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Autore: Delirious Rose    16/12/2006    1 recensioni
“Non siamo liberi, noi siamo come ninnoli fra le mani del Maestro.”
Una specie di missing moment dell'episodio 23
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Rosicrucian e Nami, assistenti amministratrici.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Fermati, sei bello”
Faust, W. Goethe




“Fermati, Lucciola.”
Il ragazzo trasalì, teso e all’erta, volgendo lo sguardo: solo Sicada si contrapponeva fra lui ed il Maestro Delphine, oppure c’era qualcun altro ad attenderlo? Intravide, nascosta dalle ombre del corridoio, una figura avvolta nella tunica delle cameriere del Maestro.
“Da quando una dama di compagnia è anche una guardia?” chiese, stringendo la lancia.
Una risata leggera e frizzante, come l’aria in alta quota, risuonò nel corridoio.
“Infatti non lo sono, e secondo me non è solo con la forza che s’impongono i propri punti di vista. Ma sono disarmata, puoi anche controllare,” rispose lei avanzando.
Lucciola la conosceva, seppur di vista. La Pittrice –così era chiamata– lo guardava come se fosse un’opera d’arte da studiare, per riconoscere e comprendere il tocco dell’artista: la sopravveste e le mani erano sporche di colore, una ditata di carminio risaltava sulla pelle pallida del viso. L’aveva incrociata diverse volte senza rivolgersi una parola, solo sguardi apparentemente freddi e scevri da emozioni. Aveva gli occhi azzurri, la Pittrice, come il cielo oltre le nuvole ed i capelli nascosti dal copricapo cilindrico: si diceva che in realtà appartenesse alle genti di terra e che per un desiderio –un capriccio– del Maestro era stata accolta nel castello. Ma erano solo voci che nessuno si premurava di confermare o smentire.
“Lasciami passare.”
“Perché dovrei?”
“È lei che te lo ha ordinato, dunque.”
Ancora quella risata, accompagnata da un tintinnio di campanelli d’argento quando lei scosse il capo avvicinandosi a lui, lenta ed inesorabile.
“Oh no, per il Maestro Delphine io, in questo momento, sono nelle mie stanze a terminare la rappresentazione della Cerimonia del Giuramento.” Gli rivolse lo sguardo strano che usava con cose e persone che rispondevano ad arcani criteri. “Un soggetto davvero interessante.”
Un soggetto interessante… era quello il criterio con cui la Pittrice giudicava il mondo: non la morale, non la giustizia o la logica, ma la bellezza che lei era capace di cogliere nel sorriso di un bambino come in un campo di battaglia. Che cosa voleva da lui?
“So quello che hai intenzione di fare e posso immaginarne le ragioni, ma… ti trovo un soggetto interessante, Lucciola, e non voglio e non posso permetterti di fare una simile pazzia senza aver prima… senza averti prima ritratto.”
La Pittrice pareva aver perso la sicurezza iniziale, il suo sguardo s’era spostato dagli occhi di lui ad una macchia di sangue sul suo petto; si poteva leggere imbarazzo nel tono della sua voce e qualcosa che il ragazzo era incapace di dare un nome, e forse fu proprio quello a farlo sentire come svuotato all’improvviso.
“Se sai, allora perché sei qui?” disse lui contrariato. “O credi che la libertà di Sua Eccellenza valga un foglio di carta?”
“Sua Eccellenza ha avuto la sua opportunità d’essere libero, d’essere felice, e l’ha sprecata,” ribatté lei, avanzando ancora. “Non che sia troppo tardi ma… credi che la sua libertà valga la sua felicità? Credi che lui sarebbe felice se, tornato in sé, non ti avesse accanto? No, Lucciola, perché so quale fosse il sentimento che lo legava a te, glielo vedevo negli occhi, nello sguardo da fratello che da qualche tempo non rivolgeva al Maestro ma che aveva per te.”
Lucciola si sentì preso di contropiede: quanto sapeva la Pittrice? Quali altri segreti celavano quegli occhi? Ed uno strano brivido, non piacevole ma neanche spiacevole, gli corse lungo la schiena. Prendendo il suo silenzio come un’autorizzazione continuare, la Pittrice aggiunse.
“E non è solo la libertà e la felicità di Sua Eccellenza ad essere in gioco, ma anche la tua.”
“Non siamo liberi, noi siamo come ninnoli fra le mani del Maestro e…”
“Se tu non fossi libero, non avresti fatto quello che hai fatto, non staresti per fare quello che hai intenzione di fare. Ed io… io sono qui perché ho la libertà di farlo, la libertà di decidere cosa fare per… per ottenere quello che desidero.”
Ancora una volta quella sottile vena d’imbarazzo, quel dire e non dire che rendeva quel dialogo strano. Lucciola esitò un attimo prima d’avviarsi verso la porta.
“No, non andare!” esclamò la Pittrice raggiungendolo e afferrandogli le braccia. “Entrambi sappiamo che non uscirai da quella stanza.”
“Prima parlavi di felicità, perciò ti dico che non m’importa perché è un modo per ringraziare Sua Eccellenza della felicità di cui sono stato spettatore.
Lasciami passare, non lo ripeterò una terza volta.”
Ma la Pittrice non si mosse, guardandolo a lungo pensosa. Poi, senza alcun preavviso, gli cinse il collo con le braccia tirandolo verso di sé e premé le labbra contro le sue. Ed in quel momento fu Lucciola a provare imbarazzo: cos’era quella sensazione, così simile a quella che si provava volando eppure molto, molto più intensa? Era quello il calore di una donna di cui a volte aveva sentito parlare i meccanici della Silvana? E dopo un attimo d’esitazione, lui chiuse gli occhi e non si chiese perché la Pittrice sapesse di marmellata d’arance, dolce e amara al tempo stesso, inebriato dal suo profumo di trementina e fiori – non le rose amate dal Maestro, ma fiori di cui non conosceva il nome.
“Prima volta, eh?” mormorò lei, guardandolo con occhi da gatta. “Ma non ha importanza finché sei ancora in tempo per tornare sui tuoi passi. Dimentica il tuo proposito, dimentica quella che è stata la tua vita fino ad ora e pensa solo a questo, Lucciola: una vita che non conosce altri padroni che te stesso ed una felicità che non è macchiata di sangue, priva di bellezza, forse, ma reale.
Io… io potrei renderti dieci volte più felice di quanto possano loro, devi solo volerlo. Io tornerei ad essere Maeve Shetland e tu… chiunque tu sia stato prima di essere Lucciola.”
Per un attimo lui fu tentato; in un istante quello che avrebbe potuto essere s’aprì davanti ai suoi occhi come l’alba del nuovo giorno, unito ai ricordi di un tempo che credeva dimenticato e alla distante voce di donna che mormorava un nome, dolcemente.
Ma Lucciola non disse nulla e si sciolse da quell’abbraccio, deciso ad andare fino in fondo.
“Ti uccideranno, e lo sai.” Gli parve di udire. “E se tu morirai, non ci sarà più bellezza per me in questo cielo.”

   
 
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