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Autore: TealRue    01/06/2012    4 recensioni
Ennesima deathfic su Ofelia, ma con un mio personale tocco di pazzia.
Non ce ne sono più. Ecco. Le viole no, le viole sono tutte morte.
L'ultima volta che le ho viste erano su una bara. E poi hanno smesso di esistere. Esistevano, ma non esistono più, e se non esistono non sono mai esistite. E per tutto questo tempo ho fatto solo sola corone senza viola.
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I would give you some violets, but they withered all when my father died.

 

 

 

È rilassante. Fare corone di fiori, dico.

Ne raccogli due, uno grande e uno piccolo, e intrecci gli steli.

Uno grande, uno piccolo, uno grande, uno piccolo.

Giri.

Gli steli si abbracciano. Stretti, anche se uno dei due fiori, il più piccolo, ha bisogno del sostegno dell'altro, della sua protezione.

Uno piccolo, uno grande, uno piccolo, uno grande.

E giri, e giri.

Prendo margherite, ortica, anemoni, ranuncoli, tutti insieme; le viole no, le viole sono tutte morte. Non ce ne sono più. Ecco.

L'ultima volta che le ho viste erano su una bara. E poi hanno smesso di esistere.

Uno grande, uno piccolo, uno grande, uno piccolo.

E li giri, ancora una volta.

Il fiore grande non abbandona mai quello più piccolo, lo avvolge, perché deve proteggerlo.

È gentile, con il fiore più piccolo, anche se i fiori non possono essere gentili, lui, ahah, eccome se lo è.

Grande fiore gentile quello piccolo il fiore è troppo proteggilo debole proteggilo ti prego.

E gira, giragira.

Alla fine sono i fiori grandi che fanno stare dritta la corona, che è gialla, bianca, verde, azzurra. Viola no, le viole non esistono.

Esistevano, ma non esistono più, e se non esistono non sono mai esistite e per tutto questo tempo ho fatto solo sola corone senza viola.

La fanno stare dritta perché i fiori piccoli senza i fiori grandi non sono nullanullanulla.

Sono solo inutili fiori piccoli, troppo deboli, ah, perché esistono se nel mondo ci sono tanti fiori grandi? Chi ha bisogno di fiori piccoli, che sono troppo deboli, e che, per stare dritti, -giragira- devono stare intorno a quelli grandi?

Nessuno. Però ci sono.

Non l'ho detto a nessuno, ma non esistono più neanche le rose.

Quindi corone solo gialle, bianche, verdi e azzurre.

Le rose non ci sono più qui, perché il sole non le scalda abbastanza e, di notte, le stelle le hanno fatte avvizzire tutte.

Stupido sole troppo immobile e stupide stelle troppo fredde.

Sono scappate, qui non crescono più, le rose, non lo dico in giro, ma è veraverità, non verità bugiarda. Giuro.

I semi non ci sono più, il vento, puff, li ha portati sul mare; stupide rose.

Stupide rose, hanno occupato l'aiuola delle viole che non sono mai esistite e poi hanno anche dato i propri semi al vento.

Meglio, le corone di rose non mi piacciono proprio.

Uno piccolo, uno grande, uno piccolo, uno grande.

Giragira.

Peccato però. Un vero peccato.

Quando ero piccola le facevo sempre, le corone di viole. Che non esistono.

Le facevo sempre così: viola grande, margherita piccola, viola grande, margherita piccola, finché non sentivo urlare "Ofelia, dove sei, vieni! E chiama tuo fratello-". Poi tutti a pranzo, ma la mia testa continuava a andare avanti, viola grande, margherita piccola-

Le viole del giardino di casa mia le proteggevano sempre, le margherite.

Non sapevano ancora di non esistere, povere viole così forti, che proteggevano le margherite.

Gira, gira.

Con le rose non ho mai fatto corone. Anzi, no, una volta sola.

Rosa grande, margherita piccola, rosa grande, margherita piccola.

Rose rosse, ovviamente, come il sangue che è uscito dal cuore della margherita -così piccola e inutile- quando le spine l'hanno aperto a metà.

La margherita, piccola, doveva essere sorretta dalla rosa -rossarossa- ma le spine, che stupida che sono, le avevo dimenticate, e le stupide spine hanno lacerato tutta la stupida margherita.

Stupidastupida.

Giragira.

Adesso posso solo fare corone con altri fiori: ranuncolo grande, margherita piccola, anemone grande, margherita piccola. Non è più bello come con le viole, perché le viole non soffocavano le margherite come questi, non erano troppo per le margherite.

A questi fiori grandi dei fiori piccoli non importa niente, li tengono su solo perché io li avvolgo.

Le viole, invece; le viole erano perfette per le -stupide, piccole, inutili- margherite.

Gira, e per un'ultima volta gira.

La corona è finita.

È venuta bene.

Sì, è venuta bene.

I fiori tutti stretti, dritti, insieme, grandi, piccoli, grandi, piccoli.

È venuta proprio bene, gialla, bianca, verde e azzurra.

Di solito ci aggiungo dei rametti di rosmarino -sono per la memoria-, della ruta, finocchio, aquiliegia e altri, tanti. Altri.

Me la metto in testa. Tra i capelli rossi, ma non rossi come le rose, rossi arancioni; perché li chiamano capelli rossi se rossi non sono?

Me la metto in testa, è troppo larga, mi vanno dei fili d'erba negli occhi, troppo troppo larga.

Uh, dietro a quella collina c'è un ruscello, andrò a specchiarmi per vedere se sembro una principessa. Laerte me lo dice sempre, principessa, rosa di Maggio -no, le rose non ci sono più qui, e sono rosse-, principessa mia.

Quando c'erano le viole me lo diceva anche qualcun altro. Non ricordo, nonono.

Quando c'erano le rose me lo diceva anche qualcun altro, non mi ricordo neanche questo. NO.

Corro verso il ruscello, corroinciampocammino nel fango vicino al ruscello e mi guardo.

Sono pallida.

I capelli rossi. Arancioni. Pallidi.

La corona. Gialla, bianca, verde, azzurra. Pallida.

Devo aggiungere un po' di colore.

Vicino al ruscello c'è un salice e lì, alla base, ci sono dei fiori rossi, più rossi delle rose rosse!

Sono i fiori di Virgilio e di Saffo, i fiori di sangue degli altari di Bacco, che qui, stupida Danimarca, chiamano dita di morto.

I morti non sono rossi, sono bianchi. Pallidi.

Li strappo -dalla loro arida casa, le radici, le strappo, le butto- e li aggiungo nella mia corona.

Mi guardo di nuovo nel ruscello. Così è perfetta.

Davanti al salice, però, povero solo salice, così spoglio, c'è un buco nella terra che i fiori hanno abbandonato.

Mi sento in colpa, ho tolto i suoi fiori e adesso è solo, solamente un salice solo.

Sono una brava principessa, io, però, quindi, forse, al salice, piangente, poverino, darò la mia corona.

È così bianco, pallido, e spoglio che mi fa pena, sì; gli darò la mia corona.

Mi arrampico, il tronco è bianco, il tronco è liscio e, una volta abbastanza in alto, mi tolgo la corona e incorono il mio principe.

Sir Salice Piangente, baronetto di Ruscello di Fango, promesso sposo della Principessa Ofelia la Pallida dai capelli rossiarancioni, figlia del Re delle Viole e vedova del Principe delle Rose Rosse.

Sir Salice è così contento che piange di gioia e scricchiola da tutte le parti.

Sono contenta che sia contento, Sir Salice!

Sì, è così contento, con la sua corona tutta nuova tutta colorata, che i suoi rami schioccano.

Dondolo eccitata sul ramo su cui sono appoggiata , festeggio insieme al mio nuovo-

La prima cosa che sento è il rumore delle bolle.

È strano, il rumore delle bolle.

Attutisce anche il rumore del mio corpo che spacca il ramo, del ramo che spacca l'acqua. E dell'acqua che spacca me. In due. È fredda.

Stupido Sir Salice! Ha buttato giù anche la sua corona! Va bene, vuol dire che me la terrò io.

Evidentemente è geloso del Principe delle Rose Rosse, ha capito che lo amo ancora.

L'acqua è fredda come il ghiaccio della più fredda delle stelle.

Nell'acqua il mio braccio si muove lento, e raggiunge la corona, il mio vestito ondeggia sinuoso come la coda di una sirena. Voglio provare, per un po', ad essere un po' sirena.

Proverò a cantare-

-sto cantando, così forte che mi fa male la gola, e le bolle, le bolle. Sono ovunque.

È comoda, l'acqua.

Ho appoggiato la schiena al fondale, morbido, e continuo a cantare con la corona in mano.

Il freddo si fonde con il mio corpo; io, e l'acqua. L'acqua, ed io. Una cosa sola.

Mi sale alla testa, mi entra nella testa e i miei pensieri, li dissipa, li scioglie. Diventano acqua, calma, pura.

Ho chiuso gli occhi, e anche la bocca, ma continuo a cantare.

Ho chiuso il naso, le orecchie, il cuore. Ma la mia canzone continua.

Sto raccontando all'acqua la mia vita, mentre il vestito continua a fluttuare sempre più pesante.

Le sto raccontando di Amleto e mio Padre.

Apro gli occhi e vedo, l'acqua trasparente, il sole, la realtà, al di là del velo di bolle.

Perché sono qui? Perché non mi alzo? Perché sto morendo? Perché continuo a cantare?

Mi serve una parola che faccia rima con "piango", se no la canzone non può continuare.

L'acqua mi spinge nel fondale, la terrà mi risucchierà, in una nube di capelli rossi e di ali di pizzo bianco, e lascio andare la corona.

Comincia a sfaldarsi e i fiori si spargono nell'acqua. Risalgono in superficie, macchiando la luce del sole.

Giusto per un attimo, però, perché anche quella luce si sfalda.

Sono calma, è tutto buio, e continuo a cantare.

"Piango". "Fango".

È rilassante. Morire nel fango, dico.

 

 

But long it could not be
Till that her garments, heavy with their drink,
Pull'd the poor wretch from her melodious lay

To muddy death.



 

Note dell'autrice:

In questo momento Zio Will mi sta odiando dalla tomba. E non solo perché l'ho chiamato Zio Will.
Non sono nuova su EFP -ho perso la password del mio vecchio account-, ma questa storia è molto difficile da pubblicare, perché so che probabilmente non piacerà.
E' scritta tutta in chiave metaforica: Ofelia riconosce nei fiori il padre morto -la viola-, Amleto che l'abbandona -la rosa- e se stessa, indifesa, piccola e sola -la margherita-.
Ho cercato di rendere la pazzia in climax ascendente fino al momento della caduta in acqua, dove poi la povera Ofelia riacquista un po' di sanità mentale, ma alla fine decide di lasciarsi morire dicendo ciao ciao al suo ultimo neurone sano.
Il linguaggio che ho usato è volutamente infantile, pieno di allitterazione così tanto per e parole raddoppiate... penso che sia il più adatto a rappresentare la folle ilarità di Ofelia prima della morte, che però nonostante tutto sa di non dover essere felice, perché rivede la propria situazione nelle margherite abbandonate dalle viole e dalle rose con altri fiori estranei.
Questa Ofelia è influenzata moltissimo dall'interpretazione di Kate Winslet, nella versione di Kenneth Branagh, che è meravigliosamente perfetta.

Allusioni al testo shakespeariano: 

-Le violette (sì, nella storia le ho fatte diventare viole. Pazienza) appassite dopo la morte del padre
-Le parti dove scrivo "sole immobile", "stelle fredde" e "verità bugiarda" sono un riferimento a "Doubt thou the stars are fire, doubt thou the sun doth move, doubt truth to be a liar, but never doubt I love" che Amleto le scrive in una lettera. Avrebbe fatto bene a dubitare, povera Ofelia! 
-Le parti con rosmarino, ruta, etc ect, dal suo dialogo con Laerte
-Come sopra per il "Rosa di Maggio"
-I fiori dei poeti bucolici (che io ho esplicitato con Virgilio... Saffo l'ho aggiunta perché il liceo classico fa male. XD)

  
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