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Autore: Krixi19    30/05/2012    14 recensioni
Dalla shot:
E lei era lì, come se niente fosse. Era lì, a parlare e gesticolare, come faceva sempre quando...
“Fa’ che non mi veda. Fa’ che non mi veda”
Troppo tardi. Si era appena voltata [...]
Lei lo guardò sorpresa, mentre un’ombra le attraversava lo sguardo. [...]
«Credevo che...»
«Perché sei tornata?» la interruppe lui, brusco. [...]
La casa era uguale. Non era cambiato niente. Ma la sua assenza era un urlo assordante. [...]
«Tu. Mi hai abbandonato. Io avevo bisogno di te»

[George/Katie, non necessariamente come coppia]
Decima storia su EFP
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Katie Bell
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Nick: Krixi19
Titolo: (All of This Time) Where Have You Been?
Personaggi: George Weasley, Katie Bell
NdA: Non mi piace mettere le note prima della fic, ma questa volta devo fare alcune premesse. C’è il What If perché nel canon non si parla della coppia Katie/Fred, mentre questa fic parte dal presupposto che tra loro ci fosse stata una storia. E si parla anche di un’amicizia molto forte tra George e Katie.

 

 

Questa one-shot è dedicata a Fri,

che stimo tantissimo come autrice e ancora di più come persona,

che si è messa spontaneamente a leggere tuttele mie storie,

che mi ha lasciato recensioni talmente belle da commuovermi.

 

Non è molto, ma è per te.

Galeotto fu il contest.

 

 

 

All of This Time Where Have You Been?

 

 

E lei era lì, come se niente fosse. Era lì, intenta a gesticolare con il barista. Sicuramente stava cercando di spiegargli come voleva il suo complicatissimo the, esclusivamente Earl Grey, una zolletta e mezzo di zucchero, due cucchiaini di latte, l’altra mezza zolletta e infine un ultimo cucchiaino di latte. Così, era lì, a parlare e gesticolare, come faceva sempre quando...

“Fa’ che non mi veda. Fa’ che non mi veda.

Troppo tardi. Si era appena voltata, rinunciando alla spiegazione sul suo the. E ora lo stava fissando, immobile, senza riuscire a muoversi. Lui era paralizzato, una marea di sensazioni contrastanti che gli impedivano di dire o fare qualsiasi cosa. Gioia. Stupore. Rabbia. Gaudio. Dolore. Nostalgia. Tutto insieme, tutto confuso, tutto caotico.

Fu un attimo eterno.

Qualcuno gli diede una spallata senza volerlo, riscuotendolo da quella sorta di torpore in cui era caduto. Le andò incontro, un passo dopo l’altro, uno alla volta, mentre lei continuava a fissarlo, immobile, come una statua.

Quando George le fu davanti, Katie abbozzò un sorriso. Ma non era il sorriso che George ricordava. Non gli rassomigliava neanche lontanamente. Il suo era sempre stato un sorriso caloroso, contagioso. Questo era completamente privo di calore, come se non sapesse più come si fa a sorridere.

«Ciao, George» esordì lei, le parole che uscivano a fatica.

George fece un cenno con la testa, ma non rispose. Ancora non riusciva a parlare.

Katie sospirò, distogliendo lo sguardo.

«Vuoi... vuoi che ci sediamo?»

«No» ribatté lui, lapidario.

Lei lo guardò sorpresa, mentre un’ombra le attraversava lo sguardo.

«Credevo che...»

«Perché sei tornata?» la interruppe lui, brusco.

Un’espressione ferita apparve sul volto di Katie, l’ombra del dolore che non se ne andava dal suo volto. George si sorprese accorgendosi che non gli importava quanto sembrasse addolorata o ferita.

«Non lo so» disse lei, senza guardarlo.

George non rispose.

«Senti, io... Immagino avrai delle cose da dirmi» disse lei, rassegnata.

George annui.

«Ma non vuoi che ci sediamo» riepilogò lei.

George scosse la testa.

«Ma, allora...»

«Andiamo a casa mia.» affermò lui.

Gli occhi di Katie si spalancarono, dalla paura e dalla sorpresa. Ma si ritrovò ad annuire, e seguì George per le vie di Diagon Alley, senza aggiungere una parola.

«Abiti ancora...» si arrischiò a chiedere dopo un po’, per poi bloccarsi a metà frase.

«Sì» affermò lui.

 

 

La casa era uguale. Non era cambiato niente. Ma la sua assenza era un urlo assordante.

Katie seguì George attraverso la cucina, fino in camera. Non appena mise piede in quella stanza, sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Non era cambiato niente. Ma era cambiato tutto.

«Perché mi fai questo?» sussurrò, ma George parve non udirla.

Quella camera era piena di ricordi, che subito le si affacciarono nella mente, riempiendogliela e confondendogliela, tanto da lasciarla frastornata.

Fred e George che preparavano strane pozioni, mentre lei controllava i conti.

Lei, Fred e George che si rotolavano per terra dalle risate.

Lei e George, addormentati, abbracciati, aspettando Fred e Lee.

Fred che le accarezzava il naso al mattino per svegliarla.

Fred che la abbracciava.

Fred che la baciava.

Si voltò di scatto verso la finestra, guardando fuori senza realmente vedere niente, la vista appannata dalle lacrime.

Scappare non era servito a niente, niente era cambiato. Le mancava come il primo giorno.

«Allora?» chiese George. Katie poteva percepire l’astio nella sua voce. Come poteva dargli torto?

Si voltò, posando lo sguardo su di lui. Quello era davvero George? L’aspetto era quello: era in forma, pettinato, ben vestito... ma non era George. Non c’era traccia del suo sorriso. Non c’era vivacità nel suo sguardo. Non c’era niente.

«Allora cosa?» chiese Katie, mandando giù il groppo che aveva in gola.

«Perché sei tornata?»

Suonava come un’accusa.

«Te l’ho già detto: non lo so»

George sbuffò.

«È questo che mi vuoi chiedere?» chiese lei, gli occhi lucidi «Non lo so, George, davvero, non lo so. Forse... avevo bisogno di tornare»

«E non sia mai che tu non segua un tuo bisogno.»

Il tono acido la colpì come una frusta. Se l’era aspettato, eppure faceva male.

Katie rimase in silenzio, non sapendo come replicare. Sentendo miliardi di parole salirle alle labbra, per poi non uscirne.

«Sei sparita» disse lui, la voce tremante di rabbia.

«Sì» sussurrò Katie.

«Dove sei stata?»

«In Francia» replicò in fretta lei. Come se dirlo velocemente potesse cambiare lo stato delle cose. Era scappata.

«E lì, i gufi non li ricevono?»

«Io, non...»

«Lì i gufi non li ricevono?» ripeté più forte George.

«Sì» ammise lei, la voce bassa. «Non le ho lette» aggiunse subito, prima che lui potesse dire una parola. «Mi... Mi dispiace, George»

«Ah. Ti dispiace. Certo. Sei sparita. Senza una parola. Hai preso, e te ne sei andata» La voce che tremava, aumentava di volume. «Mi sono svegliato e non c’eri più. Ti ho scritto e non mi hai risposto. E dire che ti consideravo la mia migliore amica. E ora torni, così, di punto in bianco, e mi vieni a dire mi dispiace

«George... Davvero, mi dispiace» Katie non sapeva dire nient’altro, sapeva che era inadeguato, ma...

«Ti dispiace?!» scoppiò ad urlare lui «Vaffanculo, te e i tuoi “mi dispiace”! Ti ho scritto, ti ho implorato di tornare...»

«George!» esclamò lei, le lacrime che scorrevano «Mi dispiace! Non ce la facevo, non potevo stare qui! Riesco a malapena a starci adesso! Ci sono troppi ricordi, e...»

«Oh, tu hai troppi ricordi?! Io ho passato ogni singolo istante con lui! Era il mio gemello, maledizione!»

Era ad un palmo dal suo naso, l’espressione straziata dal dolore. Che cosa aveva fatto?

«George, io...» cominciò lei, senza sapere come continuare, le lacrime che continuavano a uscire.

George fece un passo indietro, allontanandosi dal suo viso.

«Tu. Mi hai abbandonato. Io avevo bisogno di te» disse, senza inveire, senza urlare, ma le parole risuonarono ancora più forti.

«Io... Hai ragione» disse Katie. Cercare scuse era assurdo, la verità era un’altra. «Sono stata una codarda. Sono scappata. Sono scappata dai ricordi. Sono scappata da te» disse, la voce rotta. «E sai una cosa? Non è servito a niente. Non è cambiato niente... Andarmene da te è stata la cosa peggiore che potessi fare.»

George non disse niente. Aspettava. Sapeva che c’era dell’altro, sebbene lei sembrava non riuscire a proseguire oltre.

«Lui...» disse, le parole che le si strozzavano in gola. «Fred...» Era la prima volta che pronunciava il suo nome. Nell’udirlo George sobbalzò. «Fred... mi manca»

Katie non disse più una parola. Si limitò a fissare il pavimento, versando lacrime silenziose, mentre George stava immobile, lontano da lei.

Passarono attimi eterni così, ognuno nel suo spazio.

Poi George fece l’ultima cosa che lei si aspettava.

Colmò la distanza che c’era tra loro, e l’abbracciò, stringendola sé. Katie si aggrappò a lui e lui fece lo stesso. Le lacrime di lei bagnavano la felpa di lui, le lacrime di lui bagnavano i capelli di lei.

«È stato come se fossi... anche tu» sussurrò lui, incapace di pronunciare quella parola.

«Ho fatto la cosa sbagliata» mormorò lei «Ma adesso sono tornata»

«Non te ne andrai più?»

«No. Da adesso siamo in due»

E rimasero così. Per attimi, minuti, forse ore.

Indissolubilmente legati da un dolore senza pari.

 



Bene, non è una shot originalissima, ne sono consapevole. Però... Ero ispirata e ho sentito il bisogno di scriverla. Spero vi sia piaciuta. Ma sentitevi liberi di smontarvi con recensioni critiche u.u
   
 
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