EPILOGO
Per
Ridley era un sogno che si stava realizzando.
Fin dal momento in cui era riuscito ad
ottenere l’ammissione all’accademia militare di Celestis
sapeva bene che la sua non sarebbe stata una strada facile.
La differenza tra chi sapeva usare la magia e
chi no era ancora molto sentita all’interno delle forze armate, e soprattutto
dell’aeronautica.
Per anni aveva dovuto affrontare il giudizio e
la ritrosia di insegnanti e altri cadetti, che mal tolleravano la presenza di
qualcuno che non sapeva usare neanche l’incantesimo più semplice ed elementare.
Neanche il diploma conquistato a pieni voti
era riuscito ad accrescere la sua immagine, e in tutte le navi ed uffici dove
aveva servito era sempre stato trattato in modo piuttosto freddo, o comunque
sempre tenuto lontano da incarichi importanti o di alto prestigio.
Di scuola ufficiali non se ne parlava neanche;
a meno di non essere un mago di classe superiore o un raccomandato quel posto
era precluso a chiunque, e lui non era nessuna delle due cose.
Ridley aveva cercato con tutte le sue forze di
porre un freno a quell’avvilente situazione, mostrando tutto ciò di cui era
capace nella speranza di dimostrare come potesse essere un ottimo soldato pur
senza essere un mago, ma i risultati nonostante tutto continuavano ad essere
piuttosto deludenti.
Un altro punto a suo sfavore era la sua
altezza, piuttosto esigua, che lo rendeva inadatto alle mansioni da soldato nel
vero senso del termine.
Non che la cosa gli importasse; anzi, da
persona pacifica e mite quale era sapeva di non avere un futuro con un’arma in
mano. Il ramo operativo era la sua passione, e la sua specialità, ma nonostante
quello che aveva sempre pensato anche qui l’apparenza contava.
Il ragazzo, dopo anni di soddisfazioni mancate
ed incarichi irrilevanti, era stato quasi sul punto di arrendersi, adeguandosi
ad una realtà più grande di lui.
Poi, come un fulmine a ciel sereno, era arrivata
una lettera, e quando ne aveva letto il mittente per poco non era svenuto.
Il comandante Ross, della nave da guerra ed
esplorazione Sleipnir, era quasi una leggenda
nell’aeronautica di Celestis.
Aveva compiuto ogni sorta di missione,
giocando tra le altre cose un ruolo fondamentale nell’instaurazione di rapporti
diplomatici coi Lenians, gli uomini-felino, e i Nemoriani, gli uomini-angelo.
Da quando nel sistema occidentale Ogen era scoppiata la guerra civile, poi, la Sleipnir si era guadagnata una fama considerevole come nave
incaricata di dare la caccia a pirati e corsari che infestavano le rotte
commerciali e le spedizioni militari che dal sistema di Celestis
si recavano laggiù per andare a combattere.
In poche parole il comandante aveva sentito
parlare di lui, e voleva metterlo alla prova.
Con il cuore che batteva a mille e tutti i
nervi tesi si era recato ad un primo incontro conoscitivo, svoltosi in un caffè
vicino alla piazza principale della città, al quale però non si era presentato
il comandante Ross ma il primo ufficiale, il luogotenente Kane,
un biondino un po’ strambo non molto più grande di lui e dalle arie quasi da
spaccone, che dopo un breve incontro lo aveva subito messo alla prova
mettendogli davanti una serie di quesiti, calcoli e problemi che Ridley,
nonostante il nervosismo, aveva risolto senza problemi.
Dopo quell’incontro era passato qualche altro
giorno, poi era arrivata una nuova lettera, dove gli veniva detto che era stato
accettato e di presentarsi il martedì successivo allo spazioporto per il primo
incarico.
Ridley si sentiva letteralmente in paradiso.
Non aveva dormito per tutta la notte, e al
primo mattino, sacco in spalla, aveva lasciato casa e si era diretto a piedi
verso lo spazioporto.
Al sorgere del primo sole, la città
artificiale di Celestis splendeva della sua luce più
bella.
Costruita nell’acqua e sull’acqua, era
strutturata in modo quasi perfettamente circolare, poggiando sul oltre cento
isole artificiali tutte comunicanti tra loro.
Alzando gli occhi, erano ancora visibili le
tre grandi lune che gravitavano attorno al pianeta, e che data la loro estrema
vicinanza potevano raggiungere dimensioni incredibili, dando quasi l’impressione
di poterle toccare.
I palazzi e i grattacieli, bianchissimi e coperti
di vetro, splendevano come pietre preziose, cingendo e facendosi cingere a loro
volta da parchi, arboreti e zone verdi che solo a prima vista si litigavano lo
spazio col progresso, ma che in realtà erano immersi in una amorevole simbiosi.
Dopo aver distrutto scelleratamente il loro
mondo natale gli umani avevano imparati a fare tesoro dei propri errori, e raggiunto
il pianeta Celestis, composto per quasi quattro
quindi da acqua, vi avevano costruito una serie di città sospese sul mare o
nell’aria, per non arrecare danno alle terre emerse.
Prima delle nove, Ridley era già arrivato allo
spazioporto, situato su di un’isola a sé stante collegata al resto della città
per mezzo di un lungo ponte.
Al cancello esibì la sua tessera olografica,
visto che in posti simili non bastava portare la divisa bianco sporco per poter
entrare.
La Sleipnir era lì,
al molo undici, in tutta la sua imponenza e bellezza.
Vedendola così, con quella forma slanciata,
quel torrione di poppa quei muso smussato, quei quattro motori ausiliari che si
dipanavano dal corpo centrale, si poteva apprezzare appieno la maestosità e la
pregevolezza del suo disegno, che ne faceva una nave unica nel suo genere.
Pur appartenendo alla vecchia generazione non
aveva niente da invidiare alle navi più moderne, e lo provava il fatto che dopo
vent’anni di servizio fosse ancora in piena attività.
Non aveva molte armi, e comunque non molto
potenti, ma la sua velocità e maneggevolezza non avevano quasi rivali, questo
grazie al potente generatore che le faceva da carburante.
«Ci siamo.» disse guardandola, e si diresse
verso le rampe.
Il
comandante Rachel Ross, Randy per i membri del suo
equipaggio, era una giovane donna molto attraente, che nonostante i suoi “soli”
vent’anni o poco più si era già fatta un
nome più che rispettabile nelle alte sfere dell’aeronautica.
I capelli castani né lunghi né corti facevano
da contorno ad un viso ben costruito, arricchito da due occhi di un
intensissimo blu, che esalavano ancor di più il suo indubbio fascino, ma che al
tempo stesso riflettevano una grande forza ed autorità.
Aveva ereditato il comando della Sleipnir da sua madre, proprio quando sembrava che per la
vecchia nave fosse ormai giunta l’età della pensione; e invece le aveva dato
nuova vita, rinnovando l’equipaggio e la catena di comando e circondandosi di
giovani intraprendenti e visionari, che con il loro ingegno avevano
rivoluzionato non solo la Sleipnir e la sua
architettura, ma il modo stesso di intendere la condizione di una nave.
Tra le altre cose, aveva scelto personalmente
i membri del suo ponte di comando, i Top 7th come venivano soprannominati.
Uno di essi, il vecchio Solomon,
era andato in pensione dopo quarant’anni di onorato servizio, e il comandante,
insoddisfatta dei possibili rimpiazzi all’interno del suo equipaggio, si era
messa alla ricerca di un sostituto, trovandolo in un giovane neo-diplomato
sottufficiale del quale aveva sentito parlare durante una visita alla sua
vecchia accademia.
Avrebbe voluto incontrarlo di persona nel
giorno della prova, ma anche se un impegno improvviso l’aveva costretta a
rinunciare la sola vista dei risultati dei test, unita al resoconto del suo
delegato, l’avevano convinta su due piedi.
La missione che stavano per iniziare, una
semplice scorta ad alcuni vascelli da trasporto destinate a rifornire le truppe
di Ogen di vettovaglie, armamenti e nuovi effettivi,
le avrebbe dato ragione, nonostante lo scetticismo di alcuni.
Come al solito, il comandante si presentò in
plancia molto presto.
Il ponte di comando era strutturato su due
livelli, con il primo, più alto, a costituire una sorta di balcone per il
secondo, situato leggermente più in basso; nel secondo livello trovavano spazio
il timoniere e gli altri ufficiali di rotta e controllo della nave, nel secondo
invece stavano i due addetti alle armi e ai sistemi difensivi.
In alto, al centro, sedeva il comandante.
«Buongiorno, Comandante.» disse il caporale Hawkins, l’addetta ai sistemi informatici, il solo soldato
della Sleipnir più giovane di lei
«Steiner e Kane?»
domandò quasi spazientita
«Non si sono ancora visti.» rispose il
sergente Ryo, uno dei tanti Lenians
entrati a far parte dell’esercito umano
«Al solito.» poi volse lo sguardo verso la
poltrona alla sua destra «E il nuovo arrivato?»
«Anche lui non si è ancora visto. Ma la
sorveglianza ci ha avvisati di averlo fatto passare.»
«D’accordo, vado a cercarlo. Voi preparate
tutto per la partenza. E nel frattempo, cercate anche di trovare quei due
scansafatiche».
Ridley intanto era salito a bordo, ma invece
che dirigersi subito al ponte di comando per il rapporto aveva finito per
concedersi un lungo e involontario giro turistico nei corridoi della nave,
rapito com’era dalla maestosità, e allo stesso tempo semplicità, degli ambienti
della Sleipnir.
Era così preso dal guardarsi intorno da
dimenticarsi di guardare davanti a sé, andando a scontrarsi ad un certo punto
con qualcuno che arrivava dalla direzione opposta e finendo col sedere per
terra.
«Mi scusi, non l’ho fatto apposta.» si affrettò
a dire
«Guarda dove vai, ragazzino!» tuonò una
perentoria voce femminile.
Il ragazzino alzò gli occhi, trovandosi di
fronte una giovane donna bionda con occhi ametista molto simili ai suoi; era
indubbiamente molto bella, ma anche parecchio minacciosa con quel suo sguardo
sprezzante e severo, per non parlare dei gradi di capitano cuciti sulla sua
uniforme da soldato.
«Mi, mi dispiace signore!» disse allora
scattando sull’attenti
«Non ti ho mai visto da queste parti. Sei nuovo?»
«Sottotenente Ridley Mutou
a rapporto! Sono il nuovo addetto ai sistemi difensivi della nave.»
«Ah, sì. Quello che viene a sostituire Solomon.
Io sono il capitano Kujaku
Valentine, comandante delle truppe d’assalto a bordo
di questa nave. In futuro non capitarmi di nuovo tra i piedi, o potrei non
essere così bendisposta.»
«La… la ringrazio. E
le chiedo nuovamente scusa.»
«Questa nave è un’eccellenza nella nostra
aeronautica. Qui tutti sono tra i migliori, e tutti fanno il loro dovere. Sgarra
anche solo una volta, e prenderò personalmente a calci quel tuo micro-sedere, dopo che l’avrà fatto il comandante.»
«Fa… farò del mio
meglio».
Dopo poco che Ridley se ne fu andato, Valentine incontrò anche il comandante Ross; anche se in
pubblico tenevano fede alla differenza di grado che le separava, si conoscevano
da così tanto tempo che in privato non avevano alcun riserbo a darsi del tu,
comportandosi tra di loro come le amiche che erano.
«Randy. Mattiniera come
sempre.»
«Ciao, Valentine. È tutto
pronto per la partenza?»
«Come sempre. Del resto mi conosci. Sai che di
me ti puoi fidare.»
«Ovviamente».
Valentine non
riuscì a resistere alla tentazione di metterle una mano sulla testa, come
quando faceva quando erano più piccole e lei doveva consolarla ogni volta che
succedeva qualcosa.
«Sai, alle volte stento a riconoscerti.»
«E dai, smettila. Non sono più una bambina.»
«Stento a credere che tu sia la stessa che
veniva a piangere a casa mia ogni volta che le buttavano i libri di scuola
nella fontana.
Non c’è dubbio, l’accademia ti ha drizzata per
benino. Forse tua madre non aveva tutti i torti, dopotutto.»
«Senti, sto cercando il nuovo arrivato. Si chiama
Ridley.»
«Quel piccoletto con la testa a porcospino? Era
qui un attimo fa.»
«Capisco. E Taylor e Joey?»
«No. Ma se dovessi scommettere, direi in infermeria,
come al solito».
Taylor Steiner e Joey
Kane erano rispettivamente il timoniere ed il primo
ufficiale, oltre che addetto agli armamenti, della Sleipnir.
Avevano entrambi un passato da teppisti,
questo fino a quando Randy non li aveva incontrati ai
tempi delle scuole superiori e spediti a forza di calci dentro una scuola
professionale dell’aeronautica da dove erano usciti con buoni voti e un grado
da sottufficiali.
Il loro rapporto con il comandante era alle
volte burrascoso, ma nel tempo avevano imparato a rispettarla, oltre che a
stare bene attenti a quello che facevano o ai commenti che si lasciavano
sfuggire sul suo conto.
Nonostante tutto erano due brave persone, e lo
provava il fatto che Randy aveva fiducia in loro più
che in qualsiasi altro dei suoi sottoposti.
Entrambi erano soliti frequentare molto spesso
l’infermeria della nave, ma non perché stessero sempre male, o perché avessero
voglia di parlare con Ak-na-din, il burbero Nemoriano che ne era il capo; il dottore infatti era
fiancheggiato da due giovani collaboratrici, tirocinanti universitarie relegate
ad un ruolo da infermiere fino al conseguimento della laurea.
Una era Mindy Norald, una ragazza gentile e altruista, ma con la testa
troppo spesso tra le nuvole, l’altra invece era la sorella minore del primo
ufficiale, Serena Kane, che aveva scelto
spontaneamente quell’incarico pur di stare vicino a Joey.
Dei due ragazzi, il più assiduo frequentatore
dell’infermeria era certamente Taylor, che incapace di scegliere tra Mindy e Serena finiva sempre per fare la corte ora all’una
ora all’altra, a seconda di quella che gli capitava prima tra le mani.
Purtroppo Joey non
era per niente felice che qualcuno facesse la corte a sua sorella, soprattutto
quel donnaiolo incallito del suo migliore amico, e ogni volta che lo beccava a
fare il galletto, come quel giorno, puntuale arrivava la rissa.
Ridley stava attraversando il corridoio dove
si trovava l’infermeria quando si imbatté in Joey, intento
a sottomettere Taylor con una stretta al braccio sotto gli sguardi attoniti, e
in parte anche un po’ rassegnati, di Serena e Mindy.
«Te l’avevo già detto di non provarci con
Serena, o mi sbaglio?»
«Mi stai spezzando il braccio, accidenti a
te!»
«Fratello, ora basta».
Istintivamente, il ragazzo cercò di fermarli.
«Ehi voi, smettetela.» disse avvicinandosi
«Tu fatti gli affari tuoi!» rispose Joey, che poi però lo riconobbe, lasciando finalmente
andare il suo amico «Ah, guarda chi si vede. Il nuovo arrivato.»
«Signore!» disse Ridley mettendosi sull’attenti
«Sottotenente Ridley Mutou a rapporto, signore.»
«Via, via, niente formalità. Questa non è una
nave di bacchettoni.»
«Sarebbe lui il nuovo arrivato?» chiese Taylor
«Quello che ha totalizzato punteggio pieno nei test scritti dal comandante?»
«Proprio lui.»
«Non ho fatto niente di così straordinario.»
disse Ridley quasi con imbarazzo «Comunque, piacere di conoscervi.»
«Il piacere è tutto nostro.» disse Serena
«Vedrai che ti troverai bene qui.»
«Puoi ben dirlo.» disse Mindy
«Questa nave è una vera forza.»
«Dicono che è stato il comandante in persona a
sceglierti. Allora devi essere davvero speciale.»
«Beh, non so…»
«Senti, amico.» disse allora Taylor con
sguardo strano, quasi a voler mettere paura al ragazzino «Tu hai mai conosciuto
il comandante?»
«Beh, no.» rispose Ridley preoccupato «Non
personalmente, almeno. Lo conosco di fama.»
«Quello è falso, amico mio.» disse Joey facendo eco all’amico «È solo un’invenzione. Una copertura
per la stampa.»
«Da… davvero!?»
«Il comandante è una persona orribile. Una donna
senza pietà.»
«Ama punire e seviziare senza pietà i propri
sottoposti.» disse Honda «È una dominatrice. Una sadica sfruttatrice di
subordinati, che prova un irrefrenabile piacere sessuale nella dominazione e
nella sottomissione».
Serena e Mindy
ridevano nel vedere l’espressione attonita e un po’ spaventata di Ridley, ma di
colpo le loro espressioni cambiarono, e anche Joey e
Taylor sentirono i sudori freddi come avvertirono una presenza minacciosa alle
loro spalle, accompagnata da un rumore sordo e secco.
«Chi sarebbe una sadica dominatrice?» ringhiò
a bassa voce il comandante facendo fischiare nell’aria il suo adorato frustino
da cavallerizza, lo stesso con cui sua madre a suo tempo aveva sottomesso i
propri sottoposti.
I due ragazzi restarono di stucco, e dopo poco
erano entrambi a terra che venivano fustigati senza pietà dalla loro padrona;
era così che Randy li aveva tirati su dopo averli
tolti dalla strada, e così che continuava a ricompensarli per ogni sgarro o
parola fuori posto.
«Pietà! Pietà, mia regina!» continuava a
urlare Joey
«Non lo faremo più! Promesso!».
Il supplizio per fortuna durò poco, ma
abbastanza da costringere i due ragazzi bocca-larga ad una sosta in infermeria,
stavolta per curarsi.
Ridley si sentì scendere il latte alle
ginocchia; in che razza di nave era finito?
«Tu devi essere Ridley.» disse il comandante
voltandosi leggermente e fulminandolo con uno sguardo
«S… sì…»
«Vieni con me».
Non senza paura, anzi terrorizzato, Ridley
seguì il comandante fino sul ponte di comando.
«È stupendo.» commentò osservando la struttura
semplice ma funzionale della plancia
«Questa sarà la tua postazione.» disse Randy indicando la poltrona alla sua destra «E non fare
caso a quello che hanno detto quei due scapestrati. Gli unici con cui uso la
frusta sono loro.»
«Ca… capisco».
Poi, però, il comandante si fece nuovamente
serio.
«Tuttavia, sappi che dai miei uomini non mi
aspetto mai niente di meno del meglio. Su questa nave, tutti si devono
impegnare al massimo delle loro capacità. Rispetta questa regola, e sarai il
benvenuto».
Di colpo Ridley si sentì leggermente a
disagio.
Indubbiamente il comandante non era una
cattiva persona, ma a guardarla così non sembrava neanche il tipo di superiore
in grado di accettare scuse e fallimenti.
Sarebbe stato in grado di confrontarsi con un
ambiente simile.
«Non farti suggestionare, amico.» disse Joey palesandosi a sua volta assieme all’amico Taylor «Il
comandante qui fa la voce grossa, ma in realtà è un pezzo di pane.»
«Istinti sadomaso a parte, s’intende.»
aggiunse scherzoso Taylor
«Come prego?»
«No, no! Niente!».
Se un attimo prima Ridley si sentiva a
disagio, ora, invece, guardando quei ragazzi che avevano si e no la sua stessa
età, si sentiva quasi sollevato, e lo fu ancor di più quando tutti e tre si
volsero verso di lui facendogli un sorriso.
Era strano.
Per un attimo, aveva avuto la sensazione di conoscerli
da sempre, e sentiva, ma non sapeva dire perché, che anche loro pensassero la
stessa cosa.
«Io… io farò del mio
meglio!» disse facendo un inchino «Spero di trovarmi bene qui che voi, e mi
affido nelle vostre mani.»
«Quand’e così.» disse Joey
«Benvenuto a bordo».
In quella, il comandante notò l’ora che si
stava facendo guardando l’orologio.
«Accidenti, è ora di partire. Avanti, tutti ai
vostri posti!»
«Sì, comandante!» risposero in coro i tre
ragazzi.
Ridley e Joey si
portarono alle rispettive poltrone, mentre Taylor balzò giù dal terrazzo
raggiungendo direttamente il timone al centro della plancia.
Contemporaneamente, anche gli altri Top7th
presero il loro posto.
Oltre a Taylor, Joey,
Yugi, Ryo e Hopkins,
completavano il gruppo il tenente Maes Istar e sua sorella Riisa.
«Qui torre di controllo.» si sentì dire alla
radio «Avete il permesso di decollare. Buona fortuna, Sleipnir.»
«Grazie dell’augurio, torre di controllo.
Azionare motori!»
«Motori azionati, comandante!» disse Maes
«Impostare la traiettoria. Rotta nord-nord
ovest. Settanta gradi sopra.»
«Nord-nord ovest,
settanta gradi sopra.» disse Ryo «Ricevuto».
Come un gigante che si scrolla le catene di
dosso, la Slepinir lentamente si sollevò da terra,
producendo il suo classico, insolito rumore a fischio, quindi, puntato il muso
verso l’alto, prese ad alzarsi sempre più verso il cielo, fino a lasciare l’atmosfera
di Celestis ed entrare nello spazio, dove la flotta
di rifornimento già attendeva il suo arrivo.
Ridley si sentiva un po’, nervoso, e Randy, forse accorgendosene, si girò a guardarlo.
«Ehi, Mutou.»
«S… sì, comandante?»
«Conto su di te.» disse poi sorridendo «Bon
lavoro.»
«Grazie, comandante.» rispose lui sorridendo,
e sentendosi un po’ più sollevato
«Comandante.» disse Riisa
«Siamo pronti per il salto nell’iperspazio.»
«Impostare rotta e velocità. Destinazione,
Sistema Ogen. Pronti al salto in un minuto».
Nessuno, tuttavia, sembrava essersi accorto
che in quella plancia c’era una nona persona; era lì, accanto a loro, proprio
al centro della balconata, ma nessuno sembrava vederlo né sentirlo.
Rassomigliava un po’ a Ridley, con quella
pettinatura a porcospino e quegli occhi ametista, ma era più alto, e in un
certo senso più “minaccioso” di lui; indossava un vestito strano, una specie di
tunica, simile a quella dei Nemoriani, con tanto di
mantello e alcuni gioielli.
Il misterioso individuo guardò prima Randy, poi Joey e Taylor, quindi
lo stesso Ridley.
“Amici miei.” pensò sorridendo “Alla fine, vi
siete ritrovati. In un altro mondo. In un’altra dimensione. Con nomi diversi, e
diverse storie alle spalle. Avevate proprio ragione. Il vostro sarà un legame
Fino alla Fine del Tempo”.
«Rotta impostata, comandante!» disse Hopkins
«Siamo pronti ad un suo ordine!»
«Sleipnir, salto!»
ordinò il comandante, e la nave scomparve nel nulla inghiottita dal buio dello
spazio.
Nota dell’Autore
Salve a tutti!^_^
Bene o male, siamo
giunti alla fine di questa avventura.
A dire tutta la
verità, quest’ultimo capitolo era la cosa che ricordavo meglio di quel sogno che
mi ha spinto a scrivere questa breve fan fiction. Le uniche due cose che
ricordavo con esattezza al risveglio erano il viaggio ultraterreno dei ragazzi
e la loro nuova esistenza in un mondo futuristico.
Potete immaginare
questo futuro come molto simile a quello dell’anime Mahou
Shoujo Lyrical Nanoha, per chi lo conosce, o anche, per venire a cose un
po’ più note, come la saga di Star Ocean.
Lo so, qualcuno magari
storcerà il naso di fronte ad un simile epilogo, ma devo dire che mi è piaciuto
molto scriverlo, e spero che almeno a qualcuno sia piaciuto.
Spiacente Otaku, non hai indovinato!^_^
Ora dovete darmi
qualche giorno per sistemare alcune cose, poi tornerò alla fic
troppo a lungo lasciata in sospeso.
Spero di tornare
presto a (ri)scrivere fan fiction su yugioh.
Se mi verrà un’idea
(magari un sequel per questa), state certi che ci proverò.
A presto!^_^
Carlos Olivera