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Autore: Marthyisdead    03/06/2012    5 recensioni
" 'Allora piccola, sei pronta a fari rinascere ciò che in te era morto? Sei pronta a vivere davvero?'.
'Axl, sono fottutamente pronta a vivere.'
'Bene. Stringimi la mano e corri, corri insieme a me, più veloce che puoi'.
Cominciarono a correre, a bagnarsi. Si sentiva così libera, felice. Si sentiva rinascere, dopo la morte. Si sentiva bene, e l’unica risposta a tutte quelle domande e a tutti quei dubbi era ora un sorriso, un sorriso vero, che dominava sul suo viso. "
OneShot scritta di getto, OneShot che forse non ha neanche senso. Giudicate voi.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Axl Rose
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Cosa vuoi fare da grande?”; glielo chiedevano tutti. Si sentiva ancora piccola, e malgrado non lo fosse più, non aveva ancora trovato una risposta.
 
La sua mente vagava, ripescando i ricordi, dapprima più sfocati, poi sempre più dettagliati; i ricordi di quella vita passata che forse le apparteneva.
 
Ricordava quella domanda, ricordava ogni viso che gliel’aveva fatta, ricordava le sue tante risposte, le sue tante scelte, come se avesse a disposizione più di una vita.
 
Si guardò intorno, fissò una ad una quelle pareti grigie che la dividevano dalla libertà.
Sembrava tutto così normale, monotono, tutto così neutro, e tutti si trovavano bene lì.
 
Continuava a far vagare la sua mente, ricordandosi del perché era rinchiusa lì.
 
Sua madre, che non credeva in lei, sua nonna, che la odiava, suo nonno, che era morto, lasciandole un vuoto incolmabile dentro, e suo padre, che creava scandali, violentandola.
 
Ricordava la vodka, i tranquillanti, le sigarette, le lacrime e le urla soffocate. Ricordava quella sensazione di essere morta dentro ormai da tanto tempo, e quella voglia di morire fuori.
 
Non aveva fatto mai abbastanza per nessuno, si era autodistrutta, cercando di essere perfetta e di migliorare per gli altri.
 
Abbassò lo sguardo, per poi rialzarlo, andando a fissare il vuoto.
 
Non riusciva a capire il perché della sua esistenza, il perché di tutto quel dolore, il perché fosse diventata matta ed esaurita, il perché si trovasse in quel manicomio.
 
Era da sempre stata una complessata, e forse non era solo colpa degli altri.
Si sentiva schifosamente colpevole. Aveva ucciso se stessa, come poteva stare bene?
 
Quante domande. Tante, troppe domande. Tante insicurezze, tanti dubbi, poche risposte.
 
Cercava di scappare, ma da cosa? Da se stessa? Dagli altri?
 
Voleva solo sentirsi libera, voleva solo far rinascere quell’anima distrutta.
 
Si alzò dal letto, decisa, facendosi coraggio, sperando che nessuna delle infermiere la vedesse.
 
Lexie era uscita da lì da ormai quattro mesi. Si sentiva persa senza di lei. Era matta, proprio come lei, ma le medicine avevano fatto effetto. Si era guarita, stava bene con sé stessa, ed era giusto che si vivesse il mondo là fuori.
 
Entrò nella stanza della sua vecchia compagna, cercando quel che sicuramente lei aveva lasciato, andando alla ricerca della sua salvezza momentanea. Una chitarra.
 
La trovò, spostando mezzo armadio, la prese a sgattaiolò in quella specie di cantina che la ospitava ormai tutte le sere.
La luce era fioca, gocce d’acqua scendevano da varie fessure.
 
Ogni notte cercava di far rinascere la sua anima, leggendo libri, sognando, scrivendo un piccolo diario dove tutti i suoi pensieri si affollavano e prendevano forma, diventando disegni, oggetti concreti, meraviglie astratte, parole scritte in modo strano.
 
Cercava di far vivere la sua vecchia anima strimpellando melodie sue, toccando quelle sei corde, ascoltando il suono dolce e sereno che ne usciva.
 
La musica era da sempre stata la sua più grande amica.
 
La musica c’era sempre stata quando nessun altro c’era, era sempre lì per lei, per confortarla, per ascoltare le sue emozioni.
 
Avrebbe potuto fare quello nella vita, avrebbe potuto fare musica. Le era sempre piaciuta l’idea dei suoi pensieri uniti da una melodia. Ma tutti hanno bisogno di qualcuno, e come puoi andare avanti senza nessuno che crede in te, senza nessuno che ti ascolta, senza nessuno che guarda i tuoi occhi pieni di lacrime silenziose, senza nessuno che ti stringe e che ti dice che non sei sola?
 
Aveva bisogno d’amore e comprensione, non di medicine e di controlli a tutte le ore. Aveva bisogno di qualcuno, qualcuno che restasse, qualcuno che non la usasse, qualcuno che non le ferisse quell’anima già sanguinante.
 
Forse era solamente di questo che aveva bisogno, e forse tutto questo si stava avvicinando a lei.
 
Vide un’ombra, poi un ragazzo. La luce era fioca, e sforzava tantissimo gli occhi, per capire, per sperare, per rassicurare sé stessa.
 
Un ragazzo dai capelli rossi le si avvicinò. Aveva una bandana in testa, anch’essa rossa, le piaceva.
 
Il rosso le ricordava la sua Lexie, il giorno in cui erano scappate in un campo di papaveri, lontano da quel posto diventato ormai la loro dimora. Quel giorno si era sentita libera, sentiva di poter rinascere ed essere finalmente felice, ma si sbagliava, come sempre.
 
Si sedette davanti a lei, le sue iridi verde chiaro la pietrificavano, rendendola impotente.
 
Aveva paura del mondo, aveva paura delle persone, ma percepiva bontà, sentiva di potersi fidare, sentiva di non dover scappare.
 
“Tu sei Beth, giusto?”
“… Sì… Io non ti conosco…”
 
Non desiderava altro che restare lì e guardare quegli occhi. Nessuna notte le sembrò durare poco come quella.
 
“Io conosco te, ma tu non conosci me. Mi chiamo Axl, e sto cercando di salvarti. A poca distanza da qui c’è un garage, ti ho sentito suonare, benedetto sia quel muro in comune che hanno quel garage e questo cazzo di manicomio. Ti ho sentito suonare, ho percepito sofferenza, ho percepito speranza. E voglio che tu sia fuori di qui, per far sentire i tuoi pensieri e le tue melodie alla gente, per essere libera, finalmente. Per far rinascere quel che in te non vive più, per alimentare questa evidente passione per la musica.”
 
Si fidava, si fidava ciecamente. Non lo conosceva, non lo aveva mai visto, ma l’aveva capita. L’aveva capita attraverso il suono di quelle sei corde, aveva capito tutte le sensazioni che cercava di buttar fuori attraverso delle note. Sorrise.
 
“Dai, vai in camera tua, prendi quel che ti serve, o le prime cose che ti capitano in mano e scappiamo. Ti aspetto qui, piccola, stai tranquilla…” disse avvicinandosi al suo viso, guardandola negli occhi color nocciola.
 
Aveva una gioia indescrivibile dentro, sentiva che questa volta ci sarebbe riuscita, ce l’avrebbe fatta.
 
Tornò in camera, facendo attenzione a non fare rumore, prendendo la sua valigia, mettendoci dentro qualche vestito, il suo diario, varie matite e un pacchetto di sigarette.
 
Voleva rivedere al più presto quello sguardo, trovare conforto e speranza in esso, trovare forza e fiducia.
 
Sentiva che la sua vita sarebbe cambiata, e stavolta non voleva sbagliarsi.
Sentiva che sarebbe riuscita a realizzarsi, sentiva che avrebbe potuto rispondere a quella domanda che le facevano in tanti quando era bambina.
Sentiva che avrebbe finalmente potuto inseguire i suoi sogni e coltivare la sua più grande passione.
Sentiva che il sogno e la vita stavano diventando la stessa cosa, per lei.
 
Scese giù, in fretta, sorrise, vedendo che lui non si era mosso ed era lì ad aspettarla, a finire la sua sigaretta.
 
Non si era mai sentita più decisa di così.
 
“E… Eccomi.
 
Prese la chitarra, quella chitarra che significava tanto per lei. Non l’avrebbe abbandonata, mai.
 
Axl sorrise. Cominciarono a percorrere una serie di lunghi corridoi, quasi una specie di labirinto. Arrivarono infine davanti ad una porta enorme, probabilmente un’ uscita d’emergenza segreta. La aprirono, con tutta la loro forza.
 
Beth era incantata. Come se non avesse mai visto la pioggia, come se non ne avesse mai sentito l’odore, come se avesse vissuto in una bolla per tutti gli anni precedenti.
 
“Allora piccola, sei pronta a fari rinascere ciò che in te era morto? Sei pronta a vivere davvero?”.
“Axl, sono fottutamente pronta a vivere.”
“Bene. Stringimi la mano e corri, corri insieme a me, più veloce che puoi”.
 
Cominciarono a correre, a bagnarsi. Si sentiva così libera, felice. Si sentiva rinascere, dopo la morte. Si sentiva bene, e l’unica risposta a tutte quelle domande e a tutti quei dubbi era ora un sorriso, un sorriso vero, che dominava sul suo viso.
  
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