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Autore: Willy Wonka    02/06/2012    7 recensioni
Nulla di che, spero vi piaccia!
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cindy prese la pila di magliette piegate dal letto e le ripose nel cassetto dell'armadio. Rimise il tappeto sul pavimento che aveva appena spazzato, e con uno sbuffo si stiracchiò contenta di aver appena finito di sistemare la sua stanza, come d'altronde faceva ogni Domenica sera. Solo che quel giorno aveva fatto più tardi del solito. Diede un'occhiata all'orologio che stava sopra la sua piccola scrivania, e si accorse che le lancette fluorescenti segnavano le undici e mezzo circa. Amava l'ordine quella ragazza, amava essere organizzata e sempre pronta ad ogni evenienza. Appuntava ogni Lunedì mattina il programma settimanale su un foglietto che poi appiccicava al frigorifero, in modo da avere sempre tutto sotto controllo. E quando, per qualche piccolo inconveniente che poteva tranquillamente capitare, ritardava nella tabella di marcia sgridava sé stessa con severità e si riprometteva che se lo avesse fatto ancora una volta sarebbero stati guai seri. Ovviamente ciò era tutto un monologo interiore, ma bastava a tenerla sempre in riga. Tutti in quella piccola cittadina di campagna la consideravano come la diciannovenne modello, ordinata, gentile, piena di forza d'animo e che riusciva a farsi rispettare quando era ora, una buona guida per il fratellino più piccolo Pete, chiamato da tutti Amadeus. Era proprio una giovane da sposare, questo dicevano tutti. Più volte i bellocci della cittadina inglese avevano cercato di corteggiarla con mazzi di rose e cioccolatini, con bigliettini d'amore rinchiusi in piccole buste o frasi carine, oppure, nella maniera meno sdolcinata possibile, di trascinarla dietro a una siepe per rubarle qualche bacio e, chissà, anche qualcosa di più. Ma lei non si era mai piegata a tanto, era arrivata anche al punto di picchiare qualcuno; mai aveva dimostrato interesse di legare con qualsiasi uomo: l'unica cosa nella sua testa, da quando aveva avuto sedici anni in poi, era la sua famiglia mutilata. Nonostante la morte dei genitori in quell'incidente, era riuscita a mantenere un freddo autocontrollo, sorprendendo tutti, e la prima cosa che aveva fatto era pensare al suo piccolo Amadeus, all'epoca di soli sei anni e mezzo.
Cindy si raccolse i capelli con uno stecchino colorato, ed uscendo dalla sua camera fu ben accorta a spegnere la luce. Andando verso le scale che portavano al piccolo e comodo salottino al piano di sotto si accorse che nella stanza accanto alla sua, quella che era comunemente destinata ad ospiti che non arrivavano mai, la porta finestra sbatteva di tanto in tanto contro il muro, lasciando che la vaporosa tenda azzurra volteggiasse nell'aria notturna.
-Deve essere ancora in piedi- pensò indecisa se entrare a controllare o meno. -anche se a dire il vero non l'ho mai visto dormire...- continuò portandosi l'indice al labbro inferiore in modo quasi infantile. Si fermò sull'uscio ad osservare quella stanza oscura, dentro la quale si intravedeva giusto un letto sfatto da chissà quanti giorni e dei vestiti colorati sparsi qua e là per il pavimento. Come se si fosse appena risvegliata da un sogno, si rese conto che fuori aveva cominciato a piovere. Le goccioline tamburellavano contro i vetri e contro le mattonelle del balcone sul quale dava la porta finestra. Aguzzò di più la vista e scorse la sua sagoma scura appoggiata al terrazzo fresco. Entrò in punta di piedi facendo scricchiolare appena il pavimento in legno, si bloccò un momento per accertarsi che non l'avesse sentita, poi, trattenendo il respiro per fare più silenzio possibile, si avvicinò ancora un pochino, quanto bastava per lasciarsi accarezzare le guance da quella dolce brezza. Si sporse un po', e spese qualche istante di quella Domenica sera a guardarlo.
Se ne stava con il muso contro la pioggia, lasciando che le gocce fresche gli attraversassero la carnagione chiara, gli zigomi scavati, le labbra rossastre, la punta del mento. Teneva quei suoi splendidi e magnetici occhi fissi contro la notte scura, come se fosse affascinato da essa, quella notte senza neanche una nuvola. Sembrava quasi contare le stelle una a una, quei puntini bianchi e lucenti che tanto lo attraevano e che si riflettevano nelle sue pupille diverse. La luce pallida della Luna rischiarava in lui uno sguardo fiero, quell'espressione che sempre aveva, ma anche così maledettamente infantile, presuntuosa e di chi ce l'ha col mondo intero. La ribellione dominava l'animo di quella creatura caduta dal cielo, la illuminava tutta, ed usciva prepotente dai suoi occhi magnifici. Cindy sapeva bene che non apparteneva alla razza umana, eppure c'era qualcosa in lui che gli diceva il contrario. Dopo la sua caduta sulla Terra, la ragazza aveva svolto accurate ricerche nei libri che teneva in casa propria e nei polverosi volumi custoditi nella biblioteca principale. In quel luogo ci aveva passato tre giornate piene, sfogliando pagine su pagine, persino dizionari, nella speranza di trovare un termine che potesse identificare quell'essere che sapeva comprendere e parlare perfettamente la sua lingua. Finché, il terzo giorno, non si arrampicò su una delle scalette della biblioteca ed afferrò, dall'ultimo vecchio scaffale, un librone sulla cui copertina pesante campeggiava un “Libro di astronomia e altre scienze”. Vi trovò importanti notizie sugli astri e sulle costellazioni, tanto che all'inizio aveva pensato che il suo nuovo ospite potesse essere una cometa. -Sì, diciamo che sono proprio una cometa- le aveva risposto -sono un pezzetto di luce caduto per sbaglio su questo pianeta. Sono una cometa dai fili dorati-. Ma lei, prendendo ciò che le aveva detto come una semplice presa in giro, aveva continuato a cercare e ricercare, fino a quando non si imbatté in termini come “oggetto non identificato”, “forma di vita extraterrestre”, “pluralità di mondi”, “classificazione Hynek”. Da quel giorno la sua visione dell'Universo si estese più di quando potesse esserlo prima, e capì che la Terra altro non era che una briciolina in una tovaglia molto, molto più grande. Ma detto fra noi, nonostante avesse ormai compreso che quell'essere era un extraterrestre come dicevano i fumetti che leggeva suo fratello, non aveva mai smesso di considerarlo come una cometa. Era la forma che meglio si adattava a quella figura bianca e magra che brillava di una profondità mai vista. Se fosse stato un umano, gli avrebbe dato sui venticinque anni. Era affascinante oltre ogni dire. Forse perché era un diverso, forse perché lo erano in due. Con la differenza che lui faceva di tutto per continuare ad esserlo. Continuò a spiarlo dalla finestra semi aperta. Non diceva nulla, si limitava a guardare quel cielo dal quale proveniva, a sognare casa, qualunque forma avesse, a desiderare magari di poter riassaggiare quella polvere lunare della quale era ricoperto la prima volta che lo aveva incontrato. L'aria fresca gli scompigliava appena i ciuffi color arancio vivo e gli donava quel senso di libertà che tanto agognava.
Improvvisamente Cindy capì che era arrivato il momento di farsi coraggio e di avvicinarsi a lui per fare due chiacchiere. Così uscì un po' intimidita alla pioggia e gli si avvicinò, cercando comunque di non rompere la sua pace. Incantata, osservò anche lei quel cielo ricco e misterioso, e la domanda le salì alle labbra in maniera del tutto spontanea.
-Ti manca casa?-
Lui tirò un sorriso, abbassò le palpebre ed indirizzò il suo sguardo verso il suo volto. Quei suoi occhi la mettevano sempre a disagio, ma era come se fosse una situazione piacevole. Quei suoi occhi enigmatici nei quali amava perdersi ogni tanto. Non le rispose. Si limitò a guardarla per qualche istante. Così la ragazza continuò con la conversazione.
-E' buffo...-
-Che cosa?-
-E' buffo il fatto che tu sia qui già da cinque giorni... e che io non sappia ancora il tuo nome...-
-E' importante averlo?-
-Beh, qui tutti hanno un nome-
-E' una cosa stupida. A me sembrate in fondo tutti uguali. Perché etichettarvi con degli inutili nomi?-
-I nomi non sono inutili, e devi avercelo per forza anche tu!-
-E' la cosa più stupida che mi sia mai stata detta!-
-Wow, che gentile che sei stasera...-
-Non meno di una giovane hyppie che mi spia da dietro la finestra-
-Io ero lì per caso! E se ti do così tanto fastidio posso anche andarmene!-
-Quanto siamo acidi, ragazzina! -
-Cosa?! Sei davvero un maleducato!!!-
-E' il complimento più grande che una mosca come te potesse farmi, mocciosetta!-
-Ah e va bene! Ti accontento subito! ME NE VADO! E scusa se volevo solo dialogare un po' con te! Per la miseria volevo solo sapere come ti chiami!!- e detto ciò, ricolma di rabbia, fece per ritornarsene al piano di sotto. Affascinante oltre ogni dire. Sì! Un bell'arrogante altro che!!
Scese le scale mugugnando qualcosa del tipo -stupido insolente!- e si gettò letteralmente sul divano, stringendo un cuscino per scaricare la rabbia. Dopo meno di mezz'ora, il cuscino le scivolò di mano e cadde addormentata. Sonnecchiava, indifesa, mentre l'alieno, due ore più tardi, le si avvicinava in punta di piedi. La osservò per un attimo, osservò quel ciuffo di capelli nascondergli appena un occhio, poi, sempre con molta cautela in modo da non svegliarla, le porse un bigliettino vicino al viso.
Quando Cindy si risvegliò nel cuore della notte, percepì un angolino di quel messaggio solleticargli una guancia. Lo prese, lo lesse confusa, e sorridendo lo mise sotto al suo cuscino.
Quella calligrafia sottile e bluastra diceva semplicemente: -Scuse dovute. Firmato, Ziggy Stardust-.
   
 
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