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Autore: Carlos Olivera    31/05/2012    2 recensioni
Una fanfiction ispirata ad un sogno.
Questa storia inizia in un momento particolare. Inizia alla fine. Il cattivo di turno sta per essere sconfitto, e tutto sta per tornare alla normalità.
O meglio, quasi tutto.
Infatti, proprio quando credevano che tutto fosse finito, Yugi e il suo gruppo si troveranno costretti a sostenere la loro prova più importante, che li vedrà mettere in discussione e alla prova la cosa che credevano più forte di ogni altra, e che si troveranno a dover proteggere e preservare: il loro legame.
Una fiction molto breve, di soli tre capitoli, ma che spero vi piacerà.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Atemu, Joey Wheeler/Jounouchi Kazuya, Tea Gardner/Anzu Mazaki, Tristan Taylor/Hiroto Honda, Yuugi Mouto
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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EPILOGO

 

 

Per Ridley era un sogno che si stava realizzando.

Fin dal momento in cui era riuscito ad ottenere l’ammissione all’accademia militare di Celestis sapeva bene che la sua non sarebbe stata una strada facile.

La differenza tra chi sapeva usare la magia e chi no era ancora molto sentita all’interno delle forze armate, e soprattutto dell’aeronautica.

Per anni aveva dovuto affrontare il giudizio e la ritrosia di insegnanti e altri cadetti, che mal tolleravano la presenza di qualcuno che non sapeva usare neanche l’incantesimo più semplice ed elementare.

Neanche il diploma conquistato a pieni voti era riuscito ad accrescere la sua immagine, e in tutte le navi ed uffici dove aveva servito era sempre stato trattato in modo piuttosto freddo, o comunque sempre tenuto lontano da incarichi importanti o di alto prestigio.

Di scuola ufficiali non se ne parlava neanche; a meno di non essere un mago di classe superiore o un raccomandato quel posto era precluso a chiunque, e lui non era nessuna delle due cose.

Ridley aveva cercato con tutte le sue forze di porre un freno a quell’avvilente situazione, mostrando tutto ciò di cui era capace nella speranza di dimostrare come potesse essere un ottimo soldato pur senza essere un mago, ma i risultati nonostante tutto continuavano ad essere piuttosto deludenti.

Un altro punto a suo sfavore era la sua altezza, piuttosto esigua, che lo rendeva inadatto alle mansioni da soldato nel vero senso del termine.

Non che la cosa gli importasse; anzi, da persona pacifica e mite quale era sapeva di non avere un futuro con un’arma in mano. Il ramo operativo era la sua passione, e la sua specialità, ma nonostante quello che aveva sempre pensato anche qui l’apparenza contava.

Il ragazzo, dopo anni di soddisfazioni mancate ed incarichi irrilevanti, era stato quasi sul punto di arrendersi, adeguandosi ad una realtà più grande di lui.

Poi, come un fulmine a ciel sereno, era arrivata una lettera, e quando ne aveva letto il mittente per poco non era svenuto.

Il comandante Ross, della nave da guerra ed esplorazione Sleipnir, era quasi una leggenda nell’aeronautica di Celestis.

Aveva compiuto ogni sorta di missione, giocando tra le altre cose un ruolo fondamentale nell’instaurazione di rapporti diplomatici coi Lenians, gli uomini-felino, e i Nemoriani, gli uomini-angelo.

Da quando nel sistema occidentale Ogen era scoppiata la guerra civile, poi, la Sleipnir si era guadagnata una fama considerevole come nave incaricata di dare la caccia a pirati e corsari che infestavano le rotte commerciali e le spedizioni militari che dal sistema di Celestis si recavano laggiù per andare a combattere.

In poche parole il comandante aveva sentito parlare di lui, e voleva metterlo alla prova.

Con il cuore che batteva a mille e tutti i nervi tesi si era recato ad un primo incontro conoscitivo, svoltosi in un caffè vicino alla piazza principale della città, al quale però non si era presentato il comandante Ross ma il primo ufficiale, il luogotenente Kane, un biondino un po’ strambo non molto più grande di lui e dalle arie quasi da spaccone, che dopo un breve incontro lo aveva subito messo alla prova mettendogli davanti una serie di quesiti, calcoli e problemi che Ridley, nonostante il nervosismo, aveva risolto senza problemi.

Dopo quell’incontro era passato qualche altro giorno, poi era arrivata una nuova lettera, dove gli veniva detto che era stato accettato e di presentarsi il martedì successivo allo spazioporto per il primo incarico.

Ridley si sentiva letteralmente in paradiso.

Non aveva dormito per tutta la notte, e al primo mattino, sacco in spalla, aveva lasciato casa e si era diretto a piedi verso lo spazioporto.

Al sorgere del primo sole, la città artificiale di Celestis splendeva della sua luce più bella.

Costruita nell’acqua e sull’acqua, era strutturata in modo quasi perfettamente circolare, poggiando sul oltre cento isole artificiali tutte comunicanti tra loro.

Alzando gli occhi, erano ancora visibili le tre grandi lune che gravitavano attorno al pianeta, e che data la loro estrema vicinanza potevano raggiungere dimensioni incredibili, dando quasi l’impressione di poterle toccare.

I palazzi e i grattacieli, bianchissimi e coperti di vetro, splendevano come pietre preziose, cingendo e facendosi cingere a loro volta da parchi, arboreti e zone verdi che solo a prima vista si litigavano lo spazio col progresso, ma che in realtà erano immersi in una amorevole simbiosi.

Dopo aver distrutto scelleratamente il loro mondo natale gli umani avevano imparati a fare tesoro dei propri errori, e raggiunto il pianeta Celestis, composto per quasi quattro quindi da acqua, vi avevano costruito una serie di città sospese sul mare o nell’aria, per non arrecare danno alle terre emerse.

Prima delle nove, Ridley era già arrivato allo spazioporto, situato su di un’isola a sé stante collegata al resto della città per mezzo di un lungo ponte.

Al cancello esibì la sua tessera olografica, visto che in posti simili non bastava portare la divisa bianco sporco per poter entrare.

La Sleipnir era lì, al molo undici, in tutta la sua imponenza e bellezza.

Vedendola così, con quella forma slanciata, quel torrione di poppa quei muso smussato, quei quattro motori ausiliari che si dipanavano dal corpo centrale, si poteva apprezzare appieno la maestosità e la pregevolezza del suo disegno, che ne faceva una nave unica nel suo genere.

Pur appartenendo alla vecchia generazione non aveva niente da invidiare alle navi più moderne, e lo provava il fatto che dopo vent’anni di servizio fosse ancora in piena attività.

Non aveva molte armi, e comunque non molto potenti, ma la sua velocità e maneggevolezza non avevano quasi rivali, questo grazie al potente generatore che le faceva da carburante.

«Ci siamo.» disse guardandola, e si diresse verso le rampe.

 

Il comandante Rachel Ross, Randy per i membri del suo equipaggio, era una giovane donna molto attraente, che nonostante i suoi “soli” vent’anni  o poco più si era già fatta un nome più che rispettabile nelle alte sfere dell’aeronautica.

I capelli castani né lunghi né corti facevano da contorno ad un viso ben costruito, arricchito da due occhi di un intensissimo blu, che esalavano ancor di più il suo indubbio fascino, ma che al tempo stesso riflettevano una grande forza ed autorità.

Aveva ereditato il comando della Sleipnir da sua madre, proprio quando sembrava che per la vecchia nave fosse ormai giunta l’età della pensione; e invece le aveva dato nuova vita, rinnovando l’equipaggio e la catena di comando e circondandosi di giovani intraprendenti e visionari, che con il loro ingegno avevano rivoluzionato non solo la Sleipnir e la sua architettura, ma il modo stesso di intendere la condizione di una nave.

Tra le altre cose, aveva scelto personalmente i membri del suo ponte di comando, i Top 7th come venivano soprannominati.

Uno di essi, il vecchio Solomon, era andato in pensione dopo quarant’anni di onorato servizio, e il comandante, insoddisfatta dei possibili rimpiazzi all’interno del suo equipaggio, si era messa alla ricerca di un sostituto, trovandolo in un giovane neo-diplomato sottufficiale del quale aveva sentito parlare durante una visita alla sua vecchia accademia.

Avrebbe voluto incontrarlo di persona nel giorno della prova, ma anche se un impegno improvviso l’aveva costretta a rinunciare la sola vista dei risultati dei test, unita al resoconto del suo delegato, l’avevano convinta su due piedi.

La missione che stavano per iniziare, una semplice scorta ad alcuni vascelli da trasporto destinate a rifornire le truppe di Ogen di vettovaglie, armamenti e nuovi effettivi, le avrebbe dato ragione, nonostante lo scetticismo di alcuni.

Come al solito, il comandante si presentò in plancia molto presto.

Il ponte di comando era strutturato su due livelli, con il primo, più alto, a costituire una sorta di balcone per il secondo, situato leggermente più in basso; nel secondo livello trovavano spazio il timoniere e gli altri ufficiali di rotta e controllo della nave, nel secondo invece stavano i due addetti alle armi e ai sistemi difensivi.

In alto, al centro, sedeva il comandante.

«Buongiorno, Comandante.» disse il caporale Hawkins, l’addetta ai sistemi informatici, il solo soldato della Sleipnir più giovane di lei

«Steiner e Kane?» domandò quasi spazientita

«Non si sono ancora visti.» rispose il sergente Ryo, uno dei tanti Lenians entrati a far parte dell’esercito umano

«Al solito.» poi volse lo sguardo verso la poltrona alla sua destra «E il nuovo arrivato?»

«Anche lui non si è ancora visto. Ma la sorveglianza ci ha avvisati di averlo fatto passare.»

«D’accordo, vado a cercarlo. Voi preparate tutto per la partenza. E nel frattempo, cercate anche di trovare quei due scansafatiche».

Ridley intanto era salito a bordo, ma invece che dirigersi subito al ponte di comando per il rapporto aveva finito per concedersi un lungo e involontario giro turistico nei corridoi della nave, rapito com’era dalla maestosità, e allo stesso tempo semplicità, degli ambienti della Sleipnir.

Era così preso dal guardarsi intorno da dimenticarsi di guardare davanti a sé, andando a scontrarsi ad un certo punto con qualcuno che arrivava dalla direzione opposta e finendo col sedere per terra.

«Mi scusi, non l’ho fatto apposta.» si affrettò a dire

«Guarda dove vai, ragazzino!» tuonò una perentoria voce femminile.

Il ragazzino alzò gli occhi, trovandosi di fronte una giovane donna bionda con occhi ametista molto simili ai suoi; era indubbiamente molto bella, ma anche parecchio minacciosa con quel suo sguardo sprezzante e severo, per non parlare dei gradi di capitano cuciti sulla sua uniforme da soldato.

«Mi, mi dispiace signore!» disse allora scattando sull’attenti

«Non ti ho mai visto da queste parti. Sei nuovo?»

«Sottotenente Ridley Mutou a rapporto! Sono il nuovo addetto ai sistemi difensivi della nave.»

«Ah, sì. Quello che viene a sostituire Solomon.

Io sono il capitano Kujaku Valentine, comandante delle truppe d’assalto a bordo di questa nave. In futuro non capitarmi di nuovo tra i piedi, o potrei non essere così bendisposta.»

«La… la ringrazio. E le chiedo nuovamente scusa.»

«Questa nave è un’eccellenza nella nostra aeronautica. Qui tutti sono tra i migliori, e tutti fanno il loro dovere. Sgarra anche solo una volta, e prenderò personalmente a calci quel tuo micro-sedere, dopo che l’avrà fatto il comandante.»

«Fa… farò del mio meglio».

Dopo poco che Ridley se ne fu andato, Valentine incontrò anche il comandante Ross; anche se in pubblico tenevano fede alla differenza di grado che le separava, si conoscevano da così tanto tempo che in privato non avevano alcun riserbo a darsi del tu, comportandosi tra di loro come le amiche che erano.

«Randy. Mattiniera come sempre.»

«Ciao, Valentine. È tutto pronto per la partenza?»

«Come sempre. Del resto mi conosci. Sai che di me ti puoi fidare.»

«Ovviamente».

Valentine non riuscì a resistere alla tentazione di metterle una mano sulla testa, come quando faceva quando erano più piccole e lei doveva consolarla ogni volta che succedeva qualcosa.

«Sai, alle volte stento a riconoscerti.»

«E dai, smettila. Non sono più una bambina.»

«Stento a credere che tu sia la stessa che veniva a piangere a casa mia ogni volta che le buttavano i libri di scuola nella fontana.

Non c’è dubbio, l’accademia ti ha drizzata per benino. Forse tua madre non aveva tutti i torti, dopotutto.»

«Senti, sto cercando il nuovo arrivato. Si chiama Ridley.»

«Quel piccoletto con la testa a porcospino? Era qui un attimo fa.»

«Capisco. E Taylor e Joey

«No. Ma se dovessi scommettere, direi in infermeria, come al solito».

Taylor Steiner e Joey Kane erano rispettivamente il timoniere ed il primo ufficiale, oltre che addetto agli armamenti, della Sleipnir.

Avevano entrambi un passato da teppisti, questo fino a quando Randy non li aveva incontrati ai tempi delle scuole superiori e spediti a forza di calci dentro una scuola professionale dell’aeronautica da dove erano usciti con buoni voti e un grado da sottufficiali.

Il loro rapporto con il comandante era alle volte burrascoso, ma nel tempo avevano imparato a rispettarla, oltre che a stare bene attenti a quello che facevano o ai commenti che si lasciavano sfuggire sul suo conto.

Nonostante tutto erano due brave persone, e lo provava il fatto che Randy aveva fiducia in loro più che in qualsiasi altro dei suoi sottoposti.

Entrambi erano soliti frequentare molto spesso l’infermeria della nave, ma non perché stessero sempre male, o perché avessero voglia di parlare con Ak-na-din, il burbero Nemoriano che ne era il capo; il dottore infatti era fiancheggiato da due giovani collaboratrici, tirocinanti universitarie relegate ad un ruolo da infermiere fino al conseguimento della laurea.

Una era Mindy Norald, una ragazza gentile e altruista, ma con la testa troppo spesso tra le nuvole, l’altra invece era la sorella minore del primo ufficiale, Serena Kane, che aveva scelto spontaneamente quell’incarico pur di stare vicino a Joey.

Dei due ragazzi, il più assiduo frequentatore dell’infermeria era certamente Taylor, che incapace di scegliere tra Mindy e Serena finiva sempre per fare la corte ora all’una ora all’altra, a seconda di quella che gli capitava prima tra le mani.

Purtroppo Joey non era per niente felice che qualcuno facesse la corte a sua sorella, soprattutto quel donnaiolo incallito del suo migliore amico, e ogni volta che lo beccava a fare il galletto, come quel giorno, puntuale arrivava la rissa.

Ridley stava attraversando il corridoio dove si trovava l’infermeria quando si imbatté in Joey, intento a sottomettere Taylor con una stretta al braccio sotto gli sguardi attoniti, e in parte anche un po’ rassegnati, di Serena e Mindy.

«Te l’avevo già detto di non provarci con Serena, o mi sbaglio?»

«Mi stai spezzando il braccio, accidenti a te!»

«Fratello, ora basta».

Istintivamente, il ragazzo cercò di fermarli.

«Ehi voi, smettetela.» disse avvicinandosi

«Tu fatti gli affari tuoi!» rispose Joey, che poi però lo riconobbe, lasciando finalmente andare il suo amico «Ah, guarda chi si vede. Il nuovo arrivato.»

«Signore!» disse Ridley mettendosi sull’attenti «Sottotenente Ridley Mutou a rapporto, signore.»

«Via, via, niente formalità. Questa non è una nave di bacchettoni.»

«Sarebbe lui il nuovo arrivato?» chiese Taylor «Quello che ha totalizzato punteggio pieno nei test scritti dal comandante?»

«Proprio lui.»

«Non ho fatto niente di così straordinario.» disse Ridley quasi con imbarazzo «Comunque, piacere di conoscervi.»

«Il piacere è tutto nostro.» disse Serena «Vedrai che ti troverai bene qui.»

«Puoi ben dirlo.» disse Mindy «Questa nave è una vera forza.»

«Dicono che è stato il comandante in persona a sceglierti. Allora devi essere davvero speciale.»

«Beh, non so…»

«Senti, amico.» disse allora Taylor con sguardo strano, quasi a voler mettere paura al ragazzino «Tu hai mai conosciuto il comandante?»

«Beh, no.» rispose Ridley preoccupato «Non personalmente, almeno. Lo conosco di fama.»

«Quello è falso, amico mio.» disse Joey facendo eco all’amico «È solo un’invenzione. Una copertura per la stampa.»

«Da… davvero!?»

«Il comandante è una persona orribile. Una donna senza pietà.»

«Ama punire e seviziare senza pietà i propri sottoposti.» disse Honda «È una dominatrice. Una sadica sfruttatrice di subordinati, che prova un irrefrenabile piacere sessuale nella dominazione e nella sottomissione».

Serena e Mindy ridevano nel vedere l’espressione attonita e un po’ spaventata di Ridley, ma di colpo le loro espressioni cambiarono, e anche Joey e Taylor sentirono i sudori freddi come avvertirono una presenza minacciosa alle loro spalle, accompagnata da un rumore sordo e secco.

«Chi sarebbe una sadica dominatrice?» ringhiò a bassa voce il comandante facendo fischiare nell’aria il suo adorato frustino da cavallerizza, lo stesso con cui sua madre a suo tempo aveva sottomesso i propri sottoposti.

I due ragazzi restarono di stucco, e dopo poco erano entrambi a terra che venivano fustigati senza pietà dalla loro padrona; era così che Randy li aveva tirati su dopo averli tolti dalla strada, e così che continuava a ricompensarli per ogni sgarro o parola fuori posto.

«Pietà! Pietà, mia regina!» continuava a urlare Joey

«Non lo faremo più! Promesso!».

Il supplizio per fortuna durò poco, ma abbastanza da costringere i due ragazzi bocca-larga ad una sosta in infermeria, stavolta per curarsi.

Ridley si sentì scendere il latte alle ginocchia; in che razza di nave era finito?

«Tu devi essere Ridley.» disse il comandante voltandosi leggermente e fulminandolo con uno sguardo

«S… sì…»

«Vieni con me».

Non senza paura, anzi terrorizzato, Ridley seguì il comandante fino sul ponte di comando.

«È stupendo.» commentò osservando la struttura semplice ma funzionale della plancia

«Questa sarà la tua postazione.» disse Randy indicando la poltrona alla sua destra «E non fare caso a quello che hanno detto quei due scapestrati. Gli unici con cui uso la frusta sono loro.»

«Ca… capisco».

Poi, però, il comandante si fece nuovamente serio.

«Tuttavia, sappi che dai miei uomini non mi aspetto mai niente di meno del meglio. Su questa nave, tutti si devono impegnare al massimo delle loro capacità. Rispetta questa regola, e sarai il benvenuto».

Di colpo Ridley si sentì leggermente a disagio.

Indubbiamente il comandante non era una cattiva persona, ma a guardarla così non sembrava neanche il tipo di superiore in grado di accettare scuse e fallimenti.

Sarebbe stato in grado di confrontarsi con un ambiente simile.

«Non farti suggestionare, amico.» disse Joey palesandosi a sua volta assieme all’amico Taylor «Il comandante qui fa la voce grossa, ma in realtà è un pezzo di pane.»

«Istinti sadomaso a parte, s’intende.» aggiunse scherzoso Taylor

«Come prego?»

«No, no! Niente!».

Se un attimo prima Ridley si sentiva a disagio, ora, invece, guardando quei ragazzi che avevano si e no la sua stessa età, si sentiva quasi sollevato, e lo fu ancor di più quando tutti e tre si volsero verso di lui facendogli un sorriso.

Era strano.

Per un attimo, aveva avuto la sensazione di conoscerli da sempre, e sentiva, ma non sapeva dire perché, che anche loro pensassero la stessa cosa.

«Io… io farò del mio meglio!» disse facendo un inchino «Spero di trovarmi bene qui che voi, e mi affido nelle vostre mani.»

«Quand’e così.» disse Joey «Benvenuto a bordo».

In quella, il comandante notò l’ora che si stava facendo guardando l’orologio.

«Accidenti, è ora di partire. Avanti, tutti ai vostri posti!»

«Sì, comandante!» risposero in coro i tre ragazzi.

Ridley e Joey si portarono alle rispettive poltrone, mentre Taylor balzò giù dal terrazzo raggiungendo direttamente il timone al centro della plancia.

Contemporaneamente, anche gli altri Top7th presero il loro posto.

Oltre a Taylor, Joey, Yugi, Ryo e Hopkins, completavano il gruppo il tenente Maes Istar e sua sorella Riisa.

«Qui torre di controllo.» si sentì dire alla radio «Avete il permesso di decollare. Buona fortuna, Sleipnir

«Grazie dell’augurio, torre di controllo.

Azionare motori!»

«Motori azionati, comandante!» disse Maes

«Impostare la traiettoria. Rotta nord-nord ovest. Settanta gradi sopra.»

«Nord-nord ovest, settanta gradi sopra.» disse Ryo «Ricevuto».

Come un gigante che si scrolla le catene di dosso, la Slepinir lentamente si sollevò da terra, producendo il suo classico, insolito rumore a fischio, quindi, puntato il muso verso l’alto, prese ad alzarsi sempre più verso il cielo, fino a lasciare l’atmosfera di Celestis ed entrare nello spazio, dove la flotta di rifornimento già attendeva il suo arrivo.

Ridley si sentiva un po’, nervoso, e Randy, forse accorgendosene, si girò a guardarlo.

«Ehi, Mutou

«S… sì, comandante?»

«Conto su di te.» disse poi sorridendo «Bon lavoro.»

«Grazie, comandante.» rispose lui sorridendo, e sentendosi un po’ più sollevato

«Comandante.» disse Riisa «Siamo pronti per il salto nell’iperspazio.»

«Impostare rotta e velocità. Destinazione, Sistema Ogen. Pronti al salto in un minuto».

Nessuno, tuttavia, sembrava essersi accorto che in quella plancia c’era una nona persona; era lì, accanto a loro, proprio al centro della balconata, ma nessuno sembrava vederlo né sentirlo.

Rassomigliava un po’ a Ridley, con quella pettinatura a porcospino e quegli occhi ametista, ma era più alto, e in un certo senso più “minaccioso” di lui; indossava un vestito strano, una specie di tunica, simile a quella dei Nemoriani, con tanto di mantello e alcuni gioielli.

Il misterioso individuo guardò prima Randy, poi Joey e Taylor, quindi lo stesso Ridley.

“Amici miei.” pensò sorridendo “Alla fine, vi siete ritrovati. In un altro mondo. In un’altra dimensione. Con nomi diversi, e diverse storie alle spalle. Avevate proprio ragione. Il vostro sarà un legame Fino alla Fine del Tempo”.

«Rotta impostata, comandante!» disse Hopkins «Siamo pronti ad un suo ordine!»

«Sleipnir, salto!» ordinò il comandante, e la nave scomparve nel nulla inghiottita dal buio dello spazio.

 

 

Nota dell’Autore

Salve a tutti!^_^

Bene o male, siamo giunti alla fine di questa avventura.

A dire tutta la verità, quest’ultimo capitolo era la cosa che ricordavo meglio di quel sogno che mi ha spinto a scrivere questa breve fan fiction. Le uniche due cose che ricordavo con esattezza al risveglio erano il viaggio ultraterreno dei ragazzi e la loro nuova esistenza in un mondo futuristico.

Potete immaginare questo futuro come molto simile a quello dell’anime Mahou Shoujo Lyrical Nanoha, per chi lo conosce, o anche, per venire a cose un po’ più note, come la saga di Star Ocean.

Lo so, qualcuno magari storcerà il naso di fronte ad un simile epilogo, ma devo dire che mi è piaciuto molto scriverlo, e spero che almeno a qualcuno sia piaciuto.

Spiacente Otaku, non hai indovinato!^_^

Ora dovete darmi qualche giorno per sistemare alcune cose, poi tornerò alla fic troppo a lungo lasciata in sospeso.

Spero di tornare presto a (ri)scrivere fan fiction su yugioh.

Se mi verrà un’idea (magari un sequel per questa), state certi che ci proverò.

A presto!^_^

Carlos Olivera

  
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