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Autore: Perversion    31/05/2012    2 recensioni
La porta si chiuse con un tonfo sordo, sospettava una reazione simile e non si stupii, ma il dolore acuto alla bocca dello stomaco che avvertii quasi istantaneamente, invece, lo sorprese parecchio.
Un litigio. Un cadavere avvolto dalla neve. Un pensiero fisso che impedisce qualsiasi deduzione. Questo nuovo caso potrebbe rivelarsi più arduo del previsto per il nostro Sherlock Holmes.
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4. Un nuovo nome


 
Sherlock Holmes camminava lentamente, ora che la strada era stata finalmente sgombrata dalla neve, Londra si era nuovamente animata. Quel giorno Watson lo affiancava nuovamente, la sua andatura era ancora lenta, ma comunque in grado di sostenere quello sforzo. I due camminavano vicini, molto più vicini del solito, si poteva pensare che fosse a causa del freddo ancora pungente, ma non era così. In quei giorni di malattia in cui Watson era stato costretto a letto, entrambi avevano avuto modo di parlare del caso e alla fine, una volta che il dottore ebbe avuto modo di leggere le lettere, decisero entrambi che era arrivato il momento di far visita al mittente.
Il numero 17 di Swan Walk era una piccola ma carina villetta, color caramello. Sherlock Holmes bussò alla spessa porta color mogano e pochi istanti dopo la porta fu aperta da un piccolo ometto calvo. I due si presentarono e chiesero di vedere il proprietario della casa e l'omino, dopo averli fatti entrare con un inchino, li accompagnò per il corridoio e su per le scale, aprì una grande porta a due ante e li invitò ad entrare in quella che entrambi riconobbero essere la biblioteca. Non era un luogo molto grande; davanti al camino si trovavano un piccolo divanetto e un paio di poltrone, era traboccante di libri e scaffali. Il padrone di casa se ne stava seduto in poltrona intento a fissare i nuovi arrivati con aria corrucciata. Quando si alzò per salutarli Watson poté osservarlo con attenzione; era un giovane uomo, alto, distinto, con un ciuffo ribelle di capelli castani che gli ricadeva mollemente sul volto e due occhi color smeraldo che sembravano essere in grado di perforare una parete. Sherlock Holmes si presentò, così fece il dottor Watson e, dopo che anche il padrone di casa si fu presentato come il Conte Simon Bristol tutti e tre si sedettero davanti al caminetto e il piccolo maggiordomo fu mandato a prendere qualcosa da bere.
«Mi spiace disturbarla signor Bristol, ma come forse lei sa pochi giorni fa è stato ritrovato il cadavere del signor Court e, dopo aver trovato alcune lettere con sopra il vostro nome, in casa della moglie di Court, io e il mio collega abbiamo ritenuto saggio venire a farle visita.»
Qualcosa di indescrivibile attraversò per un attimo lo sguardo del signor Bristol, qualcosa di simile al dolore e alla rabbia, ma si riprese prontamente.
«Sì, ditemi pure, avendo letto quelle lettere sapete fin troppo bene che tipo di relazione c'era tra me e il signor Court, non vedo motivo di mentirvi arrivati a questo punto.»
Sherlock Holmes sorrise unendo le punte delle mani e lasciandosi sprofondare maggiormente nella poltrona.
«Bene, ammetto che il quadro già così, mi è abbastanza chiaro, anche se mancano diversi punti per completare il tutto. Da lei vorrei solo sapere poche cose. Lei è il signor Court vi siete conosciuti nell'Ottobre di sei anni fa, giusto?»
«Giustissimo.»
«E da allora la vostra relazione tra di voi è sempre stata la medesima?»
«Certamente.»
«È a conoscenza del fatto che Court tre anni fa si era sposato?»
Watson vide il volto del signorotto colorarsi di rosso, i brillanti occhi verdi non riuscirono più a celare la rabbia, tuttavia continuò a mantenere un tono calmo e pacato di voce.
«Purtroppo sì.»
«Ovviamente tra lei e la signora Court non è mai corso buon sangue.»
«Non l'ho mai nemmeno incontrata.»
«Quindi immagino non sappia nulla di lei o della sua vita precedente prima di venire a vivere qui a Londra.»
Bristol si accigliò per un attimo.
«No, in verità qualcosa lo so. Lei e la madre ci tengono affinché nessuno lo sappia ma è giusto che voi lo sappiate. La Strendson ha un fratello, un fratello matto per giunta! Quando Jeremy la incontrò a Parigi lei le tenne nascosta la cosa, convinta che mai il suo segreto potesse essere scoperto in quanto il fratello era stato rinchiuso tempo prima in manicomio. Purtroppo lo sventurato riuscì a scappare e a ritrovare la sorella qui a Londra, questo accadde all'incirca un anno fa. Le andò a bussare a casa il folle, le disse di assumersi le sue responsabilità e di aiutarlo, proteggendolo e sfamandolo. Ella a quel punto fu costretta a raccontare tutto a Jeremy il quale perdonò questa menzogna e si dichiarò disposto ad aiutarlo, a patto che non si presentasse mai più in casa sua. I due tennero nascosto il ritorno del fratello alla madre di lei, perché ella l'avrebbe sicuramente rispedito in manicomio e alla Strendson stava molto a cuore la sorte del folle.»
Il detective annuì distrattamente, poi all'improvviso, sollevò il suo sguardo su Watson e fece qualcosa che stupì molto il dottore: gli sorrise dolcemente.
Il maggiordomo rientrò nella biblioteca e posò sul piccolo tavolino rettangolare un vassoio d'argento con sopra tre bicchieri di cristallo e una bottiglia contenente del liquore.
«Mi tolga una curiosità,» riprese Holmes una volta che il servo fu uscito «voi siete ricco, immensamente ricco, dunque perché vivere in maniera così...ristretta?»
Il conte Bristol sorrise tristemente.
«I miei genitori morirono quando ero molto piccolo, mio padre era nobile, mia madre la sua serva. Si innamorarono e scapparono insieme, i genitori di mio padre non approvarono, ovviamente, così quando loro morirono io fui affidato alle cure dei miei nonni materni, vivevamo in campagna e lì crebbi apprezzando le piccole cose, sapendo quanto era difficile ottenerle. Quando, anche i miei nonni paterni morirono il titolo e tutta l'eredita passarono a me, che ero e sono l'unico erede vivente del casato Bristol.»
Watson strinse le mani, provava un'infinita pena per quel conte così giovane eppure così sfortunato, la vita era stata crudele e ingiusta con lui.
«La ringrazio Conte per le sue parole.»
Disse Sherlock Holmes alzandosi dalla poltrona ed allungandosi sopra il tavolino per stringere la mano al giovane, che si sollevò e gliela strinse con fermezza.
«Grazie a lei per quel che sta facendo.»
Mormorò lui, era evidente che stava trattenendo a stento le lacrime e Watson odiò profondamente chiunque fosse stato l'artefice di una tale sofferenza.
Usciti dalla casa i due si riavviarono verso Baker Street, entrambi immersi nei propri pensieri.
«Che destino orribile!»
Sbottò alla fine Watson incapace di trattenersi, Holmes lo guardò con occhi carichi di amarezza ed annuì.
«Un giovane così perbene ed educato, caro Watson ti mentirei se dicessi che ho sospettato per un solo secondo che lui fosse l'artefice dell'omicidio. Sin da quando ho scovato le lettere ho capito che il ragazzo sarebbe stato un'ottima fonte di informazioni, ma non ho mai pensato che lui potesse entrarci qualcosa e, ora che l'ho conosciuto, i miei pensieri sono assolutamente confermati. Ovviamente tu mi conosci, caro John, sai bene che io quando indago su un caso non do mai nulla per scontato, tutti sono sospettati, tutti. Questo ti dovrebbe far capire quanto quel ragazzo mi stia a cuore.»
Watson si fermò improvvisamente, il bastone da passeggio sollevato a mezz'aria. Sentiva la temperatura del suo corpo in aumento e, per un attimo, temette fosse la febbre che tornava, ma poi al calore si unì un'altra spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco e capì. Aveva già provato una sensazione simile, una volta, in passato.
Anche Sherlock si fermò per guardarlo, un'espressione interrogativa impressa in volto.
John chinò il capo e iniziò a respirare lentamente, cercando di far rallentare il battito del suo cuore. Il detective si avvicinò di qualche passo e provò ad allungare la mano per toccarlo, ma Watson si ritrasse bruscamente e, il più velocemente possibile, entrò in un vicolo al lato della strada e continuò a camminare.
«John?»
Sentì la voce di Sherlock dietro di lui ma non si fermò, sapeva che se l'altro l'avesse visto in quelle condizioni avrebbe riso di lui, era uno sciocco, lo sapeva benissimo, eppure....
Le lunghe dita di Holmes si chiusero delicatamente sul suo polso, costringendolo a fermarsi.
«Lasciami.»
Sibilò tra i denti senza nemmeno voltarsi.
«Oh John non dirmi che...»
Watson si liberò dalla presa con uno strattone e si voltò verso Sherlock.
«Sì è vero, sentirti parlare così del conte mi ha fatto ingelosire, contento? Cielo, non mi sentivo così male dal tuo incontro con la Adler! Lo so che è stupido, ma non ci posso fare nulla, e non osare ridere di me!»
Il detective inizialmente parve shockato dalla notizia ma si riprese rapidamente e regalò a John il più bel sorriso che gli avesse mai fatto. Il dottore abbassò lo sguardo, sentendo le proprie guance imporporarsi.
«Oh, John.»
Mormorò Sherlock Holmes circondandolo con le proprie braccia e stringendoselo al petto.
«Scusami, non volevo farti ingelosire con le mie parole.»
Poi, chinandosi maggiormente sul suo orecchio, continuò.
«Io amo solo te.»
John si sentì male, la testa iniziò a ronzargli e girargli allo stesso tempo, non sentiva più il terreno sotto i piedi e la vista gli veniva offuscata dalle lacrime.
Sherlock rise staccandosi da lui per poterlo vedere in faccia, si guardò velocemente attorno poi, veloce, si chinò sulle labbra del dottore e vi depositò un leggero bacio.
«E ora vieni,»
Disse, porgendogli la mano.
«Torniamo a casa.»
Watson, sorridendo, lasciò che le lacrime sgorgassero per qualche secondo, poi in fretta le asciugo e si affrettò ad afferrare la mano che Holmes gli porgeva.
















Eh sì, ho aggiornato! Chi l'avrebbe mai detto? ._. E con questo capitolo abbiamo scoperto un nuovo personaggio. Ora, che relazione c'era tra lui e Jeremy? Più ovvio dell'ovvio .____. come sono banale!
Vorrei farvi notare che il nome del conte, cioè Simon Bristol, non l'ho scelto a caso. È un mio tributo (se pur pessimo) al mio primo amore in versione cartacea. Mi ricordo che alle medie, per farci amare i libri, ogni mese ci mandavano uno alla volta nella biblioteca che avevamo nella scuola e noi dovevamo sceglierci un libro da leggere durante il mese...Io prendevo sempre il solito e ogni mese me lo rileggevo. Quando finì le medie ero quasi tentata di tenermelo e non restituirglielo più (e per poco non lo feci).
*fine momento ricordi idioti*
Alla fine chissà perché mi è venuto più smelenso di come l'avevo immaginato :/ mha, sarà che in questo periodo soffro di carenza di coccole....sarà perché mi piace vederli che si comportano da piccioncini che tubano, MHA!
Comunque non temete, conto di far finire *questo strazio* tra un paio di capitoli, se non addirittura nel prossimo, devo vedere come organizzare le cose.
   
 
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