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Autore: N i s h e    30/05/2012    1 recensioni
Era uscito di casa quel giorno, con un cuore immenso di preoccupazioni e ansie.
C'era stato un terremoto, un terremoto violento, vicino Bologna [...]
Come ogni volta, pregò in cuor suo, che non dovesse capitargli di avvistare una mano o un piede che sbucavano dalle macerie. Sperò in cuor suo, che se così fosse, riuscisse a tirarli fuori di lì con ancora un flebile, ma pur sempre vivo, respiro in petto. Persone che stavano vivendo la loro vita di sempre fino a qualche ora prima...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era uscito di casa quel giorno, con un cuore immenso di preoccupazioni e ansie.
C'era stato un terremoto, un terremoto violento, vicino Bologna, gli aveva riferito in fretta il suo collega al telefono.
Degli edifici erano crollati. Edifici di attività, quasi annientati. Bisognava mettersi al lavoro, unire le forze e sperare che non mancasse nessuno all'appello.
Che nessuno fosse disperso, o peggio.
Mentre ascoltava, una ruga gli increspava la fronte e si dimenticava del caffè che aveva in mano.
Aveva cercato di rassicurare la moglie, sicuramente non c'era stata nessuna vittima: l'avevano percepito in modo molto leggero, loro.
L'uomo cercò di lavare le ultime tracce di sonno sul suo viso e si mise addosso l'ormai familiare divisa blu e rossa.
Diede una veloce carezza alla moglie ed uscì di casa.
Come ogni volta, pregò in cuor suo, che non dovesse capitargli di avvistare una mano o un piede che sbucavano dalle macerie. Sperò in cuor suo, che se così fosse, riuscisse a tirarli fuori di lì con ancora un flebile, ma pur sempre vivo, respiro in petto. Persone che stavano vivendo la loro vita di sempre fino a qualche ora prima...

Tre giorni dopo da quelle ultime preghiere, gli attimi e la paura si erano susseguiti in sincrono, come un ordine già prestabilito. L'ordine dei terremoti.
L'ordine delle scosse che non accennavano ad assestarsi definitivamente.
L'ordine del caos. Quello negli occhi della gente, che perdendo la loro dimora, un tempo accogliente e protettrice, aveva perso tutto.
Avevano perso le loro origini e ora sembravano venire al mondo di nuovo: visi persi, desolati, impotenti.
Impotenti.
Impotente. Così si era sentito lui. Ancora una volta.
C'erano stati dei morti. Non valeva più di tanto adesso la rassicurazione fatta a sua moglie, quel mattino.
Ma come poteva solo prendere forma, un pensiero del genere? Come avrebbe potuto evitare di non rassicurare la donna della sua vita, anche se con parole apparentemente vuote e inutili?
E così continuò a lavorare e dare una mano dove ne serviva una, con la mente occupata da pensieri tutt'altro che semplici.
Perché?
Per chi?
La gente lo vedeva come un eroe, ma lui era soltanto un altro disperato che non riusciva a darsi una spiegazione a tutto quel dolore, ancora, dopo tutti quegli anni in cui aveva vissuto in mezzo alle macerie.
Mai avrebbe trovato la risposta a quel perché, che porta gli uomini a impazzire dal dolore.
Ringraziò segretamente, ancora una volta, il casco santo e caparbio che gli cingeva la testa. Ringraziò l'ombra scura che cadeva sui suoi occhi, invisibili al mondo. Perché seppure non potesse fermare un muro che ha tutta l'intenzione di schiacciarti come un insetto insignificante, grazie a quell'ombra che teneva lontano gli altri occhi dai suoi, poteva piangere.
Come hanno pianto da sempre i grandi uomini come lui, grati a quella scura ombra che gli copriva gli occhi. Che li circondava di un alone quasi di riverenza, come una cosa intima e privata che si stava dispiegando nel buio e allora chi vedeva quell'ombra scura sugli occhi, distoglieva lo sguardo addolorato.
Con rispetto.

Ci aiuti instancabilmente. Meriti di piangere anche tu l'insignificante cosa che siamo tutti in confronto alla natura, ed essere lasciato in pace col tuo dolore: questo pensava la gente quando succedeva che anche gli eroi piangessero.


In mezzo alle crepe, alle frane, alla morte e alla vita.
Sempre.
Instancabilmente.


   
 
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