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Autore: Faust_Lee_Gahan    30/05/2012    2 recensioni
"Non portarmi giunchiglie. Portami un bouquet di pillole."
[Sherlock/John]
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Lividi Amniotici'
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Titolo: Lovesong

Summary: Non portarmi giunchiglia. Portami un bouquet di pillole.

Pairing: Sherlock/John

Rating: PG13

Words: 854

Disclaimers: Non miei e “blablablabla! Lascia stare! Abbiamo detto queste cose centinaia di volte!”

Notes: Per la Sherlothon dello SFI sul prompt #5 (http://www.myreckonings.com/Images/silver_blaze_sydney_paget.jpg), team Canon.






Lovesong



L'amore è una malattia dell'immaginazione.”

(Massimo Gorki)




John guardò fuori dal finestrino. Il treno correva veloce. Almeno nella sua memoria era così.

Forse non era neanche memoria.

Il paesaggio era strano. La maggior parte del tempo non vedeva nulla, al buio; in altri momenti si trovava di fronte a distese immense di erba grigia, che si alternava a sabbia incandescente e ad acqua innaturalmente azzurra. Il tempo era perennemente coperto.

Sherlock seduto di fronte a lui sembrava tranquillo. Parlava con la solita velocità, oppure taceva, di quei silenzi che avevano solo loro.

Ogni volta che ero solo con te, mi sembrava di essere a casa. (1)

«Non devi aver paura, John.» disse a un certo punto.

Lui lo guardò, spaventato.

Sherlock sorrise. «E' perfettamente normale.»

«Tu che mi parli di normalità?»

«E allora?»

«Niente. Suona strano.»

Stai stringendo il mio cuore, gridando.

Figlio di puttana. (2)

Il fischio si faceva sempre più acuto, gli sembrava, ad ogni nuova fermata. Non che si fermassero spesso, e comunque John non l'avrebbe notato se non fosse stato per quel fischio.

Ad ogni fermata, ad ogni fischio, John si affacciava, mosso dalla superficiale curiosità di osservare i nuovi passeggeri. Ma ogni volta non vedeva nessuno.

Mi hanno lasciato rotto, sanguinante. (2)

Hanno lasciato anche te così?

«Dove sono?»

«Chi, John?»

«Gli altri. Gli altri passeggeri.»

«Ti interessa davvero saperlo?»

«No, in effetti no.»

Ogni volta che ero da solo con te, mi sentivo di nuovo intero.

John si sporse verso di lui e lo baciò, perché così gli andava. Forse era la paura, forse era il luogo improbabile, forse era il grigio. Forse era la paura di un luogo improbabile e per giunta grigio. Forse era l'intero, o più probabilmente i colori che esplodevano sotto le sue palpebre, quando Sherlock gli respirava così vicino.

Per quanto lontano, ti amerò per sempre.

Qualunque parola io dica, ti amerò per sempre. (1)

«Hai mai fatto caso alla mia linea della vita, John?»

«No, perché?»

«E' praticamente inesistente.»

Un sorso del sangue che ho trovato stando qui.

Sto morendo qui. (2)

Sherlock gli mostrò il palmo della mano, indicandogli con il dito la linea della vita. John non ne sapeva molto di quelle cose, e di certo non era il tipo da crederci. Eppure neanche Sherlock lo era. Allora perché gli stava mostrando quella insulsa piega della mano?

John guardò. Era una linea curva cortissima, quasi invisibile. Pensò che non era giusto, che se doveva esserci una linea della vita di quelle esigue e insignificanti dimensioni doveva essere la sua. Allora abbassò lo sguardo sulla propria e non la trovò. Bene, pensò. Bene.

Proteggimi quando puoi.

Rispettami quando starò

morendo. (2)

«Hai visto? E' passato un uomo!»

«E allora? Siamo su un treno, non è improbabile.»

«Era decapitato?» (2)

«Ti interessa davvero, John?»

«No. A dire la verità, no.»

«Bene.»

«Sherlock.»

«Sì?»

«Dove stiamo andando?»

«Da nessuna parte.»

Ogni volta che ero da solo con te, mi sentivo di nuovo libero.

Ogni volta che ero da solo con te, mi sentivo di nuovo pulito. (1)

Sherlock si sporse verso di lui e gli prese il viso tra le mani, guardandolo negli occhi con l'aria preoccupata. «John.» gli disse «Tu sei stata l'unica cosa che ho danneggiato. E' questo quello che si ottiene a essere mal gestiti.» John non capiva. Cos'era? Una specie di canzone d'amore per il caro estinto? O una pietra tombale per l'uomo col cuore spezzato? (2)

Non portarmi giunchiglie.

Portami un bouquet di pillole. (2)

«Cosa dici, Sherlock?»

«Non portarmi giunchiglie. Portami un bouquet di pillole.»

«Le pillole ti fanno male.»

«Anche quelle che stai prendendo tu ti fanno male. Ma continui a prenderle.»

«Non mi importa. Ogni volta che sono da solo con te, mi sento di nuovo pulito. E libero.»

Per quanto a lungo io resti, ti amerò per sempre. (1)

A John cominciò a mancare il respiro. Aprì il finestrino per far passare aria e guardando fuori si gelò. Piovevano necrologi, e stavano lì, nudi, a faccia in giù.

Ho provato a lasciare questa vita che odiavo?

Perfino la morte era sopravvalutata. (2)

John non riusciva più a respirare. Guardò ansimante Sherlock in cerca di aiuto, ma lui lo osservava impassibile. Quasi con morbosa curiosità. Non capiva. Stava morendo? E di cosa? Non riusciva ad individuare nessun sintomo di nessuna malattia. Sapeva solo che gli mancava l'aria. Asma? Impossibile. Erano anni che non aveva più attacchi. Doveva respirare. E da fuori non arrivava neanche un filo di vento. Ma andavano alla massima velocità! John cercò ancora lo sguardo di Sherlock, che era sorridente, soddisfatto, come se John fosse sulla buona strada per arrivare ad una conclusione, a cui tuttavia lui, da perfetto cervellone, era giunto da un pezzo ormai. Aveva giusto un filo di voce per fare la domanda che gli girava in testa dall'inizio di quel viaggio.

«Sherlock, dove siamo?»

«Sulla Metropolitana dei Morti.»






John aprì gli occhi. Allungò la mano tremante verso il nulla.

Non vedeva niente. Solo il buio, e seppe di essere morto.

Sorrise. Un sorriso tremulo, ma sincero. Come non ne faceva da mesi.

Sentì una mano che gli toccava il viso, gli spalancava gli occhi, la bocca.

Sentì che un'altra mano gli stava infilando qualcosa in bocca mentre quella che prima lo stava tastando gli stava alzando il viso.

John ricominciò a respirare. Era l'inalatore.

Poi cominciò a vedere meglio, e mise a fuoco la sagoma preoccupata di sua sorella.

La guardò con disprezzo, realizzando di non essere morto.

Non l'aveva mai odiata tanto in vita sua.


Per quanto lontano, ti amerò per sempre.

Per quanto a lungo io resti, ti amerò per sempre.

Qualunque parola io dica, ti amerò per sempre. (2)





Notes, again:

La Sherlothon è agli sgoccioli, ma io non demordo.

Le parti in corsivo sono citazioni da Lovesong dei The Cure (1) che dà anche titolo alla storia, e Love song dei Korn (2). La metropolitana dei morti è invece un riferimento a Un buon posto per morire della coppia Avoledo-Dileo. Quel libro è un trip d'acido!

Il solito grazie alla mia esaminanda Sonia ♥

  
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