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Autore: Martina1039    03/06/2012    1 recensioni
"Nel '89 Izzy Stradlin venne picchiato da Vince Neil dei Mötley Crüe perché accusato di corteggiare l'allora moglie di Neil.
A detta di Neil, Stradlin fece infatti molte avances alla Ruddell ma lei, stanca della sua presenza, gli diede uno schiaffo e lui reagì colpendola con un calcio. Stradlin sostenne invece che era stata la Ruddell a fargli delle avances e al suo rifiuto si era inventata la sua storia per vendetta. Dopo l'accaduto, Neil si recò infuriato da Izzy, che dopo aver finito di suonare con Tom Petty agli MTV Video Music Awards, ricevette un pugno dal vocalist dei Mötley Crüe cadendo a terra. Tra Stradlin e Neil si intromise anche Axl Rose, il quale sfidò Neil in un incontro faccia a faccia non ancora avvenuto."
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tornai a casa per miracolo, quella sera. Adler avrebbe voluto venire con me, ma avevo bisogno di starmene un po’ da solo.
Mi sdraiai stremato sul divano di casa, la testa che fumava. 
«Dannazione, non doveva finire così, era solo una stupida serata! Che vadano al diavolo Neil e le sue paranoie. 
Sharise, tutto colpa sua. Quella donna non racconterebbe la verità nemmeno se le mordesse la lingua un serpente! Non avevo intenzione di disturbarla e via discorrendo, volevo solo una sbronza tranquilla, ma evidentemente chiedevo troppo. Un calcio, dico io, un calcio, non sarei capace di picchiare una donna; come diavolo ha potuto minimamente pensarlo? 
Ho l’immagine di Vince impressa nella mente: rosso in viso come mai l’avevo visto, veniva verso di me agitando il pugno sinistro. Era stato terribile, ero precipitato a terra con la mascella dolorante e cominciavo a vedere quelle stupide stella ronzarmi sulla testa. 
Axl poi, non avrebbe dovuto intromettersi. E’ stato un vero amico, ma non c’entrava nulla; se solo gli fosse successo qualcosa sarei morto, lo giuro. Diamine, che situazione.
Non dormirò ‘stanotte, ne sono certo. Sarà meglio berci su.» 
Riuscii ad alzarmi a stento e a passi strascicati mi diressi verso il frigo «Diamine!», vuoto. 
Neanche l’ombra di mezza bottiglia di birra. Presi in mano il telefono e chiamai l’unica persona che sarebbe riuscita a rendermi la serata migliore. Sbagliai numero un paio di volte, ero ridotto uno straccio. Dopo vari tentativi, ecco la voce di Steven. 
«Ehy Adler, s-se è ancora valida la tua proposta, v-vorrei che venissi qui. Subito per favore.» Riuscivo a stento a parlare con quella dannata bocca dolente. «.. e porta qualcosa come cinque o sei birre, non ce la faccio più.» Lui rispose con un semplice «Arrivo.» e nel giro di pochi minuti stava giù bussando alla porta di casa. «E’ aperto» dissi con un filo di voce, l’ultimo rimasto.
Steven spalancò la porta e si precipitò al mio fianco, lasciando cadere le birre per terra che, fortunatamente, rimasero intatte.
«Che succede Izzy?» Mi fissava con aria preoccupata mentre io rimanevo in silenzio. 
«Neil, giuro che una prossima volta gli finisce male, ci puoi scommettere. Lui e quella puttana della sua ragazza, si ritroveranno nei guai, guai seri amico!» Steven era sempre stato premuroso nei miei confronti, tra noi c’era qualcosa più forte di una semplice amicizia, sarei stato capace di uccidere per lui e viceversa. Un po’ come due fratelli, come due protagonisti di uno di quei film strappa lacrime che ti rifilano al cinema.
«D-datti una calmata, sto bene.» mentii «Axl ha già fatto il suo casino, non ti ci mettere anche tu! N-non è nulla.»
Adler trattenne un lungo respiro e si imbambolò, guardandomi negli occhi per circa due o tre secondi. 
«Okay, okay ma sappi che se solo osa tirarti un altro pugno io..» incrociò il mio sguardo severo e decise perciò di non terminare la frase «scusami Izzy.» Si alzò dal divano e raccolse le birre da terra «Questa sera è per noi, caro Stradlin.» mi sorrise ed io mi sentii incredibilmente a mio agio. A volte è come se avesse il super potere di farmi andare su di giri, in qualsiasi circostanza io mi trovi, che io sia ubriaco, triste o pazzamente felice lui sa come farmi sentire bene.
Ad ogni modo, stavo quasi per alzarmi dal divano quando una fitta terribile mi trafisse lo stomaco e mi piegai in due.
Steven fece uno scatto «Tutto okay?», lo sguardo preoccupato. Annuii restando in silenzio. 
Il biondo aggrottò le sopracciglia passandomi una bottiglia di birra «Prendi, tutta d’un fiato Stradlin.»
Mandai giù la prima, e fu così anche per la seconda e poi la terza; sarei potuto arrivare ad una quarta, ma sentivo di esser giunto ormai al limite. 
Diavolo, avevo bevuto come una spugna, ero marcio. Non che Steven fosse da meno.
Mi si avvicinò traballante, il sorriso stampato in faccia; ecco il primo bacio di una lunga ed intensa serie.
Sentivo la sua bocca soffiarmi nelle orecchie, bisbigliando «Credo di amarti, Izzy.»
Sorrisi in silenzio, lui capì ogni cosa e mi stampò un altro bacio sulle labbra; dolce e adorato sapore di complicità, d'intesa, era questo che c'era tra noi. Questo è ciò di cui parlano quei palloni gonfiati in tv, in quei melensi programmi della domenica sera. Già, credo parlino di questo.
«Ti amo anch'io, Adler.» Sussurrai.
Fu tra le notti migliori di sempre, se non superò per importanza la prima esibizione dei Guns, bhè, ci andò vicino.
Sentivo il suo corpo premere sul mio, i suoi polpastrelli sudati sfiorarmi lentamente la schiena, i suoi baci, i suoi sospiri.
Fu uno di quei momenti in cui avrei tanto voluto possedere una macchina del tempo, per arrestare quel momento così perfetto e rimanere ancora per un po', insieme.
Dormimmo due ore o poco più, il nostro sonno fu interrotto da uno stridulo e fastidiosissimo «DRIIIIN!» della sveglia; dovevamo sbrigarci per arrivare in tempo alle prove del gruppo.
Balzai giù dal letto, ancora un po' assonnato, ma abbastanza lucido da capire che, se non avessimo iniziato a muovere il culo, avremmo sicuramente fatto tardi.
«Veloce Adler!» Lo scossi da sotto le coperte. «Abbiamo poco tempo.»
Dal letto si intravedeva solamente la sua folta chioma bionda tra il candore delle lenzuola, quando poco dopo, ecco spuntare la faccia di Steven, gli occhi socchiusi ed un piccolo sorrisetto sulla faccia. «Rilassati, Stradlin. Aspetteranno. Pensi che quei tre cazzoni potrebbero mai esser puntuali?» 
Restai per un attimo dinnanzi al letto in silenzio, si sentiva solamente lo sfregare della stoffa dei miei calzoni che mi stavo frettolosamente infilando, « Infondo hai ragione.» risposi. Adler si stava scoprendo le gambe da sotto le coperte per poi alzarsi, ancora un po’ barcollante, e dirigersi verso la sedia più vicina; non fiatammo per un paio di minuti, giusto il tempo che io fui definitivamente vestito e pronto. Mi sedetti al suo fianco e gli porsi una tazza di caffè fumante, lui ne bevve un sorso e mi sorrise. Non mettevano mai in soggezione, i suoi sorrisi, erano dolci, rassicuranti, erano un brivido improvviso lungo la colonna vertebrale, un brivido piacevole.
« Senti Steven, dici che abbiamo fatto la cosa giusta ieri? Voglio dire, forse non eravamo in noi, forse non..» le parole scalciavano per uscirmi di bocca, non volevo veramente affrontare quel discorso, ma sentivo che per qualche motivo avremmo dovuto comunque farlo.
« Forse, forse cosa Izzy? Forse non avremmo dovuto? Forse ti sei già pentito? Be’ mi dispiace per te amico, io sono entusiasta. Era tempo che non mi sentivo così e tu inizi di già a tirare fuori i tuoi “ma“ ed i tuoi“forse”. Ma a chi vuoi che importi, dannazione! Avranno molto da dire tutti quegli stronzi del Roxy, non credi? Ma fammi il piacere Stradlin.» Si interruppe un attimo per bere un altro sorso di caffè bollente. « Facciamo un patto, ci stai Izzy? Mettiamola così, ciò che è successo ieri notte sarà il nostro e solo nostro piccolo segreto, intesi?»
Io annuii senza aprir bocca, aspettando che terminasse di bere; così lanciai la tazza nel lavabo centrandolo al primo colpo e mi diressi verso la porta afferrando poi la sacca della chitarra. « Facciamo che ci vediamo tra venti minuti in sala prove, ho bisogno di una boccata d’aria. A dopo Adler.» Mi chiusi la porta alle spalle senza dargli nemmeno il tempo di rispondere, ma nemmeno un istante dopo la riaprii per dirgli un’ultima cosa. « E sappi che non mi sono già pentito e se ho sbagliato ieri notte, be’, sbaglierei altre centro volte e la lezione non mi sarebbe mai comunque bastata.» Accessi una sigaretta sbattendo nuovamente la porta, la chitarra in spalla ed il sorriso nascosto fra boccate di fumo e le mie labbra.
  
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