Storie originali > Commedia
Segui la storia  |      
Autore: JulieGarnet    30/05/2012    0 recensioni
Aria è un'adolescente particolare, perchè ha perso il senso di vivere. Ma le cose cambiano quando arriva nella nuova cttà, qui lei si "rianima" e ritrova ciò che aveva perso, ma non solo questo. Perchè riapparirà una persona molto speciale della sua infanzia, ma riuscirà a riconoscerlo?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Crescere bene, crearmi un bel futuro, uno in cui magari vi si trovi l'amore. Andare alle superiori, incontrare un bel ragazzo, 
innamorarmi di lui e poi dichiararmi...per poterci stare insieme per sempre. No, questa non è la vita; è semplicemente 
un sogno.
L'aria era fresca e il cielo coperto da qualche nuvola: non avrebbe piovuto, ma forse il giorno dopo sì...sperare non dovrebbe 
costar nulla se non un minimo di fiducia. Mi piace la pioggia, perchè ha un bel suono e rende l'aria più umidae fresca, rende 
la terra più fertile dandoci la possibilità di vivere, riempe le sorgenti d'acqua perchè così noi possiamo dissetarci...mi piace 
un sacco la pioggia che porti catastrofi o meno, dopottutto le catastrofi accadono comunque. Ogni goccia della pioggia, 
quando tocca terra o una superfice, produce un suono diverso e tutte insieme sono persino meglio di un coro.
Settembre, mese di cambiamenti, di trasformazioni e di novità, ma è anche il mese del mio compleanno.
«Aria. Te l'ho detto tesoro, io e tuo padre siamo troppo occupati. Ti abbiamo lasciato la torta di compleanno nel frizer, 
mangiane quanta ne vuoi e non restare ad aspettarci, rientreremo domattina. Ciao, ti vogliamo bene.» mia madre. Era 
ormai da circa quando ero nata che al giorno del mio compleanno mi diceva sempre la stessa e medesima frase tanto
che avevo smesso di chiederglielo, ma questa volta era diverso. Eppure lei non aveva neanche pensato ad ascoltarmi, 
aveva immediatamente pensato fosse qualcosa riguardante il mio compleanno...avrei voluto che mi ascoltasse per 
almeno una volta.
Ci avevo provato a parlargliene ma lei non mi aveva ascoltata, perciò mi ritenevo giustificata a fare quel che mi pareva e
così preparai la mia roba e mi diressi verso la stazione ferroviaria. Non ero arrabbiata con lei in fondo non mi aveva mai 
ascoltata, però mi sarebbe piaciuto almeno salutarla e invece le lasciai soltanto un bigliettino d'addio.
Dopo tre ore ero già arrivata a destinazione, cioè nella mia nuova città dove avrei ricominciato una nuova vita. L'unico 
liceo presente in città aveva un nome assolutamente insolito, ma molto familiare...ah, sì: Liceo Doris Aliberten. A parte 
il fatto che avesse un nome più che ridicolo, rispetto ad altre scuole di cui avevo indagato il curriculum questo era molto 
più accattivante. Dove l'avessi già sentito non riuscivo proprio a ricordarmelo, ma poco m'interessava frequentarlo e 
così voltai l'angolo, camminai dritto per circa cinquanta metri, girai a sinistra percorrendo altri trenta metri e arrivai alla
 mia nuova casa. Suonai il campanello.
... Silenzio ...
Suonai nuovamente e questa volta sentii una vocina stridula.
«Sìììì, arrivvooo, ah!-Sbam» arrivò ad aprirmi una donna circa sui trent'anni che aveva appena sbattuto da qualche 
parte la fronte, ora diventata un pochino scarlatta. 
«Oh, benvenuta, Aria!»
«Ciao zia. Era da una vita che non ci vedevamo!» le affermai con la mia solita vocina squillante.
«Non mi aveva avvisata nessuno del tuo arrivo...»
«Infatti è una mia iniziativa»
«Che iniziativa azzardata! Spero che almeno tu abbia avvisato i tuoi genitori»
«Ecco...» avrei benissimo potuto dire una bugia però si trattava di mia zia e non me la sentivo di mentirle.
«Saranno preoccupati!» esclamò convincente la mia cara e solita zietta. Certo, li chiamai e anche subito, ma la mia
decisione era già stata presa e nessuno mi avrebbe convinta del contrario.
Non mi importava che quelli si preoccupassero, però ero assolutamente contraria a tre cose: primo, tornare indietro; 
secondo, che quelli venissero qui; terzo, che s'intromettessero nella mia vita. Avevano già fatto troppo abbastanza.
Alla fine, come sempre, riuscii a convincerli.
Tutti i miei familiari e parenti mi avevano sempre detto: «Esattamente uguale alla madre e alla zia!» con la differenza 
che mia madre ormai non riusciva più ad avere la meglio su di me perchè era sempre troppo impegnata, mentre mia 
zia, che mi conosceva molto più bene, qualche volta ci riusciva.
Così iniziò la mia vita stabilizzata dalla zia che voleva a tutti i costi mandarmi a scuola, io, invece, ero più che contraria. 
Se avessi riniziato a frequentare la scuola avrei dovuto andare di nuovo in prima superiore. Come già detto, sì, sono 
stata bocciata una volta, perchè avevo fatto molte assenze a causa di un mio certo punto debole di cui detesto parlarne.
«Zia, nessuno riuscirà mai a convincermi su questo argomento.»
«Aria, l'istruzione è fondamentale per un adolescente, non puoi rinunciarci!»
«Se si tratta di solamente di istruzione ti basterà predermi un insegnante privato, no? A cosa stai mirando zia?»
«Al tuo bene! Perciò esigo che tu vada a scuola.»
«No, è semplicemente fuori discussione. Basta, vado a fare una passeggiata»
«Aria!» mi richiamò mia zia, ma quando mi ci metto so essere esageratamente testarda.
La città era davvero molto accogliente, piena di spazi aperti e luoghi pubblici, di negozi carini, di gente allegra che 
saltellava da una parte all'altra del mondo. In centro città c'era una grande fontana dove sui bordi si sedevano donne e 
bambini, in questa piazza c'era anche una torre orologio, non bella come il Times Square, ma comunque bellamente 
decorata. Una città armoniosa soprattutto in campo di musica: si potevano trovare al parco numerose band che si 
esibivano sul palco uno dietro l'altro. La loro musica era stupenda anche se non paragonabile alla musica d' un 
professionista come la sottoscritta, in pratica avevano ancora molto da imparare.
Sentivo grande ispirazione nel stare in questo luogo dove c'è tutto e di più, mi piaceva l'idea di poter abitare qui.
«Ah!» qualcuno mi aveva dato uno spintone.
«Ehi, stai attenta a dove metti i piedi» veramente io ero totalmente ferma. Colui che era il vero colpevole era un ragazzo, 
più alto di me di dieci centimetri ma non per questo avrebbe avuto l'onorevole diritto di potermi dare una spinta. Per sua 
fortuna chiusi un occhio per questa volta.
Pensavo di girarmi e tornare a guardare lo spettacolo, ma lui mi lesse nella mente e mi anticipò nel farlo. Forse in realtà 
non sapeva leggere nella mente, ma quel che fece era proprio da ragazzo snob antipatico.
«Hai una tinta di capelli davvero ridicola. Non sai che il rosso è ormai passato di moda?» dissi a bassissima voce, un 
volume così basso che neanche un bambino sarebbe riuscito a sentire. Non lo pensavo, ma avevo bisogno di vendicarmi.
«Grazie del complimento!» gridò da tre metri di distanza girandosi verso di me e ignorando la mia presa in giro.
Fu un colpo da infarto. C'erano solo due spiegazioni, o lui aveva trecentomila orecchie sparse in tutto il paese oppure era 
capace di leggere nelle menti. Nè una nè l'altra di queste proposte però mi convincevano, ma non potevano proprio 
esserci altre spiegazioni. Il secondo colpo d'infarto fu quando lo sentii suonare alla chitarra: era bravissimo. Nessuno 
degli esibitori precedenti a lui potevano competere con lui, forse neppure io.
Impossibile ma vero, avevo davanti ai miei occhi un fenomeno della natura poichè nessuno era mai riuscito ad avere 
anche solo il permesso di competere con me. Rimasi come incantata, cosa che non mi era mai successa e la cosa mi 
divertiva, finalmente un rivale degno di gareggiare contro di me.
Quando finirono la sua band di suonare, non persi tempo e corsi verso il palco dove mi scontrai con loro: non c'era 
occasione migliore.
«Questo lo posso ammettere: la tua musica è stata fantastica!» mi congratulai. Purtroppo il tipo in questione mi guardò 
con occhi che sembravano star vedendo un alieno. I miei compagni di scuola mi paragonavano molto spesso ad un 
alieno, ad un robot o ad un computer, riassumendo che mi prendevano per un genio. Io confermavo soltanto che ero una 
pazza, ma non solo per scherzo. Sono una ragazza molto emotiva con frequenti sbalzi d'umore e sull'oroscopo dicevano 
che i nativi sotto il segno del Cancro si fanno molto influenzare dall'esterno, il che è del tutto verosimile.
«Però non mi faccio battere così facilmente. Guarda e impara.» così dichiarando salii sul palco e chiesi alla band di turno 
di suonare una musica che avevo composto io e che casualmente ce l'avevo in tasca.
«Tu sei la cantante?» mi chiese un uomo vestito da imprenditore. I musicisti alle mie spalle stavano per dar risposta "no", 
ma feci in tempo a rispondere prima di loro: «No, canterò solo per questa volta.»
«Hai già cantato in pubblico prima d'ora?»
«Più volte di quanto lei possa anche solo immaginare»
«Se ci sai fare, allora mi va benissimo» disse con un sorriso falso, ero certa che non si fidasse, ma ero anche certa sul 
fatto che dopo che mi avesse ascoltata, avrebbe ceduto come un petalo delicato.
«La canzone s'intola: I will find my dream.» una canzone che avevo scritto completamente in inglese.
«I always go ahead, but the difficulties are very hard to pass over them. I want to arrive to the top, but if you don't tell me, 
where, where will I find my dream?...Give me your forgive, please, don't let me alone...
 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: JulieGarnet