un fesso.
«Sei triste?» le chiese Hermy, colpendosi diverse volte il cuore per sottolineare quanto soffrisse. «Mi sembri triste».
«Oh, sì...» sussurrò con il dolore di un agnellino al macello. «Sì, Hermy, sono triste. Oggi ho ricevuto un messaggio da mio padre. Sai, mio padre, Tom Riddle, Lord Voldemort, l'Oscuro Signore, il più crudele mago della storia della Gran Bretagna...» si interruppe per un pausa di suspense, e gradirei un applauso per la sua abilità di rispettare il copione della Somma Autrice. «Mi ha scritto proprio ieri».
«Oh!» esclamò Hermy Granger, stringendo le dita affusolate al petto. «E cosa vuole da te?».
Nomea chinò il capo e i capelli a pois pieni di brillanti (quelli stellati, gente, badate bene di tenerlo a mente) gli finirono davanti agli occhi (quelli di cui non ricordo il colore, giuro. Un momento che vado a cercare gli appunti... ah, sì, blu brillantissimo). Così luccicante e abbagliante, comunque, la bella Nomea Riddle estrasse dalla posciètt – vado a supporre che la Somma Autrice intendesse un'antenata della borsa pochette – e mostrò con noia un I-Pad rosa. Iniziò a mordicchiarsi con estrema sensualità un mignolo e fissò corrucciata il gigantesco schermo dell'inutile cellulare:
«Allora» disse, perché tutte le frasi d'effetto della letteratura iniziano sempre con allora e la Somma Autrice lo sa. «Mi ha scritto in Bacheca: “nn credere che ti lascio in quella scuola, nomy, perché Silente lo devo ammazzare e poi chi ci pensa alla tua istruzione? E sta' lontana da quel Harry pOTTER, che devo ammazzare pure lui e metti che poi ci fai amicizia e a me tocca ammazzarlo”. Che poi» riprese Nomea con piglio borioso, «ma quanto è ignorante? Cioè, ha scritto “scuolasenza “q”. Dai, ma come stai messo?».
Nomea e Hermy ridacchiarono beote per i successivi trenta secondi, mentre la Somma Autrice si fregava soddisfatta le mani e io, che volete, provavo a convincerla che scuola va proprio bene così, eh, proprio con la “c. Ci sarebbe d'aggiungere che se qualcuno avesse la decenza di ascoltare me, questa storia non ci sarebbe nemmeno, ma tant'è che questo è quanto.
«Allora, Nomea, cosa vuoi fare?» le disse Hermy, mentre una lacrima di caramello le scendeva improvvisamente lungo la guancia appiccicosa. «Non possiamo permettere che Lord Voldemort faccia irruzione a squola e ti porti via! Tu sei nostra amica!».
A scuola, santo cielo. Scuola.
«Ah, guarda, allora... io gli ho risposto che non ci torno mica con lui, a casa».
Hermy annuì con feroce determinazione.
«Bravissima!» esclamò. «Ma... Nomea?».
«Sì?» sorrise folgorata l'altra ebete. «Dimmi, Hermy».
«Come hai fatto ad usare il tuo cellulare? Siamo a Hoguòrt».
Nomea Riddle gettò la chioma indietro, abbattendo un paio di pietre del balconcino, e trillò una risata divertita.
«Hermy, non è un cellulare. È il mio I-Pad».
Ma certo.
Lettori. Pompieri. Gattini. Svedesi. Aiuto.
Siamo ancora qui.
INSERIRE QUI IL TITOLO
perché fa un sacco figo
Tentare di nascondere un ricercato per pluriomicidio sotto un lenzuolo e infilarlo di straforo in una scuola affollata di giovani maghi e streghe come Hoguort non era decisamente la più brillante idea che Remus Lupin avesse mai avuto. Però, poveraccio, lui e Sirius dovevano incontrare Silente ad ogni costo. Capisco che la situazione generi qualche perplessità, come: perché non mandare un gufo?
Eh.
Perché non mandare un gufo... bel quesito. Avete provato a immaginare che a Grimmauld Place non ci fossero più gufi? Potrebbe funzionare. Magari Sirius Black, ricercato per pluriomicidio e momentaneamente nascosto sotto un lenzuolo, aveva fame. Magari no, magari lo spettacolo deve andare avanti e queste quisquilie interrompono l'allegro svolgimento della trama.
Quindi non ce ne frega proprio niente del motivo per cui l'intelligente e arguto Remus e il non altrettanto intelligente ma più figo Sirius si fossero infilati in uno dei segretissimi passaggi segretissimi ma proprio segretissimi dei Malandrini. Eh, insomma, ma che vi importa?
«Muoviti, Padfoot! Potremmo imbatterci in qualche ragazzino».
«Ma non mi dire, potremmo incontrare dei ragazzini?» ribatté sarcastico Sirius, traballando alle spalle dell'amico e stringendo ancora di più la sua mano destra. «Non avevo mica capito che fossimo in una scuola».
Sfrecciarono come due folli senza motivo alcuno fino al settimo piano, e nessun ragazzino incrociò la loro strada, perché sennò 'sta storia non finirebbe più. Stavano quasi per raggiungere i due gargoyle che custodivano l'accesso all'ufficio di Silente, quando Remus si fermò di colpo e Sirius gli capitolò addosso.
«Oh!» esclamò dolorante quest'ultimo. «Ti possa venire il vaiolo di drago, Moony! Perché diavolo ti sei...?».
«So chi c'è sotto quel terribile lenzuolo».
In barba al poderoso stratagemma di sicurezza ideato da Remus, Sirius abbassò il lenzuolo sopra le spalle. Davanti a loro, con una mano tesa come a volergli impedire di passare, si ergeva una fanciulla dai capelli a pois. I due maghi si scambiarono un'occhiata preoccupata.
«Sotto quel mantello non può che esserci Sirius Black» decretò con solenne eleganza la balda eroina.
«Ma grazie al cazzo, mi sono appena scoperto la faccia».
«Sirius!» lo ammonì severamente Remus. «Niente parolacce a rating verde».
Sirius fece un gesto di resa.
«Sirius Black» ripeté di nuovo la ragazzina, annuendo con saggezza. Sì, lei annuisce con saggezza, me l'ha scritto la Somma Autrice. Annuire con saggezza è molto, molto difficile: occorrono secoli di esperienza. «E Remus Lupin».
«No, Ettore e Achille, e ora se gentilmente vuoi scansarti dall'entrata...».
«Voi non potete passare» ordinò loro. «Il mio nome è Nomea Riddle, figlia di Lord Voldemort, signore del Tempo e dello Spazio, Oscuro Signore della Terra dei Ghiottoni».
Sirius e Remus sgranarono gli occhi e spalancarono le bocche dallo sconcerto.
«Chi... chi è tuo padre, scusa?» domandò flebile Remus con una smorfia spaventata. Baldo Grifondoro, lui.
«Lord Voldemort».
Istintivamente, i due maghi fecero entrambi un passo indietro. Fu Sirius a cercare di prendere le redini della situazione – e no, Remus proprio non ebbe la creanza di impedirglielo.
«Ma proprio quello...? Sai, no, il tipo cattivo? Avada Kedavra qua, avada kedavra là?».
Mi vergogno di quanto sto scrivendo, ma, ehi, non è colpa mia. Sto seguendo gli appunti della Somma Autrice. A tal proposito, vi informo che gli occhi di Nomea non sono più blu brillantissimo, ma rossi. Cito gli appunti: i suoi occhi erano rossi come il sangue del tramonto e le iridi e le pupille rosse ancora più degli occhi rossi di prima. Non me ne intendo molto di oculistica, ma ho come il presentimento che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato in questa descrizione. Gli occhi di Nomea, rullo di tamburi, acquistavano il colore rosso del padre quando qualcuno ne nominava il nome.
Ah.
Ma quanto è figa. E sì, lei acquistava il colore rosso – suppongo possiate trovarlo al Conad pure voi, a questo punto.
«Lui è mio padre» ribadì ancora Nomea, nel caso qualcuno non l'avesse ancora capito. L'avete capito? No, sennò ve lo rispiega di nuovo. «Mio padre è il temibile Lord Voldemort. E voi non passerete di qui».
Remus si massaggiò stancamente le palpebre: quella situazione iniziava a sfibrarlo più di una dozzina di pleniluni in fila per tre col resto di due. Fu colto da un'improvvisa ispirazione e sfoderò la bacchetta.
«Stupeficium!».
E giù Nomea, che si sfracellò con sinuosa grazia (eh, beh) contro la parete alle sua spalle. Sirius sbuffò, appallottolò il lenzuolo e lo gettò dietro al gargoyle di destra.
«Porca puttana, Moony» si lamentò. «Stai proprio andando OOC».

Qualche metro più in alto e qualche secondo dopo, nell'ufficio del Preside...
«Carissimi!» strillò con fervore Silente non appena ebbe riconosciuto Sirius e Remus. «Carissimi figlioli, carissimi! Non attendevo che voi! Gradite qualche caramella? Qualche Ape Frizzola? Qualche Cioccorane? Ho pure degli stuzzichini di Eternit».
I due maghi si scambiarono l'ennesima occhiata sconcertata. Remus si passò stancamente una mano sul viso, borbottando incomprensibili parole oltre le dita. Sirius gli schiaffeggiò appena la spalla.
«Guai a te se provi a Schiantare pure lui» lo minacciò a bassa voce. «Preside, siamo qui perché--».
«Oh, sì! Sì, sì, sì!» esclamò improvvisamente Silente, colpendo il bordo della scrivania con una poderosa zuccata. Sirius e Remus trasalirono.
«Oddio» esalò spaventato il primo.
«Preside, adesso sta sanguinando».
Albus Silente, indomito paladino di ogni battaglia contro le Arti Oscure, sollevò il viso e sfoderò un sorriso smagliante. Incurante del rivolo rosso che aveva iniziato a scendere dalla sua tempia e probabilmente poco consapevole di quanto avesse appena fatto, spalancò le braccia in un gesto che, boh, la Somma Autrice vorrebbe essere misericordioso. È proprio quella, la parola. Ho controllato venti volte.
«Miei cari figlioli, abbiamo un serio problema. La professoressa Sinistra, che io non ricordo nemmeno di avere assunto, mi ha da poco informato che questa sera gli astri si allineeranno, creando una congiunzione astrale che porterà l'inferno nella Terra di Mezzo. È necessario distruggere l'anello al più presto al monte Fato, poiché se dovesse crollare il baluardo di Gondor, per il regno degli uomini sarebbe la fine. Sirius, la spada che fu spezzata deve essere ripristinata!».
Remus si umettò le labbra e aggrottò la fronte, mentre Sirius, al suo fianco, faceva una smorfia confusa.
«Preside, ha sbagliato fandom».
«Fandom, fandonie, fantocci, fantini, qui dentro siamo tutti cretini!» urlò istericamente, arrampicandosi sulla scrivania e afferrando i lembi della ridicola veste viola. «Dovete salvare Nomea Riddle. Lei è la nostra Frodo Baggins».
«Ha i piedi pelosi?».
«Sirius, sta' zitto».
«Salva la cheerleader, salva il mondo» ripeté Silente con l'indice puntato verso di loro. «Che la Forza sia con voi».
Remus afferrò Sirius per un braccio e si diresse rapidamente verso l'uscita.
«Naturalmente, Preside, naturalmente» si affrettò a dire. «Faremo ognuna di queste cose, non ne dubiti».
«Certo» lo seguì Sirius. «Distruggiamo l'anello, facciamo rinvenire l'Hobbit e salviamo i Chipmunks».
«La cheerleader, Padfoot».
«Stessa cosa».
Furono piuttosto rincuorati nel vedere Nomea Riddle ancora svenuta in mezzo al corridoio, proprio di fronte all'entrata di Silente. Che poi, forse non lo erano così tanto, forse avrebbero entrambi preferito che la tappezzeria se la fosse mangiata, ma tant'è che non si può avere tutto dalla vita.
«Cosa facciamo, adesso?» chiese Remus, infilandosi le mani nelle tasche.
«Ah, non lo so. Tu l'hai schiantata. Tu dovresti risolvere la questione».
Remus sbuffò.
«Con Silente fuori di testa e questa qui svenuta--».
«Ne abbiamo una svenuta pure a Grimmauld Place, Moony».
«Cazzo».
Sirius gli sferrò un violento pugno al braccio.
«Ahi!» gridò Remus, ritraendosi e sfregandosi la parte lesa. «Ma sei impazzito!?».
«Non dire le parolacce» lo rimproverò con durezza. «Non dirle, okay? Se inizi a dire le parolacce, stai andando OOC, lo capisci? Non saprei come comportarmi, se dovessi impazzire pure tu! Te lo ripeto per l'ultima volta, Moony, poi giuro su quant'è vero che sono serio che ti prendo a sberle: non andare OOC. Coraggio, ripeti con me: io credo, credo nell'IC».
«Io credo, credo nell'IC...» brontolò sconsolato Remus.
«Bravo ragazzo. E adesso muoviti, voglio vedere Harry».
Remus rimase a fissare l'amico che si allontanava in direzione della torre di Grifondoro.
«Ehm... Sirius?».
«Che c'è?».
Gli indicò brevemente il corpo privo di conoscenza di Nomea Riddle.
«Ah, quella...» rispose, grattandosi la nuca. Riafferrò nuovamente l'utilissimo lenzuolo con cui era entrato di soppiatto a Hoguort e glielo gettò addosso.
«Ecco, Moony. Fatto il misfatto».
Come no.
Firmato con animo a pezzi,
il Vostro Canon
   
 
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